III
Roma fa schifo
I Fori pedonalizzati: Roma ai Romani? No, ai turisti!
Ignazio Marino, sin dai primi mesi, ha governato Roma come se questa non fosse Roma. Come se fosse Londra.
Detto più chiaramente, come se Roma non fosse quella città in coma, con la viabilità impazzita, il trasporto pubblico a pezzi, la manutenzione stradale inesistente, le periferie abbandonate a se stesse, la gestione dei rifiuti inefficace, il sistema turistico-culturale azzerato.
Non meraviglia quindi che una delle sue primissime iniziative sia stata quella di voler pedonalizzare i Fori Imperiali. Come se questa fosse una necessità vitale per Roma. E la cosa che più sconcerta è che nessuno a Roma aveva chiesto al sindaco di pedonalizzare i Fori Imperiali. In pieno centro, in tutta fretta, congestionando al cubo il traffico.
È stata un’iniziativa estemporanea, da realizzare entro i primi due mesi del suo mandato.
Come se Marino avesse voluto dire alla città: “Io so cosa volete di più al mondo, anche se non me lo avete chiesto”.
La pedonalizzazione dei Fori, in realtà, è un po’ come il Sacro Graal. Nei decenni passati, fu l’allora sindaco e storico dell’arte Carlo Argan a profetizzarla: “O le automobili o i monumenti”. Fu poi il mitico sindaco Luigi Petroselli a raccoglierne il testimone, subentrando ad Argan nel ’79. Così si smantellò la via che separava il Foro e il Campidoglio, per creare un’area pedonale tra il Colosseo e l’Arco di Costantino. Ma via dei Fori Imperiali continuava a essere percorribile.
E ci sarà pure stato un perché.
Marino non fa altro che riprendere un’idea che nei decenni è stata di tanto in tanto accarezzata dai sindaci romani e, magari, volendo dare subito la sua impronta alla città, decide di agire come un Matteo Renzi qualunque. Con velocità e decisione.
Ma, come le sorti del governo Renzi insegnano, la fretta non porta buoni risultati.
Marino, ben sapendo quanto sia difficile incidere sui destini del governo della Capitale, ha studiato un percorso di promozione della sua immagine tale da poter accrescere la sua popolarità. Ma è una pia illusione.
I romani accolgono male la novità della pedonalizzazione.
Fondamentalmente per due ragioni: quelli che vivono in centro, maledicono il sindaco perché l’iniziativa estemporanea e improvvisa manda in tilt il traffico nel centro città, compresi i commercianti che si vedono ridurre il proprio giro di affari e contrari a che il Rione Monti diventi luogo di baracchini, bancarelle di souvenir, tagliando fuori la popolazione romana. Quelli che vivono in periferia, si vedono una volta di più snobbati dall’ennesimo sindaco tutto concentrato a dedicarsi al centro storico, anziché ai problemi delle lande desolate della città, che pure fanno parte di Roma.
Sin da subito, si riconosce in Marino un particolare talento a inimicarsi tutti. Ma proprio tutti.
Questo perché, come nel caso della pedonalizzazione, Marino non sembra rivolgersi ai Romani che vivono i disagi decennali della Capitale, ma ai turisti.
Fatto sta, che una mattina di inizio agosto del 2013, i Romani si trovano imbottigliati in un girone infernale fatto di auto, motorini e vigili urbani che sbarrano fisicamente l’accesso a via dei Fori Imperiali e alle strade limitrofe.
L’operazione viene fatta di fretta. Dal sito di Ignazio Marino si apprende il suo pensiero più autentico: “Con il progetto di pedonalizzazione, via dei Fori Imperiali diverrà la più bella passeggiata al mondo, dove tutto ebbe inizio e da dove Roma rinasce”43. E al contempo annuncia a Radio Vaticana la sua personalissima rivoluzione: “Nel mese di luglio inizieremo delle sperimentazioni. Se riusciremo a eliminare auto e moto, quindi il trasporto privato, potremo immaginare nella fase iniziale di ridurre il traffico da circa mille veicoli all’ora a meno di cento. Mi sembra un risultato importante”44.
I Romani non lo sanno, ma lui ha in testa «Il parco archeologico più grande di tutto il pianeta».
