Il matrimonio del cielo e dell'inferno
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Il matrimonio del cielo e dell'inferno

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Il matrimonio del cielo e dell'inferno

Informazioni su questo libro

Il matrimonio del cielo e dell'inferno è laprima traduzione italiana (1923) delle opere di William Blake, all’epoca praticamente sconosciuto nel nostro paese. La scelta antologica è abbastanza felice e parte dalle opere giovanili; Songs of Innocence, scritte nel 1789, poesie di grande spontaneità e rispecchianti le gioie e le armonie di un’infanzia serena, seguite, nel 1794 da Songs of Experience dove viene invece sviluppato l’aspetto negativo, forse già implicito nelle precedenti. Questa raccolta comprende The Tiger che è forse la poesia più conosciuta di Blake. William Blake (Londra, 28 novembre 1757 – Londra, 12 agosto 1827) è stato un poeta, pittore e incisore inglese.
L'opera di Blake, largamente sottovalutata mentre egli era in vita, oggi è considerata estremamente significativa e fonte di ispirazione sia nell'ambito della poesia che in quello delle arti visive. Secondo Northrop Frye, che si dedicò allo studio dell'intero corpus poetico di Blake, i suoi versi simili a profezie costituiscono "Quello che, in rapporto ai reali meriti, è il corpus poetico in lingua inglese meno letto".
Altri hanno invece lodato l'arte pittorica di Blake e un critico nostro contemporaneo lo ha proclamato "Di gran lunga il più grande artista che la Gran Bretagna abbia mai prodotto." Considerato un tempo pazzo per le sue idee stravaganti, attualmente è invece molto apprezzato per la sua espressività, la sua creatività e per la visione filosofica che sta alla base del suo lavoro. Come ha suggerito egli stesso, «The Imagination is not a State: it is the Human Existence itself»
«L'immaginazione non è uno stato mentale: è l'esistenza umana stessa.» Traduzione di EDMONDO M. DODSWORTH.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2021
eBook ISBN
9791220826051
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

WILLIAM BLAKE

William Blake nacque in Londra il mille settecento cinquantasette.

Suo padre fu onesto artigiano, esercitando l’arte del calzettaio. Secondo l’Ellis e Yeats, suo nonno paterno, un irlandese di nome Giovanni O Neil sposato ad una giovinetta di Rathmines chiamata Elena Blake, avrebbe assunto il nome della moglie.
La razza celtica fu sempre fantastica, piegata come nessun’altra ad ogni soffio che spiri dai prestigiosi orizzonti del mistero.
L’immaginazione orgiastica del nostro autore, la sua facoltà di vedere o piuttosto la sua incapacità di non vedere ogni cosa terrestre se non come simbolo di una spirituale realtà avrebbero così un principio di spiegazione ereditaria.
Blake ebbe tre altri fratelli, Giacomo, Giovanni e Roberto più una sorella di cui poco si conosce.

