Cristo e la sinagoga
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Cristo e la sinagoga

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Cristo e la sinagoga

Informazioni su questo libro

Il presente lavoro traccia delle linee di approccio alla tematica, finalizzate a dare delle possibili piste di rinnovamento in ambito liturgico. Partendo dal ruolo della sinagoga nella tradizione giudaica; ruolo che implica gli elementi che stanno alla base del culto sinagogale, il lavoro passa a delineare il ruolo della sinagoga in rapporto agli insegnamenti di Gesù, al suo nuovo culto sabbatico, alle modalità e agli elementi liturgici presenti nelle sinagoghe ebraiche al tempo di Gesù, per riproporli oggi nelle nostre chiese cristiane.

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Informazioni

1. La sinagoga, immagine delle nostre chiese locali: luogo di culto "sabbatico" e non di mercato
Il presente contributo nasce dalla constatazione che, in diverse chiese locali, il concetto di chiesa viene inteso purtroppo più come luogo di relazioni interpersonali di parte e di realizzazione dei propri interessi, che come luogo di pieno assoggettamento delle proprie volontà a quella di Dio.
Pertanto il culto viene vissuto più come soddisfacimento dei propri interessi personali e di parte che non come una vera e propria predisposizione a sottomettersi alla volontà di Dio.
Sulla base, quindi, di quanto è avvenuto nelle suddette chiese locali, cogliamo l'occasione, rifacendoci ad alcuni testi biblici e giudaici, per rilanciare il concetto della sinagoga che in sé racchiude immense ricchezze di ordine spirituale; ricchezze che sono al fondamento di un vero e proprio rinnovamento del nostro modo di vivere il culto "sabbatico" nelle nostre chiese cristiane.


1.1. Il ruolo della sinagoga nella tradizione giudaica: origine e significato del termine sinagoga
Sebbene l'origine della sinagoga non possa essere datata con certezza1, generalmente si ritiene che essa nacque durante l'esilio babilonese dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme, perché proprio in questo periodo gli ebrei, non potendosi radunare più nel tempio perché distrutto, si riunivano in abitazioni private per poter continuare il loro culto.2 Infatti fin dalle origini la sinagoga, proveniente dal termine ebraico bet hakenesset che significa casa dell'assemblea,3 era intesa essenzialmente come casa di preghiera, nella quale gli ebrei si riunivano per leggere le Scritture, ascoltarne le esortazioni e gli insegnamenti:

la sinagoga rispondeva così perfettamente alle esigenze della nuova comunità giudai-
ca: devozione intransigente alla Legge, istruzione "legale" e preghiera comunitaria. In
un primo tempo le riunioni sotto la grande guida del profeta Ezechiele non seguivano
uno schema prestabilito; tuttavia, pur con più o meno improvvisazione, rispondevano
al loro fine iniziale: una liturgia peculiare che consisteva in letture e spiegazioni della
Legge, in salmi e preghiere recitati in comune.4
Anche il corrispettivo termine greco Συναγωγή rispondeva a tale significato, in quanto indicava, in senso generale, un "raduno di persone",5 e per i LXX soprattutto designava una comunità "che si aduna per un'azione comune".6
Inizialmente quindi la sinagoga sorse solo per conservare il culto spirituale e renderlo più profondo tra i fedeli ebrei, bandendo il sacrificio come invece veniva fatto nel tempio. Man mano che gli ebrei si organizzavano, l'istituzione si sviluppava costantemente fino ad arrivare, nonostante la ricostruzione del tempio, alla edificazione di edifici adatti per queste assemblee di tipo religioso.
Infatti fin dal III secolo a.C., esistevano delle vere e proprie sinagoghe che aumenteranno al tempo di Gesù. Esse avevano un regime interno ben strutturato e organizzato, dove ognuno aveva un suo specifico ruolo. In seguito nell'ebraismo rabbinico la sinagoga assunse anche la funzione di essere un luogo dove si studiava la Bibbia, i relativi commenti e gli scritti talmudici.


