Neuromarketing applicato
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Neuromarketing applicato

Un approccio scientifico al marketing del futuro

Giuliano Trenti

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Neuromarketing applicato

Un approccio scientifico al marketing del futuro

Giuliano Trenti

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Conoscere i desideri delle persone e gli aspetti che influenzano le loro decisioni d'acquisto è la chiave di volta per il successo di ogni progetto di marketing. Ma come fare a entrare nelle menti e nei cuori dei consumatori? La risposta si chiama Neuromarketing applicato. Grazie a questo manuale apprenderete le principali nozioni della neurobiologia del desiderio, scoprirete il ruolo fondamentale della dopamina e l'importanza dell'irrazionalità nelle decisioni umane. Comprenderete il concetto di ricompensa e la sua capacità di far aumentare il desiderio di acquisto: il processo decisionale e le emozioni non avranno più segreti per voi e saprete come utilizzare gli strumenti per misurare tutto questo. Sarete, infine, in grado di prevedere il successo di una strategia di marketing e comunicazione per il lancio di un nuovo prodotto, servizio o campagna marketing.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2021
ISBN
9788820399719
Argomento
Business

Capitolo 1

Il neuromarketing: strumenti e metodologie

di Francesca Perna
L’idea di fare marketing in modo scientifico ha caratterizzato, già negli anni ’60 del secolo scorso, le più importanti aziende nell’ambito della produzione industriale. Si era, infatti, capito quanto fosse fondamentale avere in mano dei dati oggettivi prima di decidere le scelte strategiche per il futuro, in modo da ridurre i propri rischi.
Questo approccio fa ancora parte della consuetudine delle aziende più strutturate a livello marketing di oggi. È, tuttavia, spesso limitato dal fatto che si utilizzano modelli e strumenti che hanno dei margini di incertezza rilevanti, legati a una bassa capacità di individuare con precisione i rapporti di causa/effetto tra le azioni di marketing intraprese e i risultati che si possono ottenere.
I metodi di tipo neuroscientifico e comportamentale di cui si avvale il neuromarketing permettono, invece, di investigare scientificamente – e, quindi, con precisione e affidabilità – aspetti fondamentali collegati allo sviluppo delle azioni di marketing.
L’approccio scientifico del neuromarketing consente un’analisi oggettiva, misurabile e dimostrabile di aspetti legati al comportamento di acquisto del consumatore.
È bene, inoltre, ricordare che il neuromarketing si pone l’obiettivo di investigare aspetti legati al processo decisionale del consumatore in setting sperimentali costruiti ad hoc per il quesito da investigare. Un esperimento consente, infatti, di investigare in modo ecologico – ovvero in assenza di elementi esterni che possono contaminare il dato raccolto –, solido e sicuro gli aspetti neurofisiologici e/o comportamentali che sottendono un processo decisionale.
Se, da un lato, testare soggetti in setting sperimentali mostra importanti vantaggi, dall’altro i limiti insiti a tale tipo di approccio non sono pochi.
Uno degli aspetti più limitanti degli esperimenti in laboratorio, ad esempio, è certamente rappresentato dall’assenza – pressoché totale – di naturalità: difficilmente, infatti, potranno avere le peculiarità riscontrabili nella realtà. L’aspetto cruciale è determinato dal fatto che diversi elementi sensoriali – quali suoni, rumori, colori, profumi, che sono parte integrante della realtà – difficilmente possono esser emulati similmente in un setting sperimentale asettico. Tali aspetti rappresentano anche una delle difficoltà maggiori da tenere in considerazione quando si sceglie un setting naturale, in quanto il dato raccolto sarà, in questo caso, rappresentativo di una commistione di elementi che andranno a inficiare la validità dello stesso.
Raggiungere il corretto equilibrio tra ecologia e naturalità è una delle sfide di ogni setting sperimentale.

L’importanza degli strumenti di neuromarketing

Gli strumenti e i metodi di ricerca di cui si avvale il neuromarketing misurano le reazioni neurofisiologiche e comportamentali dei partecipanti esposti a determinati stimoli.
Permettono, nello specifico, d i misurare micro-variazioni di parametri neurofisiologici ed emotivi associati a determinati stimoli. Il neuromarketing utilizza queste variazioni per prevedere, ad esempio, le scelte dei consumatori, comprendere i meccanismi sottesi al successo di un prodotto e registrare il grado di coinvolgimento emotivo e il desiderio per un prodotto/servizio.
Uno degli aspetti più rilevanti che gli strumenti e le tecniche neuroscientifiche consentono di ottenere è rappresentato dalla veridicità del dato raccolto.
I parametri neurofisiologici registrano lo stato di attivazione del soggetto in relazione allo stimolo processato, a prescindere da contaminazioni esterne del dato.
I dati raccolti non sono modificabili dal soggetto durante l’esperimento, poiché risultano dall’attivazione del sistema nervoso centrale e/o periferico in risposta alla percezione e al processamento di stimoli esterni e/o interni.
Le tecniche e i relativi strumenti utilizzati dagli esperti di neuromarketing si distinguono in:
tecniche di brain imaging, quali l’elettroencefalografia (EEG), la risonanza magnetica funzionale (fMRI1) e la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS2);
tecniche atte a registrare parametri biofisiologici, come il Galvanic Skin Response (GSR) e l’elettrocardiografia (ECG);
tecniche di registrazione di indicatori comportamentali, tra cui l’Eye-Tracker, le survey e il riconoscimento delle emozioni facciali (ERS3).
Andiamo, ora, ad approfondire quali sono i vantaggi e i limiti della sperimentazione scientifica descrivendo, in maniera dettagliata, gli strumenti citati e correlandoli a un’analisi del tipo di dato raccolto da ciascuno di essi.

