Educazione scientifica e curricolo verticale
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Educazione scientifica e curricolo verticale

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Educazione scientifica e curricolo verticale

Informazioni su questo libro

In Italia, esiste un problema riguardo all'educazione scientifica dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria di primo grado. Questo libro è un tentativo di inizio di lavoro comune. E' costituito da report, laboratori e riflessioni da un corso di formazione tenuto dall'autore presso l'Istituto Comprensivo A. Gramsci di Decimoputzu(Cagliari, dirigente Maria Limbania Rombi.

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Informazioni

Anno
2015
eBook ISBN
9788891176998
Argomento
Study Aids
Categoria
Study Guides

Primo incontro

Quello che segue è il report del primo incontro del corso di formazione sull’educazione scientifica e curricolo verticale, tenuto a settembre del 2013 a Decimoputzu, provincia di Cagliari. Il report dell’incontro è riportato tale e quale. Il report era stato inserito nella piattaforma moodle già citata e i docenti potevano rileggersi quanto era accaduto nell’incontro e aggiungere commenti. I report dei vari incontri sono stati scritti entro il giorno dopo, a caldo. Questo per noi, visto il metodo, è abbastanza importante.
Nel documento messo in moodle c'era una prima parte che riporto integralmente senza correzioni di commento al report stesso, doveva servire da riflessione sull’incontro stesso e a dare un quadro generale.
Comincio con il citarvi i traguardi per lo sviluppo delle competenze la termine della scuola primaria:
“L’alunno sviluppa atteggiamenti di curiosità e modi di guardare il mondo che lo stimolano a cercare spiegazioni di quello che vede succedere.
Esplora i fenomeni con un approccio scientifico: con l’aiuto dell’insegnante, dei compagni, in modo autonomo, osserva e descrive lo svolgersi dei fatti, formula domande, anche sulla base di ipotesi personali, propone e realizza semplici esperimenti.
Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni, registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali.
Individua aspetti quantitativi e qualitativi nei fenomeni, produce rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguato, elabora semplici modelli.
Riconosce le principali caratteristiche e i modi di vivere di organismi animali e vegetali.
Ha consapevolezza della struttura e dello sviluppo del proprio corpo, nei suoi diversi organi e apparati, ne riconosce e descrive il funzionamento, utilizzando modelli intuitivi ed ha cura della sua salute.
Ha atteggiamenti di cura verso l’ambiente scolastico che condivide con gli altri; rispetta e apprezza il valore dell’ambiente sociale e naturale.
Espone in forma chiara ciò che ha sperimentato, utilizzando un linguaggio appropriato.
Trova da varie fonti (libri, internet, discorsi degli adulti, ecc.) informazioni e spiegazioni sui problemi che lo interessano.”
Vi aggiungo “ i traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado”
“…L’alunno esplora e sperimenta, in laboratorio e all’aperto, lo svolgersi dei più comuni fenomeni, ne immagina e ne verifica le cause; ricerca soluzioni ai problemi, utilizzando le conoscenze acquisite.
Sviluppa semplici schematizzazioni e modellizzazioni di fatti e fenomeni ricorrendo, quando è il caso, a misure appropriate e a semplici formalizzazioni.
Riconosce nel proprio organismo strutture e funzionamenti a livelli macroscopici e microscopici, è consapevole delle sue potenzialità e dei suoi limiti.
Ha una visione della complessità del sistema dei viventi e della loro evoluzione nel tempo; riconosce nella loro diversità i bisogni fondamentali di animali e piante, e i modi di soddisfarli negli specifici contesti ambientali.
È consapevole del ruolo della comunità umana sulla Terra, del carattere finito delle risorse, nonché dell’ineguaglianza dell’accesso a esse, e adotta modi di vita ecologicamente responsabili.
Collega lo sviluppo delle scienze allo sviluppo della storia dell’uomo.
Ha curiosità e interesse verso i principali problemi legati all’uso della scienza nel campo dello sviluppo scientifico e tecnologico…”
