Lettere a un amico
18.11.43.
Devo approfittare che sei vicino per scriverti. Tu sai che qui mi hanno negato perfino il pastore... Lascia che ti racconti qualcosa di me che devi sapere. Nei primi dodici giorni, in cui fui isolato e trattato come un criminale (fino a oggi le celle attigue alla mia sono state occupate quasi esclusivamente da condannati a morte in ceppi) Paul Gerhardt, e poi i Salmi e l’Apocalisse si sono dimostrati veri come non l’avrei mai creduto. In queste giornate sono stato immune da tutte le tentazioni gravi. Sei la sola persona a sapere che l’“acedia-tristitia” mi ha spesso insidiato, con le sue pericolose conseguenze; forse - così temevo allora - ti sei preoccupato per me a questo riguardo. Ma io mi sono detto sin da principio che non farò questo piacere né agli uomini né al demonio; se proprio lo vogliono, devono pensarci loro; spero di poter restare sempre di quest’idea. All’inizio mi chiedevo anche se fosse veramente la causa di Cristo quella per cui ho dato tali preoccupazioni a voi tutti; ma tosto mi levai questo assillo dalla testa come una tentazione e acquistai la certezza che il mio dovere è proprio quello di andare fino in fondo a questo caso limite con tutta la sua problematica; ciò mi rese completamente sereno e fino a oggi lo sono rimasto. (1 Pie. 2, 20; 3, 14).
Sul piano personale, mi rimprovero di non aver terminato la mia “Etica” (credo che in parte sia stata sequestrata), ma mi consolo un po’ pensando che te ne avevo detto l’essenziale, e se anche l’hai dimenticato riaffiorerà indirettamente in qualche modo. Inoltre le mie riflessioni erano ancora incomplete.
Ho poi sentito come una trascuratezza il fatto di non aver realizzato il desiderio, lungamente coltivato, di accostarmi di nuovo con te alla Santa Cena... e tuttavia so che - seppure non corporalmente - spiritualiter io e te siamo divenuti partecipi del dono della confessione, dell’assoluzione e della comunione e possiamo esserne lieti e in pace. Ma volevo pur dirtelo.
Non appena ho potuto, ho iniziato un lavoro non-teologico oltre al quotidiano lavoro biblico (ho letto due volte e mezza l’Antico Testamento e ho imparato molto): un saggio sul senso del tempo, che è scaturito principalmente dall’esigenza di restituire il presente al mio proprio passato, in una situazione nella quale il tempo pareva così facilmente vuoto e perduto. Gratitudine e rimpianto sono le cose che ci rendono sempre presente il nostro passato. Ma ne parleremo più a lungo in seguito.
Poi mi sono accinto a un’impresa ardita, che già da molto tempo avevo in mente; ho cominciato a scrivere la storia di una famiglia borghese del nostro tempo. Lo sfondo è dato da tutte le innumerevoli discussioni che abbiamo avuto insieme su questi problemi e da tutte le esperienze direttamente vissute; in breve, si tratta di una riabilitazione della borghesia, come la conosciamo nelle nostre famiglie, proprio a partire dal cristianesimo. I figli di due famiglie amiche crescono insieme, a poco a poco, raggiungendo posizioni e incarichi di responsabilità in una cittadina: borgomastro, insegnante, pastore, medico, ingegnere e tentano insieme la costruzione della comunità. Vi scopriresti molti profili a te noti; c’entri anche tu. Ma non sono ancora andato molto oltre gli inizi a causa delle continue prognosi errate sul mio rilascio e della scarsa concentrazione che ne deriva. Ma mi piace molto. Vorrei soltanto poterne parlare con te ogni giorno. Sì, in complesso ne sento la mancanza più di quanto tu possa pensare...
Di conserva ho scritto un saggio su Che cosa significa dire la verità?, e attualmente tento di scrivere delle preghiere per prigionieri, preghiere che, caso strano, non esistono e che forse verranno distribuite a Natale.
E ora le letture. Sì, Eberhard, rimpiango molto di non aver letto assieme a te Stifter; avrebbe stimolato molto le nostre discussioni. Bisogna rimandarle a più tardi. Ma ho molte cose da raccontarti al proposito. Più tardi? Ma quando? E come? Per ogni evenienza, ho consegnato all’avvocato un testamento... Ma forse - o di certo - sei tu ora in pericolo maggiore! Ogni giorno penso a te e prego Dio di proteggerti e di farti tornare... Se non mi condannano, ma mi lasciano libero e mi arruolano, sarebbe possibile capitare nel tuo reggimento?
