Il Neoclassicismo – Architettura, pittura e scultura
eBook - ePub

Il Neoclassicismo – Architettura, pittura e scultura

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il Neoclassicismo – Architettura, pittura e scultura

Informazioni su questo libro

Descrizione Indice dei Contenuti Il neoclassicismo Il neoclassicismo nella pittura italiana - Genesi del neoclassico. Il neoclassicismo romano Il rinnovamento pittorico lombardo L'aulica composizione toscana Venezia o il sapore del Settecento Il neoclassicismo nell'Italia meridionale e in Sicilia Il paesaggio nell'estetica neoclassica Costruire secondo i criteri della morale Architettura pubblica Thomas Jefferson e l'Architettura degli USA Fioritura del classicismo nella Germania della Restaurazione Due possibilità di sviluppo Aspirazioni classiciste nel Lazio L'architettura neoclassica a Roma Illustrazioni

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il Neoclassicismo – Architettura, pittura e scultura di Autori Vari in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Arte e Storia dell'arte. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2016
eBook ISBN
9788892636057
Argomento
Arte
L'architettura neoclassica a Roma
Morto tragicamente il Winckelmann a Trieste giugno del 1768, il 30 dello stesso mese veniva sostituito nella carica di Commissario e Soprintendente alle Antichità di Roma da Giovan Battista Visconti, padre di Filippo Aurelio e del grande Ennio Quirino. Il. Visconti rimase in carica fino alla morte, avvenuta nell'anno 1784 e durante la sua direzione vennero intrapresi quei lavori nei Musei Vaticani e nel Museo Pio Clementino, che dovevano trasformarli, col progredire del tempo, nei caratteristici ambienti di schietta impronta neoclassica che oggi vediamo.
Le prime opere vennero condotte da Alessandro Dori nell'antico Casino di Innocenzo VIII e propriamente nella Galleria contigua ove sono archeggiature attenuate, nella loro impronta genericamente classicista, da grevi panneggi in stucco dipinto, di gusto ancora berniniano, quali già aveva fatto il Raggi. L'opera iniziata nel gennaio del 1771, un anno dopo, alla morte del Dori (gennaio 1772) non era ancora terminata. In suo luogo venne allora nominato architetto camerale Michelangelo Simonetti romano (1724-1781). Questi portò avanti l'impresa ed a lui si deve anche l'esecranda distruzione della cappella decorata egli affreschi di Andrea Mantegna situata appunto nel Casino di Innocenzo VIII, e propriamente, nel luogo della Galleria delle Statue e dei Busti, in corrispondenza dell'ingresso alla Sala degli Animali. Michelangelo Simonetti, che, dal 5 marzo 1769, era stato nominato accademico tra "I Virtuosi" del Pantheon, doveva essere persona poco in vista nell'ambiente romano se di lui non si ha notizia prima che gli venisse conferito quel non troppo importante lauro accademico, né a lui possono essere assegnati altri lavori prima di quelli cui dette inizio nel '72 in Vaticano. Tuttavia dovette riscuotere a pieno la fiducia del Visconti, ai cui precisati gusti archeologici deve forse attribuirsi, più ancora che alla specifica cultura del Simonetti stesso, il carattere delle nuove architetture vaticane. Infatti quando questi dovette proseguire i lavori del Dori nel Cortile ottagono e negli ambienti della Galleria, dopo la distruzione degli affreschi del Mantegna, non si allontanò dal più tradizionalista conformismo. Lo si riconosce facilmente nel Cortile Compiuto nel 1773 come si legge nell'iscrizione in onore di Papa Clemente XIV. Poi dovette trascorrere qualche tempo in progetti e discussioni per proseguire i lavori. Chi conosca la ponderatezza avveduta e la calma meditata - la si dice prudenza - con la quale si conducono le cose negli ambienti