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Alcune considerazioni sulla crisi 2008-2012
Informazioni su questo libro
La presente pubblicazione intende dare alcuni spunti per individuare le origini dell'attuale crisi economica e contemporaneamente suggerire alcune vie d'uscita. In particolare sono stati individuati i due meccanismi della concentrazione e della saturazione quali elementi scatenanti, i quali, a loro volta, sono da ricondurre, in grande parte, a fenomeni ancora più ampi come la progressiva svalutazione del lavoro ed il deterioramento dei valori comunitari nella società.
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Business GeneralAlcune considerazioni sulla crisi 2008-2012
PREMESSE
- La crisi ha avuto origine ed epicentro nel paese che più di altri è stato guidato negli ultimi decenni da politiche turbo capitalistiche e super liberiste. In particolare nel periodo 2000-2008 queste hanno assunto dei veri e propri connotati ideologici oltranzisti.
- La crisi attuale, estate 2011, legata al debito sovrano di alcuni stati, non è altro che l’evoluzione della crisi del 2008, mai realmente superata. Anzi il vero inizio della crisi risale a molto prima, al 2000-2001, quando il disastro delle torri gemelle non ha, ne provocato (era iniziata prima), ne aggravato (se non nell’immediato) la caduta dei listini, in particolare it-tec, ma l’ha prima bloccata e poi invertita, scostando totalmente l’attenzione 1 dalla crisi sottostante già in atto. L’ondata emotiva seguita all’attentato terroristico è stata incanalata nell’ambito dell’ideologia dominante e sfruttata, coscientemente o no, per generare quella straordinaria crescita virtuale, puramente finanziaria, dal 2001 al 2008; principalmente negli USA ma poi a caduta in quasi tutti i paesi sviluppati.
- La crescita virtuale dal 2001 al 2008 ha determinato la creazione di un’enorme ricchezza virtuale la quale, a sua volta, ha accelerato la crescita virtuale. Questa ricchezza finta è finita nelle tasche di quasi tutti, chi più chi meno, direttamente o indirettamente, ma molta di essa si trovava nel 2008, ancora nelle mani di quelle istituzioni finanziarie che sostanzialmente l’avevano creata. Da allora queste stanno cercando di disfarsene rifilandola in parte agli stati in parte al mercato. Usando l’asimmetria sempre più marcata dei mercati stessi, dovuta alla loro dimensione globale e alla mancanza di regole, i soggetti più forti stanno scaricando, da allora, su quelli più deboli denaro finto pretendendo in cambio, alla pari, denaro vero; è quello che sta accadendo anche ora, estate del 2011, crisi dei debiti sovrani.
- Si dice che siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità. Non vero. Si dice che ci siamo illusi di esseri più ricchi di quanto eravamo. Vero, vedi punto 3, ma solo in parte e in un senso diverso da quello normalmente inteso. Se è vero come è vero che qualsiasi crisi finanziaria è anche una crisi economica in quanto determina l’errata allocazione delle risorse, quindi il loro spreco, è pur vero che non pare che ci sia in generale un’ impossibilità a produrre quanto necessario al benessere globale. Quindi questo significa che, malgrado l’enorme distrazione di risorse avvenuta per l’impazzimento della finanza nel decennio passato ( ed anche prima), nel 2008 2 avevamo ancora intatta la capacità di produrre molto oltre il necessario 3 . Si era in una situazione per cui se gli stabilimenti fossero stati utilizzati anche solo al 70% delle loro potenzialità si sarebbero inondati i mercati di merci oltre ogni ipotizzabile capacità di consumo. Per questo, e per un altro motivo che vedremo più tardi, malgrado l’indebitamento generale sia salito alle stelle, malgrado ci sia in circolazione una quantità enorme di denaro finto, creato su basi virtuali, non abbiamo sinora assistito ad una pesante dinamica inflattiva 4 di natura depressiva 5 . Questo significa che, malgrado tutto, nel 2008 ancora possedevamo tutte le risorse necessarie. Anche considerando che molte merci di grande uso, come l’elettronica sono ormai principalmente prodotte in Cina (tuttavia i brevetti sono ancora, in buona parte, americani e giapponesi, eventualmente europei e coreani) non si sposta la questione di fondo. Infine non pare che le fonti energetiche attualmente siano da considerarsi scarseggianti e quindi di nuovo non pare che siano sorti problemi da un’eventuale sottoinvestimento nella produzione di energia 6 .
- Esistono beni e servizi che hanno un’utilità superiore rispetto ad altri, tale che una loro produzione anche in “eccesso” conduce comunque ad un miglioramento della qualità della vita delle popolazioni interessate senza particolari controindicazioni e senza determinare effetti di saturazione . Inoltre il prezzo di alcuni prodotti risulta sottostimato perché chi li produce può scaricare, in maniera surrettizia, parte dei costi o sulla comunità o sulle generazioni future (costi sociali, costi ambientali). D’altra parte altri prodotti che presentano costi apparentemente alti, e quindi attualmente fuori mercato, presentano in realtà costi reali assolutamente competitivi rispetto ai primi se appunto venisse incorporato il risparmio di quei costi impropriamente omessi. In questa situazione ritroviamo, ad esempio, la dicotomia energetica petrolio-fonti rinnovabili, la competizione tra prodotti altamente riciclabili e/o a lunga vita rispetto a prodotti usa e getta bassamente riciclabili, le produzioni che sfruttano il dumping sociale.
