(Primo) Non comandare
eBook - ePub

(Primo) Non comandare

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Il CEO del futuro non è, e non può più essere, l'infallibile uomo solo al comando. La complessità del mondo contemporaneo, tanto più alla luce dell'emergenza sanitaria del Covid-19, ha impresso un'improvvisa accelerazione a una trasformazione che cambia i paradigmi di interpretazione della realtà. L'evoluzione tecnologica, il valore della sostenibilità di fronte all'emergenza climatica, lo storytelling di brand condivisi con il pubblico, il cambio di mindset all'interno delle organizzazioni sono tutti fattori che impongono un ripensamento del ruolo del leader, anche e soprattutto a livello di business. Le sfide di oggi richiedono un CEO diverso e completamente tecnologico, sostenibile, comunicativo e aperto.
Nel libro il lettore troverà un codice QR, che lo guiderà alla scoperta di CEOConfidential.it, la Web App dove, protetti dalla blockchain e da NFT, ovvero un non fungible token, si potranno scoprire i contributi esclusivi di altri 60 CEO, oltre alla possibilità di partecipare al dibattito con il proprio quote. Nuove tecnologie, sostenibilità, marketing e leadership.
I paradigmi sono cambiati. Si tratta di veri e propri dilemmi. L'immobilità dell'azienda e del CEO
di oggi di fronte a tecnologie esponenziali, ambiente, un diverso tipo di storytelling e di
leadership non può originare solamente da mala fede, impreparazione, cecità o short-termism.
Anche, ma c'è di più. Ci deve essere. I quattro dilemmi di oggi sono dilemmi a tutti gli effetti.
Qualsiasi cosa decida il CEO, anche quello più lungimirante e visionario, vedrà effetti potenzialmente devastanti su azienda, comunità e mondo. Tutti hanno paura. Chi ha il coraggio di essere il primo?
Frank Pagano

Domande frequenti

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Informazioni

Anno
2021
eBook ISBN
9788863458350
I 9 comandamenti
del Leader del Futuro

Primo comandamento.
Strategia, ovvero andiamo sulla luna

di Frank Pagano

«Abbiamo deciso di andare sulla luna
questo decennio e di fare altre cose, non perché
siano semplici, ma perché sono difficili»

(John Fitzgerald Kennedy)

Strategia, ieri e oggi

Una delle parole più inflazionate nella pratica aziendale è strategia. La connotazione della parola è passata dal classico modus operandi – le strategie per realizzare un certo piano di business – a una maniera sempre e del tutto smart – ovvero intelligente – di far quadrare tutti i conti, soprattutto quelli degli azionisti.
Strategia è una parola militare all’origine, divenuta vero e proprio piano di attacco, grazie a una delle nazioni più militariste al mondo, gli Stati Uniti, che sono anche il Paese dove è nato il marketing. Procter & Gamble, la nave scuola del marketing, ha fatto della strategia l’asse portante del rituale di definizione di ogni budget annuale, per ogni marca e ogni business unit, dal fatturato all’ultima riga di bilancio, con una allocazione precisa di ogni attività e con un’aspettativa di ritorno economico su ogni singolo programma. Lo scopo ultimo di questo sacro rituale è sempre stato quello di conquistare porzioni sempre maggiori di mercato, di stomaco e di mente dei suoi attuali e nuovi consumatori.
La strategia necessaria oggi non è più quella serie di iniziative che servono a raggiungere precisi target di vendite e finanziari. Non è neppure la maniera ragionevole e rassicurante di garantire efficienza nell’uso degli asset di un’azienda o di assicurare l’utile agli azionisti. La strategia di ieri si basa sulla certezza che le regole del gioco sono chiare e che il contesto non cambia.
La strategia di oggi deve andare all’essenza dell’antica arte militare. Strategia è prima di tutto scegliere la battaglia da vincere, ed è scegliere la battaglia più dura e feroce, sapendo, per usare le parole di Kennedy, che le battaglie più importanti sono difficili. La nuova connotazione di strategia è il moonshot, l’andare sulla luna, come dice Leslie Johnston, CEO della Fondazione Laudes, nella nostra serie di interviste CEO Confidential, da cui le riflessioni di questo libro prendono spunto.
La strategia non può più essere una gestione virtuosa del conto economico o il guadagnare quote di un mercato definito da aziende che competono nel risolvere un preciso e comune problema – come lavare i pavimenti o togliere le macchie dai colorati – grazie ai loro prodotti e servizi, per individui che vivono in un mercato nazionale o regionale.
Il CEO di domani deve ripartire dalla consapevolezza che le sfide, o le battaglie, di domani sono globali e sociali allo stesso tempo. Il primo passo per la leadership del futuro è mettere concretamente sull’agenda del board di un’azienda la risoluzione dei quattro dilemmi evidenziati nella nostra introduzione, ovvero costruire un’azienda e una squadra aperte alle nuove tecnologie, sostenibili, trasparenti nella loro comunicazione e con processi decisionali condivisi ed equi. Come dice Kennedy, è come andare su un altro pianeta. Come in tutti i dilemmi che si rispettino, non ci sono scappatoie o soluzioni di breve termine che possano salvare capre e cavoli. I CEO delle aziende di oggi non hanno scampo e devono affrontare battaglie che sono più grandi di una singola azienda o categoria di mercato. La strategia è il riconoscimento consapevole di battaglie essenziali alla sopravvivenza di un’azienda, della società e del mondo, al di là dei risultati trimestrali o annuali, o degli indicatori premiati da Wall Street.
Da dove partire? Quali indicazioni possiamo trarre dall’esercizio di CEO Confidential? La realtà che abbiamo davanti è complessa.
I modelli concettuali della letteratura di business sono tutti sbagliati, o meglio imprecisi nel leggere una realtà troppo complessa, ma qualche idea può essere almeno utile allo scopo di formare una generazione di leader in grado di trovare una risposta ai dilemmi di nuove tecnologie, sostenibilità, storytelling e mindset.
Ecco tre idee per una discussione sul nostro futuro.

