Evoluzione personale e psicoterapia ipnotica
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Evoluzione personale e psicoterapia ipnotica

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Evoluzione personale e psicoterapia ipnotica

Informazioni su questo libro

Questo volume è la raccolta della massima parte dei lavori presentati al XV Congresso che l'AMISI ha organizzato insieme con la SIIC, la SEPI e la Fondazione AMISI Erickson: comunicazioni scienti - fiche, relazioni, letture magistrali, tavole rotonde, workshop. Si tratta di una cinquantina di autori che si sono impegnati relazionando secondo l'orientamento che questo Convegno ha individuato.
Intitolato a: "Evoluzione Personale e Psicoterapia Ipnotica - Specificità e potenzialità dell'approccio neo ericksoniano" ha richiamato i partecipanti a riflettere sulla Psicoterapia Ipnotica da diversi punti di osservazione, una opportunità per andare oltre la descrizione della sua applicazione clinica.
Il Convegno ha stimolato il terapeuta a riflettere sulla propria qualità, per quel che riguarda la sua formazione, la sua crescita personale in relazione ad essa e l'approccio verso se stesso. Inoltre sono stati considerati sia la terapia che i punti di forza su cui essa si basa, e cioè, la relazione con il paziente, il profondo rapporto empatico che implica una sincera onestà nella comunicazione all'interno della coppia terapeutica, e di quei valori che questa schiettezza sottintende vale a dire ciò che noi, secondo Erickson, definiamo con il termine "Rapport".
In ultimo, e non per importanza, il Congresso ha voluto mettere in luce il vissuto del terapeuta e la prerogativa della psicoterapia ipnotica che forma a operare in assenza di giudizio, con la disponibilità ad infrangere i propri preconcetti per accogliere il paziente nella sua unicità di espressione ed obiettivi.

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Informazioni

Anno
2013
eBook ISBN
9788891126191
Argomento
Psicologia
Categoria
Psicoterapia
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CLINICA PSICOTERAPEUTICA IPNOTICA:
UN PONTE VERSO IL FUTURO

Alessandro Baffigi

“Passerà un mucchio di tempo.
Ma in modo molto rapido”
(M.H. Erickson, 1979)

Introduzione

Il concetto di tempo è stato declinato in molti aspetti differenti in svariate culture e momenti storici; ed è dominio comune che, da un punto di vista linguistico, si concettualizzi il tempo in maniera metaforica (Lakoff, 1998).
Tutti conosciamo l’Ouroboros, l’eterno ritorno, la fenice che rinasce dalle proprie ceneri; o, più prosaicamente, il tempo ciclico delle società tradizionali, dai cacciatori-raccoglitori in avanti: il raccolto, la semina (Buss, 2005). O quello ricorsivo dei cicli di 52 anni del calendario centroamericano (rimando alla meravigliosa “pietra del sole”, uno dei pochi reperti sopravvissuti alla colonizzazione Spagnola nell’attuale Messico): un enorme “chunk” mentale di 52 slot.
A volo d’uccello verso le società occidentali meccanicistiche, il tempo viene coordinato con lo spazio attraverso la metafora della macchina a vapore: il simbolo del progresso; di quel “progredior”, l’ “andare avanti” che diviene la freccia del tempo scagliata verso l’acquisizione tecnologica, tensione inarrestabile verso la conoscenza (Koselleck, 1997). Poco importa se tuttora alcune società aborigene non paiano possedere strutture cognitive operatorie per connettere tempo e spazio (Hallpike, C., 1992): il demone del progresso esclude chi è “rimasto indietro”.
Così troviamo anche chi, da fisico contemporaneo, rispolvera una definizione di diavolo in “diabolon”, ciò che si intromette in una traiettoria, deviandone la prevedibile (leggi calcolabile) linearità. In barba alle teorie del caos, la nostra bella farfalla, il cui preclaro battito d’ali scatena un uragano sulle coste degli Stati Uniti (Alligood, 1997), diviene il demonio. Così Charles Musès (2009) definisce implicitamente l’incidente vitale, ciò che di inafferrabile costituisce uno stop a progetti, intenzioni, attività. La carriera nel lavoro, la possibilità di prendere un mezzo pubblico o di guidare l’automobile, di parlare in pubblico e molti altri riscontri clinici che piovono inspiegabili sulla testa del nostro malcapitato paziente. In una parola, “Malattia” è ciò che arresta, congela, blocca; che fa rimanere indietro. Così gli indemoniati sono coloro che restano indietro; e vanno esorcizzati – dalle pratiche sciamaniche agli esorcismi più moderni – o legati a pire, su cui parecchi di costoro arsero. Rammento la definizione di “folle”: colui che gira su se stesso. E’ fermo, immobile e non può progredire né regredire. L’eterno – dantesco- presente.
Oggi alcuni linguisti cognitivi, primo tra tutti Lakoff, ritengono che le metafore fondamentali del tempo siano due: il tempo che scorre (“tempus fugit”), una sequenza di oggetti (momenti) che sfilano accanto ad un osservatore immobile laddove l’inferenza sulla destinazione (tempo futuro) è possibile soltanto attraverso la conoscenza del dominio di partenza (tempo passato) (Lakoff, 1998); il tempo come sfondo, scena entro cui è l’attore uomo a muoversi liberamente; egli guarda verso il futuro e qui proietta nel tempo le proprie azioni, frutto della propria programmazione cognitiva (Ibid.)
Perdonate questa breve digressione. E’ semplicemente introduttiva e non mira ad alcuna dotta speculazione antropologica o filosofica: non sarei mai in grado di arrivare a certe vette. L’ho utilizzata soltanto per ricordare a tutti noi che, mentre il metro è un oggetto tangibile di platino e iridio conservato a Sèvres, l’orologio che molti di noi hanno al polso non fa altro che misurare una metafora intangibile, figlia di un momento (ci sono ricascato) e di una cultura.

