I mangiatori di carne - La caccia
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I mangiatori di carne - La caccia

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I mangiatori di carne - La caccia

Informazioni su questo libro

Sono contento di aver cominciato a compatire i polli, i montoni, i conigli, e non li mangio né li desidero, sono contento di compatire i topi, e li lascio scappare, invece di ammazzarli, e sarò contento quando compatirò le zanzare e le pulci.

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Informazioni

i mangiatori di carne
1.
In ogni atto della vita, si tratti di cose materiali o morali, l’uomo deve avere uno spirito di metodo, senza il quale lo scopo finale non potrebbe essere raggiunto. Come al fornaio sarebbe impossibile fare il pane, se non avesse la pasta ed il forno riscaldato, così l’uomo che tende ad una vita morale, non può riuscirvi se non ha saputo acquistare le diverse qutilità, l’insieme delle quali possono far dire di colui che le possiede: «è un uomo di vita morale irreprensibile.» Inoltre, nell’acquisto di queste virtù, egli deve seguire un cammino logico e determinato, deve cominciare dalle virtù fondamentali e salire poco a poco la lunga scala che lo conduce allo scopo prefissato. In tutte le dottrine morali esiste una graduazione la quale, come dice la sapienza cinese, va dalla terra al cielo, e la cui ascensione non si può compiere che cominciando dal primo gradino.
Questa regola è prescritta tanto dai brahmani e buddisti, quanto dai seguaci di Confucio, e la si ritrova anche nella dottrina dei greci.
Tutti i moralisti, tanto credenti quanto materialisti, riconoscono la necessità di una successione definita e metodica nell’assimilazione della virtù, senza la quale non è possibile una vita morale.
Questa necessità che pure deriva dall’essenza stessa delle cose, sembrerebbe dovesse essere accettata da tutti; ma, cosa strana, dacché il cristianesimo è diventato sinonimo di Chiesa, la coscienza di questa necessità tende sempre più a sparire e non esiste ormai che negli asceti e nei monaci. Fra i cristiani laici è perfettamente ammesso che un uomo possa avere delle grandi virtù senza aver prima acquistate quelle che ordinariamente sono la direzione alla perfezione; alcuni vanno anche più oltre e pretendono che l’esistenza viziosa di un individuo, non gli impedisce per nulla di avere grandi virtù. Per questo, oggi, nei laici la nozione di vita morale, se non è perduta, è però molto vaga.
2.
Secondo me, tutto ciò è avvenuto nel seguente modo.
Il cristianesimo, sostituendosi al paganesimo, ha posto, come principio, una morale più esigente, ma essa, come quella del paganesimo, non poteva essere raggiunta se non dopo aver salito tutti i gradini della scala della virtù.
Per Platone l’astinenza era la prima qualità che bisognava acquistare, seguivano poi il coraggio, la saggezza e la giustizia che, secondo le sue dottrine, era la più grande Virtù che l’uomo potesse avere.
La dottrina di Cristo insegnava un’altra graduzione: il sacrificio, la fedeltà al volere divino e, soprattutto, l’Amore. Gli uomini, che si sono seriamente convertiti al cristianesimo cercando di condurre una vita morale cristiana, incominciarono tuttavia con l’adottare il principio della dottrina pagana, astenendosi dal superfluo. Non si creda però che il cristianesimo si appropriasse in questo caso di ciò che il paganesimo aveva eretto prima di lui. — Non mi si faccia il rimprovero che io voglia abbassare il cristianesimo mettendolo a confronto del paganesimo: sarebbe ingiusto. Riconosco la dottrina cristiana come la più elevata, che non si può paragonare a quella pagana; ed è tanto vero che la dottrina cristiana è superiore, che essa l’ha completamente sostituita. Ma bisogna pur tuttavia ammettere che tanto l’una che l’altra conducono l’uomo al bene ed alla verità; e siccome queste due cose sono immutabili, la via che dobbiamo seguire per raggiungerle deve essere la stessa. Ecco perché è necessario che i primi passi su questo cammino siano uguali tanto per i cristiani quanto per i pagani.
Che differenza c’è dunque fra queste due dottrine? Mentre la dottrina pagana si è stabilita in modo imperfetto, la cristiana invece è una continua tendenza alla perfezione.
Platone, per esempio, stabilì come modello di perfezione: la Giustizia – Cristo scelse la perfezione indefinita: l’Amore: «Siate perfetti come perfetto è il vostro Padre celeste.»
Secondo il paganesimo, prima di arrivare alla più alta virtù, i gradi per i quali si passa hanno un’importanza relativa; più sono alti, e maggiore virtù è necessaria. Risulta, dal punto di vista pagano, che si può essere più o meno virtuosi, più o meno viziosi. La dottrina cristiana non ammette ciò: o si è virtuosi o non lo si è. Lo si diventa più o meno presto, ma non si è tali finché tutti gli elementi non sono acquisiti.
Mi spiego. Dicono i pagani che l’uomo saggio è virtuoso, ma colui che alla saggezza unisce il coraggio, lo è più del primo: e se a queste due qualità si unisce il sentimento della giustizia, la perfezione è raggiunta. Il cristiano invece, non potrebbe essere superiore o inferiore ad un altro dal punto di vista morale: ma è tanto più cristiano, quanto più rapidamente progredisce nella via della perfezione, qualunque sia il grado di virtù da lui raggiunto. E perciò la vita stazionaria di un fariseo è meno cristiana di quella di un ladrone, il cui animo è trasportato verso l’ideale e che si pente sulla croce.
Questa è la differenza fra le due dottrine. Il paganesimo considera l’astinenza come una virtù, mentre il cristianesimo non l’ammette che come un mezzo d’avviamento al sacrificio, prima condizione di una vita morale. Tuttavia gli uomini non considerano la dottrina di Cristo come una tendenza continua alla perfezione; la maggioranza l’ha compresa come una dottrina di redenzione; ossia, il riscatto dal peccato, per la grazia divina trasmessa dalla Chiesa, presso i Cattolici e gli Ortodossi; e dalla credenza nella redenzione presso i protestanti e ...

Indice dei contenuti

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  2. 0.Lev_Tolstoj_I_MANGIATORI_DI_CARNE_LA_CACCIA
  3. 1.Lev_Tolstoj_I_MANGIATORI_DI_CARNE
  4. 2.Lev_Tolstoj_LA_CACCIA