Noviziato artistico
Prestissimo il nostro autore mostrò vigorose attitudini artistiche e la sua famiglia non ostacolò questa inclinazione.
Fra i dieci e i quattordici anni egli frequentò quindi la scuola di disegno di un certo Pars.
Dopo i quattordici anni lo troviamo ad apprender l’arte dell’incisore dal Rylands e poi dal Basire, solido artista benchè legnoso e un po’ duro.
Sotto la sua direzione egli ebbe l’incarico di ritrar tombe e monumenti nell’abbazia di Westminnster ed altre chiese medioevali.
Non è difficile immaginare l’impronta segnata dal fervido e violento genio gotico su di un temperamento mistico come quello del Blake. Tutta la sua opera artistica e letteraria è penetrata dallo spirito medioevale: spirito contesto d’antitesi violente conciliate in una delicata armonia, ascetico e sensuale, ingenuo e scaltro; lo spirito a cui dobbiamo i «Fabliaux» e «L’Imitazione di Cristo».
A vent’anni finito il suo noviziato col Basire il Blake seguitò i suoi studi all’Accademia.
Primo quadro
Nel mille settecento ottanta egli espose il suo primo quadro «La morte del conte Godwin».
Matrimonio
Nel mille settecento ottanta due sposò Caterina Bouchier stabilendosi con essa in Green Street.
Fu questo l’incontro di due anime fatte l’una per l’altra e non poteva mancare di esser felicissimo.
Caterina d’umile origine e completamente priva d’istruzione perchè, al momento del suo matrimonio, non sapeva leggere nè scrivere, possedeva la più profonda coltura del sentimento e quella limpidità degli occhi puri a cui si svelano gli enigmi che la scienza scruta invano coi telescopii delle sue specole e coi microscopii dei suoi laboratorii.
Ella comprese ben presto la rarità dell’essere a cui s’era legata e gli si prodigò coll’ardente devozione e tenera simpatia che sembrano aver formato l’essenza del suo carattere.
È bene insistere su questa splendida unione cui non si saprebbe quale altra paragonare se non quella dei Browning perchè certi tratti di squisita dolcezza che distinguono la poesia come l’arte del Blake (per esempio nelle strofe ad un agnellino) si debbon certo attribuire (almeno in parte) all’opera benefica di tale amore.
Poetical Sketches 1783
Verso quest’epoca viene pubblicata la sua prima opera letteraria: i «Poetical Sketches» che ricordano al Rossetti il miglior periodo della lirica inglese i cui tesori giaccion sparsi nei drammi dei tragici Elisabettiani.
Quadri del 1784
Il 1784 vede esposti all’Accademia due suoi disegni «La guerra scatenata da un angelo con seguito di Fuoco Peste e Carestia» e «Una breccia nella città. Il giorno dopo una battaglia», disegni che rivelano come il suo stile fosse ormai formato in tutta la forza di un quasi terribile splendore.
Morte del padre
Lo stesso anno gli morì il padre ed egli tornò in Broad Street presso la casa natia ora occupata dal fratello Giacomo, associandosi come incisore a un certo Parker.
Morte di Roberto
Sempre in quell’anno il minor fratello Roberto che gli era congiunto dai più stretti legami d’affetto e di simpatia divenne suo allievo. Breve noviziato che doveva troncare solo tre anni dopo la sua fine prematura.
«Io so» egli scrive ad un amico ricordando questa morte «che i nostri amici defunti sono più realmente con noi che quando erano visibili alla nostra parte mortale. Tredici anni fa io persi un fratello e col suo spirito converso ogni giorno e ogni ora in ispirito e lo vedo in ricordo nelle regioni della mia immaginazione. Io odo i suoi consigli e anche ora scrivo ciò che mi detta. Perdonatemi se v’esprimo il mio entusiasmo che desidero partecipare a tutti, poichè mi è una sorgente di gioia immortale anche in questo mondo. Possiate… voi esser sempre più e più persuaso che ogni perdita mortale è un immortal guadagno. Le ruine del tempo costruiscono dimore nell’Eternità».
Queste parole scritte colla luce danno un’idea dell’intensità della fede spirituale del Blake.
Di essa tratteremo più oltre, illustrando lo spirito mistico del poeta.
Riassumiamo ora brevemente le stazioni successive della sua vita.
1788. Trasloco dei Blake al N. 28 di Poland Street.

