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Informazioni su questo libro
Considerato da molti come un testo centrale della theory fiction, Cyclonopedia è un'opera filosofica che mescola generi e discipline, dalla letteratura horror al saggio scientifico, dalla teologia all'occultismo, dalla geopolitica all'ecologia, ponendosi come uno dei lavori più originali del Ventunesimo secolo
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Informazioni
Archeologia batterica
Inferiore, sottosuolo e interni XENOCHIMICI
Paleopetrologia
Dall’asse Gog-Magog al petropunkismo
Primo marzo 2004. Da qualche parte fra la nebbia della rete, dietro un sito web apparentemente dimenticato, nel laboratorio protetto da password di Hyperstition – un luogo per esplorare una gamma molto varia di temi, dall’occulto alle grandezze fittizie, dalle macchine da guerra all’archeologia batterica, all’ingegneria eretica alle stregonerie decimali (Cabbala, Schizomatematica, Labirinto decimale e Tic-xenotazione), brulicante di accademici rinnegati, filosofi piromani e autodidatti criptogenetici – si sta svolgendo una discussione tumultuosa. Il trambusto è iniziato dopo la recente scoperta degli appunti dell’ex docente dell’Università di Teheran, archeologo e ricercatore di collassi occulturali, di matematica mediorientale e antica, il dottor Hamid Parsani.
Arrestato dalla SAVAK, la polizia segreta, sotto il regime dello Scià in Iran per le sue attività antipatriottiche e la diffusione di versioni falsate della gloriosa storia persiana, Parsani era stato infine licenziato dall’Università di Teheran durante la riforma culturale seguita alla Rivoluzione del 1979, per quella che era stata definita “insufficiente competenza”. Gli appunti – che assomigliano più al contenuto del cestino della carta straccia dell’ufficio di Parsani che a un quaderno di uno studioso estremamente disciplinato – sono stati rivelati al team di Hyperstition da uno degli studenti segreti di Parsani, che insegna lingue mediorientali antiche in una delle sedi della Azad University in Iran. Prima della Rivoluzione, l’unico libro di Parsani, Soorat-zoda-ee az Iran-e Bastan (Defacing the Ancient Persia: 9500 years call for destruction)1 era stato proibito e tutte le copie confiscate dopo la distribuzione. Anche nel periodo successivo alla Rivoluzione, la ripubblicazione del libro non è mai stata autorizzata.
Dopo l’esilio accademico (1981-1995), Parsani fu assunto da uno studio di architettura mediorientale con sede in Egitto. Dopo aver goduto di tranquillità finanziaria per un lungo periodo, alla fine rescisse il suo contratto con la società egiziana e fondò un istituto privato di ricerca che portò avanti per nove mesi. Sembra che l’unico scopo di questo istituto fosse ottenere dalla Cultural Heritage Organization dell’Iran l’autorizzazione a cooperare con enti pubblici coinvolti in progetti archeologici sotto l’egida del governo, e di riunire una squadra d’élite di archeologi, linguisti e addirittura matematici, affidabili e di alto valore professionale.
Non ci sono informazioni sulle attività di Parsani dal 1378 (1999) al 1379 (2000): scomparve improvvisamente insieme alla sua squadra. Si è parlato di scavi illegali vicino al grande sito archeologico di Ghal’eh Dokh’tar a Gonabad, e di scavi ad Ahvaz e Kerman contemporanei alla sua scomparsa. Una fonte affidabile però conferma che Parsani contattò a Kerman una famiglia, che si crede sia discendente della dinastia Haftvad, la leggenda delle cui ricchezze e del cui destino terribile è molto diffusa nel folklore iraniano. Prima dell’ascesa dei Sassanidi (l’ultima dinastia prima dell’islam in Persia), all’epoca in cui Ardeshir, fondatore della dinastia Sassanide, conquistò, una dopo l’altra, tutte le regioni della Persia, solo quest’unica, potente famiglia riuscì a opporsi ad Ardeshir. Si racconta di un gigantesco verme insaziabile che la famiglia Haftvad teneva come demone familiare e garante della propria potenza. Il verme alla fine fu distrutto da un sicario assoldato da Ardeshir, che si era travestito da mercante e aveva versato metallo fuso nelle fauci acefale del verme degli Haftvad. Si dice che la distruzione del verme abbia fatto cadere su Kerman una maledizione indelebile, secondo la quale alla fine la città sarebbe stata distrutta.
