Processiamo Nerone
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Processiamo Nerone

Informazioni su questo libro

Nerone è portato di fronte a un tribunale universale, presieduto dall'Eterno Padre, per rispondere dei suoi crimini contro la cristianità. Il processo è tenuto in un'unica dimensione temporale, in cui passato, presente e futuro coesistono. Nerone ha, come avvocato difensore, Marte, il Dio della Guerra; San Pietro è il Pubblico Ministero Accusatore, a difesa della Cristianità; Minerva, la Déa della Scienza e della Ragione, è il consulente culturale, scientifico d'ufficio. Durante il processo sono chiamati a deporre grandi personaggi della storia e della cultura - come Hitler, Mussolini, Stalin, Freud, Cesare Musatti, Sant'Ignazio da Loyola, Marx, Martin Heidegger, il giudice Paolo Borsellino, mafiosi, l'inquisitore Torquemada, condannati dal Sant'Uffizio, ecc. Tutti rispondono in virtù di quello che essi furono in vita, come appaiono nelle riflessioni dell'autore, al fine di capire se in ogni uomo, in particolare in un politico, sia presente un po' d'indole di Nerone. Alla fine, si ha la sentenza con la condanna dell'imputato al Carcere Eterno, con la consapevolezza però che Nerone può vagare liberamente nella mente dei mortali, poiché non esistono per l'imperatore romano carceri sicuri, sicché egli è libero di balenare, vagare, sempre nel pensiero degli uomini, di condizionarli. Se un politico attuale fosse vissuto all'epoca di Nerone, da quale parte sarebbe stato? Con Nerone o contro Nerone? Sicuramente ci sarebbero stati gli eroi, di cui l'Umanità è andata sempre fiera per il numero e l'audacia; purtroppo sono pure tanti coloro che sarebbero stati seduti accanto all'imperatore romano, a godersi il macabro spettacolo negli anfiteatri romani. Il libro è un saggio narrato, un catino di profonde riflessioni culturali, storiche e scientifiche.

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Informazioni

Anno
2014
Print ISBN
9788891131942
eBook ISBN
9788891135612
Argomento
Storia
PROLOGO ED ESORDIO

Nell'antica Roma di Nerone, la sorte che toccava ai cristiani era di solito quella d’esser divorati dai leoni. Questa punizione, inflitta dall'imperatore crudele, non c'è dubbio, che non potesse non aver il suo senso logico. Sicuramente, i romani non prendevano di buon gusto il fatto che i cristiani, nel loro rito eucaristico, mangiassero il corpo del loro Dio, fatto uomo. I romani, quindi, erano convinti che fosse una decisione logica se i cristiani - come punizione - fossero divorati dai leoni.
E' come se Nerone, portato in tribunale, accusato proprio d’aver dato in pasto i cristiani alle belve fameliche, si difendesse dicendo: «I cristiani hanno mangiato il Corpo di Cristo; ed io ho ritenuto giusto, come punizione, far mangiar loro dai leoni; perché essi, divorando il loro Dio, sebbene simbolicamente, sarebbe come se essi avessero divorato me, divino Nerone. E perché, di conseguenza, i cristiani avrebbero anche logorato, con il tempo, il mio impero attraverso il loro pacifismo, che non sarebbe, per niente, servito a Roma, affinché essi combattessero energicamente i loro nemici. Un Dio che si fa crocefiggere, uccidere dagli uomini, non dava ai romani un esempio di potenza, forza, vittoria come gli déi dell'olimpo. Questo Dio cristiano sarebbe stato, quindi, un esempio di debolezza, causa di futura decadenza del mio impero! La mia innocenza sta nel fatto che, in questo mondo, tutti noi siamo stati creati per esser cacciatori e anche prede!». Nerone avrebbe, così, dato la prima giustificazione alla sua opera contro i cristiani.