Esistenza e ambizione

Il primo passo per affrontare la complessità delle sfide di oggi è tornare al perché un’azienda esiste, e verificare, assieme ai propri impiegati e ai propri fornitori, se la vocazione ultima del gruppo è ancora in grado di risolvere un problema concreto nella vita delle persone, in maniera unica e sorprendente, unendo funzione ed esperienza nell’offerta. Occorre riapprezzare quel perché l’azienda sta in piedi, e farlo alla luce delle dinamiche di oggi, considerando che le aspettative delle persone, della società e dell’ambiente sono digitali, sostenibili, sociali e partecipative. L’intera rivoluzione dell’elettrico applicato al mondo delle autovetture costringe ogni marca a interrogarsi sulla sua nuova identità, dalle marche di massa a quelle di lusso. Alla luce delle nuove sfide di oggi, chi è Tesla, Toyota, Ferrari o Porsche? Qual è la maniera di riscoprire la loro essenza?
Questo vale per tutte le aziende, includendo la piattaforma che ospita CEO Confidential, Il Sole 24 Ore. Dobbiamo cambiare tutti, partendo dal privato, e soprattutto dalle aziende più grandi, come dice Hubert Weber, ex Presidente di Mondelez International, un colosso dei beni di largo consumo, o Denis Terrien, CEO per l’Europa del Sud presso Salesforce, un gigante del tech. Karen Nahum, Direttore Generale presso Il Sole 24 Ore, parla di un nuovo patto sociale, tra tutti gli attori coinvolti in un’impresa, per condividere, in maniera nuova e trasparente, una trasformazione essenziale della modalità con cui un’azienda ha intenzione di muoversi per soddisfare un bisogno concreto nella vita delle persone, senza alcun effetto negativo, e anzi producendo tanto valore aggiunto per tutti.
La riscoperta del motivo fondamentale per cui un’azienda esiste si accompagna con la definizione di un’ambizione fortissima, quasi mozzafiato. Questo è esattamente quello che il CEO deve fare e il motivo per cui esiste come figura aziendale. Usando le parole di Adam Morgan, fondatore di eatbigfish, un’agenzia di consulenza strategica con base a Londra, non bisogna ridurre l’ambizione di fronte alle difficoltà, ma addirittura amplificarla. Occorre sognare in grande, facendo leva sulla convinzione che deve esistere un modo di fare vero e un nuovo branding, ovvero portare valore aggiunto alle persone tramite un’esperienza di marca, nel mondo di oggi. Il CEO ha il compito di dettare questa visione e convincere le persone attorno a sé a muoversi in modo organico e armonico verso l’obiettivo. Il primo compito del CEO è quello di definire un target ambizioso con cui cambiare la vita delle persone, della società e del mondo, e di creare un movimento attorno al goal, dando ai suoi la giusta dose di processi e di libertà per realizzarlo.
Il caso di Enel, azienda italiana leader nel settore energia, è emblematico a questo proposito. Il settore dell’energia è stato impattato in modo significativo dalla pandemia del Covid-19 e dal dibattito pubblico scatenato dal movimento Fridays For Future, originato da Greta Thunberg. Il progetto di riforestazione, lanciato un paio di anni fa dal World Economic Forum, e la leadership degli Stati Uniti e della Cina si sono dimostrati incapaci di creare un movimento per risolvere o anche solo ritardare il surriscaldamento globale. Non ci sono mezze misure. La percentuale di energia da combustibili fossili deve raggiungere lo zero per cento entro una decina d’anni, se vogliamo evitare l’estinzione della nostra specie. Enel si è mossa prima dei suoi concorrenti, investendo in energie rinnovabili e cambiando l’azienda dall’interno, per farsi trovare pronta a diventare fornitore di energia, come da suo fondamentale perché, ma sempre di più leader indiscusso nel campo delle energie rinnovabili, senza creare fratture all’interno dell’organizzazione o stress a livello sociale, vista la taglia enorme della sua struttura a livello italiano e internazionale. Enel sta continuando a cambiare ovviamente, ma dimostra, come Ernesto Ciorra, Director di Innovability presso Enel, ci rivela, come sia possibile essere competitivi e totalmente green allo stesso tempo. Altre aziende nel mondo dell’energia, come Shell per esempio, hanno visto nello stesso periodo, gli ultimi cinque anni, dimezzare la propria capitalizzazione di mercato, proprio a motivo della mancanza di essenza e ambizione.
I casi di successo sono molti, ma ancora troppo rari nell’arena del business. È difficile cambiare, soprattutto da soli. Chiarezza e ambizione non sono sufficienti senza un movimento, che vada oltre le quattro mura della singola impresa. Adam Morgan lo chiama un movimento collettivo.

