Introduzione
Per Risk Management, letteralmente Gestione del Rischio, si intende l’insieme degli strumenti, dei metodi e delle azioni attivate, mediante cui si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano strategie per governarlo.
Nella gestione del rischio, Il rischio clinico è la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate durante il periodo di degenza, che causa un prolungamento del periodo di permanenza nella struttura sanitaria e quindi un peggioramento delle condizioni di salute o la morte, definizione data da Kohn in IOM, l’Institute of Medicine nel 1999.
L’evento avverso non è conseguenza di un singolo errore umano, bensì il frutto di una interazione tra fattori tecnici, organizzativi e di processo cui non si deve, pertanto, far seguire un approccio punitivo; piuttosto promuoverne l’analisi approfondita e la ricerca delle cause, con la finalità di prevenire il ripetersi delle stesse condizioni di rischio o di limitare il danno quando questo si è ormai verificato.
Le organizzazioni hanno iniziato a comprendere che il rischio non è più un onere da sopportare, ma al contrario, se ben gestito, può diventare un fattore, per quanto critico di successo e costituire un vantaggio competitivo.
I reati conseguenti che rilevano ai fini della responsabilità dell’ente sono genericamente tutti i reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
Quanto all’errore professionale, in Italia, il tema dell'errore in medicina è sempre stato nel passato di competenza della medicina legale e si basava su un approccio basato sulla ricerca della responsabilità professionale.
A novembre del 2006, in Italia si è realizzato il primo forum sul Risk Management dal quale è emersa la necessità di attuare progressivamente e mettere in pratica il know how acquisito teoricamente in materia di Risk Management, a livello aziendale, in quanto i problemi connessi alla cosìdetta medical malpractice, hanno fatto sì che le coperture assicurative per le strutture sanitarie diventassero un costo eccessivo per l’azienda stessa.
Nell'analisi del tema oggetto del presente studio, quanto al danno risarcibile, si è seguito un percorso che prende spunto dalla pronuncia del Tribunale Civile di Milano sez. V S.6076/2009 per dare una definizione di danno biologico, cui accostare quella normativa data dal codice delle assicurazioni il D. Lgs. 209/95, e successivamente, con la Sentenza della Corte di Cassazione a S.S.U.U. n.26972 dell'11.11.2008 che ha dato luogo all'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.2059 c.c. (Presidente V. Carbone, Relatore R. Preden), per poi riprendere il concetto che ne aveva dato la Corte Costituzionale con la nota S.184 del 1986.
A completamento solo alcune linee tratteggiate dalla pronuncia della Cassazione Sezione III civile nella sentenza 12 maggio - 13 luglio 2011, n. 15373.
L'argomento non si esaurisce certo con le considerazioni che seguono, a maggior ragione per l'evoluzione avutasi nel tempo del danno biologico, fin dalla definizione data dalla Consulta con la detta decisione 184/1986.
Ha come necessaria premessa l'esercizio della professione medica nelle dimensioni giuridico-contrattuali e professionali ove essa venga esercitata, negli aspetti deontologici ed implicazioni di tipo penale, civile e disciplinare, intimamente connessi con le prestazioni della professione intellettuale ove essa è inquadrata.
E ne ha la conclusione negli aspetti squisitamente monetizzabili, posto che se non vi è discussione sull'an, per il quantum si andrà a discutere di valore della persona e non solo con riferimento ad indici reddituali ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, relazionale, per tutti quegli aspetti e dinamiche in cui si estrinseca la persona.
Nell’evoluzione normativa anche nel settore Sanitario, si sono mossi i primi passi, per ottenere delle normative che riguardino il Risk Management, più che sulla qualità del servizio, sugli aspetti concernenti la gestione del rischio stesso.
Adeguamento normativo su base regionale.
Da un punto di vista legislativo non si hanno delle norme nazionali precise rivolte in modo esplicito al problema del Risk Management, in questo contesto piuttosto ci sono diverse realtà basate su disposizioni emanate a livello regionale, alcune di esse più aggiornate altre meno.
Tra le Regioni più all’avanguardia sulle politiche di Risk Management in sanità troviamo la Lombardia che con la Circolare n.46/SAN/2004 della Regione del 27 dicembre 2004 ha fornito le linee di indirizzo prioritarie, in merito alla gestione del rischio sanitario, condivise dal Gruppo di Lavoro misto costituitosi tra Direzione Generale della Sanità, Aziende Sanitarie e Compagnie Assicurative per una migliore politica di applicazione del Risk Management.
Obiettivi del piano gestionale.
Il Risk Management, così individuato, deve permettere ad una Azienda di:
Identificare il rischio tramite la mappatura come primo obiettivo.
Quantificare, analizzare, comunicare, eliminare, monitorare, tramite il gruppo di lavoro, come secondo obiettivo.
Valorizzare il rispetto di terzi, sia esso operatore che paziente, al terzo obiettivo.
Il testo della circolare 46/SAN del 2004 Regione Lombardia ha come oggetto le linee guida relative alla programmazione annuale delle attività di Risk Management.
L’innovativo approccio delineato con la detta circolare 46/SAN del dicembre 2004 è ormai per il Sistema Sanitario Regionale Lombardo un modello consolidato e funzionale per migliorare la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari.
La garanzia della continuità del percorso intrapreso passa attraverso la definizione delle linee strategiche e delle azioni da intraprendere in ambito di gestione del rischio, anche per l’anno 2008.
Si evidenziano con detta attività le priorità di intervento che hanno avuto riferimento negli Obiettivi delle Aziende per l’anno 2008:
1. Piano Annuale Attività Risk Management;
2. Monitoraggio dei rischi;
3. Monitoraggio cadute e infortuni;
4. Gruppo di Coordinamento per la gestione del rischio;
5. Comitato Valutazione Sinistri CVS;
6. Gestione del consenso informato.
La responsabilità delle professioni sanitarie.
Il tema dell’attuale situazione italiana attinente la responsabilità professionale sanitaria è complesso e le norme penali, civili e amministrative che disciplinano la materia non hanno avuto alcuna modificazione negli ultimi anni.
Tutte le modifiche sono dovute esclusivamente al susseguirsi dell’orientamento giurisprudenziale.
Per comprendere le ragioni che hanno indotto la magistratura a mutare atteggiamento nei confronti dei sanitari, bisogna approfondire l’evoluzione storica del rapporto sanitario-paziente.
La responsabilità.
In tale prospettiva, occorre definire quali sono i profili di responsabilità sanitaria e professionale e chi ne determinerà i contenuti.
Affinché vi sia responsabilità professionale è indispensabile che vi sia un illecito: cioè che sia stato posto in essere un comportamento considerato vietato da una norma e a cui segue una sanzione. L’illecito può essere penale, civile o amministrativo: la distinzione dipende dal tipo di sanzione prevista e dal giudice che la applica.
Secondo il Testo della circolare 46/SAN del 2004 Regione Lombardia, per definire i contenuti dell’attività delle professioni sanitarie (e, conseguentemente, per chiarire i profili di responsabilità), si deve fare riferimento:
• al D.M.14 settembre 1994, n.739, Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere;
• al D.M. 2 aprile2001, Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie e Determinazione delle classi delle lauree specialistiche delle professioni sanitarie;
• al codice deontologico del febbraio 1999.
Eventi, Errori e Soluzioni.
ERRORI NELLA SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI
La composizione degli infermieri italiani è molto variegata: ci sono infatti infe...