E, se questo tribunale fosse presieduto dall'Eterno Padre, non c'è dubbio, che il Pubblico Ministero, rappresentato da San Pietro, accuserebbe Nerone d’aver commesso uno sbaglio nell'aver dato i cristiani in pasto ai leoni, perché, secondo la legge universale del cristianesimo, Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza; quindi l'imputato Nerone sarebbe reo d’aver violato questa legge, perché, per riflesso, egli avrebbe dato in pasto Dio ai leoni. Nerone si difenderebbe ancora sostenendo che sono stati proprio i cristiani a mangiar sé stessi, perché loro, divorando nel rito eucaristico, il Corpo di Cristo, per riflesso, sarebbe come se essi avessero mangiato sé medesimi, come dei cannibali, poiché Dio ha creato loro a sua immagine e somiglianza. Nerone direbbe, nel tentativo di discolparsi, queste parole: «Sei stato proprio tu, Dio cristiano, che dandoti in pasto ai tuoi discepoli, li hai trasformati in cannibali, vale a dire sei stato proprio tu che hai insegnato a loro come, per risolvere i problemi dell'esistenza, bisogna sacrificare qualcuno o qualcosa di qualcun altro, promettendo in cambio, a chi si fosse sacrificato o a chi fosse stato buono nella vita terrena, il paradiso eterno; s’intende, nell'altra vita. Questa nuova filosofia, di fatto, avrebbe avvilito, appiattito il mio popolo, il mio impero; così la supremazia di Roma sarebbe crollata. Pertanto io ho fatto mangiar dai leoni i cristiani, prima che essi mangiassero me e il mio impero; difatti il cristianesimo è una delle cause che ha demolito il potere di Roma sul mondo».
Nerone, quindi, è rinviato a Giudizio dal Tribunale Universale, presieduto dall'Eterno Padre. L'avvocato difensore di Nerone è Marte, dìo della guerra e dell'amore. La cristianità è difesa da San Pietro, martire, fondatore della Chiesa Cristiana Apostolica Romana.
L'avvocato di Nerone inizia la sua arringa difensiva dicendo:
«Signor Presidente, Roma e il suo impero sono stati costruiti dai romani, allevati con il latte della lupa, non con quello della pecora cristiana; vale a dire Roma non nacque sotto la logica del Dio pecora, che si fece immolare sulla croce, come un agnello. Roma è nata forte, spartana, ambiziosa di crescere, appunto perché i romani furono allevati con il latte e lo spirito della Lupa. Se Roma è nata così, con queste sue peculiarità, lo è stata proprio per tua opera, o Eterno Padre! Nerone non è stato altro che una delle massime espressioni della mentalità dominatrice di Roma sul mondo; egli, quindi, non è stato nient’altro che una tua opera. Tu lo hai messo al mondo proprio per esser Nerone; altrimenti lo avresti potuto far nascere diversamente, anche molto più buono. Nel caso Nerone, quindi, non si è trattato nient’altro che di un confronto tra la lupa di Roma e la pecora cristiana, emblema degli schiavi. La pecora cristiana, durante l'esistenza terrena di Nerone, per opera di quest’ultimo e di chi come lui, è stata divorata dalla lupa romana. In seguito, però, con la cristianizzazione di Roma, la lupa è stata sconfitta dalla pecora cristiana, che era riuscita, con il suo sacrificio, ad addolcire gli animi dei romani, a predisporli a esser più deboli rispetto ai barbari: questa è stata la causa del crollo dell'impero romano. Se tutto questo si è verificato in questo modo, lo è stato sempre per opera tua, o Eterno Padre! Le regole naturali per la sopravvivenza, per la selezione degli uomini, sono state create proprio da te, Padre Onnipotente! E' stato per tuo voler trasformare, poi, in altri tempi, i lupi romani in agnelli mansueti. Nerone è stato il frutto della tua volontà per esser proprio Nerone; nessun altro quindi. Nerone è stato solo un'unità del tuo mosaico universale, una parte del tuo disegno, della tua struttura planetaria. Nerone, con la sua opera, ha obbedito alla tua volontà! Egli è stato un tuo strumento creato, come una tappa, nel lungo cammino che ha portato alla cristianizzazione della società. La crudeltà di Nerone ha stimolato i romani a esser più partecipi alle sofferenze, al dolore degli altri; la sua crudeltà, in seguito, ha stimolato i romani ad apprezzare proprio il