Volti del Carmelo
eBook - ePub

Volti del Carmelo

Figure ed esperienze di preghiera nel Carmelo Teresiano

  1. 320 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Volti del Carmelo

Figure ed esperienze di preghiera nel Carmelo Teresiano

Informazioni su questo libro

Una finestra dalla quale si affacciano, di volta in volta, vari volti del Carmelo. Volti, come aspetti della vita e come visi concreti di santi e sante del Carmelo, proposti per additarne l'esempio più specifico della loro esperienza.A parte qualche minuto particolare, è una stessa impronta di famiglia: quella della preghiera, colta nelle sue varie sfumature e nella sua gradualità.

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Informazioni

Bruno Moriconi
Volti del Carmelo
Figure ed esperienze di preghiera
nel Carmelo Teresiano
EDIZIONI OCD
Introduzione
Era ormai vicino il tramonto quando, il 4 ottobre 1968, arrivammo in vista del monte Carmelo. Con me, tredici giovani confratelli di otto diverse nazionalità. Ci eravamo imbarcati a Napoli e, dopo circa quattro giorni di navigazione, compresa la tappa di poche ore nel golfo del Pireo per consentire una fugace visita al Partenone di Atene, la nave della compagnia Adriatica stava per sbarcarci nel porto di Haifa.
Ero il più giovane del gruppo e sarei diventato maggiorenne – all’epoca il limite erano ancora i ventuno anni di età – proprio il giorno dopo, più o meno alla stessa ora dello sbarco. Un dettaglio che oggi mi sorprende gradevolmente, perché mi conferma che la possibilità di decidere definitivamente quale doveva essere la via da scegliere, era scattata proprio con lo sbarco nella terra del Carmelo. Avevo attraversato il mare con il passaporto firmato da mia madre che, alla morte di mio padre, era stata consigliata di mettermi in un collegio che fosse abbastanza vicino per venire a trovarmi e dove non ci fosse una retta troppo onerosa da pagare. Dopo avere scartato quello degli Scolopi di Firenze che, per una parentela di mia madre con uno di quei padri, padre Aladino Moriconi, m’avrebbero preso anche gratuitamente, ma era troppo lontano da Camaiore, la scelta era caduta su quello dei Carmelitani Scalzi di Lucca.
Il padre che fece da tramite con mia madre era al corrente di tutto. Sapeva che entravo in quel loro “seminario” con la semplice motivazione di poter proseguire gli studi a una spesa modesta e proporzionata alla situazione della mia famiglia rimasta priva del sostegno paterno. Per questo, due o tre volte l’anno, voleva sapere se mi ci trovavo a mio agio. Era un uomo molto spirituale, ma anche molto pratico e, nel caso gli avessi detto che non ci volessi più stare o ci stessi male, avrebbe provveduto lui stesso a cercare qualcos’altro per me, sia nel campo degli studi che in quello di un eventuale lavoro che, essendo gli anni della ripresa economica italiana, non era difficile trovare. Si chiamava padre Pio Locci e lo voglio ricordare, anche per questo suo atteggiamento onesto e paterno.
La vita dei collegi non è certo l’ideale, ma mi andai talmente adattando a stare con lui e con gli altri frati che vedevo impegnati in mille modi per poterci garantire, oltre che l’istruzione, anche un vitto decente, da cominciare presto a desiderare di poter indossare anch’io il loro abito. Il tempo e l’età mi avrebbero dato la possibilità di decidere altrimenti. Di capire, cioè, se questa fosse la strada scelta da me e non semplicemente dalle circostanze, anche se queste non sono mai una cosa distinta da noi e da Dio, il quale sa trarre il meglio da qualsiasi intreccio di eventi.
E fu davvero così che, pur con molti altri ripensamenti posteriori, alcuni dei quali anche molto importanti, in quell’antica terra del monte Carmelo dove ero sbarcato, cominciai a sentire davvero di esservi stato “chiamato”. A desiderare, da “adulto” ormai, di far parte di quella stirpe di Carmelitani che, negli anfratti di quel monte, era sorta quasi ottocento anni prima. Al contrario di noi che vi eravamo appena approdati, essi, come ricorderemo più avanti in questo libro, erano dovuti partire presto per l’Europa, subendone ogni sorta di adattamento. Il loro spirito, tuttavia, ringiovanito da Teresa di Gesù e da Giovanni della Croce, era ancora legato a questo monte, sul cui promontorio affacciato sul mare, sorge il convento di “Stella Maris” che, per la durata di un anno accademico, sarebbe stato anche il nostro convento.
