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Come il benessere degli insegnanti favorisce l'apprendimento a scuola

Ornella Cavalluzzi, Chiara Degli Esposti

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  1. 166 pagine
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Come il benessere degli insegnanti favorisce l'apprendimento a scuola

Ornella Cavalluzzi, Chiara Degli Esposti

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Nel nostro Paese la crisi profonda che riguarda il sistema scolastico nel suo complesso si riflette sugli insegnanti e, attraverso loro, arriva ai bambini che delle politiche educative e scolastiche sono destinatari "finali". Per questo ogni cambiamento della Scuola finalizzato all'apprendimento deve cominciare dagli insegnanti e dagli educatori. Da questi hanno scelto di partire le autrici consapevoli che, se non si lavorasugli adulti, non si arriva ai piccoli e che nella Scuola l'agio degli insegnanti è la condizione migliore per favorire l'apprendimento dei bambini."inRelazione" oltre che il titolo del libro è una proposta metodologica che mette al centro la formazione degli educatori e degli insegnanti da un punto di vista emotivo e relazionale. Le esperienze proposte offrono loro strumenti e occasioni per entrare in contatto con se stessi e con il proprio bambino interiore, per ritrovare o trovare la giusta motivazione a migliorare la qualità della loro vita professionale e quindi del lavoro con i bambini. Far dialogare la psicologia con la pedagogia, individuando strategie per ridurre l'incidenza di stress che caratterizza la professione dell'educare, è l'obiettivo del metodo.Essere presente nella relazione educativa significa mettersi totalmente in gioco, prendersi la responsabilità del proprio sentire, delle proprie emozioni e del proprio agire, restituendo l'importanza del ruolo delle emozioninell'apprendimento. In fondo se tornano a stupirsi gli insegnanti, a incontrarsi sul piano anche delle emozioni tra colleghi, a condividere un metodo collaborativo, verrà da sé che anche i bambini staranno meglio nella scuola e impare

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788861536777
Argomento
Didattica
Appendice

Il burnout nel nido d’infanzia: un esperimento in corso

Di Maurizio Giorgio Phd
Di seguito vi proponiamo un approfondimento scientifico e statistico sul burnout compreso di analisi preliminare dei dati relativi alla ricerca alla quale stiamo partecipando. Il seguente articolo è scritto dal ricercatore Maurizio Giorgio Phd.

Introduzione

Nell’ottobre del 2017 mi è stato proposto da Alessandra Pasquali (che ringrazio per l’opportunità concessami), direttrice del nido d’infanzia “Uno due tre stella”, di realizzare uno studio sul burnout tra le educatrici del nido e sulle possibilità di arginarlo attraverso un percorso di formazione. Tra un confronto e l’altro, volti a definire al meglio il disegno sperimentale e la reale fattibilità del progetto, l’idea iniziale si è gradualmente e silentemente estesa, fino ad includere un campione di più di sessanta educatrici collocate in nove diverse scuole. Al momento in cui scrivo, il progetto, portato avanti in collaborazione con il Prof. Antonino Raffone (Università La Sapienza di Roma, Dipartimento di Psicologia), è in corso d’opera ma ha già fornito dati a sufficienza per un’analisi preliminare e per provare a darne una “prima lettura”.
Per presentare dei dati, però, è necessario fornire al lettore le informazioni utili a comprenderli al meglio; è quello che ho cercato di fare nella prima parte di questo capitolo che, lungi dall’avere la pretesa di essere una rassegna esaustiva sul tema in esame, offre semplicemente qualche punto di riferimento.

Cos’è il burnout

The dictionary defines the verb “burnout” as “to fail, wear out, or become exhausted by making excessive demands on energy, strength, or resources”. And that is exactly what happens when a staff member in an alternative institution burns out for whatever reasons and becomes inoperative to all intents and purposes1..
Queste parole segnano la comparsa del concetto di burnout nel mondo del lavoro, individuandolo come uno specifico costrutto con propri contorni e caratteristiche. Freudenberg2. non ne offre una definizione operativa ma ne fornisce una descrizione che raccoglie quelli che sono gli aspetti riconosciuti ancora come i più salienti; la persona colpita da burnout è facilmente irritabile, non riesce a trattenere i sentimenti, piange facilmente e la minima pressione la fa sentire sovraccarica. A tutto ciò si accompagna una somatizzazione fatta di mal di testa, disturbi gastrointestinali, insonnia e respiro corto. Queste manifestazioni, già di per sé patologiche, possono poi degenerare in un decorso complesso fatto di paranoia, senso di onnipotenza e comportamenti a rischio (es. abuso di farmaci) dettati dal tentativo di auto-curarsi. Se a tutto ciò si aggiunge un’ovvia avversione al cambiamento, laddove cambiare vorrebbe dire incrementare ulteriormente la propria stanchezza, diventa subito evidente la necessità di indagare tale fenomeno per comprenderne le cause e provare a prevenirlo.
Dall’epoca di questo primo articolo, in effetti, l’interesse per questo tema è andato costantemente aumentando, come attestato dal sempre crescente numero di pubblicazioni scientifiche su di esso incentrate (fig. 1).
Fig. 1 Numero di pubblicazioni (journals) sul tema del burnout dal 1979 al 2010.
Fig. 1 Numero di pubblicazioni (journals) sul tema del burnout dal 1979 al 2010.
Nonostante quanto detto finora, il burnout non è stato ad oggi riconosciuto come un disturbo a sé. La principale ragione è nella sovrapposizione parziale con profili patologici già riconosciuti (es.: depressione, ansia generalizzata) che rende discutibile la necessità di creare una nuova voce nel già complesso e intrecciato mondo della psicodiagnosi. D’altra parte, ciò che rende il costrutto di burnout unico non risiede nella sua natura fenomenologica quanto piuttosto nell’associazione di questa ad un contesto preciso, quello lavorativo. Per procedere in questa disamina sarà quindi utile cercare in primo luogo una definizione che ne colga le peculiarità.