Il tempo di Phoenix

Nella clinica di Milton Erickson il tempo è un concetto prioritariamente operativo. Forse un assunto condiviso dall’America di metà del secolo scorso; forse semplicemente uno di quei costrutti a cui il terapeuta di Phoenix si è rivolto soltanto in modo definitorio, verso un senso operazionale.
Nelle comunicazioni personali di Erickson ai propri allievi, il tempo è visto strutturalmente come una serie di obiettivi: spesso, in modo significativo, secondario agli obiettivi stessi. Il tempo è sfondo, per dirla alla Lakoff. Una chiosa illustrativa: quando Erickson era ormai molto anziano e debilitato, gli venne chiesto quale fosse il suo prossimo obiettivo. “Vedere il figlio di Roxanne”, fu la risposta. Da una tale impostazione personale, probabilmente esito della strutturazione di una mentalità targetoriented, acquisita durante la difficile convalescenza e le ripetute patologie che hanno segnato il percorso di vita di Erickson, egli evince quell’impostazione clinica generale che, da un punto di vista strategico, gli consentiva di “essere almeno tre mosse” davanti al paziente (Zeig, 1990). Che poi ciò sia storicamente derivato –anche- verso un’ottica più propriamente strategica in cui esiste una programmazione di mosse “scacchistiche” per affrontare una patologia è del tutto secondario. L’impostazione di base rimane comunque quella di strutturare un percorso terapeutico, nel tempo funzione di obiettivo, nelle modalità in cui la persona può sostenere un cambiamento ecologico verso il proprio “Real Self”; quell’integrazione mente conscia-Mente Inconscia (Erickson, 1986) obiettivo della clinica ipnotica.
Così, a partire da una simile impostazione, la clinica ericksoniana considera il tempo perlopiù funzione dell’obiettivo terapeutico. Specificatamente, il tempo futuro diviene spesso “sfondo” della cornice terapeutica di riferimento; è sul futuro che si basano le “mosse” terapeutiche, le scelte e le decisioni che ci portano a “stimolare” una risorsa, a utilizzare una specifica metafora per comunicare “qualcosa” che il nostro Paziente possa “spendere”. Così il tempo futuro arriva a permeare molte delle scelte linguistiche del particolare speech di Erickson (Bandler & Grinder, 1984, Erickson & Rossi, 1976) e, dall’interno di questa generale attitudine cognitivo / linguistica, chi scrive può cercare di riassumere nel modo che segue l’utilizzo del tempo in psicoterapia ipnotica, a partire da una distinzione tra lavoro in trance e strutturazione generale della terapia:
Lavoro di trance Strutturazione del percorso terapeutico
Generale cornice linguistica per l’orientamento al futuro e la strutturazione di un’aspettativa verso raggiungimento del cambiamento terapeutico
-Pseudorientamento nel tempo
(O Pseudorientamento al futuro)
- Luogo del cambiamento ecologico
- Ricalco nel futuro - Tempo di elaborazione della comunicazione ipnotica
- Programmazione di obiettivi e sotto-obiettivi terapeutici (Azione / Reazione terapeutica)
- Orientamento personale emotivo/cognitivo del terapeuta