Sentivo attraente la presenza quasi tangibile del profeta Elia onorato da tutti, ebrei, musulmani e cristiani, su quel monte. Non perché ritratto nell’atto minaccioso di brandire la spada contro i profeti di Baal, ma per il suo impegno contemplativo e missionario. «Contemplata aliis tradere», sentivo, infatti, definire la nostra vocazione dai frati più anziani. Per dire che il nostro compito era quello di portare agli altri le cose che si andavano apprendendo nella vita contemplativa, caratteristica del Carmelitano.
Non che io mi sentissi un contemplativo nel senso specifico del termine, ma questa prospettiva mi piaceva. Secondo me, infatti, voleva dire che il tempo che avrei dedicato a stare in convento, apparentemente inutile – “mangia pane a ufo”, diceva mio padre, almeno dei preti – lo avrei speso nell’approfondimento delle cose di Dio e della sua misericordia verso tutti. E non tanto per me, ma per poterne parlare con chi, essendo preso dai bisogni della famiglia, dal lavoro o, peggio ancora, dalla mancanza di lavoro, non ha molto tempo per questo. Per chi, cioè, deve contentarsi di quanto si dice alle prediche della domenica, non sempre rispettose, né nei confronti di Dio, né di quelli dei veri bisogni umani.
E fu così che, dall’alto del promontorio del Carmelo, cominciai a guardare alla mia vita da Carmelitano al di là del mare che avevo solcato per giungere fino là, in quel lembo di terra santa, da cui sarei ripartito circa nove mesi più tardi, proprio il tempo necessario a far nascere una persona. Nove mesi sul monte che dà nome all’Ordine e dove erano vissuti «i nostri veri fondatori, che sono quei santi Padri dai quali discendiamo»,1 come li aveva definiti Teresa d’Avila. Con gli anni non sono diventato granché, come Carmelitano, ma in questa veste mi sento a mio agio e mi fa piacere, giunto ormai ad una età, se non venerabile, almeno più che matura, parlare di questa vocazione, dei suoi ideali e di come è stata vissuta da alcuni testimoni qualificati.
«Non c’è membro della Chiesa che non debba qualcosa al Carmelo», scrisse Thomas Merton nell’introduzione al suo libro The Ascent to Truth,2 pubblicato anche in italiano (Ascesa alla verità), dalla Garzanti. Parole lusinghiere che mi giungono a proposito per introdurre il lettore al contenuto di questo libro che intitolo Volti del Carmelo. Come ogni altra famiglia religiosa, anche il Carmelo, infatti, parla attraverso la sua storia e i vari volti che la popolano e lo mantengono vivo e utile all’umanità.
Ho scelto questo titolo senza articolo, per sottolineare che non si tratta che di alcune angolature, probabilmente le più importanti, ma solo di sfaccettature, di spunti di riflessione e di inviti all’approfondimento. Volti, come aspetti della vita e come visi concreti di santi e sante del Carmelo, proposti, non tanto per esaltarne la santità, quanto per additarne l’aspetto più specifico della loro esperienza. Dagli antichi Padri fino ai testimoni del secolo scorso come Edith Stein, passando, ovviamente, per i rinnovatori del Carmelo, ossia, Teresa di Gesù e Giovanni della Croce. Maestri e ideali di vita universali, perché, al di là della loro forza anche pedagogica, pur sempre uomini e donne che hanno, come loro riferimento base, il libro di tutti, ossia, il Vangelo.
Per questo, mentre il titolo (Volti del Carmelo) indica la cornice dalla quale, di volta in volta, s’affacciano le varie “fisionomie”, il sottotitolo (Figure ed esperienze di preghiera) specifica che, in fondo, a parte qualche minuto particolare, non si tratta che di variazioni sullo stesso tema: quello della preghiera, colto nelle sue varie sfumature e nella sua gradualità. Mancano altri volti e altre esperienze, anche se credo di aver colto le principali. Se, dunque, le modeste pagine che seguono, dovessero aiutare il lettore a entrare anche solo un po’ di più nella “terra del Carmelo”, il mio modesto sforzo sarebbe ampiamente compensato. Il mio e di coloro che mi hanno aiutato.
Devo, infatti, ringraziare innanzitutto padre Luis Jorge González per l’incoraggiamento a scrivere questa specie di introduzione allo spirito e alla preghiera secondo la tradizione del Carmelo. Può servire soprattutto ai giovani interessati a questo tipo di esperienza religiosa, ha continuato a dirmi con insistenza, insieme anche ad alcune monache che hanno letto parti del manoscritto, come suor Gabriella del monastero di Nuoro, consultata anche espressamente per il capitolo sulla clausura. Poi padre Denis Chardonnens, per la supervisione attenta di ogni capitolo, il signor Antonio Murru per la sua lettura in rappresentanza di un pubblico più vasto, padre Arkadiusz Smagacz, per la consulenza su Raffaele Kalinowski, padre Christian-...

Indice dei contenuti

  1. Volti del Carmelo
  2. Appendici