La Mèrica
Di poi, passaru l'autri cchiu di trenta:
li picciotti sciamaru comu l'api;
Mi parsi ca lu scuru ad uno ad uno
si l'avissi agghiuttutu, e ca lu ventu,
'ntra dda negghia tirrana 'mpiccicusa
l'avissi straminatu pri lu munnu.
Lu scuru li tirava, una centona,
un ciarmulizzu, e nomi, e vuci, e chianti:
unu cantava cu tuttu lu ciatu
ma c'era tanta rabbia 'tra dda vuci
la dispirazioni e lu duluri
paria mmalidicissi e celu e terra.
VITO MERCADANTE, Focu di Mungibeddu
Mariano lo disse la sera di San Michele tornando da Baronia col vecchio padre. Catena, che allattava il bimbo, si fece pallida come una morta, e rispose:
— Ci son riusciti, i birbanti, a ficcartelo in testa! Ma se proprio ci vuoi andare pensa ch'io non mi son maritata per restar né vedova né ragazza dopo un anno di matrimonio!
Mariano buttò la vanga in un canto rabbiosamente, bestemmiando; Catena, con le labbra pallide, scrollava la testa ripetendo:
— Ci vengo. O ci vengo o mi butto dal Castello.
Mamma Vita, risalendo dalla stalla, li trovò a leticare. Quando si bisticciavano essa non parlava mai, per prudenza; ma come li vide accesi e sentì nominar l'America, le parve che le attanagliassero il cuore e mormorò:
— Figlio, che stai dicendo?
Era curva sull'uscio, nera e piccina, con una manciata di fieno nel grembiule sollevato, e Mariano a vedersi guardato da quegli occhi chiari sgomenti, si chetò e disse:
— Faccio quel che fanno tutti nell'Amarelli. E costei mi sta martoriando col suo lagno. Vedi se è possibile che una come Catena debba partire.
Mamma Vita restava immobile come se non capisse; poi si piegò sulla cassapanca coprendosi la faccia tra le mani. Catena, col bimbo addormentato sulle ginocchia, guardava, senza vedere, davanti a sé co' grandi occhi neri appassionati e dolorosi. Poi salì anche il vecchio; egli sapeva la trista decisione del figlio e andò a mettersi sulla scala senza parlare.
Tutti partivano, nel quartiere dell'Amarelli; non c'era casa che non piangesse. Pareva la guerra; e come quando c'è la guerra, le mogli restavan senza marito e le mamme senza figlioli.
La gna' Maria, quella vecchia dalla testa bianca e arruffata come una conocchia, gridava davanti all'uscio la sua pena senza curarsi che la sentissero, gridava i nomi de' suoi due figlioli maledicendo l'America con tutta l'anima, con le mani alzate. La Varvarissa restava giovane giovane senza marito con una creatura al petto; e poi partiva il figlio unico di mastro Antonino, e Ciccio Spiga, e il marito di Maruzza la biondina… Chi poteva contarli? Partivan tutti e nelle case in lutto le donne restavano a piangere. Pure ognuno possedeva un pezzo di terra, una quota, la casa, pure ognuno partiva. E i meglio giovani del paese andavano a lavorare in quella terra incantata che se li tirava come una mala femmina.
Ora anche Mariano. E Mariano aveva un poderetto che dava pane e olio, un poderetto zappato e lavorato come un giardino, e la moglie giovane, bellina, dolce come il miele. Quel che avevano fatto per trattenerlo, per levargli il pensiero della Mèrica, non si rammentava più.
Aveva voluto il mulo e ssù 'Nntoni glie l'aveva comprato; mamma Vita gli aveva cucito un altro vestito di velluto e Catena non aveva saputo che dirgli per tenerselo legato.
Ma l'America, diceva la gna' Maria, è un tarlo che rode, una malattia che s'attacca; come viene il tempo che uno si deve comprare la valigia, non c'è niente che lo tenga.
