Santa che voleva solo vivere
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Santa che voleva solo vivere

Alfredo Traversa

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Santa che voleva solo vivere

Alfredo Traversa

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"Tu mi chiedi come sto. Sto vivendo in una condizione particolare. Non posso uscire da sola perchè c'è un uomo che mi sta dietro da giugno e qualche settimana fa mi ha aggredita. Non so bene se per violentarmi o uccidermi. È schizofrenico e la madre non vuole farlo curare. Io non ho niente per fermarlo, pur avendo fatto diffide al commissariato. Non posso camminare da sola per strada perchè lui arriva dovunque. Ho solo la mia fede e il mio diario. Non so come e quando finirà questa storia ma ti posso assicurare che è un vero incubo!" La vita di Santa Scorese finisce il 15 marzo 1991. Prima vittima riconosciuta di stalking.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788861534131

MARZO

Cappotto, pantaloni, una camicetta gialla e il maglione blu. In più ci sono le scarpe, le calze, gli indumenti intimi. Tutti insieme riempiono un bel borsone, di quelli grandi. Lei è arrivata sveglia, cosciente. Una come lei, con la sua corporatura e per la sua età non ha più di cinque litri di sangue in circolo.
Quella sera è arrivata che ne aveva due litri e mezzo.
Dalle ore ventitré alle due di notte.
Per gli ultimi venti minuti le hanno preso il cuore in mano e lo hanno massaggiato. Era privo di sangue il cuore. Per venti minuti un cuore tra le mani.
Quando è entrata l’hanno registrata con una data di nascita sbagliata, di un anno più grande. Le hanno scritto ventiquattro anni. Lei ne aveva ventitré, come l’ora di arrivo. Le ultime tre ore sulla terra, per l’ultima corsa. Io ho imparato molte cose da questa storia, di sicuro non avrei mai pensato di dover imparare a cucinare un piatto tipico di Bari. A volte la vita ti dà un’opportunità, sta a te coglierla. Io ci provo. Iniziamo, o, meglio ci proviamo.
Non ho mai cucinato questa roba: devo separare la testa e i tentacoli dal corpo dei calamari e quindi eliminare le interiora, ricordando di togliere la penna; non devo togliere la pelle dei calamari, no, non si toglie per nessun motivo.
Ora, la parte più difficile: armarsi di un bel tagliere ampio, di un coltello affilato e procedere alla preparazione dell’impasto con cui riempire i calamari. Un coltello come questo, credo, così c’è scritto, con la lama più o meno di dieci centimetri, sì, è quello che ci vuole!
Angela sta preparando la cena. Una cena un po’ diversa dal solito perché sta per arrivare Mario. Mario è della Basilicata, no, della Lucania, di Muro Lucano e il pesce è una pietanza prelibata, ricercata per lui. Come ogni buona suocera, Angela, sta accontentando il genero. L’ calamar chin alla bares: i calamari ripieni alla barese. Piove.
Piero sta ordinando le ultime cose. Questa sera ha smontato prima, si è tolto la divisa. La fondina con la pistola è nel cassetto. Ora io mi chiedo quanti di voi abbiano un’amica che ha per nome Santa. Quante Santa conoscete? Bè, non è poi un nome tanto comune. Santa è un bel nome, strano, particolare, io non conosco nessuno con quel nome e non so quante ragazze accetterebbero di farsi chiamare così, Santa.
Piove.
Piero si affaccia alla finestra, forse, fra un po’ smette di piovere. Siamo a marzo e come dice il proverbio “marzo pazzo”. Sì, tra un po’ spiove e “tutto si aggiusta”. Così pensa Piero alla finestra, “tutto si aggiusta”. Santa manca da casa dal pomeriggio. Prima è andata da una famiglia. Lui lei e una piccoletta. Vivono con i cartoni in casa perché quando piove l’acqua cade dal soffitto lungo le pareti. Una casa umida, stentano a vivere. Bisogna aiutarli. Far sentire loro un po’ di calore. Poi però non è tornata a casa, no, è andata in chiesa. C’è la catechesi.
Angela dice che è meglio aspettare un po’ prima di buttare i calamari. Intanto, Piero va a prendere dalla cantina il vino bianco secco, così quando sono in padella ce ne aggiungiamo un bicchiere. Fuori è davvero spiovuto.
Non piove più.
Una volta tra i ragazzi, meglio tra le ragazze, c’era l’usanza di avere un diario personale, quelli con la copertina rigida e con il lucchetto dorato. Quella piccola chiave, guai a perderla! Una volta... già, sembra di parlare di un secolo fa. E invece siamo negli anni Ottanta, quelli di Renato Zero. Santa è una fan scatenata di Renato, una sorcina si fa chiamare; è come tutte le ragazze del suo tempo, né più né meno. Anzi, no, è qualcosa di più.
Ogni giorno ad un certo punto pianta in asso le sue amiche dicendo “vado a farmi una ricarica”. No, non è quello che pensate. Passando davanti ad una chiesa, è lì che entra senza scheda né cellulare. È lì che si ricarica e poi via a riprendere le attività della giornata. Angela, la madre, anche a sentirla ora, la chiama “peperino”. E che significa “peperino”? È un modo di dire, una che non sta mai ferma, che non sa dove andare. Le “peperino” sono quelle ragazze che si fanno notare di più, quelle che hanno sempre il sorriso sulle labbra, quelle che hanno sempre una parola per tutti. È questa la colpa di Santa? Avere una parola per tutti? Non è facile per lei, tormentata dal suo diario; e dire che Rosamaria voleva bruciarlo, il diario. Mandare in fumo una vita! Sapete com’è, quando si brucia un libro, un diario appunto. In pochi secondi! Anni per scriverlo e poi in un attimo:
Mi sembra quasi stupido stare qui a scrivere perché questo è solo un modo per parlare, ma un foglio di carta non può certo darmi delle risposte. Probabilmente pretendo che gli altri, che io vorrei vicini, riescano a risolvere i miei problemi, a dissolvere i miei dubbi o meglio a far delle scelte per me. Forse può sembrare un’ossessione, ma in questo momento mi sento chiamata a far delle scelte che potranno poi sicuramente influenzare tutta la mia vita futura. Il guaio è che non riesco a vedere chiaro in me e quando riesco a farlo ho paura di conoscermi per quella che sono, allora evito. Sento che gli altri non riescono a rendermi felice e ho idea che nemmeno io riesca a sorridere a chi ha bisogno della mia amicizia. Sento che sto cambiando, ma non riesco a capire se in bene o in male. Sembra tutto così buio! Veramente mi rendo conto che io non sto vivendo, ma vivacchiando e sto sprecando tanto tempo da vivere intensamente e che non ritornerà più. Mi chiedo come sia possibile che mamma e papà mi vivano accanto e non si accorgano di niente, si accontentino di vedermi per casa e basta. Ma a loro non viene il desiderio di far parte veramente della mia vita?
Pensate lo strazio di questi due genitori, Angela e Piero.
Li abbiamo lasciati che stanno preparando i calamari ripieni, giusto? Se una si fa suora, è difficile che mangi i calamari ripieni...

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