Dalla competizione alla cooptazione

Una volta definita essenza e ambizione, può risultare comunque difficile o quasi impossibile, cambiare senza stravolgere il proprio marketing mix, con il rischio di andare fuori mercato nel breve, per assicurare i benefici del lungo termine.
Ne abbiamo parlato lungamente con Erich Joachimsthaler, fondatore e CEO di Vivaldi, un’agenzia di consulenza strategica e di marketing con base a New York. Joachimsthaler ci ha parlato dell’“azienda invertita”, un concetto la cui paternità appartiene al Professor Geoff Parker, del Dartmouth College. Il capitalismo moderno è formidabile nel privatizzare i benefici e socializzare i rischi, che vengono affrontati prevalentemente dalle istituzioni, sempre ex post e attraverso risorse che provengono dal gettito fiscale o dal debito pubblico. Il gioco funziona in un modello in cui le sfide del futuro rimangono nazionali e dove la tecnologia non rivoluziona il sistema capitalistico costruito nel secolo scorso. Le istituzioni nazionali da sole non hanno né le competenze né l’infrastruttura giuridica a livello internazionale per raccogliere e redistribuire le risorse necessarie a risolvere i dilemmi di oggi, e soprattutto quello della sostenibilità. I temi più scottanti sono digitali e globali, andando al di là dei confini nazionali. Anche qualora si raggiungesse un accordo sulla fiscalità a livello internazionale, ci sarebbe l’altro problema che la compensazione come strategia per risolvere lo stress causato dalle nuove tecnologie e dall’inquinamento non è più la soluzione. Dobbiamo cambiare completamente la nostra maniera di operare e di intendere il business, partendo dalle grandi aziende, dall’energia, dal trasporto e dalle grandi corporation che dominano la ricerca e lo sviluppo sulle nuove tecnologie. L’azienda, nella visione di Joachimsthaler, diventa una piattaforma, dove le fondamentali innovazioni o tecnologie esponenziali vengono condivise, o open sourced, come si dice in inglese, per creare un impatto sociale netto positivo e incrementale per tutti gli attori in un certo mercato, individui, corporation, società e ambiente. Non si compete più per vincere contro i propri concorrenti, come vuole il vecchio mantra del marketing novecentesco, ma si compete prima di tutto per creare efficienza nell’utilizzo delle risorse di tutti, minimizzando gli effetti negativi, e lavorando invece sull’esperienza e sullo storytelling come grande differenziatore di marca. Come esempio, Tesla ha deciso di condividere con il mondo i fondamenti del software che regolano le proprie vetture, non per avvantaggiare i concorrenti, ma per creare nuovi standard nella categoria e per accelerare la trasformazione di un’industria non al passo con le nuove sfide. Tesla punta alla leadership, ma non solo, punta a trasformare l’intera idea del trasporto di persone, soprattutto in ambito urbano, che rimane la fonte principale di rifiuti da combustibili fossili al mondo. Tesla cerca una nuova era di zero emissioni da combustibili fossili, efficienza nel trasporto su strada, eliminazione di incidenti e rischi legati alla guida delle vetture e sfruttamento dei flussi di persone per qualsiasi altro scopo che possa rendere la vita urbana sostenibile e green, una volta per tutte. L’efficienza nell’uso di qualsiasi risorsa non è il risultato dello sforzo di una azienda, ma un imperativo per tutti gli attori coinvolti, dai produttori ai loro fornitori, fino a tutti quelli che utilizzano strade e infrastrutture dove le vetture di domani circoleranno.