In quella grigia serata di San Michele, i vecchi pensarono che questo tempo era venuto anche per Mariano.
Ma Catena con gli occhi fissi davanti a sé non si voleva persuadere a restar sola; con la piccola faccia olivastra abbuiata di passione e di paura, pensava di seguire il marito. Pensava: e pareva che il pensiero fosse una ferita, fosse una febbre, tanto le dolevano le tempie e il cuore.
Dopo quella brutta serata, gli altri giorni ancora seguitò a dire, implorando con gli occhi e minacciando con la voce:
— Ci vengo. Se parti, parto anch'io. O mi butto dal Castello. Mamma Vita non seppe darle torto:
— È giusto, è giusto… – ripeteva con voce rassegnata.
— Ma il bambino! – gridava Mariano indispettendosi d'essere contrariato anche dalla madre.
Il bambino! Era vero. Si poteva uccidere un piccino con un viaggio tanto lungo?
— Oh! – implorava Catena. – Non sono mamma io? Lo terrò nel mio scialle, lo terrò sul petto come un uccellino nel nido. Non ci pensate.
Tristi giorni! Marito e moglie non fecero che bisticciarsi. Ma poi vinse Catena, e quando Mariano comprò la valigia a mantice e cominciò a prepararsi le sue robe, Catena tremante ma decisa ordinò le proprie e quelle del piccino.
C'era nel suo viso un pallore di bimba spaurita. Spiava tutto e tutti, continuamente in palpito che all'ultimo momento qualche cosa impreveduta, un tradimento di Mariano, la facesse restare. E nella valigia confondeva furiosamente la biancheria sua con quella del marito per stabilire da vero la propria partenza.
Solo la sera che le valigie furono pronte e Mariano le mostrò i due biglietti, si rasserenò e gli occhi le tornarono dolci e ridenti come sempre.
Allora solo cominciò a sentir la pena della partenza e le parve mill'anni che ne venisse l'ora per levarsi dalla casetta dove era stata felice un anno – dopo i maltrattamenti subiti in casa del patrigno e della sorellastra – per levarsi dalle lacrime della gna' Vita, che le aveva fatto da mamma, e dal dolore muto e profondo di papà 'Ntoni.
Quando furon partiti, ssù 'Ntoni tornò al podere: la terra non si può abbandonare. Mamma Vita l'aiutò – come al solito – a incavezzar l'asino, e gli dette un pane. – Io non vengo – aggiunse. – È come se m'avessero dato un carico di legnate. Rientrò curva nella casetta, e chiuse uscio e finestra come quando c'è lutto. – Che farò d'ora innanzi? – pensava guardandosi intorno – avevo due mosche e mi son volate via.
A che serviva lavorar la terra? A che serviva filare il lino e tesser la tela, d'ora innanzi? Si figurò mestamente il vecchio 'Ntoni che, solo e afflitto, seminava il buon frumento d'oro lassù a Baronia, nella bella terra solatia che il figlio aveva male apprezzata. E rivide la scena della sera innanzi; eran partiti a mezzanotte; non c'era luna e a pena si scorgevano i due carretti pronti, nello stradone, già occupati dagli altri emigranti; i carretti pieni che s'erano allontanati nella notte buia, col canto dei giovani e il tintinnio delle bubbole.
— Poveri figlioli! – sospirò forte col cuore stretto.
Ssù 'Ntoni la sera, scavezzando l'asino, ripeté:
–Vita, la terra vuole braccia, e io che son vecchio non basto.
— Sì – rispose la gna' Vita – ma io voglio aspettare la lettera. Come posso pensare al podere, mentre non so neanche se quelle creature sono in viaggio?
Il cuore glie lo diceva; di fatti la lettera da Palermo le portò una strana notizia inaspettata.
La lesse il postino; e lei la tenne a lungo fra le mani – fra le povere mani ignoranti, brune e rugose di fatica e di vecchiezza – guardando le poche righe nere e contorte come avesse potuto capirne il senso.