Ricomparso verso la fine del 2000, Parsani avviò un progetto per ritrovare un artefatto, chiamato Khaj-e Akht, la Croce di Akht. I vecchi amici di Parsani confermano tutti di averlo trovato molto instabile e privo di quel comportamento sobrio e retto che ci si aspetterebbe da uno studioso. Un vecchio collega lo descrive con rammarico come un genio instabile, che nutre una gran quantità di stupidaggini adolescenziali: “Vaneggia costantemente di un mago e stregone zoroastriano eretico che si chiamava Akht e che era citato nei libri zoroastriani Denkard e Yavisht i Friyan.2 Questi suoi vaneggiamenti riguardano la croce di Akht, i suoi tre ultimi indovinelli di cui mai nessuno ha trovato la risposta, qualcosa a proposito della ‘sorgente fluida della fiamma nera’, una massa informe onnipresente venerata dallo Akht-Yatu, un culto guidato da Akht durante la sua vita e dopo la sua esecuzione; e i riferimenti coranici a Yajooj (Gog) e Majooj (Magog), il Popolo dell’Occhio, e molti altri argomenti che attirano di solito solo adolescenti dalla mente malata che trascurano gli studi e pensano che queste insensatezze siano ‘cool’. La sua malattia della pelle, penso, è entrata in una fase più grave”.
Un ex amico di Parsani aggiunge: “Negli scritti recenti di Parsani non si trova più il suo stile e quel senso di erudizione intellettuale; come se fosse stato colpito da qualcosa che non può digerire, qualche scoperta stupefacente che non è in grado di rielaborare”. Un suo ex studente notava che:
L’università resta in un periodo di trauma post-parsanismo, soffre moltissimo del persianismo sciovinistico che ribolle ancora negli studi etnoculturali, antropologici e politici. Perciò sospetto che queste nette censure delle attività recenti di Parsani siano del tutto naturali; in fin dei conti non puoi far sfigurare l’antica Persia e andartene in giro indisturbato in mezzo a persone la cui unica preoccupazione accademica è sostituire la lettera araba F con la lettera persiana P. Per me, che sono stato fra i primi studenti di Parsani, è difficile essere costretto a qualche conclusione prematura sul fatto che i suoi commenti recenti sulla genealogia del monoteismo e l’ascesa del Medio Oriente come entità autonoma siano davvero di qualche valore intellettuale o no. Nonostante questo, le sue osservazioni recenti sembrano convergere verso le idee espresse nell’unico libro che ha pubblicato, ma da una direzione opposta. Perciò devono essere analizzate con entusiasmo pari a quello con cui abbiamo sezionato e discusso quel prezioso volume. Infine, devo aggiungere che quello che i miei colleghi identificano come prosa difettosa o come un approccio non accademico è più che altro uno sviluppo molto logico e prevedibile dei suoi scritti iniziali in qualcosa di appropriato a queste teorie e queste scoperte – qualcosa che si abbina perfettamente alla mostruosità acritica della sua malattia cronica, ovvero quella che era solito chiamare “creatività lebbrosa”. (Prof. Anush Sarchisian)
In base ai suoi appunti, Parsani ha scoperto due esemplari della croce: una nella provincia di Kerman (recuperata dalla famiglia Haftvad dopo il terremoto di Bam del 2003) e una nell’antica città di Susa vicino ad Ahvaz, in Iran. Nel 647 avanti Cristo l’impero elamita fu devastato e la capitale Susa saccheggiata dagli Assiri, con il pretesto che lì stava emergendo un abominio innominabile e che tutto ciò che era entrato in contatto con quell’entità arretrata doveva essere sradicato. Assurbanipal, re degli Assiri, affermò trionfante che, per purificare la terra e ripulire il regno da quelle creature, aveva portato via le ossa degli