suo valore opposto, l'amore, strumento indispensabile per l'evangelizzazione dei popoli. Al tuo disegno universale di riappacificare gli animi, di remissione dei peccati, io, Marte, dìo della guerra, mi sono sempre opposto; mi oppongo ancora; ma se mi comporto in questo modo, è solo per tua volontà. Tu, Dio, creator di tutte le cose, crei i lupi e le pecore; poi sacrifichi le pecore ai lupi, così i lupi si saziano, diventano mansueti, solo perché sazi dal pasto. Nel frattempo crei ancora lupi più affamati, che riescono a divorare i lupi di prima, resi più mansueti dal pasto delle pecore; e così via per sempre, come una ruota che gira sulla strada della storia. Anch’io, Marte, dìo della guerra, ero presente, sempre per tua volontà, nella battaglia tra Massenzio e Costantino: essa, apparentemente, sembrava, una lotta tra i lupi di Massenzio e le pecore cristiane di Costantino; ma, in realtà, io ho notato che, anche in questa dura lotta, come sempre, hanno vinto i lupi. Ho cercato, fra i morti, le pecore; ma, di ovini morti, non ho visto nemmeno una: i morti erano tutti lupi! La lotta tra Massenzio e Costantino, quindi, fu combattuta solo tra lupi; le pecore di Costantino erano belve con le vesti di pecore. Ho visto vincere, in seguito, nelle altre battaglie, come quelle fra crociati e musulmani, sempre lupi e fra i morti ho trovato sempre lupi. Se Nerone non fosse stato quel Nerone, che il pubblico ministero San Pietro vorrebbe condannato alla pena eterna dell'inferno, egli non avrebbe potuto obbedire al percorso tracciato all'Umanità dalla tua volontà, o Padre Onnipotente. Chiedo, per meglio approfondire i fatti, che sia interpellata la dea della Ragione, Minerva!» termina la sua requisitoria Marte, il dìo della guerra, avvocato difensore di Nerone.
L'Eterno Padre, con il grado di Presidente del tribunale, accoglie la richiesta dell'avvocato difensore di Nerone, sicché convoca subito Minerva. La dea della Ragione si presenta in seduta stante, capelli folti, ben curati, rossicci, occhi limpidi, sereni, fronte alta, corporatura smagliante, lo sguardo soave; già pronta per esser interpellata.
«Non sono riuscito a trovare» domanda Marte alla dea Minerva, «nella battaglia tra Massenzio e Costantin, come nelle altre battaglie di tutta la storia, fra i morti, dei cristiani mansueti, degne pecore del gregge di Cristo; ma ho trovato sempre lupi. Vorrei da te, Minerva, chiarimenti su questo fatto!»
«In quella battaglia, come in tutte le guerre, hanno sempre vinto i lupi più forti!» risponde Minerva. «Le guerre, pertanto, sono state combattute sempre fra lupi e lupi; sicché hanno vinto sempre le belve più forti, prepotenti. Fra i soldati morti, quindi, tu, Marte, non potevi trovar nient'altro che solo dei lupi. Le pecore innocenti, le potrai trovar sempre fra i caduti invano, bambini, donne, uomini pacifici, che muoiono per colpa di tutte le atrocità; oppure che siano stati contrari all'odio, alle guerre. Queste persone, pecore mansuete, sono parecchie nel mondo. Tu, Marte, dìo della guerra, non potevi scorgere, come ancor oggi nel mondo, gli innocenti, innocui morti in tutte le guerre, perché tu, come dìo della belligeranza, sei stato creato proprio per non veder gli innocenti fra i morti. Tu sei stato generato dalla coscienza degli uomini, partorito da Dio, per stimolar proprio le guerre, per procrear quel tipo d'amore che concepisce solo gelosie, odio; tutte virtù che esortano ai combattimenti fra uomini e popoli. Nella battaglia tra Massenzio e Costantino, la lotta è stata combattuta tra lupi e lupi. Massenzio era già un vecchio lupo, mentre Costantino era una belva con la veste d'agnello. Costantino, con il suo abito d'ovino cristiano, ha ingannato i lupi di Massenzio; ha conquistato così gli animi delle pecore cristiane, riuscendo a trasformar queste ultime in lupi agguerriti, molto più belligeranti delle belve di Massenzio. Tutto questo per volontà di Dio! Sia Massenzio sia Costantino, erano due capibranco di lupi, molto affamati, arsi dalla sete di vittoria, di potere». Termina, così, il suo intervento, la dea della ragione, Minerva, sguardo freddo, distaccato.