— Al peggio non c'è fine – disse tristamente al marito la sera. – Quel figlio bello come una bandiera parte e la moglie torna!
Addio sementa, addio podere! Con le mani e i piedi legati, non poteva più neanche seguire il vecchio, lassù a Baronia che aveva bisogno di braccia. Che farsene d'una giovane e d'un piccino?
Catena tornò di sera, in diligenza; gialla, spettinata, con le labbra pallide e gli occhi lustri, pareva malata, pareva avesse la febbre.
Posò il bimbo sul letto e si lasciò cadere sulla cassapanca con le braccia sulle ginocchia sconsolatamente.
Mamma Vita prese fra le braccia il bimbo che piangeva, per chetarlo; e nel sentirselo di nuovo sul petto provò una dolcezza grande come se con quella piccola creatura fosse tornato qualche cosa di Mariano.
— Ma com'è andata, Catena? – le chiese.
La nuora taceva.
— E gli altri, Catena? La nuora taceva. Il bimbo pianse più forte per la fame.
— Dammelo – disse bruscamente la giovane.
— No. Hai il latte cattivo, in questo momento. Ti par che non ti capisca, io?
La voce piana e tremante della vecchia le scese nel cuore, e Catena cominciò a piangere e a raccontare confusamente, calmandosi a poco a poco per il benefico sfogo.
Era stata una giornata d'inferno. Erano in venticinque, con quella demonia della sorellastra. E tutti per le vie, per le vie grandi della città; storditi dal chiasso, accecati dalla polvere e stanchi, specialmente stanchi, da buttarsi a dormire per terra, e tutti uniti e sbigottiti come anime del Purgatorio, come non avessero anche loro, in paese, una casa propria; scansando carrozze con cavalli, e carrozze senza cavalli che arrotano un cristiano come niente, rimandati dal piroscafo, rimandati dal medico che doveva visitarli. Finalmente li avevano esaminati, a uno a uno. Lei era stata l'ultima ed era andata così sicura dopo che ognuno era stato accettato!
— E poi… Capisci? – gridò – dopo la vergogna di farti vedere da quel medico forestiero, sentirti dire che hai gli occhi malati! Io! Gli occhi miei che sono stati l'invidia di tutti!…
Parlava a tratti, senza finir le parole rotte dai singhiozzi che le straziavano il petto.
— Non ho pianto, lì. No. Ti ho scritto. Non ho alcuno, io. Non madre, non fratelli, nessuno. Li ho visti salire sul vapore, tutti, a uno a uno. Anche quell'altra, capisci! che mi rideva sul viso salutandomi!
E Mariano!? Neanche una parola buona, una sola parola d'incoraggiamento! Aveva pensato a farle il biglietto di ritorno, oh quello sì! Di modo che a pena partito il vapore, uno della stazione l'aveva accompagnata sino al treno.
— E la roba?
La roba! Come si vedeva che mamma Vita non aveva idea di quel che fosse una città! Chi poteva aprir la valigia e cercar la roba in quell'inferno?
Mostrò alla suocera una ricetta. Glie l'aveva fatta il medico. Bisognava mettere, ogni mattina, poche gocce del rimedio ordinato, sugli occhi; poteva medicarli un farmacista, una persona pratica qualunque.
— M'ha assicurato che dopo un mese di cura sarò guarita.
— Hai veduto? – esclamò la vecchia dondolando il piccino per tenerlo buono – non è poi finito il mondo…
Catena crollò la testa. E il tempo che sarebbe passato tra la cura e il viaggio? E quelli, laggiù? quella demonia di Rosa che s'era tirato Mariano con un fil di seta, che gli aveva messo in mente il pensiero della Mèrica? Davanti agli occhi le apparì la figura flessuosa della sorellastra, il bel corpo dalla vita sottile e dal petto procace, il viso olivigno dalle la...