elamiti verso la terra di Assur, aveva scoperchiato le tombe e ne aveva esposto il contenuto ai raggi sbiancanti del Sole e addirittura coperto la terra con sale e calce viva. Negli appunti di Parsani, questo oscuro abominio è indicato come motivo principale di ulteriori indagini archeologiche che aevano portato alla scoperta del primo rilievo inciso della croce, denominato la Croce di Akht (Khai-e Akht). Questa prima statuetta, secondo gli appunti, era stata erosa in parte. Scolpita nel giaietto, delle dimensioni di circa 9 per 20 centimetri, la croce ha alcune caratteristiche evidenti che sono straordinariamente simili a quelle della croce degli Haftvad.*
Fra gli appunti si trovano differenti riepiloghi di queste caratteristiche; in un paragrafo, però, Parsani rivela alcune informazioni in più:
Le due croci sono identiche in modo curioso. Stranamente questa ha due manici anziché uno. La croce è costituita da due parti principali, la testa a stella e i manici. La geometria di base della testa è costituita da un decagono con triangoli posizionati sui lati, a formare una stella che corrisponde a Khur (il Sole). Un lato del decagono però è diviso e forma due manici. Si può supporre quindi che questa non sia una stella zurvanita o un sole perché la stella non è completa e non ha tutto l’insieme di dieci triangoli corrispondenti ai lati del decagono. L’ultimo triangolo sacro è stato intenzionalmente sostituito da due linee parallele verticali, per motivi che ci sono ignoti. Ricordate, però, che parlavano sempre di un sole terrestre sepolto che deve essere esumato, un sole in decomposizione che trasuda una fiamma nera, il cadavere nero del sole. E anche il nome Akth corrisponde alla forma incompleta della stella spezzata. Bisogna essere ciechi per non notare che anche l’antica parola persiana Akht o Axt (flagello) è una forma tronca della parola Akhtar (Stella, riferito al Sole) con l’ultima lettera (la lettera R) caduta.
Gli appunti mostrano che Parsani in seguito venne in possesso di un modello della croce fatto a mano nella città di Taft (provincia di Yazd, Iran). La croce, come stabilirà l’esame di Parsani, risaliva alla fine del quattordicesimo o agli inizi del quindicesimo secolo, essendo stata costruita un po’ dopo la conquista della Persia da parte di Timur (Tamerlano):
Mi sono imbattuto in un modello della croce, finemente realizzato, nel vecchio bazaar, 18 per 7 centimetri, in argento, con una piccola serratura fra i due manici. Con parecchia fatica, alla fine sono riuscito ad aprire il manufatto, che ha rivelato di comprendere un dispositivo estremamente curioso e sorprendente. A ogni angolo dei triangoli c’è un’articolazione rotante; le ultime due collegano la testa a stella ai manici e sono fatte come le articolazioni del ginocchio, la cui rotazione è limitata a novanta gradi, così che completamente ruotate formano due linee orizzontali opposte. Questa particolare disposizione ha l’ulteriore proprietà che la croce può essere ripiegata diventando qualcosa d’altro, un manufatto del tutto diverso, un’altra croce: nell’aprire la croce, si ruotano gli ingranaggi sui triangoli in sincrono, con pari forza distribuita sui due manici, spingendoli in direzioni opposte l’uno verso l’altro. In modo corrispondente, la testa decagonale della croce si ripiega in una crux commissa (la lettera T) capovolta, la croce di Nimrod e poi croce di Sant’Antonio, usata inizialmente nell’adorazione del Sole estivo o del dio Sole e usata per i sacrifici umani durante l’immolazione. Mi sbaglio nel credere che la crux commissa capovolta riveli un’enfasi simbolica su una posizione di ribellione