La fase di sperimentazione della pedonalizzazione si rivela una “via crucis” per gli automobilisti romani. Il giorno in cui debutta la sperimentazione manca un’adeguata segnaletica orizzontale e verticale. A sbarrare l’accesso a via dei Fori Imperiali, per convogliare il traffico sulle vie alternative, ci sono delle barriere di plastica messe alla meno peggio. I vigili urbani, chiamati a regolare il traffico, quando anche a impedire che gli automobilisti si immettano su via de Fori Imperiali, sono sul limite di un attacco nervoso. Non pochi sono gli automobilisti che, visto lo sbarramento umano dei vigili urbani, chiedono a questi indicazioni sulle vie alternative. E il più delle volte gli stessi Vigili non sanno dare precise indicazioni.
Millecinquecento auto, nelle ore di punta, deviate da via dei Fori Imperiali nelle vie limitrofe, con conseguenti proteste dei cittadini residenti e dei commercianti e dei vari comitati di zona.
Ma è normale, tenuto conto della frettolosità dell’intervento.
L’immagine di Marino ne esce male. Ai più sembra che l’operazione, magari pure giusta nelle intenzioni, sia finalizzata solo a dare lustro all’immagine del “Marziano”. Non sono pochi coloro che iniziano a pensare che questo “genovese” non c’entri nulla con Roma.
Inoltre, la furia che Marino mette nella sua difficile impresa di pedonalizzare i Fori, restituisce ai Romani l’immagine di una città fatta a uso e consumo solo dei turisti. Quasi che Roma debba ridursi con il cappello in mano alla mercé dei turisti stranieri, causa la sua disperata situazione finanziaria. Un centro storico pensato a uso e consumo dei turisti giapponesi, americani, cinesi, più che alla vivibilità della propria cittadinanza.
Una Roma da cartolina, da far rimirare ad Obama e al sindaco di New York De Blasio, più che da far vivere ai propri cittadini. Un’impostazione culturale che si richiama a quel famoso “Made in Italy” che pare, nelle intenzioni di chi amministra, l’unica strada per racimolare qualche soldo. Un “Made in Italy” che nei fatti si sostanzia nel mettere in bella mostra la merce su scalcagnate bancarelle di souvenir.
I Romani, che vivono sulla propria pelle questa maldestra gestione della città a uso e consumo del turismo, chiedono che le proprie vicissitudini di vita quotidiana siano contemplate dal sindaco. Il quale, però, forse perché di fatto sin da subito sfiduciato dalla propria parte politica e non sorretto da un’adeguata Giunta, si rinchiude nel suo ufficio con vista sui ruderi di Roma e rimira, una volta chiusa la finestra, la sua statua acefala, i cui costi di trasporto sono diventati l’ennesima barzelletta della sua amministrazione. “Una Musa senza testa, proprio come questa città…”45.
Acefala.
Un po’ come Roma. Un po’ come la sua amministrazione.
Il mito della bicicletta. Questa non è Londra, è Roma!
Eppure, questa storia della pedonalizzazione dei Fori si ricollega a un altro mito del sindaco “Marziano”: la bicicletta.
Marino ha condotto tutta la sua campagna elettorale in bicicletta, tanto da non essersi presentato all’evento di chiusura delle Primarie del Centrosinistra per decretare il candidato sindaco, preferendo andare a fare una sgambatina in bici con i suoi supporter.
Il messaggio: lasciamo la macchina a casa e prendiamo la bici per andare in ufficio.
Questo potrebbe pure funzionare a Londra. Ma a Roma?
È un po’ come se Marino reputasse i Romani una sorta di curiosa popolazione indigena che non ha cura del proprio stato di salute e della salute della propria città. Come se i Romani, unicamente per capriccio, si ostinassero a muoversi con la propria macchina per raggiungere il proprio ufficio. Eppure basterebbe guardare Google Maps. Possibile che un sindaco così tecnologico non ci abbia mai pensato!
E sì, perché se cercate le indicazioni di un percorso che vada, ad esempio, da “Piazza Mazzini” sino a “Stazione Termini” (un percorso di appena 6 chilometri) e poi cliccate sull’iconcina “bicicletta”, la risposta è lapidaria: “Spiacenti, la tua ricerca sembra non essere inclusa nell’area che al momento copriamo con le indicazioni stradali per le biciclette. Trova indicazioni stradali”.
E sarà pure che neanche Google Maps sposi la filosofia ciclistica di Marino, ma questa è la realtà a Roma.