«Signor Presidente!» domanda poi il dìo Marte all'Eterno Padre. «Voglio saper io chi, di voi tre, Padre, Figlio o Spirito Santo, emetterà la sentenza? Credo che sarebbe razionale che Ella, il verdetto lo decidesse insieme al nostro padre Giove. E tu, Minerva, sapresti dire dove è andato a finire Giove, dopo la vittoria di Costantino su Massenzio, dopo l’affermazione del cristianesimo sulla religione degli Dei dell’Olimpo?»
«L'ho cercato per tantissimo tempo ma non l'ho mai trovato» risponde Minerva. «In questo momento, però, io ho la percezione che nostro padre Giove sia presente, come quarta persona, nell'Eterno Padre!»
«Vorresti dire tu, Minerva, che l'Eterno Padre rappresenti, nella sua persona, non solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ma anche Giove?» rispose Marte.
«Sì!» gli rispose Minerva. «Perché solo così, noi Déi dell'Olimpo di Giove, possiamo ancor vivere nelle coscienze degli uomini, fra le civiltà. Difatti tu, Marte, rivivi, in parte, come dìo della guerra, in Santa Barbara, oggi protettrice della polvere da sparo, e, in parte, rivivi anche, come dìo dell'amore, in tutti i santi. Anche noi abbiamo continuato a viver negli animi degli uomini, nell’epoca cristiana, sebbene filtrati dalla storia, per esser meglio adeguati ai tempi: noi riviviamo proprio nei santi cristiani!» termina Minerva.
L'Eterno Padre, mantenendosi in disparte nella discussione tra Minerva e Marte, dispone che il processo sia celebrato in una situazione dove passato, presente e futuro coesistessero in un'unica dimensione spaziale e temporale, cosa impossibile ai mortali, ma possibile alla volontà divina. Solamente in quest’unica dimensione, si potrà capir se l'imputato Nerone sia colpevole o da assolvere; difatti la storia del presente è determinata dagli avvenimenti del passato, e il futuro è generato dal presente. Il dibattito, quindi, inizia a svolgersi in questa logica virtuale, in cui lo spazio e il tempo verrebbero a coesistere in un'unica dimensione.
«Signor Presidente» riprende a parlare la dea della ragione, Minerva, «Nerone è presente sia nel passato, sia nel presente, sia nel futuro: è presente non solo proprio come Nerone, ma come Erode, Hitler, Stalin, come un capomafia, come un Papa, come cardinale, come sceicco, capo carismatico religioso, come ateo, ecc. Sono presenti in questi uomini, tutti riconducibili al prototipo Nerone, le stesse ambizioni, le stesse forme di crudeltà. E’ presente in essi, difatti, lo stesso patrimonio genetico che fa di loro quelli che, di fatto, essi sono stati in vita. Questa gente detta legge perché è la storia che ha scelto loro; è la storia a anteporre anche le loro vittime e i loro giustizieri. La storia, cristallizzata in un'unica dimensione, vista in un periodo illimitato, non sembra, per nulla, dinamica, ma ci appare più statica. Essa, pertanto, vista in un periodo infinito, diventa proprio una costante. Noi esseri mortali siamo un ammasso d’atomi, di molecole, coordinate da una sola particella intelligente, il DNA. Questo DNA è la materia divina, perché con essa tu, Eterno Padre, o essere extraterrestre, hai edificato la struttura della vita. In questa struttura entrano le leggi della fisica e gli stimoli che provengono dall'universo; entra la tua luce, come accede la tua oscurità. Negli esseri mortali, pertanto, è presente la luce, che dovrebbe guidarli verso di te, e il buio che, invece, li allontanerebbe. La luce porta al bene e verso la verità; mentre l'oscurità porta al male e verso l'ignoranza. Il bene, però, non può esistere se non sussiste il male, perché è proprio la presenza del male a farci percepire quello che è il bene; a darci anche la percezione della sua dimensione. In ogni mortale è presente anche il contrasto tra la luce e il buio. Esistono persone in cui predomina il buio; altre in cui prevale la luce; ma la sorgente della nostra vita è la luce che si leva dal buio».