contro il sole, il cui simbolo è una crux commissa diritta o normale? La croce capovolta può far pensare anche a una discesa, forse a un dio Sole caduto o al collasso dell’impero solare. Se la crux commissa è interpretata storicamente in termini di avvento, la crux commissa ribaltata o la Croce di Akht ripiegata deve essere intesa in termini di risveglio. La parte orizzontale di questo nuovo manufatto è costituita dai manici della croce, mentre la parte verticale è formata dai triangoli ripiegati. Su entrambi i manici, troviamo il riferimento coranico a Naft (olio e petrolio),3 sul manico sinistro c’è la parola Yajooj (Gog) e su quello destro la parola Majooj (Magog). Inoltre ogni angolo della stella (ogni triangolo) è contrassegnato da un numero, i vertici interni che vanno da 1 a 8 (in questo modello in senso orario ed essenzialmente passo passo), mentre i vertici esterni sono numerati in senso opposto (antiorario) da 1 a 9. Su ogni lato dei triangoli vi è una frase incompleta o una parola. Come ultima dimostrazione dell’ingegnosità di questo peculiare dispositivo, quando i triangoli sono ripiegati e formano la parte verticale della crux commissa ribaltata, si può leggere una frase completa: “Il giorno in cui usciranno Yajooj e Majooj (Gog e Magog), li lasceremo sollevarsi come onde uno sull’altro” [Corano, 18:99] (Vedi Fig. 1, Fig. 2, Fig. 3-1).

Fig.1. La sezione verticale della Croce di Akth con i suoi vertici-articolazioni; si noti che le articolazioni che collegano i manici alla testa-stella sono diverse da quelle usate nei vertici (a sinistra); schizzo della Croce di Akht (a destra).
Spesso si è parlato della Croce di Akht come della stella spezzata, la testa-stella e il girasole nero. Nelle sue note Parsani personifica la Croce di Akht come un demone inorganico,4 una reliquia senziente con la capacità di cogliere numericamente tutte le correnti sotterranee e gli eventi incoerenti della Terra come modi di narrazione. “Può narrare i buchi della trama di ogni scenario planetario, dalle narrazioni testuali alle narrazioni politiche globali” scrive Parsani. La Croce di Akht può rappresentare eventi planetari di proporzioni epiche sotto forma di vari modi di narrazione eterogenea o anomala. Venerata da Hamid Parsani come il “lubrificante narrativo” supremo, la Croce di Akht delinea le attività e l’ontogenesi della dinamica globale in accordo con la chimica lubrificante dell’olio o petrolio, cioè coglie tutte le narrazioni della Terra attraverso il petrolio. È usata anche come modello per simulare le formazioni di potere e i sommovimenti politici del Medio Oriente. La croce di Akht, e le sue trasformazioni, offrono un diagramma per l’intrepida blasfemia del Medio Oriente contro tutti i modi di egemonia globale e i modelli politici che percepiscono la dinamica globale come un tutto.

Fig. 2. Anatomia numerica della Croce di Akht e dei suoi tratti. I vertici esterni accoppiati danno come somma nove e accoppiati con i vertici interni danno come somma dieci. I manici della croce sono classificati numericamente come zero.
In un’altra pagina, Parsani dà un’ulteriore descrizione della Croce di Akht:
Le tre c...
Indice dei contenuti
- Cyclonopedia
- Frontespizio
- Indice
- Introduzione di Sebastiano Maffettone
- Cyclonopedia
- Archeologia batterica. Inferiore, sottosuolo e interni xenochimici
- Esumazioni. Antichità e particelle diaboliche
- La legione. Macchine da guerra, predatori e flagelli
- Insorgenze telluriche. Xerodromo, tempeste solari e Asse Terra-Sole
- Regioni inesplorate. Spazi catalitici
- Polytica. Complicità e schizostrategie per l’apertura e l’insorgenza
- Glossario