Tecniche di brain imaging

Lo studio della struttura e del funzionamento del cervello si è evoluto nel corso degli anni grazie all’avanzamento tecnologico dei principali strumenti di visualizzazione cerebrale. Tali metodologie si distinguono per diversi aspetti: la tecnica utilizzata, la misurazione diretta o indiretta, la tipologia di dato registrato, il grado di risoluzione temporale e spaziale ottenuto.
È vero, sembra che stiamo parlando una lingua sconosciuta. Non temere perché ti guideremo alla scoperta di questo fantastico mondo.
Partiamo dalla risoluzione temporale. Di cosa si tratta?
La risoluzione temporale descrive la velocità della risposta cerebrale a uno stimolo. Dipende ovviamente sia dal tipo di strumento utilizzato sia dal genere di stimolo. Le tecniche basate sull’analisi del flusso di sangue nel nostro cervello – ad esempio, la risonanza magnetica funzionale – hanno una risoluzione temporale molto minore, nell’ordine di secondi, rispetto a quelle che rilevano l’attività elettrica dei neuroni nell’ordine di millisecondi – come l’elettroencefalografia.
A questo punto ti starai chiedendo: “Perché mai è così?”. Il motivo è imputabile al tempo maggiore che impiega il flusso di sangue a irrorare le aree cerebrali deputate al processamento di uno stimolo, al contrario dell’immediatezza temporale propria di una risposta elettrica registrata da un elettroencefalogramma.
Passiamo a un altro aspetto. La risoluzione spaziale. Cosa sarà?
È il termine usato dai neuroscienziati per descrivere il grado di accuratezza con il quale si associa una determinata area cerebrale all’attività neuronale registrata nella stessa. In altri termini, dimostra quanto precisamente riusciamo a indicare il sito dell’attivazione neuronale a livello di posizione nel cervello. In questo caso, la fMRI consente di ottenere una maggiore risoluzione spaziale rispetto, ad esempio, all’EEG, proprio in virtù delle diverse chiavi di lettura usate dalle due tecniche. La prima si basa, infatti, sull’analisi della variazione dei livelli di ossigeno del flusso sanguigno in quelle aree cerebrali implicate nel processamento dello stimolo; mentre la seconda rileva l’attività elettrica di una sommatoria di neuroni posti sotto ogni elettrodo. Sebbene la posizione degli elettrodi sullo scalpo corrisponda a specifiche macroaree corticali, tuttavia, l’EEG non permette una diretta e attendibile misurazione dell’attivazione di aree sottocorticali, ovvero collocate giù in fondo nel cervello, sotto la corteccia.
Iniziamo ad addentrarci in questo mondo per comprendere come funzionino i diversi strumenti, cercando di capire perché mai tutto ciò dovrebbe interessare all’esperto di neuromarketing.
Elettroencefalografia (EEG)
Il cervello è composto da miliardi di neuroni che comunicano tra loro attraverso attività elettrica. Ebbene sì!
L’EEG è la tecnica utilizzata per la registrazione non invasiva dell’attività elettrica del cervello direttamente dal cuoio capelluto. Fu inventata dal fisiologo e psichiatra tedesco Hans Berger (1873-1941), in seguito alla rilevazione di una differenza di potenziale elettrico tra aghi infissi nello scalpo di una persona.
Dal primo modellino di EEG ideato dal caro Hans, nel corso degli anni, la tecnica si è enormemente evoluta sia in termini di materiali utilizzati sia di tecniche di misurazione e, nel 1953, ha permesso di descrivere per la prima volta la fase REM4 del sonno.
L’elettroencefalografia moderna registra l’attività elettrica del cervello attraverso degli elettrodi – immagina dei piccoli cerchietti metallici – applicati sullo scalpo della persona. L’elettrodo rileva il cambio di potenziale generato dai neuroni piramidali posti in posizione perpendicolare rispetto alla corteccia cerebrale.
Proprio così, nel nostro cervello abbiamo dei neuroni che somigliano alle piramidi d’Egitto!
I neuroni sono dei gran chiacchieroni: per comunicare tra loro e con altri tipi di cellule presenti in distretti corporei più lontani – ad esempio, i muscoli per il movimento –, sfruttano delle particelle, gli ioni, di carica positiva o negativa, che producono una corrente di tipo elettrico. L’EEG misura, in particolare, i potenziali elettrici pre- e post-sinaptici eccitatori (PPSE) o inibitori (PPSI) dei neuroni, i cui dendriti apicali sono perpendicolari rispetto allo scalpo. Detta in altri termini, l’EEG registra, attraverso l’elettrodo, il flusso di corrente prodotto dai nostri neuroni piramidali.
L’attività elettrica del cervello riportata dall’EEG risulta, quindi, dalla sommatoria dell’attività di milioni di neuroni in seguito a un processo fisicochimico che prevede il passaggio di ioni – sod...

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