Il vincitore non ha scelta
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Il vincitore non ha scelta

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Il vincitore non ha scelta

Informazioni su questo libro

Un libro non convenzionale, un'esperienza reale dell'autore, che attraverso questa, descrive gli elementi per avere o non avere successo, fruibili fin da subito. Un viaggio psicologico, oltre ogni alibi, che mette a nudo le trappole e come non cadervi. Un libro dove ritrovarsi, dove ritrovare motivazioni e forza quando occorrono. Una prospettiva diversa da cui guardare le cose e prendere coscienza di automatismi e resistenze personali. Da leggere con molta calma e senza fretta. Nasciamo con attitudini diverse, questo è un manuale per chi, in qualche modo, è nato leader, per chi si ritrova, spesso, ad affrontare grandi difficoltà e sfide impegnative.

Domande frequenti

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Informazioni

Cap. XXI
Coesione
Questa immagine, non mi piace. Allora perché la utilizzo? Perché ho imparato, che si può, che si deve utilizzare ciò che abbiamo a disposizione.
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Possiamo utilizzare ogni cosa, anche quelle negative, possiamo renderle funzionali allo scopo.
Ho imparato, che è facile farsi ingannare da un apparente immagine bella. Bella agli occhi, ma come un pugno per lo stomaco! Come quella che utilizzo per il XXI capitolo, l'ultimo!
Ho aspettato molto, prima di scrivere questo capitolo. Non ho mai in mente cosa scriverò, cosa verrà fuori, ma, ad un certo punto, in un certo momento, come luce che rompe il buio....pafffffff. Ecco un altro tratto....Vedo più lontano. E' bello! La mia mente non capisce, è sempre in ritardo.... Non so come fare con lei, la scopro sempre lenta! Faccio cose, agisco, poi la mente e non sempre, capisce!
.....
.....
Questo è uno dei miei soci, un mio amico...
"Itri, provincia di Latina, febbraio 1981. Concorso esercito-scuola di corsa campestre. Fase regionale.
“I partecipanti alla gara dei 3000m allievi si preparino per la partenza. Prepararsi per la partenza, grazie!”
“Ci siamo, un bel respiro, ecco! Mmmmmmm, pppppppfffff. Devo partire subito forte, prima della strettoia devo essere fra i primi. Occhio ai fondani, lavorano molto di gomiti… Le scarpette le ho allacciate. No, non ho fatto il doppio nodo… Che scemo che sono! Ecco fatto… Ancora due zollette… Brrrr… Fa un freddo cane, ancora per poco pero’… Stavolta non posso fallire… Non sara’ come a Poggio Mirteto…”
Neanche il tempo di finire quell’ultimo pensiero e lo starter sparò, un colpo secco che squarciò il fitto brusio di atleti e accompagnatori come una lama che lacera un raso leggero, in un gesto solo, lieve ed implacabile al tempo stesso.
“Partiti! Vediamo prendere subito la testa della corsa i tre atleti di casa, si tratta di Iannacone, Sepe e Berardi, seguiti a ruota dal reatino Puggioni e dal latinense Braschi, che gareggia con una vistosa fasciatura alla coscia destra. Più indietro i romani Lupatelli e Proietti, quindi il nettunese Moracci e poi il gruppo…”
“Stanno imponendo un ritmo esagerato, devo andare leggero, usare le caviglie finche’ si puo’… Passo agile e non troppo lungo, in salita accorcero’ ancora…”
“Dài Arturo, dài, tieni il treno dei primi! Dài! Giù con quelle braccia, rilassale! Lavora di caviglie, dài. Rompi subito il fiato e non perdere terrenooooo. Dààààààiiiiiiiiiiii!”