Un altro caso molto noto di una diversa filosofia con cui fare business viene dal mondo del cioccolato, mostrando come anche l’industria del largo consumo possa cambiare, assumendo una visione che vada al di là della visione classica e ristretta di una singola categoria. Tony’s Chocolonely non vuole vincere quote di mercato o crescere con target annuali di qualche punto percentuale all’anno, come da manuale di marketing. La marca vuole cambiare completamente il mondo del cioccolato, per rendere l’intera filiera libera dalla schiavitù e totalmente sostenibile. La marca vuole creare un movimento che includa tutti i produttori e i fornitori di cioccolato al mondo, per aderire a nuovi standard di comportamento, di fornitura, di rapporto con consumatori e ambiente. La marca vuole non solo competere, ma cooptare tutte le forze disponibili nella società per creare un mondo migliore, umano in ultima analisi, dove gustare cioccolato non abbia nessun retrogusto amaro.
È finita l’era della competizione per vincere ogni trimestre, a livello di fatturato e di profitto. Abbiamo una sfida di lungo termine da vincere. Il CEO del futuro che non coglie questo cambio di prospettiva porterà la propria azienda e i propri fan al fallimento.
A cambiare è inoltre la prospettiva temporale che ci dobbiamo dare, nonostante il mondo di oggi si muova a ritmi vorticosi. Nell’epoca del tutto e subito, il CEO deve avere il coraggio di immaginare un futuro e un’identità comuni di lungo termine. L’era dei social e della tecnologia ci ha fatto dimenticare che abbiamo una responsabilità verso la storia e l’umanità.

The long game

L’avvento delle nuove tecnologie ha sicuramente cambiato le nostre abitudini, eliminato inefficienze e accelerato i nostri ritmi, aumentando la velocità di qualsiasi scambio, economico, finanziario e comunicativo. La longevità di qualsiasi programma di business si restringe. Raccontare una storia è diventato la somma di tanti piccoli frammenti di testo e di immagini, disseminati su di un panorama dei media frammentato, anch’esso, e interattivo. L’aspettativa di tutti è feedback e azione immediata, su qualsiasi fronte. Come individui e aziende non siamo più disposti ad aspettare più di una frazione di secondo per ricevere un segnale di risposta alle nostre ricerche e domande. Questo è il contesto in cui il CEO di oggi e domani si trova a operare. Boards e Wall Street hanno la stessa impazienza nel vedere un ritorno sul proprio investimento di tempo e denaro. L’azienda deve muoversi velocemente, e il nuovo mantra è l’agilità. Tutto vero e giusto, ma parziale e insufficiente.
Come si f...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Prefazione. di Karen Nahum e Frank Pagano
  6. Introduzione. Nessuno da solo al comando. di Pierangelo Soldavini
  7. Che cos’è CEO Confidential?. di Frank Pagano
  8. Facciamoci le domande giuste. di Natalia Borri
  9. I 9 comandamenti del Leader del Futuro
  10. Decimo comandamento
  11. Conclusione. I dieci comandamenti del CEO del futuro. di Frank Pagano
  12. In direzione ostinata e contraria. di Pierangelo Soldavini