1.2. Elementi fondanti il culto sinagogale nei testi dell'A.T.
Numerosi sono i testi veterotestamentari dove compare il termine συναγωγή,7 ma a noi interessa cogliere gli elementi più significativi, per mezzo dei quali il popolo d'Israele professa la propria fede in Jahvè. I fedeli ebrei si riunivano nella sinagoga solo di sabato e nei giorni festivi per le loro funzioni religiose. Queste funzioni erano costituite da una professione di fede ebraica o Šema‘ (ascolta), la quale era recitata da tutta la comunità. Tale professione era costituita da tre testi biblici (Dt 6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37-41). La comunità, recitando Dt 6,4-9, ricorda e al tempo stesso fa sue le parole di Mosè, il cui argomento principale è l'amore verso Dio:

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.
Da questo comandamento del Signore, arrivato al popolo tramite il mediatore Mosè, possiamo scorgere la stretta connessione che sussiste tra il dire, l'esprimere concretamente e il trasmettere questo comandamento dell'amore di generazione in generazione. Il comandamento dell'amore quindi non viene solo recitato, ma viene interiorizzato nel cuore di ogni credente e ricordato tramite il segno dei filatteri per ripeterlo ai figli. Questa circolarità tra il dire, il ricordare e il trasmettere il comandamento dell'amore sta alla base della liturgia sinagogale, in quanto la recita senza la trasmissione sarebbe cieca, e, viceversa, la trasmissione senza la recita sarebbe vuota.
Tramite il testo di Dt 11,13-21 il popolo di Israele viene avvertito che se obbedisce ai comandamenti del Signore, amandolo e servendolo con tutto il cuore e con tutta l'anima, egli stesso gli darebbe una grande ricompensa, in quanto gli favorirebbe il raccolto nei campi e provvederebbe per l'erba del suo bestiame, oltre a colmarne la fame. Inoltre il popolo viene ammonito a non lasciarsi sedurre nel cuore dal politeismo, perché se si mettesse ad adorare gli dei stranieri, Dio non manderebbe più la pioggia dal cielo, con la conseguenza che il suolo non darebbe più alcun frutto:

Ora, se obbedirete diligentemente ai comandi che oggi vi do, amando il Signore, vostro Dio, e servendolo con tutto il cuore e con tutta l'anima, io darò alla vostra terra la pioggia al suo tempo: la pioggia d'autunno e la pioggia di primavera, perché tu possa raccogliere il tuo frumento, il tuo vino e il tuo olio. Darò anche erba al tuo campo per il tuo bestiame. Tu mangerai e ti sazierai. State in guardia perché il vostro cuore non si lasci sedurre e voi vi allontaniate, servendo dei stranieri e prostrandovi davanti a loro. Allora si accenderebbe contro di voi l'ira del Signore ed egli chiuderebbe il cielo, non vi sarebbe più pioggia, il suolo non darebbe più i suoi prodotti e voi perireste ben presto, scomparendo dalla buona terra che il Signore sta per darvi.
Come si vede nella liturgia sinagogale è vivo il desiderio di osservare i comandamenti del Signore e di servirlo, predisponendo il proprio cuore e la propria anima alla sua volontà, in modo che egli provveda per il suo popolo. Il popolo di Israele dunque si sottomette alla volontà del suo Dio per averne in cambio una prosperità materiale. Con la recita di Nm 15,37-41 il popolo di Israele ricorda i comandamenti di Dio, servendosi di frange ai lembi delle vesti, alla vista delle quali ciascun ebreo non distoglie il suo cuore e i suoi occhi dal servire Dio:

Il Signore parlò a Mosé e disse: "Parla agli israeliti dicendo loro che si facciano, di generazione in generazione, una frangia ai lembi delle loro vesti e che mettano sulla frangia del lembo un cordone di porpora viola. Avrete tali frange e, quando le guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore e li eseguirete; non andrete vagando dietro il vostro cuore e i vostri occhi, seguendo i quali vi prostituireste. Così vi ricorderete di tutti i miei comandi, li metterete in pratica e sarete santi per il vostro Dio.
Il Signore, quindi, prescrive ad ogni ebreo di ricordare i comandamenti del Signore. Per metterli in pratica e divenirne santi ogni ebreo si serve di alcune frange poste agli angoli delle vesti. Pertanto nella recita in comune della grande confessione di Israele, ogni ebreo è tenuto non solo a ricordarsi di osservare i comandamenti del Signore e di servirlo con tutto il cuore, ma anche di metterli in pratica, in modo da diventare incarnazione terrena del culto sabbatico.
Tale iniziale professione di fede era accompagnata da alcune benedizioni ed era seguita dalla lettura della Scrittura. Si dava grande importanza al Pentateuco, ma non e...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Diritto d'autore
  4. Prefazione
  5. 1. La sinagoga, immagine delle nostre chiese locali: luogo di nnculto "sabbatico" e non di mercato
  6. 2. Il ruolo della sinagoga nella tradizione neotestamentaria
  7. Bibliografia
  8. Indice