1789. Songs of Innocence
«Book of Thel» Songs of Innocence (Canti dell’Innocenza) «Tiriel». Nella storia dell’arte nulla v’ha di più singolare che la nascita di questo libro. Blake ignoto al mondo e senza credito presso gli editori non aveva i mezzi necessarii a pubblicarlo a sue spese. Pure egli grandemente desiderava di veder raccolti i suoi versi in un libro con appropriate ed espressive illustrazioni. Come fare? Egli meditò lungamente il problema sino a che, alla fine, venne la luce. Nel silenzio della mezzanotte, il morto fratello Roberto gli apparve e lo istruì circa un metodo del tutto originale di cui avrebbe dovuto servirsi… (e di cui in fatti si servì con grande fortuna producendo il primo dei suoi libri illustrati). (Irene Langridge. William Blake). L’anno stesso vide la pubblicazione del «Book of Thel» (Libro di Thel) e il compimento del «Tiriel».
«Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno»
Nel 1790 egli scrisse la sua opera metafisica più perfetta: «Il Matrimonio del Cielo e dell’Inferno».
La Rivoluzione Francese
E nel 1791 un poema (il primo di una serie progettata in cinque libri) intitolato «La Rivoluzione Francese».
Questo così detto poema fu dovuto a quell’entusiasmo platonico e letterario per la rivoluzione che infierì sul terminare del diciottesimo e principiare del decimonono secolo fra i giovani intellettuali che si trovavano a qualche centinaio di chilometri o a qualche anno di lontananza dalla ghigliottina.
Il Blake giunse tant’oltre nel suo entusiasmo giacobino da ostentare pubblicamente il berretto rosso ma dopo i giorni del Terrore nel 1792 lo smise per non rimetterlo mai più.

Trasloco a Lambeth
Nel 1793 i Blake si stabilirono sull’altra sponda del Tamigi a Lambeth dove abitarono sette anni godendo una relativa prosperità.
A quest’epoca risalgono due atti di magnifica generosità che merita riferire per mostrare come nel Blake si accordassero armoniosamente l’uomo e l’artista. Povero com’era, egli regalò quaranta sterline a un amico bisognoso e scorgendo quotidianamente un giovane artista ammalato passare innanzi alla sua porta, in nome di Cristo l’ospitò, curandolo insieme con Caterina sino alla morte qualche mese dopo.
Durante questo periodo nel quale egli conobbe una modesta rinomanza, il Blake entrò in relazione con quel Butts che doveva essere per trent’anni un amico sicuro e un liberale protettore.
Primi libri profetici e «Songs of experience»
Questa è pure la data di parecchi disegni e alcune incisioni che non ci riguardano direttamente, della pubblicazione dei suoi «Songs of Experience» (Canti dell’Esperienza) e dei primi sette libri profetici «Visioni delle Figlie di Albione», «America», «Europa», «Urizen», «Le porte del Paradiso», «Il Libro di Los», «Il Canto di Los» ed «Ahania».
Suoi rapporti con Hayley
Nel 1800 Blake fu raccomandato quale incisore e disegnatore dal suo vecchio amico Flaxman a un tal Hayley poetucolo dilettante e prodotto caratteristico d’un secolo perduto in vane eleganze.
Costui lo impiegò ad illustrare una biografia del Cowper che stava allora per iscrivere e, a tal fine, lo invitò a raggiungerlo in Felpham dove egli dimorava e ove i Blake si stabilirono in una graziosa villetta presso il mare.
Una lettera del nostro autore al Flaxman rivela il suo entusiasmo per questo passaggio dalla nebbiosa atmosfera di Londra ai cieli spazzati dall’immenso respiro dell’Oceano.
«Il Cielo apre qui, d’ogni lato, le sue porte d’oro; le sue finestre non sono ostruite da vapori, la voce dei suoi celesti abitanti vi si ode più distintamente e la loro forma vi è scorta con maggior chiarezza».
Da principio tutto andò bene, ma poco a poco la compagnia costante dell’Hayley, uomo di reale generosità e largo del suo agli artisti ma limitato d’idee, vanesio inframettente e terribilmente ciarliero, finì coll’agire come un corrosivo sulla sensibilità esasperata del poeta.
Il Blake, divenendo inetto a qualsiasi opera d’ispirazione, per salvare la sua integrità d’artista, si decise a un passo di vero eroismo se consideriamo che per lui significava poco meno che la miseria. Troncato ogni indugio abbandonò repentinamente il suo protettore e ritornò a Londra stabilendosi al N. 17 di South Molton Street.
Quivi egli trascorse diciassette anni di calma produttività e d’incessante lavoro: anni di silenzio e di pace, raggianti la luce sovrumana ch’è nell’estate dei morti.
The Four Zoas
Quivi egli ultimò il manoscritto del «Four Zoas» (I quattro Zoas) detto anche «Vala» principiato nel 1797.
Il «Milton» (1804-1809)
e il «Jerusalem» (1804-1820).
La sua operosa tranquillità fu solo interrotta nel 1805 dal tradimento dell’editore Robert Hartley Cromeck il quale avendo acquistati i suoi disegni illustranti l’opera del Blair «The Grave» (La Tomba) li fece incidere, contro il patto solennemente stabilito, dal più morbido e popolare incisore Schiavonetti.

