1
Andiamo alla ricerca di una comprensione dei fatti che guidi le nostre azioni, che ci preservi dall’errore e dalla sofferenza e persino che ci faccia rassegnare all’inevitabile. Nell’ambito del dibattito intellettuale tale affermazione si può applicare ai principali scopi dell’umanità, eppure si trascura il fatto che è un mero esercizio accademico. Personalmente non apprezzo le argomentazioni portate avanti per il gusto del dibattito, solo per affilare l’ingegno. È troppo prezioso per essere viziato da modalità che troppo spesso degenerano in cattive abitudini; del resto, nella vita reale si presentano infinite occasioni in cui chiunque abbia a cuore la verità e voglia smascherare la falsità deve tenere conto del momento e delle circostanze se non vuole ritrovarsi inchiodato a implacabili pregiudizi. Di conseguenza, se la dualità ha una sua utilità, coloro che ambiscono alla lucidità intellettuale non devono temere di coltivarla con impegno costante.
Ho menzionato per ultima la rassegnazione, ma per taluni individui essa è la prima in ordine di importanza. Ritengo che in gran parte dei miei lettori le forze vitali siano sufficientemente potenti da manifestarsi in una spinta all’azione che fa muovere le cose e in quella spontanea compassione che li porta a comunicare agli altri tutti i mezzi possibili per raggiungere una condizione di maggiore armonia.
Non è forse vero, però, che all’interno dell’umanità esiste una quantità considerevole di benevolenza eppure al tempo stesso una rete complessa di ferite reciproche, tali da non essere riscontrabili in nessun’altra specie? Dunque, dovremmo domandarci: quali sono le cause dei mali nella società? Se ne può tracciare uno schema generale? Quale deve essere la natura o il principio alla base di un rimedio efficace? Se a questo punto verrà in mente al lettore l’espressione laissez faire, egli non tarderà a riconoscere che tutti gli animali tranne l’uomo agiscono in accordo con quel principio. Risulta per caso che tra di loro vi sia fanatismo, vi siano lotte che non riguardino la difesa di se stessi e della loro proprietà o per una competizione tra maschi? Cosa leggiamo invece nella storia dell’umanità, se non sofferenza, guerre, persecuzioni e catastrofi indescrivibili, tutte legate in qualche misura alla determinazione con cui gli esseri umani interferiscono nelle azioni, nei pensieri e nei sentimenti degli altri allo scopo di fare in modo che agiscano e si comportino meglio in base alla propria concezione?
Il Liberale teologico non si stanca mai di affermare che le più atroci crudeltà sono state perpetrate per mano dei fanatici in nome di un dettato religioso così come da loro interpretato; eppure, proprio tra i Liberali teologici si annoverano proibizionisti e fiscalisti che manifestano un terrore sacro nei confronti di un uomo o di una donna che semplicemente vogliono essere lasciati in pace come loro lasciano in pace gli altri e si rifiutano di aderire a qualsiasi schema o coercizione. I Liberali teologici asseriscono che quell’uomo o quella donna non possono godere di tale libertà senza arrecare danno alla società, e la loro ira li spinge a dire che costoro violano un principio morale, dal loro punto di vista. Sono fanatici inconsapevoli.
Ma esistono persone come quelle alle quali ho accennato, ossia persone che applicano concretamente la regola del laissez faire? Certo che esistono (l’espressione è francese, e significa letteralmente “lasciate fare” o “lasciate in pace le altre persone per quanto potete”). Opportunamente interpretato e trasferito nelle scienze politiche, come nel caso di Proudhon, da questo motto deriva un sistema razionale di Anarchia. In senso strettamente e propriamente filosofico, Anarchia significa “assenza di regime”: ossia il governo di qualsiasi tipo di affare sulla base di un contratto volontario e reciproco.
In taluni lettori, la percezione su questo tipo di relazioni in materia di credo religioso e istituzioni politiche, così come il paragone tra l’intolleranza umana e l’abitudine più sana delle altre specie di badare agli affari propri, avrà già suggerito la riflessione fondamentale che esporrò più avanti. Per il momento stiamo scavando a fondo nei fatti, non con l’intento di desumerne una regola artificiosa, ma semplicemente per individuare la realtà sana all’interno della natura, e capire se vi sia del buono anche per noi, e in ogni caso per risalire alla spinta primaria dietro a una normale azione, rimandando a una discussione successiva l’interrogativo se sia possibile o raccomandabile un sostituto artificiale ad essa, di qualsiasi tipo.
Non intendo dire che gli uomini debbano conformarsi ad altre specie animali. Gli altri animali si comportano secondo natura, ricercando il proprio bene, seguendo ciascuno la propria strada e lasciando in pace gli altri ad eccezione di situazioni specifiche in cui vi sia un momentaneo conflitto tra interessi individuali. Nella vita umana, invece, troviamo grande artificiosità, perversione e sofferenza, le quali in gran parte si possono ascrivere direttamente all’intromissione; le peggiori forme di intromissione non hanno peraltro altro modo di perpetuarsi se non mediante una fede nella loro necessità sociale, una fede che scaturisce o è intimamente collegata ad altre credenze riguardanti i dettagli della condotta umana, ad esempio quella in base alla quale la propagazione della specie umana non può avvenire adeguatamente senza una supervisione ufficiale. Questi parallelismi sembrano portare alla conclusione che l’essere umano deve diventare naturale, non nel senso di abbandonare le arti e le comodità della vita, ma nel trattamento riservato dagli individui della specie umana agli altri individui e nella loro azione collettiva.
A questo punto posso anticipare una possibile obiezione. Qualcuno si chiederà se io ritengo che Egoismo sia sinonimo di laissez faire. La mia risposta è no; tuttavia il prevalere dell’Egoismo certamente ridurrà, persino tra gli ignoranti, l’intromissione alla sfera del loro incontestabile interesse verso gli affari degli altri, eliminando ogni movente di natura fanatica. L’evoluzione più estrema dell’Egoismo, non più supportato dalla forza di una moltitudine soggiogata da una fascinazione personale, probabilmente non sarà tanto difficile da gestire; poi, non potendo trionfare, tale evoluzione si attenuerà o sarà del tutto abbandonata dalla specie umana. L’Egoismo è dunque, evidentemente, il semenzaio di una politica e di una pratica della tolleranza. E se la vigilanza è il prezzo della libertà, che ne contrasta, entro limiti Egoistici, la volatilità, i filosofi non-Egoistici basano la tolleranza sul fondamento assai nebuloso del sentimento e tentano di ripagare con raffinate parole di elogio quanti si lasciano persuadere a rinunciare a qualsiasi vantaggio possano trarre dagli altri. Come nel caso di quei predicatori che prefigurano i piaceri del peccato ma esortano la gente ad astenervisi, i loro tentativi sono inevitabilmente vani.
2
È il momento quindi di fornire una definizione di Egoismo. Occorre consultare i dizionari per avere una delucidazione sul significato di moltissime parole, ma in qualsiasi ambito scientifico, artistico o filosofico esistono alcuni termini chiave che hanno un’accezione più specifica rispetto a quella generale o ai tanti significati correlati presenti nel vocabolario sotto una determinata occorrenza. Il dizionario è una sorta di cartina del mondo intero, che mostra in quale punto un paese entra in relazione con tutti gli altri. Le defi...