vaticani, comprenderà facilmente come si dovesse ancora attendere un paio d'anni ed arrivare al 1776, perché il Simonetti potesse intraprendere altri lavori importanti nei Musei. Senza dire che, morto il 22 settembre del 1774 Clemente XIV, si attese fino al 15 febbraio del 1775 perché venisse eletto papa il cardinale Giovan Angelo Braschi, che assunse il nome di Pio VI. Pio W è il papa imprigionato da Napoleone e morto in esilio a Valenza il 20 agosto del 1799. Un papa che indubbiamente non ebbe via facile durante gli anni del suo lungo pontificato e che t tavia, nonostante le traversie politiche, seppe testimoniare il vero amore per le cose dell'arte lasciando intendere di essere orientato verso le più moderne correnti del gusto. Il Winckelmann aveva studiato, catalogato e valorizzato le sculture delle raccolte papali; il Visconti le ordinò nel nucleo essenziale del Museo detto Pio Clementino, nella maniera allora mirabile che ancora oggi vediamo. Al tempo suo venne costruito quel blocco di edifici che collegano il Casino d'Innocenzo VIII e l'emiciclo del nicchione bramantesco ai portici dell'antico giardino del Belvedere che, quando furono chiusi, presero il nome di Museo Chiaramonti, di Galleria dei Candelabri e di Galleria degli Arazzi.
Nel nucleo di edifici costruiti al tempo in cui era Commissario dei Musei il Visconti, Michelangelo Simonetti oltre le opere già ricordate, costruì la Sala delle Muse, ottagonale, coperta da una gran cupola; la Sala Rotonda, coperta anch'essa da cupola; la Sala a Croce Greca; la scala d'accesso ai Musei, mentre collaborava con lui Pietro Camporese il Vecchio, romano (1726-1781).
Il Simonetti ed il Camporese, quasi coetanei (il Simonetti era di due anni più anziano), dovettero lavorare nel periodo più avanzato della loro attività, contemporaneamente, e con una certa unità d'intenti derivante dall'unica direzione del Visconti. Questi indubbiamente partiva dal concetto che era necessario esporre le opere d'arte in ambienti architettonici intonati al gusto del tempo in cui le opere d'arte stesse erano state create, e quindi chiese che venissero progettate delle sale ove rivivesse uno schietto carattere classico ispirato direttamente ad esemplari antichi. Gli ambienti della Domus Aurea neroniana, quelli delle Terme di Caracalla, ma più ancora alcuni della Villa Adriana sotto Tivoli, le tombe della Via Appia e della Via Latina, furono i modelli donde trasse ispirazione il Simonetti, mentre è caratteristico il suo gusto per la costruzione in mattoni. Chi sa con quale trascuratezza, con quale indifferenza per la solidità delle strutture, si costruisse durante il XVIII secolo, quando vennero elevati edifici quasi senza fondazioni, ed innalzate muraglie a sacco ove ogni sorta di materiali è tenuta insieme da pessima malta, rimarrà sorpreso nel vedere la bellezza delle cortine "a vista" di mattoni perfetti di taglio e cottura, uniformi di colore e di grana, posti i opera in questi edifici. Un gusto per la perfezione tecniche denota un'osservazione attenta dei monumenti antichi e un deliberato proposito di imitarli anche nella tecnica della loro costruzione, quale poteva essere suggerito proprio dagli scritti del Winkelmann. Dirò anche di più: la maggiore bellezza di queste costruzioni verrà riconosciuta da tutti coloro che non antepongono l'interesse per gli schemi astratti delle piante, o per il vario ed il pittoresco disporsi delle masse, in armonia coi giochi d'ombra e luci, proprio nella facoltà che era del Simonetti (ma l'aveva anche il Camporese) di fare vera architettura con certe immense lisce pareti di mattoni sottilmente riquadrate da orlature di delicato rilievo, di cui, si può dire da oltre un secolo s'era perduto il gusto e la scienza.