«Signor Presidente» interviene il Pubblico Ministero, San Pietro,
«la luce è la base della vita, come dice Minerva; sicché, Nerone, uccidendo i cristiani, non ha fatto altro che uccidere il prodotto della luce, vale a dire il prodotto di Dio. Nerone è un criminale da condannare all'inferno!»
«Presidente» risponde il dìo Marte, opponendosi a San Pietro, «Nerone non può essere, al tuo cospetto, un colpevole, perché qualunque essere vivente, da te creato, è portatore di un tuo messaggio sulla terra. Quando la missione d’ogni mortale si esaurisce, tu, come al solito, lo chiami a ritornar a te con la morte. Ogni mortale è generato dalla lotta micidiale di milioni di spermatozoi. Da questa lotta, solamente uno di essi, o, con qualcuno in più, come nei parti gemellari, è il vincitore; tutti gli altri invece soccombono. E' proprio questo vincitore che è destinato a fecondare la cellula uovo, a generare, così, sempre per tua volontà, l'essere vivente. Tutti i nati di questo mondo sono quindi vincitori di una durissima lotta per portare, con la loro presenza e sotto forma di materia intelligentemente organizzata dal DNA, un tuo messaggio divino. Ebbene, Nerone, sulla terra, ha portato proprio un tuo messaggio. Dopo che egli ha terminato in terra la sua opera, come tuo messaggero, è morto, lasciando spazio ad altri del suo stesso tipo, e ponendo, indirettamente, anche le basi per la vittoria futura del cristianesimo sul paganesimo dei romani, come hai voluto proprio tu, Padre Onnipotente! Questo tuo messaggio, buono per alcuni e cattivo per altri, egli, Nerone, l’ha comunque portato agli uomini, adempiendo pienamente il dovere per cui egli è stato creato da te. La dimostrazione scientifica di tutto ciò sta nel fatto che il DNA di Nerone è il frutto dell'elaborazione dei DNA delle persone che l’hanno generato per tua volontà, che rappresentano il passato. Il DNA di Nerone è stato il suo presente; il DNA dei suoi simili, in avvenire, rappresenta il loro futuro. E' proprio la realtà biologica della duplicazione del DNA che rende costante la presenza di questi geni nel tempo, mettendoci nelle condizioni di teorizzare che il tempo e lo spazio vivono in un'unica dimensione nel sistema biologico. I geni si ricombinano, si evolvono, mutano per adeguarsi agli spazi universali in cui la materia cosmica si viene a trovare, in un dato momento, nella sua corsa verso gli spazi dell'infinito; ma essi restano sempre dentro questo grande sistema biologico universale, adattandosi alle diverse aree del cosmo, in cui essi si vengano a trovare, per garantire la sopravvivenza delle specie. Il codice genetico di Nerone, quindi, è una costante, che vive in un'unica dimensione, risultante dall'integrazione del passato, presente e futuro: Erode rappresenta il passato, Nerone il presente e Hitler il futuro. Ognuno di loro, come tanti altri, messo a parte, quindi, rappresenta sempre un passato, un presente e un futuro. Essi sono una costante, così come tutto il genere umano, nel suo insieme, è una costante di bene e di male, di luce e di buio, di materia e antimateria, di tesi e di antitesi. Se tutto fosse luce, noi non ne prenderemmo coscienza, perché vivremmo in un'unica realtà e dimensione. In assenza della sua antitesi - il buio - noi, comuni mortali, non potremmo, appunto, prender coscienza della luce. Se non esistessero i diavoli, come potremmo dir che esisterebbero gli angeli? Ci verrebbe molto più facile dir che non esistono né gli uni né gli altri, ma cadremmo nell'errore di non riconoscere né il bene né il male, né la luce né il buio, né la tesi né l'antitesi. Almeno il concetto di bene e di male, come quello di luce e di buio, noi lo percepiamo: quindi gli angeli sono sinonimi di bene e i diavoli di male; pertanto l'esistenza teorica degli uni giustifica quella degli altri!» termina questa requisitoria il dìo Marte.