Sarebbe magnifico! Ma qualora io dovessi essere condannato, il che non si può mai sapere, non darti pensiero per me! “Ciò” veramente non mi tocca, se non per quel tanto che dovrò poi starmene qui ancora un paio di mesi sino alla scadenza del periodo di prova; il che non è per niente piacevole. Ma tante cose non sono piacevoli! La faccenda per la quale potrei essere condannato è così pulita che dovrei esserne soltanto fiero. Per il resto, spero che se Dio ci conserva la vita potremo almeno festeggiare assieme in serenità la Pasqua...
Promettiamoci reciprocamente di restar fedeli pregando l’uno per l’altro. Per te invocherò forza, salute, pazienza e protezione dai conflitti e dalle tentazioni. Fai le stesse preghiere per me. E se dovesse essere stabilito che non ci rivedremo, fai allora che ci si pensi fino all’ultimo in gratitudine e in perdono e che Iddio possa concederci di presentarci un giorno dinanzi al suo trono pregando l’uno per l’altro, innalzando lodi e grazie l’uno con l’altro.
... Qui trovo (lo sarà anche per te, penso) che alzarsi al mattino è, interiormente, la cosa più dura (Ger. 31, 26). Ora prego molto semplicemente di essere libero. Esiste anche un falso abbandono, per nulla cristiano. Noi, come cristiani, non dobbiamo assolutamente vergognarci di un po’ d’impazienza, di nostalgia, di ribellione verso l’innaturale; né dobbiamo vergognarci di una buona dose di desiderio di libertà, di felicità terrena e di possibilità d’agire. In ciò, ritengo, siamo concordi.
D’altronde noi due, nonostante tutto o proprio a causa di tutto ciò che ciascuno vive ora a modo suo, restiamo sempre gli stessi di prima, non è vero?! Spero che tu non pensi che io esca di qua trasformato in uomo del fronte interno; ora meno che mai! E lo stesso penso di te. Chissà che gioia quel giorno che potremo raccontarci le nostre esperienze! Talvolta mi incattivisco proprio, per non essere libero adesso...!
20.11.43.
... Qualora dovessi restare ancora in questo buco per Natale, non angustiartene. Non ho proprio nessuna paura di questo. Si può festeggiare il Natale da cristiano anche in prigione, in ogni caso è più facile che festeggiare una ricorrenza familiare. Ti ringrazio in modo speciale per aver chiesto il permesso di parlare con me. Penso che ora sia stato possibile farlo senza avere complicazioni. Del resto non avrei osato chiedertelo. Ma è molto più bello che tu l’abbia fatto di tua iniziativa. Tutte le mie speranze sono indirizzate alla buona riuscita della cosa! Ma sai, anche se non dovessi farcela, rimarrebbe pur sempre la gioia di sapere che l’hai tentato, e aumenterebbe solo la rabbia verso certa gente, il che non fa mai male. (Certe volte penso che non sono ancora abbastanza furioso per tutto questo affare!) Inghiottiamo dunque anche quest’altra pillola amara: negli ultimi tempi io e te cominciamo ad abituarcisi, poco a poco. Sono contento di averti visto ancora al momento dell’arresto, non lo dimenticherò...
Qualcosa ancora sulla mia esistenza: ci alziamo alla stessa ora; la giornata dura sino alle 20; io consumo il fondo dei calzoni, mentre tu consumi le suole. Io leggo il “Völkischer Beobachter” e il “Reich”; ho conosciuto diverse persone molto a posto. Ogni giorno mi portano a passeggiare, solo per mezz’ora. Al pomeriggio, in infermeria, mi curano molto amichevolmente il reumatismo, ma senza successo. Ogni otto giorni ricevo da voi un mucchio di buona roba da mangiare. Ti ringrazio molto per tutto, anche per i sigari e le sigarette che mi hai portato dal viaggio! Almeno foste sazi voi! Tu, soffri molto la fame? Sarebbe orribile! Non mi manca nulla - tranne voi tutti. Vorrei tanto eseguire con te la sonata in sol minore di Bach, cantare Schütz e ascoltare dalla tua voce i salmi 70 e 47. Erano i tuoi pezzi forti!