Il Simonetti, di cui non possiamo indicare altre opere oltre quelle vaticane, è indubbiamente un architetto che possiede un senso veramente grandioso dello spazio, delle masse nettamente delimitate, dell'equilibrio dei rapporti, nello stesso variare delle solenni prospettive che corrono dalla Galleria dei Candelabri allo Scalone, e quindi alla Sala a Croce Greca, alla Sala Rotonda - non esemplata sul Pantheon, come spesso s'è ripetuto ma, se mai, sul nucleo centrale del cosiddetto Tempio di Minerva Medica - alla Sala delle Muse; il gusto cioè, per un'architettura da lui autorevolissimamente impostata e risolta, con un sentimento che denota il pieno possesso delle forme degli antichi.
Giunti a questo punto, se dovessimo seguire una storia cronologicamente e topograficamente ordinata, dovremmo dire di Pasquale Belli, scolaro e assistente negli ultimi lavori di Pietro Camporese, e quindi di Giulio Camporese che proseguì in Vaticano le imprese del Simonetti. Ma rappresentando questi architetti, in alcune delle loro opere, nuovi orientamenti della cultura architettonica romana è meglio ricordare prima l'attività di altri, alcuni anche più giovani, ma più fedeli alle idealità neoclassiche. Tra questi Antonio Asprucci (1723-1808) scolaro di Nicola Salvi, che dopo aver lavorato per il Duca di Bracciano, e costruita una casa di campagna per Marcantonio Borghese presso Pratica di Mare, si mise al passo della moda erudita quando fu chiamato (1782) a dare nuova disposizione alle decorazioni interne delle Sale del Casino nella Villa Borghese.
L'Asprucci, la cui presenza è evidente soprattutto nelle stanze a terreno che hanno le pareti adorne di antiche statue e busti e vasi, creò il proprio capolavoro nella " Galleria " del Casino.
Qui le pareti, decorate da bassorilievi in stucco, sono divise da lesene d'alabastro con capitelli di metallo dorato e rese più preziose da "cammei" di marmo bianco su fondi di mosaico turchino. Bellissimi sono anche il pavimento di marmi policromi e gli spartimenti della volta adorna delle pitture di G. B. Marchetti e di Domenico De Angelis, mentre gli ornamenti a mosaico delle pareti maggiori sono dovuti a Cesare Agnatti, i "cammei" marmorei a Pietro Rudiez, ed i rilievi a stucco ad Agostino Penna, a Vincenzo Pacetti, Tommaso Righi, Francesco Carradori, Massimiliano Laboureur ed a Luigi Salimeni. Uno strano compromesso, quest'ambiente del Casino Borghese, tra sto settecentesco e compostezza neoclassica. Caratteri simili si riscontrano nel Gabinetto delle Maschere in Vaticano presso la Galleria delle Statue, e in quello dei Busti, forse da attribuire allo stesso Antonio Asprucci.
All'Asprucci va anche, assegnato l'elegantissimo tempietto di Esculapio a specchio del lago nel giardino segreto della villa, il finto rudere dell'altro dedicato ad Antonino e Faustina, nonché la chiesetta preceduta da un portico d'ordine dorico che sorge, sempre nella villa, tra la piazza di Siena ed il tempio di Diana. Un'opera quest'ultima di Mario Asprucci (1764-1804), figlio di Antonio, mentre a Domenico Fagioli dobbiamo la Casina dell'Orologio (1791-1799) che, dominata da una torre quadra sormontata da un tempietto circolare, fa riscontro sull'opposto lato maggiore della Piazza di Siena alla chiesetta di Antonio Asprucci. Rammentati questi eruditi architetti, cui un poco più tardi si aggiungerà il Canina, il quale fu intento alla costruzione, nel 1918, di due propilei in stile ionico posti all'entrata del parco, converrà tornare verso il Vaticano per incontrarvi Giuseppe Camporese e Raffaele Stern (1771-1820) figlio di quel Giovanni Stern già rammentato.