«La materia e l’antimateria, che costituiscono l’immensità dell’universo» dice la dèa Minerva, sguardo freddo, inserendosi nella diatriba di San Pietro e Marte, «intelligentemente coordinate, in obbedienza alle leggi universali della fisica e della chimica, generano la vita, con tutti i suoi meccanismi che danno la percezione del dolore, del piacere, dell'amore e dell'odio. Tutte queste sensazioni sono il frutto di reazioni chimiche di sostanze, ormoni, elementi, tutti parti della materia. Il nostro “Io” o il nostro “Io sono” vive immerso in questa materia, antimateria e reazioni, come percettore di tutte le emozioni del bene e del male, sotto la regia della luce e del buio: in questo modo, la materia prende coscienza di sé. Nerone, come ogni altro esser vivente, non è altro che uno stimolo che innesca alcune di queste reazioni nei suoi simili, e negli altri esseri viventi, dominati dall'uomo. Tutti gli esser viventi, quindi, innescano reciprocamente tutte queste reazioni, condizionandosi a vicenda e formando un unico sistema, dentro il quale, ciascun ha ragion d'esistere, come portatore di un messaggio universale e come causa di una o più reazioni, sia fisiche sia psicologiche. Quando un soggetto muore, la sua materia, con la quale era edificata la sua struttura, in cui risiedeva il suo “Io”, si disorganizza per riorganizzarsi di nuovo, in parte, per la ricostituzione della struttura di un nuovo essere vivente, dentro il quale rinasce un altro “Io sono”, e, in parte, resterebbe pure inanimata, ma sempre in procinto di essere riorganizzata e di sbocciare come vita. Questo processo, materiale e psicologico, avviene, come in un mare in tempesta, fra turbolenta promiscuità di bene e di male, di luce e di buio, che sprigiona costantemente la stessa energia del big ben da cui si è generato l'universo. Questa energia universale, che è una costante, nello stesso tempo, annega sia il bene sia il male; in essa annegano sia i diavoli sia gli angeli; annega sia Nerone e sia Gandhi o il più grande pacifista che ci sia stato su questo mondo, Gesù. Il bene e il male, così, si annullano: questa è la Verità Universale!». La dèa Minerva termina, così, questa sua esposizione.
«Presidente» ribatte San Pietro, «Nerone è stato un cattivo esempio per tutta l'Umanità; la sua crudeltà è stata condivisa e applicata anche da altri imperatori, che gli sono succeduti. Le sue cattive azioni, come l'incendio di Roma, rappresentano una grande offesa a tutto il genere umano. Nerone e i tiranni romani davano in pasto ai leoni anche gli schiavi, che non rendevano più nel lavoro, al fine d’alimentar queste belve feroci e appagar il suo istinto criminale!»