Egli rubò inoltre l’idea d’una composizione del nostro autore figurante «Il Pellegrinaggio a Canterbury» del Chaucer e la passò al di lui vecchio amico lo Stodhart che ne usò assai probabilmente in buona fede.

Da tutto ciò nacque una polemica nella quale il povero Blake così inesperto delle vie tortuose del mondo ebbe naturalmente la peggio.
Esposizione del 1809
È un’esposizione privata delle sue opere accompagnata da catalogo (Descriptive Catalogue) che ebbe scarso successo.

Poi l’indifferenza e l’incomprensione d’un pubblico a cui egli era tanto superiore si chiusero come un’acqua gelida sul suo capo di naufrago, giovandogli nella sola maniera in cui è possibile che il mondo giovi al Genio: col dimenticarlo.

«La povertà che aveva battuto alla sua porta per quasi mezzo secolo, scrive lo Swimburne, alzò ora il chiavistello ed entrò a vivere coi Blake sino alla fine. La signora Blake doveva spesso ricordargli la credenza e la borsa deserte ponendogli innanzi un piatto vuoto, ciò che lo faceva rivolgere alla sua professione d’incisore per guadagnare il denaro necessario alla loro sussistenza».
Ma che importava? Nel segreto l’anima apriva le sue ali di sfinge e lo rapiva per gli spazii innumerevoli dell’Immaginazione contemplativa.
Poi, verso gli estremi anni della sua vita si raccoglieva intorno a lui, come ritorno alla divina canizie di Socrate una schiera di discepoli e d’ammiratori, tra i quali conviene onorare sopra tutti John Linnel che fu più tardi dei maggiori paesisti inglesi e che sino alla morte del vecchio poeta gli dimostrò una tenerezza più che figliale.
Morte
Nel 1821 Blake si trasferì al N. 3 di Fountain Court dove compiè l’ultima sua opera letteraria «The Ghost of Abel» «Lo Spirito di Abele» e dove morì il 12 Agosto 1827 tre mesi prima di compiere il suo settantesimo anno.
La sua morte fu luminosa come la sua vita…
«Il giorno della sua fine egli compose e cantò inni religiosi al suo Fattore così soavi all’orecchio della sua Caterina che, mentre ella se ne stava ad ascoltarlo, guardandola con grandissima affezione «Mia diletta, disse, essi non sono miei. No! Essi NON sono miei.» (Irene Langridge).
Alquanto dopo, fissando lo sguardo su quella che era stata la fedele compagna d’un cammino sovente così aspro, la tenera amica, l’amante appassionata, la figlia spirituale cui egli aveva data una coltura ottenendone in cambio… la vita «Non muovere, esclamò, rimani come sei. Tu fosti sempre un angelo per me, ti voglio fare il ritratto».
E così nacque, alle soglie della morte, l’ultima sua opera di vita «uno schizzo frenetico di qualche potere, altamente interessante ma senza somiglianza» (Tatham). Alle sei di sera l’anima del Blake uscì di prigione. [1]
La sua metafisica
Supponiamo di chiedere ad alcuno la descrizione di un poema e di udirci rispondere:

L’opera che v’interessa consiste in un volume rilegato in pelle di capretto. Esso pesa un chilogramma duecento quaranta sette grammi e settanta centigrammi.

La sua altezza è di trenta centimetri, la sua larghezza di venti e il suo spessore di sette. Lo compongono quattrocento e venticinque fogli contenenti trenta linee di lunghezza ineguale ma comprese fra i dieci e i dodici centimetri.