Se si vogliono raggiungere questi traguardi bisogna fare ben altro che individuare degli argomenti che possano essere trattati ai diversi livelli di scuola, dall’infanzia alla secondaria. Bisogna cambiare drasticamente la metodologia di come si fanno le cose.
In Italia non c’è una grande educazione scientifica, a tutti i livelli. I libri di testo sono assolutamente carenti. Vengono riportate alcune descrizioni di alcuni possibili esperimenti, ma senza metodo, senza flessibilità. E in alcuni casi sono riportate delle cose “sbagliate”, come il misurare il peso dell’aria mettendo un palloncino prima vuoto e poi gonfiato su una bilancia (non viene tenuto conto della spinta di Archimede, l’aria dentro e fuori non ha la stessa densità, il fiato aggiunge molta umidità, ovvero acqua, all’interno, fatti i calcoli queste correzioni sono … forti). Poiché gli errori sono maligni e possiedono una loro vita propria non fanno altro che rimbalzare da un libro all'altro.
C’è stata a questo proposito una lunga discussione in una lista di fisici e docenti di Fisica, la mailing list “Sagredo” moderata dal prof. Elio Fabri. Tutti si sono ritrovati d’accordo che non è un bel modo di misurare il peso dell’aria. Alcuni potrebbero giustificare la cosa dicendo che non è importante che quello che si misura non è veramente il peso dell’aria. L’importante sarebbe far vedere al bambino che c’è una differenza di peso tra il palloncino vuoto e il palloncino pieno, anche se l’effetto è dovuto a un complesso di fattori. In realtà si può condurre l’esperimento in modo completamente diverso e si sono escogitate diverse maniere. Una abbastanza semplice è quella di prendere una bottiglia di plastica chiusa con un tappo e pesarla. Poi la si accartoccia chiudendola bene in modo che non entri aria e la si ripesa. Ho fatto l’esperimento con una bilancina di precisione cinese da pochi euro che mi serve per pesare il té (ognuno ha le sue fissazioni…). La bottiglia di plastica chiusa e normale pesava 28,82. La bottiglia di plastica accartocciata pesava 28,70. Una differenza di un decimo di grammo circa. La spinta di Archimede dovrebbe agire ovviamente di più sulla bottiglia di plastica normale, perché è una forza che è diretta verso l’alto e pari al peso del volume dell’aria spostata. Quindi dovrebbe risultare più leggera della bottiglia accartocciata e invece risulta più pesante. La differenza di peso NON è il peso dell’aria contenuta nella bottiglia nel primo caso, ma è sicuramente collegata alla presenza-assenza di aria. E’ l’unica cosa che ho variato. La cosa potrebbe farsi usando una bottiglia di vetro chiusa con una valvola da bicicletta, dopo averla pesata si pompa aria dentro. La dimensione della bottiglia di vetro non cambia ma la quantità di aria dentro cambia. Il problema è ovviamente mettere la chiusura da pompa da bicicletta sul collo della bottiglia. Ma l'idea è quella: mantenere costanti tutte le variabili fuorché la quantità d’aria.
Pensiamo davvero che qualche esperimento sia sufficiente per raggiungere quei traguardi di cui sopra?
In più la scienza, l’atteggiamento scientifico, la ricerca e l’indagine sul mondo che ci circonda sono visti, ovviamente, come puro corollario, come cosa laterale, rispetto al vero sapere, che è ovviamente “umanistico”, letterario e artistico.
In fondo,si dice, la scienza è tecnologia (non c’è verso, Croce ce lo portiamo nel sangue, qui in Italia…).
I risultati si vedono.
Il nostro punto di partenza è un altro: la scienza fa parte integrante della cultura e non c’è cultura e non c’è formazione vera dell’individuo senza una vera educazione scientifica.
Ma l’educazione scientifica NON è fatta di formule di fisica, o di esperimenti più o meno riusciti, o di risoluzione di equazioni matematiche (altrimenti avrebbe ragione Croce…).
E’ un atteggiamento di ricerca, di indagine, che ricade in tutti i campi, compreso il letterario e il filosofico e il sociale e il linguistico, è un atteggiamento trasversale ( e d’altra parte se ne fa cenno anche nelle indicazioni nazionali, quando si parla di nuovo umanesimo, termine peraltro, di questi tempi, un po’… ambizioso).