Alla prima curva l’attacco proditorio non si era fatto attendere. Profittando del radicale cambio di direzione imposto dal gomito del percorso, e del conseguente calo di ritmo, il padre di Arturo sventagliò una prima raffica di consigli, che a malapena poterono essere percepiti, in quel frastuono di voci, urla, gemiti, imprecazioni, respiri affannati e convulsioni. Ad Arturo, tuttavia, bastò udire quella voce per sentir correre lungo la schiena e giù, giù per le gambe, fino ai polpacci, fino alle caviglie, il brivido dell’adrenalina che fluisce rapida e bruciante, come una scarica da 220 volt.
“Berardi e’ in crisi, lo posso riprendere, ma i polmoni mi scoppiano, sento il sapore del sangue in bocca e le gambe cominciano a farsi dure… Temo il prossimo strappo in salita… Ci siamo, devo accorciare il passo e aumentare le frequenze….Ahhhhhh. Cristo ci mancava anche la milza. Dio che male… Dietro ho trenta metri… Ma devo guardare avanti, avanti, sempre avanti, dopo il ponte attacco!”
“Vai Arturo, sei quarto al primo giro, vai, ancora due chilometri alla fine! Vai adesso che il podio è a 20 metri. Vaiiiiii!”
Anche la madre ora, anche lei ci si metteva. Con i suoi incitamenti appassionati, ma anche con le sue ingenue quanto velleitarie aspettative, con il desiderio di vedere quel figlio, su cui tante speranze si riponevano, essere finalmente all’altezza del padre, che ai suoi tempi era stato, fra le tante altre cose, campione nazionale di cross.
La maglia ormai era zuppa di sudore e fradicia dell’acqua che scendeva pesante e scura, lorda del fango che ricopriva quasi interamente quelle figure, per certi versi epiche, di giovani in lotta, prima che contro gli altri, contro la sofferenza, la paura, il timore di vincere e di perdere insieme, di non essere uomini, di non riuscire a diventarlo mai.
La corsa campestre, con i suoi saliscendi, le asperità spesso improvvise e impreviste, le insidie nascoste in un ciuffo d’erba scivoloso, in una pozzanghera profonda più dell’ipotizzato, in un tronco instabile e infido, i trabocchetti più impensati, da sempre è la metafora migliore della vita, il banco di prova simbolicamente più aderente a quel percorso accidentato che è l’esistenza di ogni uomo, a prescindere da qualsiasi circostanza di tempo e di luogo.
Ed Arturo era fiero di ripercorrere, sia pure con minor successo, i passi del padre, perché la scelta di praticare quella disciplina così faticosa ed umile era, paradossalmente, un atto nobile ed eroico al tempo stesso, che ne rimarcava la profonda diversità con la maggior parte dei suoi coetanei, omologati nell’inseguire il successo sportivo correndo dietro ad un pallone e ai facili sogni di ricchezza che, il più delle volte, finivano poi per rotolare via con altrettanta facilità.
Per carità, l’album Panini dei calciatori l’aveva fatto anche lui e tifava, eccome se tifava! Per “la maggica”, che era più di una passione sportiva, era una fede! Ereditata, anche quella, dal genitore, come un lascito morale, un valore da tramandare alla discendenza, un fuoco sacro da non far spegnere mai. Ma il calcio, anche quando tinto di giallo e di rosso, era e rimaneva un gioco.
Lo sport era un’altra cosa! Il ciclismo, il nuoto, la lotta, la ginnastica potevano essere considerati sport, e soprattutto l’atletica, la corsa in particolare, il mezzofondo, per essere ancora più esclusivi. Già, anche Celentano, in un toccante brano dedicato da un padre al proprio figlio, aveva cantato: “… non pretendo che, tu diventi un re, o un campione sul miglio…”
Il miglio… Distanza classica del mezzofondo…. Ma neanche un miglio separava ora il battistrada dal filo di lana. Il percorso, molto selettivo, aveva già prodotto le sue vittime, una quindicina di ritiri, e sgranato adeguatamente il plotone che, inizialmente compatto, sempre più sfilacciato arrancava ora all’ inseguimento dei primi.
