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Diario di guerra dal Corno di Cavento
Informazioni su questo libro
Diario di Guerra dal Corno di Cavento del tenente dei Kaiserjäger Felix Hecht von Eleda con note dell'ing. Dante Ongari. Il diario descrive minuziosamente cinque mesi della Prima Guerra Mondiale sul fronte più alto d'Europa: i ghiacciai dell'Adamello Carè Alto nell'inverno 1917. Il tenente troverà la morte sul Corno di Cavento (3400 m).
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HistoryCategoria
World War INote di commento
Le note che si riferiscono ai numeri (1), (2), (3) e (4) riguardano le varie fasi di sviluppo della complessa organizzazione tecnica del fronte degli austro ungarici che per brevità sono qui riuniti nel temine generico di «imperiali». L’area interessata dal fronte è la valle di Borzago, con estensione alle convalli di Lares e di Seniciaga che si aprono nel versante ovest della media val Genova. I relativi apprestamenti sono stati rilevati dalla cartografia militare d’allora quale risulta dai fogli riservati in scala 2:25.000, aggiornati periodicamente dal comando di gruppo. Sulla scorta di tali elementi è possibile completare la descrizione sommaria dei presidi del fronte anche ai fini della conoscenza topografica del massiccio.
La nota corrispondente al numero (5) è invece l’abbozzo in sintesi cronologica dei fatti d’armi svoltisi nell’ambito del Cavento con particolare richiamo alla situazione degli imperiali di cui scarseggiano assai le notizie. Non si conoscono infatti dei resoconti completi da parte di quest’ultima fonte, ma solo dei frammenti, quali ad esempio, le relazioni soggettive di Fahrner, di Fischer, di Hecht e di pochi altri a cui sono da aggiungere i laconici comunicati ufficiali d’intonazione sovente tendenziosa. Più vasta è la documentazione italiana della guerra sul Cavento, tra cui sono di alto contenuto storico gli scritti di Cavaciocchi, di Flores e di Ronchi che seguirono gli eventi in sito da posti di conscia responsabilità. Il profilo cronologico ora abbozzato ha di mira la ricerca obiettiva degli eventi, cosa evidente dopo essere trascorso un mezzo secolo di storia tormentata che ha ampliato le esperienze e la critica.
Le note relative alle successive numerazioni restanti si ricollegano alla narrazione del diario e ne illustrano il quadro per lo più in ordine di data.
SPIAZZO DI RENDENA
(1) Col ripiegamento dell’alta val Genova, nella primavera del 1916, fu costituito il sottosettore confinario del Carè Alto che, abbinato a quello di val Genova, costituì il nuovo comando di gruppo dell’Adamello con sede a Pinzolo, nell’albergo Corona. Il primo comandante fu il colonnello Arthur Hausner, già professore di tattica all’Accademia militare di Vienna, che si staccò dal settore fortificato delle Giudicarie, dipendente invece dal colonnello Teodor Spiegel di stanza a Bondo, nell’attuale albergo al Monumento. Hausner diede inizio ai grandi lavori di sistemazione del fronte meccanizzando i trasporti con una rete di teleferiche che raggiunsero lo sviluppo totale di circa 39 km., una diecina dei quali costruiti nel versante della Presanella e gli altri in quello dell’Adamello; assicurò così un movimento giornaliero di 10 tonnellate sul primo versante e di altre 25 sul secondo. Costui fu rimpiazzato per lungo tempo dal temutissimo colonnello Joseph Seyfried e poi, per breve durata, dal collega Lortz che a sua volta passò il comando del gruppo al mite generale Gustav Krammer che lo tenne fino all’armistizio.
