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La grande resistenza: potenza iberica
Informazioni su questo libro
Il testo prende spunto dalle vicende dell'imperatore Flavio Claudio Giuliano, un filosofo romano, famoso per aver cercato di restaurare la religione romana. Giuliano, definito l'apostata è protagonista di una vicenda che prende parzialmente spunto da vicende realmente accadute e, nutrendosi di pura fantasia e di fatti inventati ed inesistenti storicamente, costruisce una fitta trama per la conquista e liberazione della città di Zamora. Un occhio particolare è gettato sulla guerra, questa infatti è essenzialmente, come la si voglia classificare una forma di combattimento.
Riprendendo le antiche strategie incorporate a metodiche più o meno moderne si giunge al medesimo risultato.
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Informazioni
Argomento
StoriaCategoria
Storia europeaCapitolo 1 – L’imperatore
L’imperatore Giuliano2 era un uomo di statura media, con capelli lisci, una barba ispida e appuntita e degli occhi chiari pieni di vita, la bocca grande e il corpo robusto, estroverso e molto simpatico.
Il suo corpo lo aveva reso celebre tra le donne e il suo carattere aveva fatto si d’essere compiaciuto dagli uomini.
Durante il suo regno, l’imperatore era dislocato tra Roma e le legioni Germaniche di sua appartenenza.
Aveva inoltre alcune guarnigioni sparse in cittadine più o meno note, una di queste era Zamora, una città iberica ove era situata una guarnigione di diecimila soldati installati all’interno dell’Urbe.
I componenti della stessa erano uomini valorosi, le unità d’elite, con uniformi identiche, suddivisi 500 per coorte.
Anche se la gran parte dell’esercito romano era lungo le frontiere, soprattutto per fronteggiare i popoli barbari, vi era tuttavia una parte dello stesso nelle città , per rimediare ad ogni evenienza.
Ognuna di queste città aveva un particolare assembramento di uomini:
La struttura gerarchica della legione era quindi, partendo dall'alto, cosi composta:
- Governatore di provincia
- Legato d'armata, nel caso siano presenti più legioni nella stessa provincia
- Legato imperiale propretore o legato di legione
- Un tribuno laticlavio, il cui nome deriva dalla larga fascia di porpora che reca sulla tunica e che ne indica la provenienza dall'aristocrazia senatoria
- Un prefetto del campo
- Cinque tribuni angusticlavii, il cui nome deriva dalla stretta fascia di porpora che ne indica la provenienza dall'ordine equestre
- Un tribuno di sei mesi a comando della cavalleria
- 59 centurioni3, dei quali il più alto in grado, il primo della della prima coorte, che porta il titolo di primipilo
E cosi era composta anche Zamora, in cui vi era a capo il Governatore Taddeo.
Con la riforma di Diocleziano le province romane erano state organizzate in diocesi, amministrate da vicari4 i quali erano poi assistiti dai dux, vi era poi un magistero militare e una prefettura e al vertice l’imperatore.
In questa scala ovviamente si interponevano una serie di figure più o meno importanti con poteri politici o di battaglia.
Taddeo era un uomo ignobile, un tiranno che aveva conquistato i favori dell’imperatore grazie alla furbizia e alla scaltrezza che lo contraddistinguevano.
La popolazione per lungo tempo aveva subito i suoi soprusi senza mai ribellarsi, ormai era schiacciata dalla fame e da un senso di odio e vendetta.
Cosi una mattina all’alba, Taddeo fu svegliato da un forte e bestiale fracasso, fece in tempo a porgersi alla finestra, quando scoprì che la città era in fiamme.
Molti soldati erano stati assassinati durante la notte, altri catturati e murati vivi, altri ancora, inchiodati a terra con lunghi paletti.
Pareva che l’inferno fosse sceso sulla terra.
Taddeo corse dai suoi collaboratori, per apprendere il motivo di quanto stava accadendo, ma due di questi non erano presenti, Iulius riferì le proteste del popolo che andavano avanti da tempo e che avevano raggiunto un grado di violenza inaudito ed implacabile.
Taddeo parve anche meravigliato dell’accaduto, ma fu proprio sulle sue parole che la folla spalancò l’ingresso del suo palazzo.
Una folla animalesca con forconi attizzati dal fuoco si diresse verso di lui.
Taddeo provò a scappare fuggendo nei cunicoli segreti che egli stesso aveva fatto costruire, ma, pieno del suo ego e credendo di non averne mai bisogno, non li aveva mai esplorati e così rimase in trappola.
Arrivato dinnanzi una graticola estrasse il pugnale, pronto a difendersi, ma la folla che lo assalì era peggio dell’esercito stesso.
Poveri, affamati, senza dimora che egli stesso aveva recato alla stregua di quella che non può definirsi vita.
Erano disperati ed arrabbiati, la luce nei loro occhi si era spenta e furono pronti a tutto.
Raggiunto dalla folla, fu trascinato fuori dal cunicolo come un animale pronto ad andare a morte, e poi portato nella piazza e bruciato vivo su un palco, come uno spettacolo di morte, ed insieme a lui furono gettati nel fuoco tutti i simboli romani, quale segno di protesta identitaria contro Roma.
2 Nel gennaio del 360 Costanzo II, per far fronte alla pressione dei Persiani nelle frontiere orientali, inviò in Gallia il tribuno e notarius Decenzio a richiedere non direttamente a Giuliano, ma al generale Lupicino le truppe ausiliarie combattenti sotto le insegne romane composte da Celti , Eruli , Petulanti e Batavi , e al tribunus stabuli Sintula parte della guardia personale di Giuliano, per impiegarle contro la costante minaccia persiana. Più della metà dell'esercito di Gallia sarebbe stato così messo a disposizione di Costanzo.
Causa l'assenza di Lupicino, impegnato in Britannia, fu Giuliano a dover trattare con Decenzio. Pur facendo presente che a quelle truppe egli aveva promesso che non sarebbero state impiegate in altre regioni dell'Impero, apparentemente Giuliano collaborò con Decenzio: le truppe scelte si sarebbero concentrate a Lutezia prima di partire per l'Oriente. La reazione dei soldati e dei loro famigliari non si fece attendere: «la popolazione credeva di essere alla vigilia di una nuova invasione e della rinascita dei mali che erano stati estirpati con grande fatica. Le madri che avevano dato dei figli ai soldati mostravano loro i nuovi nati che allattavano ancora e supplicavano che non li abbandonassero».
Salutato l'esercito riunito in Campo di Marte, Giuliano si intrattenne poi con i comandanti per il banchetto dell'addio. Quella notte, gr...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Copyright
- Indice
- Prefazione
- Capitolo 1 - L’imperatore
- Capitolo 2 - Falsa conquista
- Capitolo 3 - I ribelli iberici
- Capitolo 4 - Eserciti romani
- Capitolo 5 - Legioni germaniche
- Capitolo 6 - Potenza romana
- Conclusioni
- Bibliografia
- Sitografia