Per raggiungere i traguardi delle competenze non c’è altra possibilità che provare a dare una vera educazione scientifica (ricordando che la tecnologia non c’entra niente, la tecnologia si usa e si sviluppa dopo la ricerca scientifica e che la scienza è ben altra cosa della tecnologia. I tablet NON sono scienza, sono una bella applicazione tecnologica di un bel po’ di scienza e di ricerca. L’usarli non implica aver imparato qualche cosa della scienza, né tanto meno aver acquisito qualche cosa in merito alla propria educazione scientifica. Lo stesso vale per le LIM o per internet, strumenti veramente utilissimi dal punto di vista didattico se … si sa cosa fare dal punto di vista della disciplina, qualunque essa sia, non se si sa usarli)
Ma come fare?
La scelta metodologica che seguo è quella di non spiegare come si fa. Impareremo, se impareremo, facendo le cose, costruendo insieme gli esperimenti, seguendo lo stesso metodo, lo stesso modo di fare, che è utile seguire quando si è poi nella classe reale. Il collettivo degli insegnanti presenti è una simulazione del collettivo classe. Ovviamente ci sono dei momenti in cui discutiamo della teoria che c’è dietro a certe cose, evidenziamo i passaggi delicati, aggiungeremo delle considerazioni didattiche (cosa che evidentemente NON facciamo nella classe reale…).
Per un ulteriore approfondimento, o per aggiunte, rimando a un articolo scritto durante un corso di formazione sul curricolo verticale tenuto a Sassari lo scorso anno:
http://www.lanaturadellecose.it/didattica-32/corso-formazione-a-sassari-428/un-corso-di-formazione-a-sassari-una-premessa-429.html
E in questa pagina
http://www.lanaturadellecose.it/la-didattica-32
nella colonna destra ci sono tutti i report degli incontri di Sassari.
Se sarà utile di volta in volta darò qualche link a qualcuno di essi. Ma evidentemente noi faremo cose diverse. Il metodo è lo stesso ma gli argomenti e la trattazione sarà diversa.
Questo per alcuni buoni motivi. Il primo è che mi annoierei (ma è cosa personale). Il secondo, più importante dal punto di vista metodologico è che voi siete …diversi. Proprio con il metodo che avete visto all’opera in questo primo incontro è impossibile che con collettivi classe diversi si segua esattamente lo stesso percorso, indipendentemente dalla classe. Sarebbe, se succedesse una cosa del genere, una negazione del metodo stesso. Cambiano le ipotesi che vengono fatte dalle persone, cambiano le verifiche delle ipotesi con esperimenti ad hoc, cambiano gli esperimenti aggiuntivi e collaterali.
L’argomento è lo stesso ma il percorso e gli approfondimenti sono diversi, con buona pace dei programmatori minuziosi. Be’, certo i risultati “scientifici” sono gli stessi, ci mancherebbe altro, ma il percorso risulta diverso e il sapore dei risultati raggiunti è … diverso. Per questo è divertente (può essere divertente) insegnare, si imparano un sacco di cose nuove.
Nella stessa pagina trovate due altri articoli, secondo me molto interessanti.
Dopo il corso due insegnanti, una nella primaria e una nella media hanno fatto fatto una sperimentazione nella loro classe, una sulle trasformazioni dell’acqua (arrivando a fare un fumetto con classe dal punto di vista scientifico assolutamente rigoroso) e l’altra sulla elasticità (articolo citato in altra sede, in una lista di fisici, come esempio di buona didattica, e non ero io a fare la citazione, ovviamente, ma un grosso nome della didattica scientifica italiana). E gli articoli sono i report dei loro lavori, scritti da loro (non sono … miei).
Ecco qui sotto il report vero e proprio. Il metodo usato è quello di non fare chiacchiere o discorsi o disegnini “mapposi” alla lavagna, ma quello di coinvolgere direttamente le persone nell’esecuzione degli esperimenti, esattamente proprio come si dovrebbe fare in una classe reale. Dopo un iniziale smarrimento tutti hanno preso gusto alla cosa. Il trucco sta nel non dire a priori la spiegazione dell’esperimento o dell’effetto, ma quello di invitare a fornire ipotesi. Non esistono in questo metodo ipotesi giuste o ipotesi sbagliate. Esistono solo delle ipotesi che vanno verificate, e quelle che non reggono la verifica sperimentale vanno semplicemente scartate. Da un punto di vista “psicologico” questo appare come liberatorio. Non è importante dire le cose giuste, o indovinare cosa vuole esattamente il docente da te. L’importante è formulare una ipotesi e poi andare a vedere se questa ipotesi è