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I montoni vanno al mattatoio: essi non dicono niente e non sperano niente, ma per lo meno non votano per il macellaio che li colpirà, né per il borghese che se li mangerà.L'elettore elegge il suo boia e sceglie il suo borghese: egli ha fatto delle rivoluzioni, per conquistare questo diritto!
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Informazioni
Argomento
Politica e relazioni internazionaliCategoria
AnarchismoMax Sartin
Il sistema rappresentativo
e l’ideale anarchico
Il sistema rappresentativo è un espediente politico mediante il quale la borghesia tenta di realizzare il principio della sovranità popolare senza abdicare ai suoi privilegi di classe dominante.
L’idea della sovranità popolare è riuscita a prevalere, nel suo significato moderno, in seguito alle rivoluzioni del diciottesimo secolo. Prima d’allora, la sovranità risiedeva nel monarca, nelle caste nobiliari e teocratiche, i quali la detenevano e l’esercitavano per diritto di conquista, per diritto ereditario o in virtù di una mistica investitura divina, in ogni caso in virtù della forza bruta.
Quando il Terzo stato insorto abbattè la potenza dell’aristocrazia e, decapitando il re, distrusse il mito della divina investitura dei monarchi, la borghesia, erede delle ricchezze che erano appartenute ai signori dell’antico regime, cercò un sistema che le permettesse di legalizzare i privilegi assicuratasi mercé, soprattutto, l’azione insurrezionale del popolo, e di giustificare l’esercizio del potere politico, senza di cui non avrebbe potuto a lungo conservare il monopolio di tali ricchezze.
Trovò tale sistema innestando all’idea della sovranità popolare l’idea della rappresentanza, con cui il popolo sovrano affidava le funzioni del potere ad un personale eletto per periodi più o meno lunghi, ma in ogni caso appartenente alla classe borghese.
L’idea della rappresentanza è indipendente dall’idea della sovranità popolare ed ha origini diverse. Mentre questa è nata nel crogiuolo della rivoluzione, quella è sorta nelle più dense tenebre del Medioevo. «L’idea dei rappresentanti – scrive Jean-Jacques Rousseau1 – è moderna: ci viene dal governo feudale, da questo iniquo e assurdo governo, nel quale la specie umana viene degradata, e il nome d’uomo disonorato. Nelle antiche repubbliche, ed anche nelle monarchie, il popolo non ebbe mai rappresentanti: neppure conosceva questa parola. È assai strano che a Roma, ove i tribuni erano tanto sacri, non si sia neppure pensato che essi potessero usurpare le funzioni del popolo, e che, in mezzo a una moltitudine così grande, non abbiano mai tentato di trascurare di testa loro un plebiscito [...]. Presso i greci, tutto quello che il popolo doveva fare lo faceva da sé; infatti era continuamente radunato in piazza».
I greci, dunque, concepirono la democrazia non solo come sovranità, ma anche come governo diretto del popolo, cosa che non suscitava problemi insolubili, perché, essendo le repubbliche democratiche della Grecia fondate sull’economia schiavista, soltanto gli uomini liberi erano cittadini e costituivano il popolo, il quale era dispensato dalla necessità del lavoro materiale, eseguito dagli schiavi, e aveva tutto il tempo di dedicarsi alla cosa pubblica.
La democrazia moderna è diversa. L’emancipazione dalla schiavitù e dal servaggio eleva lentamente tutti gli uomini alla dignità di cittadini, creando un problema di numero che anticamente non esisteva.
Ma il sistema rappresentativo si è andato sviluppando indipendentemente da questo problema. Prima ancora che gli schiavi emancipati aspirassero alla dignità di cittadini, i monarchi sentirono la necessità di dar loro l’illusione di partecipare alla cosa pubblica. Un anarchico francese del principio di questo secolo, Dubois, scriveva in proposito: «Il sistema rappresentativo fu cosa ignota alle antiche civilizzazioni. Le sue origini risalgono all’oscura epoca del Medioevo, allorché il cristianesimo e la feudalità si dividevano la direzione del gregge umano. La posizione dei “villani” diventava alle volte insopportabile, essi delegavano qualcuno dei loro a presentare la lista delle loro lamentele al signore. Questi poveri pària personificavano allora, di fronte al diritto assoluto e divino, la miserabile esistenza della gleba governata. Era la prima rappresentanza; l’Inghilterra ne fu la culla. Appena terminata la sua missione, questa misera delegazione si scioglieva; e non si sa precisamente per quale oscuro lavoro dei secoli, si sia trasformata nelle potenti assemblee parlamentari odierne».2
S’ingannerebbe, tuttavia, chi supponesse che le delegazioni dei villani avessero, in quei lontani tempi di assolutismo regio, origini spontanee. È più probabile che i villani malcontenti ricorressero alla rivolta che alla petizione al sovrano per mezzo di rappresentanti scelti di comune accordo, i quali si sarebbero esposti a perder la testa se il sovrano avesse trovato insopportabile il loro ardire.
Negli archivi della monarchia inglese si trovano le documentazioni di più umili e tutt’altro che democratiche origini del sistema rappresentativo. Vi si trova, per esempio, un’ordinanza del re Enrico III, che risale al 1254.
I nobili – i lords temporali e spirituali – vanno ancora oggi personalmente e di diritto a sedere in parlamento, dove rappresentano se stessi e la classe che insieme costituiscono. Con il documento su accennato, Enrico III invitava i lords a prendere il loro posto nel parlamento e, inoltre, impartiva agli sceriffi di tutte le contee del regno l’ordine di provvedere a che «si presentino davanti al consiglio dei re due buoni e discreti cavalieri che gli uomini della contea avranno scelto a questo scopo, in luogo e vece di tutti loro, onde esaminare insieme ai cavalieri delle altre contee quali aiuti dare al re».3
Qui si trova già l’essenza del sistema rappresentativo in regime di privilegi economici e politici. Non sono i villani che prendono l’iniziativa di mandare i propri rappresentanti al re; ma è il re che ordina, per mezzo dello sceriffo, l’invio dei rappresentanti al consiglio, e non vuole che siano villani, prescrive che siano «buoni e discreti cavalieri». Il re vuole che i fondi che saranno stanziati in suo favore abbiano il consenso dei rappresentanti del popolo, ma lo sceriffo deve vigilare a che tali rappresentanti siano persone per bene, cioè ligie al re. In altre parole, il re si preoccupa non già che i rappresentanti eletti dalle contee rappresentino gli uomini delle contee...
Indice dei contenuti
- CoverImage
- 0.Sartin_Faure_Malatesta_Perche_gli_anarchici_non_votano
- 1.Max_Sartin_Il_sistema_rappresentativo _e_lideale_anarchico
- 2.Sebastien_Faure_Perche_gli_anarchici_non_votano
- 3.Errico_Malatesta_Il_suffragio_universale
- 4.Errico_Malatesta_La politica_parlamentare_nel_movimento_socialista