«Offesa a tutto il genere umano?» controbatte il dìo Marte a San Pietro, «Chi non ha peccato scagli la prima pietra! Queste sagge parole dette dal Figlio di Dio, forse sono state rispettate da tutti i suoi figli? Di certo no! Basti pensare ai crimini dei tribunali d'inquisizione, che hanno mandato al rogo numerosi innocenti e santi uomini. Perché sono stati commessi questi crimini dai cristiani? La risposta è sempre la stessa: per difender la fede, o meglio, per preservare il proprio potere. Ebbene, Nerone ha ucciso i cristiani per salvaguardare la fede della sua religione e perché egli vedeva nel cristianesimo la causa prioritaria del logoramento della supremazia di Roma sul mondo, a causa del messaggio, apparentemente pacifista, di questa nuova religione. Il cristianesimo è stato, a lungo tempo, proprio la causa principale del crollo dell'impero romano. Ogni popolo che domina sugli altri, cerca sempre di aver una propria religione che riuscisse a incuter forza e fiducia alla sua gente e paura agli avversari. La fede dei romani, quindi, era riposta negli déi dell'Olimpo di Giove. La loro, era una religione pagana, spartana, che dava coraggio, forza ai romani. Questa loro religione era l'espressione della loro civiltà, supremazia. Signor Presidente, forse San Pietro vuole ignorar che il successor degli imperatori romani sia proprio il capo di tutta la religione cattolica? Il Santo Padre, che risiede proprio in Roma, non è proprio un successore di Cesare? Vuole il Papa ignorar di essere stato proprio lui il primo re o vescovo di Roma cristiana, il primo capo di questa nuova religione? Ossia vuole ignorare che proprio lui, San Pietro, sia stato il capostipite di una nuova dinastia di una monarchia romana assoluta clericale, non ereditaria, di tipo papale? Questa nuova dinastia ha cancellato con la violenza, come in America Latina, intere civiltà, estinguendone le religioni, come quella dei Maya. Alcuni tiranni della religione cristiana, pertanto, non si sono comportati forse come si è comportato Nerone, o qualche altro tiranno d’altre religioni, nei riguardi dei popoli conquistati, d'indole religiosa diversa?! Io dico proprio di si!» Marte, l’avvocato di Nerone, termina il suo intervento.
«Un vero tiranno» risponde Minerva, dopo l’esposizione di Marte, «cerca sempre di dominar gli uomini, sia sotto l'aspetto materiale sia sotto quello spirituale. Nelle tribù primitive, la figura del tiranno era tipica del dittatore che riuniva in sé sia il personaggio di sacerdote sia quello di re. Si trattava, quindi, di un re sacerdote. In seguito, queste due figure sono state scisse nel personaggio del capo religioso e in quello del re o presidente di Stato o chicchessia il tiranno. Sulla libertà degli uomini grava il peso di chi esercita su di essi il potere politico e quello di chi esercita pure il potere religioso. Fra le religioni, in uno Stato laico, ci sono sempre quelle che cercano, in vari modi, di dominar sulle altre. Da sempre i due poteri, quello materiale e quello spirituale, sono stati conciliati dal “Dio Denaro”. Al suon del metallo - metaforicamente il potere del denaro - tremano le colonne della massoneria, perdono la fede i giudici e l’onestà le donne!» dice la dèa Minerva.
«Nerone» riprende poi la parola Marte, espressione grintosa, «si è opposto, con i modi e i metodi che scaturivano dal DNA di quel valoroso e orgoglioso popolo romano, ai cambiamenti, alla perdita di prestigio che la nuova religione cristiana avrebbe apportato alla supremazia romana!»
«Un popolo ha sempre paura e riluttanza ad accettar subito la diversità, in particolare quella che cambia interi ordini sociali». Disse Minerva, a chiarire l’opinione di Marte; poi prosegue: «Comunemente, prima che la diversità, o la presenza dell'intruso, sia accettata dalle persone o dai popoli, scoppiano contrasti personali, rivoluzioni e guerre. La diversità è accettata in pieno dalla gente, ridisegnando quindi nuovi equilibri di convivenza sociale, quando il patrimonio genetico dei popoli in lotta si ricombina per adeguare i nuovi nati alla rinnovata società. Quando un popolo invade un’altra stirpe, infatti, c'è sempre un genocidio, specialmente di maschi; mentre le donne sono ingravidate brutalmente dai maschi del popolo vittorioso. La violenza inizia ad attenuarsi proprio con la nascita dei primi figli degli invasori. I romani di Giulio Cesare hanno sconfitto i galli; hanno, poi, così trasferito il loro patrimonio genetico a questa razza barbara. I galli, pertanto, rinsanguati dagli stessi geni dei loro conquistatori, sono divenuti, in seguito, cosi aggress...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Riconoscimenti Letterari di Salvatore Lisi:
  5. PREMESSA
  6. PROLOGO ED ESORDIO
  7. LA SENTENZA
  8. QUARTO DI COPERTINA