Mi fanno le pulizie in cella e colgo l’occasione per dare qualcosa da mangiare a chi le fa; uno di costoro è stato recentemente condannato a morte. Ne sono rimasto molto colpito. In sette mesi e mezzo se ne vedono tante di cose, soprattutto si vede che razza di conseguenze possono avere sciocchezze da nulla. Sulla maggioranza delle persone una limitazione prolungata della libertà ha, sotto ogni aspetto, un effetto demoralizzante. Ho provato a progettare un sistema diverso di pena, in base al principio: punire ciascuno sullo stesso terreno sul quale ha commesso l’infrazione; per esempio, punire l’allontanamento non consentito con la revoca del congedo eccetera, l’esibizione di decorazioni ingiustificate con un maggior impiego sulla linea del fronte, il furto ai danni di un camerata con un’insegna provvisoria che contraddistingua il ladro, la sottrazione di generi alimentari con una riduzione delle razioni eccetera. Perché infatti nella Legge vetero-testamentaria non sono previste pene lesive della libertà?
21.11.43.
Oggi è la domenica dei morti... Poi viene il periodo dell’Avvento, del quale abbiamo tanti bei ricordi in comune... La cella di una prigione è tra l’altro un ottimo termine di verifica per la situazione d’Avvento; si aspetta, si spera, si fa questo e quello - in ultima analisi cose di secondaria importanza - la porta è chiusa e si può aprire solo dall’esterno. Posso immaginarlo solo così; non pensare che qui ci siano tanti simboli a disposizione! In secondo luogo però ti debbo dire ancora qualcosa che forse ti riuscirà sorprendente: 1. Mi manca molto la compagnia a tavola; ogni conforto materiale che ricevo da voi mi si trasforma qui in ricordo di quando eravamo seduti a tavola insieme. Questa non è forse diventata una componente essenziale della esistenza perché è una realtà del Regno di Dio? 2. Ho sentito un vero aiuto nel consiglio di Lutero, di segnarsi con la croce nelle preghiere del mattino e della sera. In ciò di cui si sente particolare bisogno c’è qualcosa di oggettivo. Non spaventarti! Non esco sicuramente di qui trasformato in homo religiosus! Al contrario, la mia diffidenza e la mia paura di fronte alla religiosità sono divenute qui ancora maggiori. Mi dà sempre più da pensare il fatto che gli Israeliti non pronunciavano mai il nome di Dio; lo capisco sempre meglio.
... Ora leggo con molto interesse Tertulliano, Cipriano e altri padri della Chiesa. In parte sono molto più attuali dei riformatori e offrono, al tempo stesso, una base per il dialogo tra cattolici ed evangelici.
... Per il resto, dal punto di vista puramente giuridico, ritengo esclusa una mia condanna.
22.11.43.
... Dimmi un po’, come riesci a cavartela nell’esercito con la tua predisposizione a rimbeccare le accuse ingiuste? Qui mi è già capitato un paio di volte di dare sul muso anche a gente che si è permessa la minima scorrettezza; sono rimasti di stucco e da quel momento si sono tenuti molto a posto. Ciò mi diverte un mondo, ma so benissimo che si tratta di una sensibilità impossibile, che non riesco a cavarmi di dosso... Divento furioso poi quando vedo gente del tutto indifesa maltrattata e insultata ingiustamente. Posso rimanere agitato per ore a causa di questi meschini vessatori, che qui trovano il loro terreno di sfogo e che esistono dappertutto.
... Innumerevoli ricordi, tra i più belli, mi vengono suggeriti dal “Nuovo libro di canti”, che ho qui con me da un paio di giorni! Vedi, continuamente mi viene in mente qualcosa di cui vorrei discutere con te. Quando si comincia, dopo tanto tempo, non si finirebbe mai...
23.11.43.
L’incursione di stanotte non è stata proprio piacevole. Ho continuato a pensare a voi tutti... In momenti come questi uno ne ha veramente abbastanza di essere prigioniero. Spero che tornerete a Sakrow. Ieri notte mi sono molto meravigliato vedendo quanto siano agitati durante l’allarme i soldati che vengono dal fronte...
24.11.43.
Dopo l’incursione aerea di ieri mi sembra giusto farti sapere quali disposizioni ho preso in caso di morte... Le leggerai, spero, con il poco sentimentalismo che ti è proprio!...