Il numero di queste è quattro mila novecento sessanta, ciascuna consistendo in media di ventinove lettere mentre la cifra complessiva di tutte è di cento quaranta tremila otto cento quaranta.

Che diremo sentendoci descrivere così la Divina Commedia o il Paradiso Perduto del Milton?

Ma riflettete. Non è questo il genere di nozione che della natura del mondo ci darebbero il senso comune e la scienza? Che troveremo in entrambi se non la medesima realtà astratta, soffocata dai sensi come dalle cinque dita di una mano strangolatrice, colla differenza che l’universo dello scienziato perdendo ancora in vivente concretezza quanto guadagna in precisione ha fatto un altro passo su quel cammino dell’astratto il cui termine ultimo sono le ombre di fantasmi che si chiamano «L’inconoscibile» dello Spencer o il «Noumeno» del Kant?

Ma il mondo non è soltanto quella materia colorita, sonora, odorante, gustosa e tangibile cui pensa il volgo quando immagina o crede immaginare la Realtà, e nemmeno quel turbinio di corpuscoli ultramicroscopici, quel tessuto d’energie cieche a cui s’inchina lo scienziato.

Esso è pure coscienza volontà pensiero .

È vero che in ciò, più o meno ci si accorda tutti, ma il guaio comincia quando si tratta di stabilire l’importanza relativa ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il matrimonio del cielo e dell’inferno
  3. Indice dei contenuti
  4. WILLIAM BLAKE
  5. CANTI DELL’INNOCENZA
  6. Introduzione
  7. Il pastore
  8. Gioia fanciulla
  9. Canzone per ridere
  10. Primavera
  11. L’Agnello
  12. Canzone da culla
  13. Il fiore
  14. Notte
  15. Un sogno
  16. CANTI DELL’ESPERIENZA
  17. Introduzione
  18. La risposta della Terra
  19. La Mosca
  20. La Tigre
  21. La fanciulla smarrita
  22. La fanciulla ritrovata
  23. La zolla ed il selce
  24. Il piccolo vagabondo
  25. L’albero del veleno
  26. L’Angelo
  27. La rosa ammalata
  28. Il mio grazioso rosaio
  29. Ah! Girasole
  30. Il giglio
  31. Il Giardino dell’Amore
  32. Sommario dell’uomo
  33. VERSI DAL MANOSCRITTO DI ROSSETTI
  34. Non cercar mai di dire il tuo amore
  35. Giacqui sovra una ripa
  36. Vidi una Cappella tutta d’oro
  37. Chiesi a un ladro
  38. Silenziosa, silenziosa Notte
  39. Temei che la furia del mio vento
  40. Al mio Mirto
  41. Il canto del fiore selvaggio
  42. Giorno
  43. Lo spiritello
  44. SQUARCI DAL «MILTON»
  45. Il peccato di Leutha
  46. La natura dell’Infinito
  47. Il Guscio Mondano
  48. Swedemborg
  49. La fucina di Los
  50. La costruzione del tempo
  51. Gli uccelli e i fiori
  52. IL MATRIMONIO DEL CIELO E DELL’INFERNO
  53. Argomento
  54. La voce del diavolo
  55. Memorabile fantasia
  56. Proverbii dell’Inferno
  57. Memorabile fantasia
  58. Memorabile fantasia
  59. Memorabile fantasia
  60. Memorabile fantasia
  61. IL LIBRO DI THEL
  62. I
  63. II
  64. III
  65. IV
  66. TIRIEL
  67. I
  68. II
  69. III
  70. IV
  71. V
  72. VI
  73. VII
  74. VIII
  75. IL PRIMO LIBRO DI URIZEN
  76. Preludio al Primo Libro di Urizen
  77. CAP. I
  78. CAP. II
  79. CAP. III
  80. CAP. IV
  81. CAP. IV [A]
  82. CAP. V
  83. CAP. VI
  84. CAP. VII
  85. CAP. VIII
  86. CAP. IX
  87. Note