Welfare aziendale e flexible benefit
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Welfare aziendale e flexible benefit

Nuove tipologie, vantaggi contributivi e fiscali. Completo di casi reali

Mauro Battocchi, Andrea Colombo

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Welfare aziendale e flexible benefit

Nuove tipologie, vantaggi contributivi e fiscali. Completo di casi reali

Mauro Battocchi, Andrea Colombo

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L'approccio è multidisciplinare sul tema Welfare Aziendale e Fringe Benefit: unisce competenze di psicologia della gestione del personale, management, amministrazione, fiscalità ed aspetti legali, con un occhio alle ultime novità normative. Il libro è rivolto a imprenditori di PMI, di grandi aziende e a responsabili di funzione incaricati del Personale (siano essi CEO, HRM, compensation&benefit, CFO) con l'obiettivo di supportare il lettore nel trovare risposte ad alcune domande quali: come erogare benefits senza aumentare i costi? Occorre essere grandi per adottare questi strumenti? Come aumentare la produttività e ridurre i costi? Il testo è, inoltre, arricchito con casi aziendali di successo.

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Informazioni

PARTE 1.
ASPETTI DI GESTIONE RISORSE UMANE
capitolo 1
INTRODUZIONE
1.1. Beni e servizi per aumentare la produttività dei lavoratori e ridurre il cuneo fiscale
Per inquadrare la miriade di beni e servizi che possono rientrare nella categoria oggetto d’indagine, dobbiamo fare una opinabile scelta di metodo. Anziché affrontare adesso una ripartizione in funzione del trattamento fiscale e contributivo, preferiamo iniziare con una catalogazione per area tematica mutuandola dal modello proposto dal prof. Orlandini dell’università di Bologna.
Area assicurativa sanitaria e di sostegno ai redditi a cui appartengono assicurazioni, sanità e wellness e sostegno al reddito.
Area del supporto professionale: formazione e consulenza.
Area del sostegno ai generi, alle generazioni e alla socializzazione in cui vi sono cultura, assistenza anziani e childcare.
– Infine l’area dell’organizzazione del lavoro e del risparmio del tempo che contiene orari e strumenti flessibili, time saving e piani di mobilità.
Questo raggruppamento concerne dispositivi, strumenti e processi mentre non attiene alle teorie culturali (dichiarate o in uso) né ai tipi di rapporti tra azienda-stakeholders-dipendenti-sindacati-territorio, né alla tipologia di costo/risparmio a cui si va incontro.
Fig. 1.1 - Fonte: prof. Orlandini Università di Bologna
I raggruppamenti sono diversi ma le singole aree sostanzialmente compatibili con i dati raccolti dal recente studio welfare index PMI dove vediamo il numero di aziende del campione impegnate in almeno un’iniziativa:
Fig. 1.2 - Fonte: welfare index PMI
É invece più restrittiva la classificazione proposta nel tempo da Cranet-AIDP come qui sotto sintetizzata secondo l’ultima indagine del 2015. Sono privilegiate le policies dedite all’ottimizzazione del tempo a discapito di beni e servizi.
Fig. 1.3 - Fonte: Cranet-AIDP
Per quanto possano essere diverse le classificazioni, proviamo prima a capire a cosa serve un piano di welfare per poi incrociarlo con le possibili opzioni fiscali e contributive.
Dobbiamo però dipanare subito un dubbio di fondo: ad un’azienda conviene dare welfare a tutti o premi a pochi? Usciamo da questo dilemma pensando che spesso nella pratica le due cose vanno insieme ma in realtà soddisfano esigenze aziendali diverse: il primo di aumentare la “citizenship” mentre il secondo per riconoscere una differenza di trattamento ai “best performers”. Quindi il traino dei vantaggi fiscali non deve far confondere questi due obiettivi, entrambi importanti.
L’anello di congiunzione è dato dalla scelta tra una concezione individualistica ed una olistica del “successo” aziendale e del contributo apportato dal proprio Personale. Cioè se concentrarsi di più a premiare il “raggiungimento” del risultato oppure la “partecipazione” al risultato.
Gli studi più recenti propendono per una relazione tra il tipo di azienda e la scelta più adatta: contesti di lavoro ad alto contributo intellettuale, con misurabilità dei contributi difficoltosa, alta necessità relazionale, richiedono maggiormente la partecipazione mentre contesti più esecutivi, misurabili, direttivi il raggiungimento.