verificata o meno. E’ il gusto della scoperta e della ricerca. Questo può creare problemi. Il primo problema è quello del sicuro impazzimento dell’eventuale tecnico o collaboratore che deve cercare il materiale più disparato. Poiché non si sanno in partenza (o si possono prevedere per esperienza solo grosso modo) le ipotesi che le persone reali (docenti o bambini) faranno, non si può prevedere il materiale di cui si avrà bisogno per verificare quelle ipotesi. It’s the life. E’ la vita. In realtà quello che avviene è che c’è sempre qualcuno che riesce ad avere a disposizione il materiale cercato. Mi ricordo ancora che in una lezione fatta con questo metodo in una classe di Liceo, dissi ” be’ se qualcuno avesse una piuma di uccello, potremmo…”. E una studentessa tirò fuori dalla borsetta una bellissima piuma remigante. E poi il divertimento, per i bambini, gli studenti, ma anche per noi docenti, sta anche nella ricerca del materiale più fantasioso e arrangiabile. Pare che sia un luogo comune che riguarda fli … italiani.
Il report, più o meno
Avevo una idea che mi frullava in testa da un po’ di tempo. Una cosa che non si fa mai (quasi mai, magari qualcuno l’ha fatto e io non lo so) nella scuola primaria è qualche cosa che riguardi … l’elettromagnetismo. Pare che venga considerato un argomento difficilissimo. Eppure ci sono alcune possibilità di sorprendere, incuriosire e motivare a molti approfondimenti.
Quando si va in classe non si va mai senza sapere veramente cosa fare. Non è tutto programmato, non si sanno gli sviluppi che ci saranno nella classe reale, non si sa esattamente che esperimenti “laterali” si faranno e quindi di che materiale si avrà bisogno, perché non si sanno le ipotesi che verranno fatte dai ragazzi (o dagli insegnanti). Ma vi ricordate la sequenza che abbiamo fatto? Quella era programmata:
  • caduta dei corpi, per far vedere in pratica come funziona il metodo scientifico di ipotesi e verifiche
  • ago che galleggia e “tensione superficiale, per incominciare a utilizzare il metodo scientifico per l’indagine su un fenomeno curioso e che sicuramente è sorprendente per i ragazzi (e dovrebbe esserlo anche per noi, dalla sorpresa nasce la curiosità, e dalla curiosità nasce la ricerca e dalla ricerca nasce la scienza e molte altre cose ancora…)
  • magnete che sposta l’ago galleggiante. Altra sorpresa: per spostare un corpo NON è necessario toccarlo ( è contro l’esperienza quotidiana dei bambini, dei ragazzi e anche di noi)
  • due pile collegate a un filo spostano a distanza l’ago galleggiante. La corrente che passa nel filo ha lo stesso effetto del magnetino ( ma allora vuol dire che la corrente nel filo e il magnetino producono entrambi qualche cosa di uguale che ha effetto sull’ago galleggiante? Sapete, c’è una bella parte di teoria elettromagnetica dietro questi due o tre cosette viste. Ci sarebbe un altro esperimento da fare per … completare tutta la teoria, ma forse lo vedremo in seguito)
Come vedete c’era un preciso schema dietro l’apparenza della creazione sul momento. Non era per niente improvvisato. Dal punto di vista didattico forse questa è la parte più difficile, avere chiara in testa una sequenza e nello stesso tempo essere completamente flessibili in modo da poter seguire altri percorsi.
(Nota nel 2014: E’ questo il vero problema. Non si va in classe alla qualunque. E il metodo usato non significa lasciare libero corso a qualunque cosa sperando di arrivare a un qualche risultato. La sequenza degli esperimenti, il tipo di questioni è in qualche modo programmato e...

Indice dei contenuti

  1. Educazione scientifica e curricolo verticale
  2. dedica
  3. nota
  4. prefazione
  5. Prefazione seconda - il corso di formazione: costruzione di un curricolo verticale
  6. Primo incontro
  7. costruzione di un curricolo verticale, report secondo incontro
  8. Intermezzo
  9. In classe: scuola dell’infanzia, l’aria sottile che non si vede
  10. in classe: scuola primaria, le bolle di sapone
  11. Il principio di Archimede
  12. formalizzazione della spinta di Archimede
  13. i temi dei bambini
  14. una prima conclusione inconcludente
  15. Nota
  16. Altri scritti dell’autore
  17. riferimenti bibliografici dell’articolo
  18. riconoscimenti
  19. La Natura delle Cose