La violenza di genere
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La violenza di genere

Una questione complessa

Cristina Barbieri , Aurelia Galletti

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  1. 114 pagine
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La violenza di genere

Una questione complessa

Cristina Barbieri , Aurelia Galletti

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La violenza sulle donne o "violenza di genere", che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito "una pandemia invisibile", continua a rappresentare una minaccia, tra quelle rilevanti, per la salute pubblica globale. Il fenomeno si è acuito in modo sensibile durante il periodo di lockdown per il Covid-19 che ha costretto alla convivenza e all'isolamento coppie e famiglie.La stesura di questo testo nasce dall'importante lavoro di ricerca fatto dalle autrici sul tema della violenza sulle donne, con riferimento ad un ampio contesto storico, culturale e sociale, secondo il modello psicosocioanalitico, di cui le autrici sono portavoce e a cui sempre più guarda chi opera in campo Psicosociale.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788861538238
Argomento
Education

Riflessioni sull’interno e sull’esterno

SENZA SPERANZA?

Abbiamo attraversato pensieri difficili da avvicinare: difficile è pensare che dietro l’uccisione di una donna possa esserci un impulso suicida della vittima; difficile è pensare che possa esserci la scelta inconscia di un partner violento; difficile è pensare all’esistenza di un nucleo simbiotico non separabile in una coppia violenta. Sono tutti pensieri che sembrano a loro volta violenti, e soprattutto che rischiano di far sentire impotenti rispetto alla possibilità di qualsiasi intervento. Può essere intollerabile accettare l’idea che dietro ogni nostro comportamento ci sia una importante determinante inconscia e allo stesso modo può essere difficile accettare che iniziative così “ragionevoli” come l’allontanamento fisico di una donna maltrattata possa essere un provvedimento del tutto inutile quando non nocivo. Sono pensieri che espongono chi se ne fa portavoce al dolore di essere respinto, perché di fronte a determinanti dei comportamenti tanto profonde e tanto potenti, sembra esclusa la speranza di poter modificare le cose.
Allora di nuovo: che fare?
Introdurre il pensiero ad ogni livello, per evitare sempre lo scontato. E soprattutto introdurre, ad ogni livello possibile, le azioni possibili, non eliminando i conflitti e tollerando cambiamenti anche minimi, che tuttavia, come nelle sculture di Calder, introducono un seppur minimo movimento nel sistema.
Riteniamo quindi che quelli di cui abbiamo parlato, siano alcuni degli anticorpi possibili da mettere in campo, dovendo fare i conti coi limiti: di risorse umane ed economiche che la società ci mette a disposizione, di tempo che fa parte delle risorse, di consenso da parte di chi ci sta intorno, di capacità di reggere la fatica di un pensiero così complesso, spesso remando controcorrente. Questi limiti possono farci sentire impotenti e farci chiedere “Ma chi me lo fa fare?”. Eppure il nostro desiderio di conoscere dolorosamente di più per poter fare meglio il nostro lavoro e in sostanza per vivere in un mondo migliore, è più forte della voglia di buttare tutto alle ortiche che talvolta ci prende.
Possiamo ribadire all’infinito che l’intelletto umano è senza forza a paragone della vita funzionale, e in ciò avere ragione. Eppure in questa debolezza c’è qualcosa di particolare: la voce dell’intelletto è fioca, ma non ha pace finché non ottiene udienza. Più e più volte pervicacemente respinta, riesce alla fine a farsi ascoltare. Questo è uno dei pochi punti che consentono un certo ottimismo per l’avvenire dell’umanità133.

LA RICERCA

La stesura di questo testo ha comportato tutto un lavoro di ricerca sul tema della violenza sulle donne, con riferimento a un ampio contesto storico, culturale e sociale, secondo il modello che ci appartiene, a cui sempre noi come psicosocioanaliste e psicosocioanalisti facciamo riferimento e in cui sempre iscriviamo i casi e le situazioni che prendiamo in carico, consapevoli che anche il lavoro sul singolo individuo, se tiene conto di questo contesto e dei suoi vari livelli, non sposterà semplicemente il problema al livello più ampio, ma influirà sul tutto.
Si è trattato di un’occasione importante di nuovi apprendimenti e di ricerca di connessioni tra i diversi livelli coinvolti. Abbiamo provato ad utilizzare gli strumenti psicoanalitici dell’analisi del singolo individuo per capire l’evoluzione del rapporto tra i generi. Potremmo ipotizzare che in diversi tempi e in diversi luoghi, si riproponga la scansione delle posizioni blegeriane alla storia delle vicende relazionali tra i due sessi: una prima posizione del tutto indifferenziata (Bleger la chiama glischrocarica)134 nella quale il genere maschile comprende in sé anche il genere femminile e il linguaggio rappresenta tale indifferenziazione: primi uomini, i presenti, gli allievi, ecc.; una successiva posizione schizoparanoide in cui attraverso una presa di coscienza della propria differenza, alcune donne diventano portavoce di una rottura/scissione, contrapponendosi al genere maschile attraverso rivendicazioni specifiche: dalle suffragette londinesi ai movimenti femministi più attuali. Questa opposizione di solito portata avanti da avanguardie culturali e politiche, inizia sempre con posizioni radicali che si rendono necessarie per operare una rottura con l’ordine precedente. Queste posizioni hanno bisogno di un oggetto persecutore, nel nostro caso il genere opposto, che sentendosi attaccato inasprisce le proprie difese assolvendo così pienamente al suo ruolo di persecutore. In questa convivenza tra punte più o meno avanzate, tra le stesse donne ci sono contemporaneamente diverse posizioni: quella di chi, seppure progressista, non capisce la rivendicazione delle quote rosa perché “pur di dare il posto a una donna si fa passare anche la cretina”; e quella di chi, femminista storica, molto identificata con l’ideologia di genere, che di fronte all’insuccesso delle iniziative contro la violenza sulle donne, ogni volta si stupisce della difficoltà di attuare dei cambiamenti profondi e significativi. Questo tuttavia non le impedisce di continuare a riproporli con le stesse modalità, che non tengono conto della complessità e dei limiti che la realtà ci impone.
Complessità e limiti, con cui invece fa i conti sempre la posizione depressiva, quella che accetta i piccoli passi e ripropone sempre l’aspetto dell’integrazione: tra i generi, tra i punti di vista, tra le buone ragioni delle une e degli altri, tra idealità e realtà, tra diverse categorie di oppressi. Come diceva Mandela è importante cercare sempre di capire le buone ragioni del nostro nemico. Solo in questo modo è possibile che il conflitto non degeneri in guerra ma sia il motore di un processo evolutivo verso equilibri più avanzati che coinvolgano tutti.
Tutte queste posizioni si ripropongono in continuazione a più riprese e a diversi livelli anche a seconda delle questioni che di mano in mano vengono messe sul tavolo in un processo a spirale che ogni volta fa comunque fare dei piccoli passi avanti alla storia.

IL PR...

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