Introduzione
Emilio Spedicato
Maria Felicia Garcia Malibran era per me poco più che un nome quando il 15 settembre 2009 mi trovavo all’Osservatorio di Arcetri per il IX convegno della SIA, Società Italiana di Archeoastronomia, di cui ero socio. Convegno che ricordo per la scoperta di Giuseppe Brunod sulla variazione da 13 a 12 del numero di mesi lunari, documentata da simboli incisi con il pugnale sulle rocce della val Camonica. In quel convegno incontrai Enrico Calzolari, straordinario uomo e studioso delle antichità della Lunigiana, che visitai poco dopo nella sua casa a La Spezia, poi coautore insieme al sottoscritto, del libro su Francesco e i Templari. Enrico nel 2018 mi avrebbe poi accompagnato al passo della Spolverina, importante nella storia della Malibran, come si leggerà più avanti. È scomparso all’inizio del 2020, poco prima dell’uscita del nostro libro.
Terminata la sessione pomeridiana del convegno, andai a salutare il grande fisico Tito Arecchi, specialista di laser e già mio collega al CISE negli anni Settanta del secolo scorso, poi mi avviai a piedi verso il centro di Firenze, scendendo dalla verde collina dove sta l’osservatorio. Entrato nella citta vecchia, notai una piccola libreria antiquaria, dove subito entrai, essendo stato a lungo acquirente di libri antichi, anche del Cinquecento, e specialmente di atlanti o libri di viaggi. Avevo già iniziato i contatti nel mondo della lirica, che hanno portato ai miei due libri dedicati ciascuno a 108 incontri. Notai un libro sulla Malibran, traduzione in italiano dal russo del primo dopoguerra, con le pagine intonse. Era un poco caro, ma lo acquistai. Lo lessi tempo dopo, rimanendo affascinato dalla vita e dall’arte della Malibran.
Dopo l’uscita del secondo 108, acquistai attraverso la Gyan Books, casa editrice indiana che ristampa libri antichi per i quali siano cessati i diritti d’autore, la biografia della Malibran della contessa Merlin, sua amica, che qui appare per la prima volta tradotta in italiano. Successivamente trovai, in un negozio milanese di libri e oggetti usati di qualità la biografia scritta da Remo Giazotto, di cui sotto do le mie annotazioni. Un lavoro approfondito, poco citato, come spesso avviene quando merito e qualità non contano. Il libro di Giazotto è conturbante: suggerisce la possibilità che la Malibran sia morta non per le conseguenze della caduta da cavallo, ma per un avvelenamento che coinvolgeva il medico personale e forse il marito… Marito che forse non gradiva il progetto della consorte di spendere molti dei guadagni in una scuola di canto per studenti poveri. Se tornerò sulla Malibran, sarà per inserirla in un libretto d’opera cui penso da tempo, Gina, Maria e Marietta, non tutte le divine vivono a lungo. Al lettore indovinare chi siano Gina e Maria.
Sotto dal libro di Giazotto una bibliografia sulla Malibran, ai margini mie note…
Nel seguito la sezione sulla Malibran, dal mio libro Non solo Malibran, 108 incontri tra un matematico e il mondo della lirica.
MARIA FELICIA GARCIA MALIBRAN
Fra 108 stelle, ne brilla una speciale
Questo libro è dedicato a 108 incontri nel mondo della lirica, non solo con cantanti, ma anche con direttori d’orchestra, registi della lirica ed altri in qualche modo associati al mondo della lirica. Sono in prevalenza interviste personali. Nel precedente 108 era quasi eguale il numero di coloro incontrati personalmente e dei non viventi presentati da conoscenti. Fra questi, il baritono Antonio Cotogni, ricordato dal nipote Mario, era l’artista nato più lontano nel tempo, nel 1831, precedendo Adelina Patti e Nellie Melba. In questo libro l’artista di nascita più lontana nel tempo, ricordato da una pronipote, è Giuseppina Vitali Augusti, soprano apprezzata da Verdi e da Rossini, nata nel 1845 a Odessa.
Forse la più grande cantante del Settecento (Farinelli è spesso considerato il cantante numero uno in assoluto) è stata Lucrezia Agujari, detta anche Bastardina o Bastardella, nata nel 1743, morta a 42 anni nel 1783, vedasi Gaspare Nello Vetro, Lucrezia Agujari, la Bastardella, 1983. Lucrezia era nota per la bellezza della voce, la dolcezza e l’espressività. Soprano di coloratura, poteva raggiungere note impossibili per la maggioranza delle colleghe. Secondo vari testimoni, fra cui Mozart, raggiungeva il Re6 bemolle (secondo il diapason di allora, più basso di quello attuale). La nota alta nella Regina della Notte del Flauto Magico di Mozart è il Fa5, note più alte si trovano nell’ Aria di Teti del Fetonte di Jommelli e in Popoli di Tessaglia di Mozart. Le donne berbere e le pigmee africane raggiungono note ancora più alte.
Dal figlio maschio della Agujari seguì una discendenza sino ai nostri giorni, stando a una testimonianza, che non ho potuto verificare. Un amico, Luigi Cestari, avviato ad una carriera di tenore, poi interrotta, e per una decina di anni membro della claque alla Scala di Milano del tenore Ettore Parmeggiani (appare nel mio primo 108), viveva a Segrate. Un giorno disse: la farmacista, saputo che io ero stato cantante, desiderava saper da me chi mai era una sua ava di cui si tramandava il ricordo in famiglia come di una grande cantante, ma il cui nome a lei nulla diceva: Lucrezia Agujari.
Dedico questo libro alla cantante considerabile la più grande dell’Ottocento, se non dell’intera storia della lirica: Maria Felicia Garcia Malibran, nata nel 1808 a Parigi (al numero 3 di rue de Condé) e morta a soli 28 anni nel 1836 a Manchester, forse per le conseguenze di una caduta da cavallo. Morì un 26 settembre, esattamente un anno dopo la morte del grande compositore e suo amico Vincenzo Bellini. Morì mesi dopo l’incidente, avendo continuato a cantare in varie opere, pur con terribili dolori. Avevo qualche informazione su di lei, ma solo poco prima di scrivere queste linee ne avevo letto una biografia, assai informativa, anche se in stile sentimentale e agiografico, trovata casualmente in una libreria di libri antichi nel centro di Firenze. Gli autori sono P. Larionoff e F. Pestellini, l’editore Marzocco, 1949, e il titolo Maria Malibran e il suo tempo. Il libro, dalla carta un poco ingiallita, aveva le pagine ancora intonse, come i libri che ricevevo in regalo da ragazzo. La scoperta avvenne fra le interviste a due soprani di Firenze: la prima a Susanna Rigacci, la seconda a Jolanda Meneguzzer. Libro da me letto affascinato nei giorni in cui, fra Emilia e Veneto, intervistavo a Piacenza il basso Carlo Torregiani e a Montegrotto il pianista Edoardo Lanza. E poi incontravo nel suo palazzo cinquecentesco a Meledo di Sarego ...