La cornice linguistica
Ovvero il linguaggio ipnotico come orientamento al futuro, “motivational boost” e generatore di aspettativa terapeutica

Il particolare speech di Erickson, l’attenzione alla parola evocativa (Mosconi, 2004) e l’utilizzo di alcuni modelli linguistici è stato, come sappiamo, fonte di una copiosa messe di studi e pubblicazioni (Bandler & Grinder, 1984; Lankton & Lankton, 1984). Tali modelli divengono un linguaggio del terapeuta, si applicano all’intero corso della psicoterapia e orientano il soggetto alla riassociazione mentale (Zeig, 1990). Segnatamente, alcune procedure linguistiche risultano evocative di un quadro futuro cui terapeuta e paziente si rivolgono costantemente durante lo scambio comunicativo. Allo stesso modo, la strutturazione dell’aspettativa (e il suo utilizzo) è un cardine clinico che viene utilizzato dal terapeuta ericksoniano per orientare il paziente al cambiamento.
Da un punto di vista meramente linguistico, sono molte le strategie che il terapeuta (perlopiù senza rendersene conto) utilizza e che molto spesso sono derivate dal linguaggio naturale. Esula dagli scopi di questo scritto elencarle pedissequamente; basti ricordare come presupposizioni, illusioni di alternativa, implicazioni, doppi legami basati sul tempo (Erickson, Rossi & Rossi, 1976, Bandler & Grinder, 1984; Lankton & Lankton, 1984) siano soltanto alcuni degli accorgimenti che “proiettano” la persona verso il futuro e possono contribuire alla creazione di un’aspettativa condivisa. Sottolineo il termine “condivisa” come fattore di enorme importanza, non solo alla luce di alcuni studi sull’efficacia della psicoterapia (Wampold, 2001), ma anche per una tendenziale aderenza a quanto più volte espresso da Erickson (1980). Per il terapeuta di Phoenix infatti un atteggiamento di autentica aspettativa –anche- da parte del terapeuta può stimolare la produzione di risposte e quindi una miglior possibilità di accesso alla modulazione dell’impianto motivazionale del soggetto verso la terapia stessa che ben si accorda con quanto ultimamente teorizzato da Lynn e Green (2011) in merito all’integrazione tra teorie socio cognitive e neodissociative sull’ipnosi.
Tale aspettativa, presente nel terapeuta ed evocata nel soggetto, conferisce al tempo futuro l’identità di luogo del cambiamento: per inciso, ogni istruzione permissiva al termine delle nostre verbalizzazioni, tecnica mutuata direttamente da Erickson, riguardo al raggiungimento di un apprendimento o alla smobilitazione di una risorsa nel tempo sposta l’attenzione al “quando” piuttosto che al “se”. Implica, quindi, un successo terapeutico (ancorchè minimo, non importa) esito del lavoro inconscio che si traduce nel tempo futuro in un miglioramento, soggettivamente esperito come strutturale o sintomatologico.
All’interno di questa ampia cornice di riferimento, alcune tecniche più di altre fanno uso del fenomeno della distorsione temporale in ipnosi (Erickson, 1976) e dell’anticipazione del risultato terapeutico.

Tempo, obiettivo e ridefinizione del tempo come mezzo terapeutico: lo pseudorientamento al futuro