Definizione e dimensioni del burnout

Per arrivare ad una definizione di burnout bisogna innanzitutto definire il concetto di stress. Questo può essere definito come “una reazione emozionale e fisiologica a eventi stressanti”3., dove per evento stressante si intende una richiesta, situazione o circostanza che destabilizzi l’equilibrio di una persona favorendo un incremento dell’arousal.
La correlazione tra stress prolungato e disturbi come ansia, disordini emozionali o malattie psicosomatiche è stata ampiamente documentata, tanto al livello comportamentale4.
quanto a quello neurobiologico5..
In questo contesto il burnout si configura come una “forma particolarmente seria di stress cronico in grado di compromettere la capacità lavorativa di una persona”6., una sindrome delineata originariamente da tre diverse dimensioni7.:
- Esaurimento emotivo
- Depersonalizzazione
- Ridotta percezione di realizzazione personale
Rispetto all’iniziale descrizione di Freudenberger, il modello tridimensionale di Maslach risulta forse meno ricco di sfumature ma, d’altro canto, nasce da e con l’esigenza di creare uno strumento di misura del costrutto, il Maslach Burnout Inventory8.. Tale strumento ha subito riscosso molto successo, diffondendosi rapidamente a livello planetario e consentendo di raccogliere una consistente quantità di dati. In tempi più recenti, però, l’MBI è stato criticato sotto diversi aspetti: autoreferenzialità della definizione di burnout, limiti di applicabilità al di fuori degli USA, validità di costrutto9.. Nel 1999, in Danimarca, viene costituito il PUMA Project (Project on Burnout, Motivation and Job Satisfaction) un’indagine quinquennale che porta gradualmente ad abbandonare l’MBI e a costruire un nuovo strumento, il Copenaghen Burnout Inventory. Il CBI adotta una definizione diversa di burnout, quella di Schaufeli10. che, se da un lato rimuove dal campo la terza dimensione del modello di Maslach, dall’altro include aspetti da questo non considerati. In accordo con gli autori, il burnout è:
… uno stato di esaurimento fisico, emotivo e mentale che deriva da un coinvolgimento prolungato nel tempo in situazioni lavorative che sono emotivamente impegnative.
Come l’MBI, anche il CBI è strutturato (e struttura il costrutto) secondo tre dimensioni:
Burnout personale: è il grado di affaticamento ed esaurimento fisico e psicologico esperito, indipendentemente dal lavoro.
Burnout correlato al lavoro: è il grado di affaticamento ed esaurimento fisico e psicologico percepito come in relazione al proprio lavoro.
Burnout correlato ai clienti: è il grado di affaticamento ed esaurimento fisico e psicologico percepito come in relazione ai propri clienti (da declinare a seconda del lavoro svolto: utenti, pazienti, alunni, etc.).
La prima dimensione ha lo scopo di individuare una baseline che consenta di circoscrivere maggiormente il peso specifico del lavoro nella risposta di burnout. La terza dimensione utilizza volutamente il termine “clienti” per ampliare l’indagine ad ogni ambiente lavorativo. Tradizionalmente, infatti, il burnout è stato associato in modo predominante ad alcune professioni aventi come tratto comune il care-giving, ossia il prendersi cura dell’altro. Campi di indagine preferenziali sono stati gli ospedali e le scuole, soggetti principali di studio infermieri e insegnanti. Ciononostante, la letteratura specificamente incentrata sulle educatrici del nido d’infanzia non è così ricca come ci si potrebbe aspettare.

Il burnout nel nido d’infanzia

Caring for the caregivers: Stuff burnout in child care11. è forse il primo contributo scientifico sul tema del burnout per operatori/operatrici del nido d’infanzia. Attraverso l’impiego di interviste strutturate gli autori mettono in evidenza temi che, nonostante le differenze politico-culturali e la lontananza temporale, è possibile ritrovare anche nella letteratura più recente. C’è, ad esempio, l’eterno problema dell’eccessivo numero di alunni per educatrice; così come, più importante ai fini di questo capitolo, una delle domande di base più salienti: cos’è che spinge le educatrici verso il burnout? Le caratteristiche del luogo di lavoro, quelle del lavoro stesso oppure le caratteristiche di personalità delle educatrici? O magari il tipo di relazione con i bambini o quello con i/ le colleghi/e?
Su questo tema la strada d’indagine scelta è stata prevalentemente l’intervista strutturata, associata spesso a strumenti di misura per il burn...

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