A partire dall’estate del 1916, il fronte della val di Borzago, compresa la vedretta di Lares fino al Cavento, costituì il sottosettore confinario del Carè Alto il cui comando di tappa aveva sede a Spiazzo nell’Albergo Carè Alto. Nel detto comune sorsero pure i magazzini, i forni, l’ospedale e il cimitero militare da dove le salme furono traslate, nel dopoguerra, negli ossari. La mensa degli ufficiali era gestita nella casa Bonazza e la loro foresteria era nella casa Ongari ove funzionava pure l’ufficio postale del fronte. Prima della costituzione del gruppo di Pinzolo, l’anzidetto fronte del Carè Alto era incorporato nel sottosettore della valle di S. Valentino con comando di tappa a Vigo Rendena, agli ordini del tenente Philippi, chiamato dai valligiani - il pecoraio -. L’ufficio era installato nella prima casa a sinistra del bivio della mulattiera che sale alla antica chiesetta di S. Valentino.

La val di Borzago. Sullo sfondo la cima del Carè Alto.
VAL DI BORZAGO
(2) Acqua Osteria e r a t a l o r a chiamata per umorismo dai montanari, la fontana dei fienili del Baut della val di Borzago per l’abbondanza di acqua buona potabile; l’ultimo fienile a sinistra della strada era la sede del comando. Vi soggiornavano nei turni di riposo i reparti reduci dai ghiacciai e vi erano inoltre le squadre di territoriali e di lavoratori militarizzati provenienti per lo più dai Carpazi e dai Balcani, a cui era frammista anche la colonna di prigionieri di guerra serbi e russi. Questi paria del fronte erano addetti ai servizi più gravosi, tra cui i lavori alle teleferiche, la fornitura del legname prodotto dalle due segherie alla veneziana allestite al Baut e al Pian della Sega. Tale bassa forza era accantonata nei numerosi fienili sparsi per la valle da Prabinel, a Fé, a Valaverta e a Cornicli. A completare il mosaico di costumi e di linguaggi della gente delle retrovie concorrevano altresì le file di donne portatrici di tavolame che giornalmente facevano la spola tra i paesi della Rendena e la malga Coel.
Mezz’ora prima della malga anzidetta, sorgeva, nella selva, la baracca dei bosniaci, per lo più tipi longilinei e fortissimi, addetti in particolare alla costruzione e alla manutenzione delle difese nonché dei sentieri e delle piste che dal fondovalle salivano l’erto zoccolo del Carè Alto fino al ripiano dei ghiacciai. Più pesante ancora era per costoro il trasporto a spalle del materiale per il fronte ove talora erano abusivamente trattenuti, insieme ai prigionieri di guerra, sotto la vigilanza di territoriali, per compiervi lavori urgenti. Una diecina di tali facchini militarizzati perirono per lo stento e la fame; essi trovarono sepoltura al piede d’un liscione di roccia vicino a malga Coel, da dove furono traslati negli ossari.
Nei primi mesi del secondo anno di guerra, la malga Coel fu tramutata in stazione intermedia della teleferica per il trasbordo dei materiali diretti al rifugio Carè Alto in arrivo dal tronco di Prabinel che, a sua volta, era collegato a quello in partenza da Pelugo ove la stazione era installata in una baracca poco sotto la chiesa parrocchiale, alla destra del torrente Bedù.
RIFUGIO CARÈ ALTO
(3) II rifugio Carè Alto si trova un centinaio di metri sotto il Dente del Bus del Gatt, di quota 2.589, sovrastante l’angusto varco nella coronella rocciosa che separa tra loro le convalli gemelle di Conca e di Niscli, alla testata della val di Borzago. Il piccolo cubo in muratura era sorto, nel 1912, per iniziativa di una dozzina di rendenesi nell’intento di agevolare lo sviluppo alpinistico nell’area del Carè Alto.
Tre anni dopo, il 24 maggio del 1915, coll’entrata in guerra dell’Italia, il rifugio fu occupato invece da una diecina di territoriali con a capo il sergente Quintilio Cappelli detto «grana» di Spiazzo, dipendente dal sottosettore di S. Valentino che aveva il comando alla malga Valletta Alta. Nel contempo, oltre a quello del rifugio vennero istituiti altri due picchetti di guardia alla testata della valle di Borzago: uno attendato a pochi passi dalla Bocca di Conca a due ore di marcia dal rifugio e l’altro pure dislocato in tenda al cosiddetto «graperin» dei Pozzoni, a due ore di marcia oltre il rifugio.