Nel lavoro di trance, il raggiungimento “diretto” dell’obiettivo terapeutico attraverso il vissuto “allucinatorio1” in stato modificato di coscienza è lo pseudorientamento al futuro: in realtà una sorta di esperienza emozionale correttiva (Alexander, 1946) che esita nell’eliminazione degli schemi limitanti appresi. E’ probabilmente questa la forma di risposta più concreta alle domande con cui Erickson si approcciava (1948) allo studio delle distorsioni temporali in ipnosi:
“Che cosa costituisce la realtà soggettiva? […] In che modo si integra nell’insieme dell’esperienza individuale? Per quali fini di espressione di sé può servirsene la persona? Che cosa ne determina la validità? In che cosa differisce da un ricordo, da un sogno, una fantasia, una falsificazione retrospettiva?”
(Opere vol.II, pag. 279).
La risposta si basa sostanzialmente sull’utilizzo di quel “tempo dell’Io” (così ebbe a definirlo Albert Einstein), soggettivo e dunque mutabile, gestibile e utilizzabile nella condizione terapeutica contrapposto a quello oggettivamente misurabile (Einstein, 1988). Ci si rifaccia qui a quella che forse risulta la più semplice definizione di Ipnosi fornita da Erickson: un insieme di capacità di base, evocabili, protratte nel tempo ed utilizzabili per scopi terapeutici (Erickson, 1979).
Non è questa la sede per addentrarci nella struttura tecnica di un tale procedimento. Ciò che maggiormente interessa è comprendere come esso risulti esito della convinzione di Erickson di una fondamentale teleologia inconscia basata sull’utilizzo di ciò che, con Mosconi (2008), risulta essere una procedura fantastico-immaginativa. Come infatti considera Erickson,
“Le fantasie inconsce sono […] costrutti psicologici in vari gradi di formulazione che l’inconscio si tiene pronto a tradurre in realtà. […] Non esprimono soltanto un desiderio, ma una vera intenzione al momento opportuno”(Le Nuove Vie dell’Ipnosi, pag. 630)
Così il “fieri” dell’esperienza emozionale di trance diventa motore motivazionale per il cambiamento: ciò che nella mente è “realtà ipnotica” (Erickson, 1967) e l’esperienza in trance di aver raggiunto l’obiettivo configura la possibilità di passare all’azione, bypassando quegli schemi limitanti, “dia-bolon” nella traiettoria vitale, per pervenire ad una profonda ristrutturazione ed alla possibilità di contattare non solo la propria “tendenza attualizzante” (Rogers, 1983) che Erickson (1980) attribuisce alla Mente Inconscia, ma anche le possibilità (risorse) della propria persona.
In altre parole: “I sogni son desideri”, recita un famoso brano utilizzato molti anni orsono dalla Walt Disney (Cinderella, 1950). Quando il desiderio si concretizza (allucinatoriamente, nel senso specificato) in azione con il superamento di quegli schemi limitanti attraverso l’esperienza correttiva in trance, allora il “sogno” diviene tempo futuro e luogo (con Einstein la fondamentale identificazione di spazio e tempo, ibidem) di realizzazione del desiderio; quindi di aderenza ad un Sé integro e coeso tra mente conscia e Mente Inconscia, laddove la seconda è il “Produttore”, mentre la prima rimane il “Consumatore” (Erickson, 1980). Potremmo quindi affermare che una tale “falsificazione oggettiva” del tempo lineare porti ad una personale ridefinizione del concetto stesso di tempo e di percezione del raggiungimento dell’obiettivo, in un movimento che va dal condiviso allo psichico e dallo psichico al condiviso attraverso la disponibilità delle risorse ora a disposizione dell’individuo.
Così oltre al risultato terapeutico circostanziale –che dovuto ad una tecnica specifica si ascrive nell’arco di una psicoterapia come un avvenimento puntuale- si può assistere ad una ridefinizione dell’idea del tempo del Paziente stesso: dall’immobilità del “folle”, al processo “allucinatorio” del raggiungimento dell’obiettivo, alle sensazioni, emozioni e “istruzioni inconsce” ad esso connesse fino ad arrivare a quella strutturazione di obiettivi progressivi che può facilitare il lavoro in psicoterapia ma soprattutto il successivo approccio alla quotidianità della persona che ha lavorato con noi, secondo quel ben noto principio ericksoniano: “se è troppo difficile, frazionalo” (Erickson e Rossi, 1980).
In termini più rigorosi, lo pseudorientamento al futuro è una procedura tecnica: come tale –va precisato- inscrivibile in un contesto comunicativo psicoterapeutico a largo respiro e sostituibile con adeguate misure metaforiche. Nell’opinione di chi scrive e nella sua breve esperienza di ipnoterapeuta, le due procedure risultano però differenti in termini di impatto emotivo immediato e di possibilità di lavorare “direttamente” sul tempo facilitando il processo di scelta, particolarmente per quei soggetti che sperimentano “blocchi” (termine generico ma molto utilizzato dai Pazienti stessi) di cui spesso sentiamo parlare in psicoterapia. La scelta se utilizzare quindi un approccio che si basi sulla somministrazione di una metafora intesa in senso “classico” o un procedimento tecnico di natura differente è totale appannaggio del clinico. Fermo resta che, seguendo gli insegnamenti di Mosconi, possiamo affermare che non tutta la psicoterapia ipnotica...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Titolo della pagina
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Premessa atti
  6. Ringraziamenti
  7. Silvia Giacosa
  8. Marcello Cesa-Bianchi, Carlo Cristini, Giovanni Cesa-Bianchi
  9. Assunto Quadrio, Francesca Murabito
  10. Area Psicoterapeutica: Clinica Ericksoniana
  11. Area Teoretica E Pratica
  12. Area Neuroscientifica
  13. Area Evoluzione Personale: Psicoterapia Ipnotica: Stile Di Vita E Di Professione
  14. Workshop