1 Introduzione
1.1 Le relazioni interprofessionali
La vera natura dell’assistenza sanitaria comporta l’instaurarsi di relazioni collaborative tra gli operatori, i pazienti e le loro famiglie, in quanto nessuna singola disciplina o specializzazione risponde da sola ai bisogni di salute di un individuo. Infatti la varietà dei fattori che influenzano lo stato di salute delle persone, la crescente complessità degli interventi sanitari e la maggiore prevalenza di patologie croniche, articolate e multiple in pazienti mediamente più anziani richiedono l’intervento di professionisti capaci di lavorare insieme in maniera comprensiva e dinamica. La combinazione delle conoscenze e delle capacità tecniche e relazionali peculiari di ogni disciplina sanitaria rappresenta oggi il più efficace meccanismo di raggiungimento degli obiettivi assistenziali.
“Collaborare” vuol dire lavorare tutti i giorni insieme ad altri professionisti (medici di diverse specialità, infermieri, farmacisti, fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali, tecnici, ecc.) per ottenere un beneficio condiviso e raggiungere un obiettivo comune. In Sanità questo concetto è quasi del tutto inseparabile da quello di miglioramento e non può essere interpretato solamente in termini di altruismo, ma piuttosto come un modo di raggiungere obiettivi comuni in un sistema di interdipendenze. “Collaborazione” significa quindi soluzione di problemi attraverso decisioni e responsabilità condivise e coordinamento di azioni individuali per il raggiungimento degli obiettivi.
Data la natura dell’assistenza sanitaria si potrebbe pensare che la collaborazione sia un elemento centrale per ogni professionista coinvolto. Invece quella che viviamo è una realtà costituita da frequenti fallimenti a causa di incomprensioni, contrasti e conflitti. Può accadere che le informazioni non siano condivise e che non venga richiesto aiuto quando necessario; in generale le capacità comunicative sono scarse e sono invece molto diffusi i sentimenti negativi che derivano dall’assenza di dialogo tra professionisti. Gli operatori sanitari tendono a identificarsi fortemente nella propria disciplina, nel suo linguaggio, nei suoi valori e nelle sue pratiche, rendendo la comunicazione interprofessionale molto complessa. Questo basso livello di collaborazione è ulteriormente peggiorato dall’attuale ambiente sanitario in cui l’urgenza, la competizione, le pressioni verso maggiore produttività e minori costi forniscono sempre meno opportunità per i professionisti di incontrarsi su un comune terreno clinico. È stato dimostrato, infatti, che sono proprio le caratteristiche dell’ambiente sociale e organizzativo a creare presupposti per l’instaurarsi di relazioni collaborative [Axelrod, 1984].
1.2 L’identità professionale e la pratica interprofessionale
Ogni disciplina scientifica ha coltivato nel tempo un’attenzione esclusiva verso il proprio punto di focalizzazione dell’universo, quindi le sue percezioni dei significati, delle dimensioni dei fenomeni e delle operazioni da compiere sono ricondotte nell’ambito per il quale ogni disciplina possiede una “speciale” competenza. Inoltre ogni gruppo scientifico ha sviluppato il suo sistema di simboli, il suo specifico modo di pensare, riflettere e riportare i propri studi, le proprie modalità di comunicazione, verbale e non, e un proprio lessico specialistico in cui spesso abbondano acronimi, abbreviazioni, segni e simboli che sono familiari solo agli appartenenti al gruppo. Ogni professione scientifica è suddivisa poi in gruppi specializzati, ognuno con il suo peculiare modo di pensare, osservare, misurare, giudicare e valutare situazioni, eventi, organismi, persone e comportamenti.
In questo modo ogni professionista sanitario impara, nel tempo, a pensare, parlare e agire nei confini che la propria professione ha sviluppato e sanzionato come il modo più appropriato di operare e comunicare. Lo sviluppo dell’identità professionale che è parte del processo di socializzazione degli operatori sanitari comincia già durante il periodo degli studi e continua sul posto di lavoro. L’appartenenza a un gruppo professionale fa parte del “concetto di sé” e questo aiuta a spiegare perché all’interno dei vari gruppi si sviluppino comportamenti stereotipati, emulativi, tribalismi e perché ogni minaccia percepita verso il proprio gruppo o verso l’appartenenza a esso causi ansia e ostilità verso “gli altri”. Nell’ambiente di lavoro si aggiungono a tutto ciò altre barriere generate da differenze in termini di accreditamento, regolamenti autorizzativi, sistemi retributivi, distribuzione di potere e organizzazione gerarchica.
Ma al di là delle differenze di linguaggio e di status, l’ostacolo principale alla collaborazione è rappresentato dal diverso schema mentale che ogni disciplina utilizza nel proprio lavoro, e nel modo di pensare e comunicare, ovvero nei concetti, nei presupposti e nei criteri di credibilità su cui ogni professionista basa la propria attività e le proprie modalità comunicative. Questi presupposti, quasi mai formulati esplicitamente, perché dati per scontati tra i membri dello stesso gruppo, comportano, quando si comunica con altri professionisti, interpretazioni del messaggio distorte o parziali. Quindi, in un gruppo di individui appartenenti a diverse professioni o discipline, il più delle volte ognuno parla e agisce per se stesso.
Nelle Sezioni che compongono questo testo sarà esaminato come le caratteristiche organizzative e socio-culturali e le dinamiche comunicative che ne derivano siano in grado di influenzare le modalità di collaborazione tra i principali livelli dell’assistenza sanitaria (ospedale e territorio) e tra i due gruppi più numerosi di professionisti sanitari (medici e infermieri). In seguito verrà analizzato e discusso il ruolo e l’efficacia dei gruppi interprofessionali nella gestione della complessità assistenziale.
Per un approfondimento degli aspetti generali del processo comunicativo si rimanda invece al testo “Il medico, il paziente e i familiari. Guida alla comunicazione efficace” [De Santi, 2009].