Provate, invece, a cercare il percorso ciclistico da “Clapham Common” a “Leicester Square”. Google Maps vi segnalerà che in bicicletta ci metterete 26 minuti per percorrere 4,2 miglia.
Qui Londra, Roma mi sentite? No.
Ancora peggio succede se visualizzate le piste ciclabili di Roma, sempre su Google Maps. A Roma esistono circa 150 piste ciclabili. Ma non fatevi ingannare da questo numero, perché sono per lo più percorsi di uno e due chilometri, oltre al fatto che molte di queste piste ciclabili sono itinerari nei bei parchi di Roma o ai limiti del Gra46.
Risultato?
Poche sono le piste ciclabili che possono essere percorse per raggiungere il proprio luogo di lavoro. Nessuna che attraversi in maniera razionale i punti trafficati di Roma. Per lo più sono percorsi per i ciclisti della domenica. Piste ciclabili ottenute dai comitati di zona dopo anni di lotta, non certo in base a una progettazione razionale per la città.
Altra questione: cosa sta facendo l’amministrazione di Roma per facilitare l’utilizzo della bicicletta?
Abbiamo visto che un povero romano ha già difficoltà a trovare una pista ciclabile che lo porti in tutta sicurezza da casa sua al proprio ufficio. Ma magari ci sono soluzioni che integrano il trasporto pubblico all’utilizzo della biciletta. Vediamo un po’.
Sul sito dell’Agenzia Mobilità di Roma, si scopre che c’è la possibilità di caricare la propria bicicletta sulla metropolitana, oltre che poter parcheggiare il proprio mezzo in appositi parcheggi di scambio. Ma con alcune sostanziali limitazioni.
Infatti sul sito si legge: “L’accesso con bicicletta, a esclusione di quelle elettriche, sulle linee metro A e B è consentito nei giorni feriali dopo le 20.00 e il sabato e nei giorni festivi per tutta la durata del servizio”. Insomma, a meno che uno non faccia il turno di notte o lavori nei fine settimana e nei giorni festivi, non può recarsi al lavoro in bici.
E allora si dirà: va bene, io prendo la bici, la parcheggio e poi prendo la metro. In questi casi è possibile. Ma pochi sono i fortunati che lo possono fare. Difatti, i parcheggi sono tutti incustoditi (“Atac SpA non effettua alcuna attività di custodia e, quindi, non garantisce da eventuali danni o furti alle biciclette lasciate in sosta”), oltre al fatto che nelle stazioni di Spagna, Barberini, Repubblica, Termini, Vittorio Emanuele e San Giovanni non è possibile farlo. Praticamente in tutto il centro città.
Ma c’è un altro elemento che fa cascare le braccia: i posti bici dove poter lasciare il proprio mezzo e prendere la metro sono un numero miserevole, tenuto conto della popolazione di Roma.
Di fatto, come riportato dal sito web dell’Agenzia Mobilità, ci sono: 10 posti a Ponte Mammolo; 10 posti a Piramide; 10 posti a San Paolo; 12 posti a Eur Palasport; 12 posti a Eur Fermi. In tutto fanno 54 posti bici per tutta la città di Roma47.
Verrebbe da chiedere a Marino dove parcheggi la sua bicicletta per recarsi ogni giorno in Campidoglio.
Tanto per dire, a Londra i parcheggi per le biciclette sono talmente diffusi lungo tutta la rete della metropolitana, che, sul sito web di Transport for London, c’è la possibilità di cliccare su ogni singola stazione metro e vedere se c’è la possibilità di parcheggio48.
Si dirà che comunque tutta questa faccenda può essere superata dal servizio di bike sharing di Roma. Vediamo.
Dal sito web bikesharing.roma.it (aggiornato al 24 luglio 2014), risultano esserci a Roma 10 stazioni di bike sharing (Stazione Termini; Lepanto; Piazza di Spagna; Anagnina; Ottaviano; Cornelia; Battistini; Ponte Mammolo; Eur Fermi; Laurentina).
Qualcuno potrà dire che 10 stazioni di bike sharing sono un po’ poche per la Capitale d’Italia. E già sarebbe un’obiezione alla quale è difficile replicare.
Ma la cosa ancor più difficile da fare è trovare un romano, o un turista che abbia potuto utilizzare il servizio.
Infatti il problema è che ci saranno pure le colonnine per posizionare le biciclett...