E, per sgomberare finalmente il campo dai neoclassici puri, diremo prima di quest'ultimo sebbene egli fosse di qualche anno più giovane del Camporese e la sua attività in Vaticano si svolgesse qualche anno dopo quella di lui. Raffaele Stern dunque, dopo aver svolto in qualità di architetto camerale opera soprattutto di ingegnere e di restauratore, nel 1817 riceveva l'incarico di proseguire i lavori per la sistemazione dei Musei Vaticani, e iniziava la costruzione di quel braccio nuovo del Museo Chiaramonti, uno dei più solenni e meglio armonizzati ambienti neoclassici romani. L'ampiezza solenne delle arcate sorrette da colonne, la misurata cadenza delle nicchie incavate ad ospitare le sculture, e la bella curvatura delle volte cassettonate, infine l'ampio respiro della cupola mediana danno veramente il senso di trovarsi in un ambiente di romana classicità ove tuttavia il peso dell'erudizione archeologica non riesce a impedire i liberi voli della fantasia. E i rilievi a stacco di Massimiliano Laboureur s'inseriscono mirabilmente lungo le pareti con perfetta eleganza di linee e soprattutto con un gusto misuratissimo nelle proporzioni, e nella giustezza di rapporto con le antiche sculture, ospiti di quel solenne ambiente. Le altre opere sue, quali i restauri nel Colosseo e nell'Arco di Tito, proseguiti poi dal Valadier, e i lavori nell'abside di S. Pudenziana e nella Cappella Paolina al Quirinale, non sempre chiaramente delimitabili, servono al più a sottolineare le sue capacità di tecnico espertissimo. Ma prima che Raffaele Stern costruisse il braccio del Museo Chiaramonti, l'opera già iniziata dal Simonetti era stata portata avanti da Giuseppe Camporese (1763-1822) romano, figlio di Pietro, ed a lui, che fino al 1786 presiedeva ai lavori vaticani, va assegnato il caratteristico edificio quadrangolare già ingresso ai Musei.
Al piano terreno esso è formato dal cosiddetto "atrio dei quattro cancelli" e al piano superiore dalla Sala della Biga. Nell'insieme un edificio concepito e realizzato con senso unitario, studiato con attenta minuzia anche nei particolari, ove a prima vista si rivelano gli elementi della caratteristica cultura del suo autore. All'esterno il nucleo cilindrico posato sul doppio dado delle sottostanti strutture, richiama architetture classiche, dalle quali il Camporese giunge per suo conto al Vignola, mentre la tecnica del cotto mirabilmente lavorato nelle sagome e nelle cornici, ci riporta agli esempi forniti dalle tombe della Via Latina, e più direttamente alla giudiziosa solida tecnica del padre di lui, Pietro Camporese, e del Simonetti. All'interno dell'atrio invece, le soluzioni angolari sono simili a quelle attuate dal padre nell'atrio del Collegio Germanico in via della Scrofa, mentre nel piano superiore, dove la Sala rotonda della Biga ha quattro nicchie nelle pareti rivestite di marmi ed otto semicolonne con trabeazioni a sostegno delle volte, sono ancora evidenti i richiami ad esemplari classici, tradotti però con un linguaggio molto più freddo e compassato che non quello del Simonetti. Direi anzi che proprio in questa freddezza geometrizzante, in questo senso di una precisione meccanica ovunque realizzata nell'evidente ricerca di più o meno inutili simmetrie, appaiono già chiari i caratteri di quella gelida architettura ottocentesca che, negli ambienti chiesastici romani, verrà più tardi attuata, non senza grandiosità e con varia intonazione d'accenti, dai suoi continuatori. Tali caratteri tornano nelle altre opere di Giuseppe Camporese. Così nel Duomo di Genzano, veramente grandioso nella facciata intesa come una traduzione in accenti classicheggianti di uno schema cinquecentesco, nell'ampia unica navata coperta da volta a botte e nel transetto sormontato da un'ampia cupola priva di lanternino; cosi nelle opere condotte in quello di Nemi elegantissimo nei chiari rapporti spaziali; così nel rimaneggiamento dell'interno della chiesa di S. Maria in Monserrato, e nella costruzione della chiesa 'di Carbognano. Nelle quali architetture il suo timbro si riconosce in una limpida armonizzazione degli spazi e delle linee ed in una schietta stesura delle superfici; il tutto indubbiamente già in armonia con le idealità dei puristi che contemporaneamente interpretavano le forme classiche sulla falsariga del Palladio.