Dall’agosto alla fine dell’anno, il picchetto del rifugio fu rinforzato da un plotone del 170º battaglione dei Landsturm agli ordini del tenente Feichter, che ritornò a presidiare il rifugio sul finire dell’inverno, eccezionalmente nevoso. Poi, per quasi tutto il maggio del 1916, il rifugio ospitò una serie di altri reparti in transito per i Pozzoni e per il Cavento, richiamati d’urgenza su quelle posizioni per arginare l’ala sud del fronte minacciata dall’avanzata degli alpini in val Genova che aveva avuto inizio il 12 aprile del 1916.

Cima Carè Alto vista dal Corno di Cavento.
Chiusasi col 20 maggio successivo la fase di movimento degli italiani, il maggiore Fischer del 161º battaglione dei Landsturm, s’insediò nel rifugio quale primo comandante del nuovo sottosettore, costituito allora, il cui organico era di un battaglione su quattro compagnie. La truppa, della forza di circa mille uomini, era dislocata secondo uno schema che rimase invariato fino agli ultimi mesi di guerra vale a dire: una compagnia in riposo all’Acqua Osteria, la seconda di riserva al rifugio, la terza schierata ai Pozzoni e sul lato est della vedretta di Lares e la quarta, frazionata sulle posizioni avanzate a ovest della vedretta stessa, dal Carè Alto al Folletto e al Cavento. In seguito il presidio fu organizzato dagli ufficiali superiori succeduti a Fischer, tra cui il barone Handel Mazzetti e Beyer che fornirono la residenza degli ufficiali di varie comodità, compreso il grammofono e il pianoforte a coda.
Nell’autunno entrava in esercizio il prolungamento della teleferica dal rifugio ai Pozzoni, a campata unica della lunghezza di oltre 1800 metri, percorribile in soli otto minuti, velocità alta per allora. La stazione di partenza di quest’ultima era posta una decina di metri a monte di quella in arrivo dalla malga Coel ch’era sistemata, a sua volta, a pochi metri dal rifugio e quasi allo stesso livello.
Nel contempo furono piazzati due obici da 75 su piazzole ricavate nel dosso erboso rivolto al Sass di Conca a un centinaio di passi a sud del rifugio. Ulteriori sistemazioni ebbero corso nell’anno successivo tra cui la costruzione della teleferica di allacciamento al Passo degli Altari, a campata unica, quasi orizzontale, di 2.200 m., tesata sopra l’ampia fossa di Niscli, la cui stazione era posta a ridosso del Bus del Gatt, quasi a livello del rifugio. Questo mezzo stabiliva il collegamento diretto col comando di gruppo di Pinzolo attraverso le valli di Seniciaga e Genova.
Poco dopo, nel marzo del 1917, entrava in esercizio la teleferica per la Cima del Carè Alto, più lunga ancora della precedente con il dislivello di 1000 m. Le funi dell’ardito impianto erano sostenute, all’arrivo, da un semplice portale in legno infisso sulle rocce del ramo nord del canalone centrale e da un secondo grande pilone innalzato circa a metà del percorso nonché da un terzo portale d’uscita alla partenza dal rifugio.

Il Maggiore dei Kaiserjäger Eduard handel Mazzetti, era il da ben cinque stazioni più attivo organizzatore del fronte delle Giudicarie dall’Adamello al Cadria.