- Tutta la liquidità che la banca centrale americana ha immesso nel mercato (ovvero ha dato alle banche) non ha sortito finora nessun sostanziale effetto in patria , ne positivo (crescita, consumi, disoccupazione) ne negativo (inflazione, almeno per ora). Questa montagna di denaro è sostanzialmente rimasta intrappolata nel circuito finanziario globale andando ad alimentare ulteriori squilibri a medio lungo termine in giro per il mondo (vedi Brasile, India, ecc). Alle imprese, soprattutto medio-piccole (ovvero quelle che non possono accedere direttamente al mercato), ed al consumatore americano non è arrivato quasi nulla.
- I paesi sviluppati che, per ora (ma alla lunga non sarà così in assenza di provvedimenti globali), hanno sostenuto meglio l’impatto della crisi non sono quelli più liberisti, turbo capitalisti, poche regole, welfare leggero e tanta finanza (come qualcuno andava dicendo prima della crisi del 2008 e purtroppo va ancora professando). Sono invece i paesi scandinavi , la Germania, la Francia, la Svizzera, ecc. Ovvero paesi con molto più stato sociale dell’America (ma anche dell’Italia e della Spagna) lavoro flessibile ma tutelato, salari alti, impianti di regole solidi e razionali che vincolano l’attività economica (senza eccessi ovviamente), infrastrutture pubbliche imponenti, tassazione fortemente redistributiva (perché principalmente progressiva).
- Alcuni dei paesi che attualmente sono sulla cresta dell’onda (vedi Brasile, India, Turchia, ecc.) ed attirano grandi quantità di investimenti e liquidità hanno spesso livelli di produttività ed efficienza inferiori a quelli nordamericano o europei, hanno burocrazie assai impervie, sistemi legali farraginosi. Inoltre non hanno mai seriamente applicato i dettami che il fondo monetario (noto profeta della religione mercatista) aveva proposto in occasione delle loro passate crisi. Eppure eccoli là che annegano in un mare di soldi che gli piovono addosso da ogni parte del mondo.
- I debiti sovrani attuali, anche quelli degli stati più disastrati, sono meno eclatanti di quelli che aveva (ed ha ancora) il sistema finanziario globale, e specialmente quello americano, nel 2008, eppure allora i mercati si sono scatenati su quei debiti comunque meno di quanto stiano facendo adesso con i debiti sovrani. Senza contare che molti di questi debiti sono stati accumulati per tentare di salvare il sistema finanziario (ovvero le banche più esposte) e non per squilibri interni ai bilanci dei paesi.
- Il mercato è uno strumento ottimo per trasformare la somma degli interessi individuali in un beneficio comune. Questo però avviene solo se è sottoposto ad alcune regole codificate che non può certo produrre da se. Ma queste regole scritte non bastano a loro volta a garantire la funzionalità del mercato. E’ necessario anche che la società possieda alcuni valori basilari (regole non scritte), riguardanti i rapporti tra gli individui e tra questi e la comunità, che anche in questo caso non possono che essere esterni al mercato ma nello stesso tempo sono la condizione necessaria alla sua sostenibilità. Le regole tecniche da sole non bastano e del resto non possono che essere il prodotto di quel sistema di valori e delle conoscenze economiche.
- Nel decennio 98-08 (e già prima) il tenore di vita della classe media americana non è stato sostenuto dalle retribuzioni da lavoro ma dal credito facile. Al contrario negli anni precedenti i momenti di crescita, vedi ad esempio ’50 e ’60, sono stati caratterizzati da aumenti consistenti delle retribuzioni e questo ha determinato il benessere della classe media. A questo proposito si tenga presente che generalmente la media e piccola borghesia condividono con gli operai il fatto di avere un reddito prodotto principalmente con il proprio lavoro 7 , sia esso dipendente o indipendente, sia esso professionale di alto rango o operaio a bassa specializzazione. Si badi inoltre che la maggior parte delle spese che le famiglie medie americane hanno affrontato negli ultimi anni non hanno riguardato, come spesso si pensa, beni di consumo, bensì hanno riguardato principalmente i settori dell’istruzione, della sanità e della casa, i cui costi sono aumentati vertiginosamente senza per altro che ne sia stata modificata sostanzialmente la qualità (anzi il contrario).
- 1 Ed in questo possiamo anche dire che abbia aggravato la crisi.
- 2 E vedremo poi se ora, nell’estate del 2011, è ancora così.
- 3 Vedi meglio il punto 6 delle considerazioni.
- 4 Anche, in secondo ordine, per i motivi specificati al seguente punto 6.
- 5 Per intenderci, tipo quella degli anni ’30 in molti paesi occidentali.
- 6 Anche la sparata dei prezzi energetici del 2006-2007-parte2008, ovvero nel pieno del boom globale, era dovuta più alla speculazione che non ad un effettivo problema quantitativo.
- 7 E non dall’accumulo di valore generato dal lavoro altrui.
CAP. 1 - CONSIDERAZIONI
- Per quanto detto relativamente all’epicentro della crisi ed ai paesi più colpiti si deve ritenere che la crisi attuale sia tutta da riferire al sistema economico di mercato; ai suoi eccessi, alle sue distorsioni, ad alcune sue necessarie premesse che sono andate parzialmente dissolte. Lo sviluppo cinese, ed in generale dei paesi emergenti, i relazione agli squilibri in atto, appare un aggravante e non un determinante.
- Uno dei due fattori principali determinanti la crisi è stato il fatto che si sia inceppato il meccanismo di redistribuzione del...
Indice dei contenuti
- STANISLAO CREMISINI
- Alcune considerazioni sulla crisi 2008-2012