In ogni caso la scelta non è scontata ed esclusiva. In tutti i casi con welfare non intendiamo tout-cour premi e bonus.
É interessante vedere qual è il sentiment dei dirigenti che – dipendenti essi stessi - sono la cinghia di trasmissione tra datore di lavoro e collaboratori.
In una ricerca, Prodromou (pubblicata nella Harvard Business Review nel 2014) che ha intervistato 4000 dirigenti in 82 Paesi, ci ricorda che è ancora dominante il paradigma per cui tra vita privata e lavoro è necessario scegliere a cosa dare la priorità, altro che “bilancia”!
Nelle interviste, i dirigenti concordano sul fatto che è necessario definire che cosa significa il successo personale e professionale per se stessi: ciò che considero successo personale e professionale per me è unico e può essere molto diverso dalla definizione di successo di un altro.
Vi è poi una polarizzazione dovuta al genere: gli uomini considerano il successo professionale in termini di entrate economiche per la loro famiglia. Si sentono che il loro lavoro è fornire reddito che dà sicurezza alla famiglia. Nella loro mente, questo giustifica le lunghe ore di lavoro e la mancanza di tempo di qualità trascorso con la loro famiglia. La maggior parte degli intervistati di sesso maschile condivide questa convinzione, giusta o sbagliata che sia. Le donne raramente percepiscono il lavoro per le loro famiglie allo stesso modo degli uomini. Le donne vedono il loro ruolo di esempio per i figli. è importante per loro essere viste dai figli, specialmente le loro figlie, come professionisti competenti. Inoltre, non considerano il successo finanziario come barometro del loro successo di carriera mentre gli uomini danno un grande valore al successo finanziario.
L’articolo esplora molti altri fattori in dettaglio, ma il punto focale è che bisogna definire cosa significa il successo per sé e creare la vita che consente di concentrarsi su ciò che è importante per sé. Conclude Prodromou: “La linea di fondo è che devi fare delle scelte e sacrifici nella tua vita personale e professionale. Mi dispiace essere portatore di cattive notizie, ma è davvero difficile avere la botte piena e la moglie ubriaca!”.
Possiamo fare delle specificazioni rispetto all’Italia, dove il dibattito più recente pare intriso di buonismo rispetto ai migliori scopi del bilanciamento lavoro-vita privata, ma sarebbe utile tener presente questo punto di vista disincantato.
1.2 Alcuni assunti di fondo
1.2.1 Politica retributiva: dalla compensation alla recognition
Ci siamo ormai abituati a non considerare la retribuzione in termini tayloristici come paga per i pezzi prodotti, come gli operai di Ford alle prese con le prime automobili.
Ma siamo sicuri di esserci evoluti rispetto al mercato del lavoro degli ultimi decenni?
In particolare abbiamo consolidato la “compensation”, ovvero che la paga debba tener conto del disagio sostenuto dal “dipendente” per aver utilizzato il suo tempo e le sue energie (potremmo dire la sua vita) dedicandole al lavoro anziché a fare altro.
Però forse siamo ancora nella mentalità che si può comprare il dipendente come fosse solo uno scambio economico, come per i beni e servizi, magari essendo disposti a pagarli anche cari. Anzi, pare ancora diffusa l’idea che “ognuno ha il suo prezzo” e che se paghi tu azienda puoi avere ciò che desideri.
Paghiamo anche dazio all’inglesismo del termine, che fa pensare alla novità ma che è ormai vecchio di una quindicina d’anni.
Un esempio evidente è l’estenuante trattativa spesso in corso per mesi in molte aziende rispetto lo smaltimento delle ferie. Sappiamo che la pratica su questo tema ci vede impegnati in acrobazie che tutto rendono evidente fuorché la centralità della persona dipendente come essere umano e non solo come mezzo di produzione. Ferie pagate, compensate, obbligate, ritirate, discusse e rinegoziate… e potremmo continuare.
Ci permettiamo di richiamare il lettore alle ricerche ormai consolidate in cui, soprattutto in economie mature, come la nostra, di produzione di beni e servizi avanzati (anche se con ancora molti lavoratori operativi), la produtti...

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