Il detto secondo sostegno superava la quindicina di metri d’altezza la cui base ricadeva al margine della vedrettina di Conca, non lontano dallo scivolo del ghiacciaio nel versante di Niscli. Il pilone era un’incastellatura a traliccio in legname sormontato da un pianale di scarico per rifornire la nuova batteria piazzata allora nelle adiacenze, allo scopo di battere il fronte del Lares con tiro più teso e più ravvicinato di quella posta al Bus del Gatt, assai più in basso. Le due bocche da fuoco da 75, sostituite poi con dei calibri da 150, erano protette da una mitraglia antiaerea e avevano le piazzole ricavate nella bassa crestina frastagliata al termine della coronella del Bus del Gatt; il luogo è detto Scivolo o Sella di Niscli o anche Passo del Cannone e corrisponde alla quota 2.892. Poche diecine di metri più in basso, sorgeva il baraccone di alloggio degli artiglieri, di ottima fattura in legname a doppia parete con intercapedine intasata di segature e foderata all’esterno da più strati di grosso cartonfeltro bitumato. La batteria disponeva di un paio di baracche minori per il comando, la cucina, il magazzino, nonché la caverna per il deposito delle granate e degli esplosivi.
Infine, coll’incremento graduale del volume dei trasporti, la tratta di teleferica tra malga Coel e il rifugio dovette essere raddoppiata con ampliamento della preesistente tettoia d’arrivo al Bus del Gatt. Da ultimo il rifugio risultò pertanto contornato di teleferiche nel raggio medio di una quarantina di metri. Tutte le teleferiche erano su funi spiroidali che, isolate alle teste servivano altresì da conduttori telefonici tra i più sicuri.
Alla truppa non era di norma consentito l’uso delle teleferiche, mentre lo era agli ufficiali che abitavano nella cosiddetta «Könnenhaus». Tale confortevole costruzione in legno a due piani con avancorpi sporgenti ai lati, rifinita da poggioli e da abbaini era simile ad un alberghetto alpino colla sala della mensa al piano rialzato e le camerette poste al piano superiore e nelle mansarde. La bella residenza era stata inaugurata nel febbraio del 1917, a pochi passi dal rifugio e pressoché allo stesso piano; il nome era stato dato in omaggio al generale Können Horack con sede a Vezzano, comandante generale della scacchiera operativa dal Monte Baldo all’Adamello allora del Trentino occidentale.

Inverno 1916/17. La val di Fumo vista dai Folletti.
Vezzano fu pure prescelto nel 1918 a sede del XX Corpo di armata austriaca del generale Josef von Roth.
Tuttavia il nome dell’intero presidio era quello di rifugio Carè Alto sostituito poi con quello di Handelhütte dal nome del saggio maggiore Handel, comandante del 170º dei Landsturm.
Negli ultimi mesi di guerra la forza del sottosettore si accrebbe di un secondo battaglione distribuito tra i vari presidi e soprattutto in riserva al rifugio; il presidio raggiunse così la trentina di baraccamenti per dare alloggio alla truppa addetta ai servizi generali per i magazzini, l’infermeria, l’ambulatorio, la disinfezione. Il tutto era fornito d’illuminazione elettrica prodotta da gruppi elettrogeni a benzina sistemati nelle stazioni motrici delle teleferiche.
Poco sotto il rifugio fu inoltre costruita l’intima cappelletta in legno, dedicata alla Madonna di Lourdes e consacrata il 17 luglio 1917; come dice l’iscrizione essa fu eretta a ricordo di coloro che hanno servito la patria coi beni e col sangue con evidente riferimento ai morti sul Cavento del mese prima nella caduta di quel presidio.
Nello stesso periodo di depressione per la perdita del Cavento, fu predisposto qualche elemento di trincea arretrata all’interno della val di Borzago; al Passo di Valsorda, alla Mandra dei Oss, al ponte dei Zucal e al lato sinistro della cascata di Niscli. Pur essendo in atto un’organizzazione tecnica di cantieri assai efficiente, fu trascurata, a tutto scapito della futura attiv...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Premessa
- Premessa dell’ing. Ongari
- L’autore del diario
- Diario del Comandante sul Cavento
- Note di commento
- Bibliografia
- Indice