Nel frattempo, la pioggia era aumentata d’intensità, diventando pesante quasi quanto grandine, e la cosa rendeva ancora più arduo l’incedere degli atleti, ormai alle battute finali di quella masochistica prova di forza. Il fango, alto almeno trenta centimetri, risucchiava come una ventosa le scarpe chiodate, impotenti in quel frangente nel garantire una presa efficace sul terreno. Non di meno, quei chiodi riuscivano, non sempre involontariamente, a lasciare sugli stinchi degli avversari segni profondi, devastanti quasi quanto quelli del carro greco di Messala, e Arturo stesso era, negli arti inferiori, una maschera di sangue che, in rivoli, scendeva lungo i polpacci, mescolandosi al limo che li ricopriva ormai quasi per intero.
“Ci siamo, devo affondare ora! Sepe e’ imprendibile…e forse anche l’altro. Ma Puggioni puo’ essere mio… Devo tentare ora… Magari se gli passo davanti si spegne… o forse reagisce e mi succhia la ruota. No, se voglio il podio meglio che lancio la volata ai 300 metri… Intanto lo aggancio. Sta mollando… Si gira! E’ mio… lo tengo… Dio la milza… Mmmmm… che male! Ho le mani congelate, ma non devo mollare. Dai… ricordati tutti quei pesi sollevati… e le ripetute in salita… Quante volte hai vomitato in allenamento? E per cosa? Per arrivare quarto? Per arrivare quarto? Per arrivare quarto? Non posso fallire ancora… Sta mollando, Puggioni e’ cotto… Lo tengo… Si’, ci sono… Preso!”
“Dài tienilo adesso! Non lasciarlo andare! Affonda! Anzi stagli dietro! Fatti lanciare lo sprint. No, passalo adesso, dài sulla discesa. Vaiiiiiiiiiii!”
Come il più implacabile dei predatori, il padre di Arturo era calato nuovamente sulla scena nel momento della verità, quando soltanto l’istinto omicida del guerriero può darti la forza per sferrare l’ultimo attacco, quello che non si porta avanti né con la testa né con le gambe, quello che fa la differenza fra lo sportivo e l’atleta, fra chi partecipa e chi compete.
Era lì, il podio era lì. A duecento maledettissimi metri dal traguardo il podio era lì. E fra lui e quella medaglia un ragazzone di un metro e ottanta, fin troppo massiccio per poter essere ancora a lungo un buon mezzofondista.
Un cristo con due spalle da lottatore e l’incedere caracollante, ma ancora efficace. Il collo taurino e le gambe tozze del calciatore, il ginocchio persino leggermente varo, i polpacci massicci come quelli di certe ragazze altoatesine, dagli occhi di cristallo e dai fianchi di quercia. Puggioni era lì e, a dispetto di quel fisico così poco adatto per quella prova, non cedeva di un millimetro al più leggero Arturo che, sul rettilineo finale, stava provando ad infilarlo.
Sullo sfondo di quel corridoio, che in quel momento pareva più che altro un tunnel infinito, si stagliava lo striscione bianco e arancio che annunciava l’arrivo, tutto intorno due ali di folla a gridare, a sbracciarsi, ad applaudire e,...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Diritto d'autore
  4. Indice
  5. Note sull’autore
  6. Prefazione
  7. Un sogno cap. XII
  8. L’entusiasmo cap.VIII
  9. La sfida cap.VII
  10. Bisogna mettersi in viaggio cap.XVII
  11. Il coraggio cap.IV
  12. Guardare lontano cap.V
  13. Voglia di vincere cap.II
  14. La passione cap.IX
  15. A volte ci vuole una moto cap.VI
  16. L’ardimento ed il piacere cap.X
  17. Un porto sicuro cap.I
  18. Ricordare che il tempo e’amico cap.XV
  19. Non conta da dove parti cap.XIII
  20. Riposati cap.III
  21. Amore cap.XI
  22. Persone su cui puoi contare cap.XVIII
  23. Perspicacia e compagni di viaggio cap.XIV
  24. Libero divertimento cap.XVI
  25. La tecnica cap.XIX
  26. Pazzia e condivisione cap.XX
  27. Coesione cap.XXI
  28. Postfazione