Venerdì, 26.11.43.
Ce l’abbiamo fatta dunque - anche se solo per un momento; ma non è questa la cosa più importante, anche un paio d’ore sarebbero state troppo poche. Quando si è reclusi si diventa così recettivi che ci si può nutrire a lungo anche di un paio di minuti di compagnia. Per molto tempo mi accompagnerà l’immagine delle quattro persone che mi sono più vicine nella vita, raccolte per un attimo attorno a me. Quando sono tornato in cella, subito dopo, per un’ora ho camminato in su e in giù, mentre il cibo stava là e diventava freddo. Alla fine ho dovuto ridere di me stesso perché mi sono sorpreso a ripetere ad alta voce, del tutto meccanicamente: È stata veramente una bella cosa! Ho sempre qualche inibizione intellettuale quando adopero per una cosa il termine indescrivibile; infatti basta sforzarsi un po’ e raggiungere la chiarezza necessaria, che ben poche cose rimangono indescrivibili; ma per il momento il pomeriggio di oggi mi sembra proprio una di queste. Ecco, ho qui davanti a me il sigaro di Karl Barth, una realtà davvero indescrivibile: hai visto com’è stato caro e comprensivo? È semplicemente grandioso che tu li abbia visti! E poi il buon vecchio caro Wolf - sigaro Amburgo dei tempi migliori e, accanto a me, appesa a una cassetta, c’è la corona dell’Avvento, e nel mio armadietto per le provviste, fra l’altro, le vostre uova giganti attendono le prossime colazioni (non ha alcun senso che io dica non dovevate privarvi di tanta roba!, ma lo penso e tuttavia sono contento!)... Mi viene alla mente la mia prima visita a un carcerato - quella a Fritz Onnasch, c’eri anche tu! - quando mi sono terribilmente commosso, benché Fritz fosse molto allegro e composto. Spero che oggi non ti sia capitato qualcosa di simile con me. Significherebbe che anche tu hai l’idea errata che essere prigionieri equivale a un’angustia ininterrotta. Non è affatto così; visite come queste alleviano molto sensibilmente l’esistenza alla gente, per giorni interi, anche se ovviamente tali visite risvegliano nell’individuo cose che per un certo periodo si erano felicemente sopite. Ma anche questo non fa nulla. Ancora una volta si percepisce quanto si era ricchi; allora ne nasce gratitudine e nuovi progetti di speranza e di voglia di vivere. Grazie, grazie tante, a te e a voi tutti!...
27.11.43.
... In questo periodo abbiamo avuto l’attesa pesante incursione su Borsig. È davvero un’impressione unica vedersi scendere proprio addosso gli alberi di Natale, quei razzi illuminanti che vengono gettati dall’aereo che comanda la squadriglia. Terrificanti il frastuono e le grida dei carcerati nelle loro celle. Non abbiamo avuto morti, soltanto feriti; ma siamo stati occupati sino all’una con le medicazioni. Subito dopo sono riuscito ugualmente a addormentarmi. La gente qui parla apertamente della paura che ha avuto. Non so bene che cosa ne debba pensare, poiché in realtà la paura è qualcosa di cui ci si vergogna. Ho l’impressione che si dovrebbe parlarne soltanto in confessione. Altrimenti acquista una certa spudoratezza. Non voglio dire che si debba giocare a fare gli eroi. D’altro canto un’ingenua franchezza può contenere qualcosa di molto disarmante. Ma c’è anche una franchezza cinica ed empia che si sfoga pure nel bere e nel frequentare prostitute e che lascia un’impressione altrettanto caotica. Chi sa se la paura non fa parte delle “pudenda” che devono rimanere nascoste?
Su questo argomento devo ancora riflettere; avrai fatto anche tu le tue esperienze al riguardo. Vivendo ora così intensamente la nostra esperienza delle cose più orribili della guerra, un domani, se sopravviveremo, tale esperienza ci fornirà la necessaria formazione di base per rendere possibile una ricostruzione della vita dei popoli, all’interno e all’esterno, sul terreno del cristianesimo. Perciò dobbiamo realmente conservare entro noi stessi le esperienze di vita che facciamo, elaborarle, renderle fruttuose e non scrollarcele di dosso. Non siamo riusciti mai finora a cogliere il ...