Così, Giuseppe Camporese, attivo con il fratello Giulio anche alla prosecuzione dei lavori del Duomo e del Seminario di Subiaco, iniziata dal padre loro, e dopo l'arrivo dei francesi a Roma, occupato in lavori di scavo e di restauro del Foro Traiano e del Foro Romano e nella costruzione di ponti e strade della campagna romana, ci appare, con Pasquale Belli e Giuseppe Valadier, tra le personalità più caratteristiche che sul finire del XVIII secolo tentano quella sorta di compromesso tra la tradizione accademica e le nuove mode neoclassiche e puriste che caratterizzerà l'architettura romana dell"800 fin oltre la metà del secolo.
Nell'anno 1820, come s'è detto, moriva Raffaele Stern non ancora cinquantenne: due anni dopo era la volta di Giuseppe Camporese di 61 anni. I due erano ancora giovanissimi quando già si erano conquistate posizioni ufficiali nell'ambiente vaticano: avevano tutti e due dalla loro l'essere figli d'architetti che già avevano lavorato per la Camera Apostolica, e questa circostanza, oltre agli indiscutibili meriti individuali, avrà senza dubbio influito sulle loro burocratiche fortune. Pasquale Belli di loro più anziano (era nato a Roma il 3 dicembre del 1752), aveva invece stentato a farsi largo. Anzi pur essendo stato allievo di Pietro Camporese il Vecchio, ed avendo lavorato in qualità di assistente nelle ultime imprese di quel maestro, quando s'era trattato di portare avanti le costruzioni dei Musei, s'era visto preferire, nonostante la minore età e certo la minore esperienza, prima Giulio Camporese ancora giovanissimo e suo discepolo, e quindi lo Stern. La prima notizia di suoi lavori si ha infatti quando il Belli è intento, in Assisi, alla sistemazione della cripta neoclassicheggiante della,
Basilica di S. Francesco. Deliberata subito dopo il ritrovamento della tomba del Santo avvenuto il 12 dicembre 1818 e poi distrutta nei recenti lavori guidati dal Tarchi. Morto però lo Stern nel 1820, è al Belli, vecchio ormai di 68 anni, che viene affidato l'incarico di proseguire i lavori .dei Museo Chiaramonti, ed è ancora a lui che, dopo l'incendio del 1823, viene affidato l'incarico veramente importantissimo di realizzare i piani per la ricostruzione della Basilica di S. Paolo fuori le Mura. Ciò che egli fece con quella poca discrezione per i resti dell'antico edificio che ancora oggi lamentiamo. Abbatté egli infatti le cinque navate, che,...

Indice dei contenuti

  1. INDICE
  2. Il neoclassicismo
  3. II neoclassicismo nella pittura italiana - Genesi del neoclassico.
  4. Il neoclassicismo romano
  5. Il rinnovamento pittorico lombardo
  6. L'aulica composizione toscana
  7. Venezia o il sapore del Settecento
  8. Il neoclassicismo nell'Italia meridionale e in Sicilia
  9. Il paesaggio nell'estetica neoclassica
  10. Architettura Neoclassica - La democrazia subentra all'assolutismo
  11. Costruire secondo i criteri della morale
  12. Architettura pubblica
  13. Thomas Jefferson e l'Architettura degli USA
  14. Fioritura del classicismo nella Germania della Restaurazione
  15. Due possibilità di sviluppo
  16. Aspirazioni classiciste nel Lazio
  17. L'architettura neoclassica a Roma
  18. Illustrazioni