Il flagello della sinistra
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Il flagello della sinistra

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Il flagello della sinistra

Informazioni su questo libro

L'Autore ripercorre rapsodicamente il modo in cui, attraverso le sue metamorfosi, cambiando nome e parole d'ordine ma mantenendo le sue sedi, i suoi circoli, i suoi quadri e i suoi militanti, il comunismo italiano ha finalmente raggiunto l'obiettivo perseguito per oltre novanta anni: la conquista del potere. Si è impadronito del potere adottando la forma peggiore che si potesse immaginare, quella edulcorata, ipocrita, vacua che ha sostituito l'internazionalismo con la globalizzazione, il servilismo verso l'Unione sovietica con quello verso la finanza internazionale e imponendo sull'Italia, a tutti i livelli, una sorta di anoetocrazia, caricatura grottesca di un platonico governo dei migliori.

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Parte seconda
La sinistra al potere e l’attacco alla nazione
L’invasione atto finale dell’attacco all’Italia
Chi scrive non è un cacciatore di verità nascoste, non si appassiona alle teorie del complotto ma per non vedere quello che sta capitando all’Italia e il piano che ne decreta la distruzione bisogna essere completamente ciechi o conniventi. L’Italia è da tempo sotto attacco sotto il profilo economico, politico, culturale, linguistico, antropologico. Si rifletta solo sugli avvenimenti più clamorosi degli ultimi anni: la banditesca aggressione alla Libia orchestrata dal piccolo napoleone francopolacco in funzione scopertamente anti italiana, la decapitazione di Finmeccanica, la caduta di Berlusconi. Nessuno ha mai chiarito la storia di Rubi fermata per una fantomatica accusa di furto ai danni della sua ospite e amica; nessuno ha rivelato chi ha scoperto il giro di tangenti dietro le commesse dell’azienda italiana e ne ha informato i nostri magistrati. Si è parlato anche troppo di una magistratura politicizzata ma perché non ci si domanda da chi viene imbeccata?
Ma se quelli sono episodi, il flusso ininterrotto di cosiddetti migranti e il comportamento della marina militare che invece di difendere i confini svolge un servizio regolare di traghetto rendendosi complice di un’invasione che avrà conseguenze apocalittiche sono qualcosa di più e di peggio, sono l’attacco decisivo al nostro Paese. È infatti vero che la pressione migratoria sull’Occidente è un fenomeno pericoloso ma fisiologico, soprattutto se i provvedimenti per contenerla la mantengono entro limiti tollerabili e riescono comunque a filtrarla. La politica dissennata degli Stati Uniti e dei loro complici europei nel medio e vicino oriente ha però reso quella pressione esplosiva tanto che tutti i governi europei hanno avvertito la gravità della situazione e hanno preso misure più o meno drastiche per difendersi. Tutti tranne quello italiano. Altri hanno alzato muri e steso reticolati, hanno condannato a parole la chiusura delle frontiere ma hanno respinto i clandestini come hanno potuto, hanno promesso ospitalità temporanea ai profughi ma hanno preso accordi, molto costosi, con la Turchia, per impedire loro di partire. Gli inglesi per non essere invischiati nelle reticenze e nelle contraddizioni di Bruxelles e subirne i ricatti hanno lasciato la comunità europea. Per tutti, anche per la cancelliera tedesca improvvidamente sollecita per quelli che “fuggono dalla guerra” – come se la guerra la portassero gli alieni – la pressione migratoria è comunque un problema. Per tutti ma non per l’Italia. Per il governo italiano, per la sinistra, per le autorità ecclesiastiche l’invasione non esiste o, meglio, non va chiamata così: è accoglienza senza limiti, prima perché ce lo impongono l’Europa – e non è vero – e il trattato di Dublino – più sacro e inviolabile di un diktat divino -, poi perché gli italiani sono un popolo generoso e ospitale, poi perché è un obbligo morale, poi perché non possiamo far morire i migranti in mare, poi perché tanto non si fermano in Italia ma sono diretti verso il nord Europa, poi perché una volta chiarito che non sono profughi li rispediamo a casa e infine, dopo tanti balbettamenti e menzogne spudorate, la verità, spaventosa: perché più ne vengono meglio è e che non smettano mai di venire perché sono una risorsa, il nostro futuro, colmeranno il nostro crollo demografico, ci mescoleremo con loro. Che siano, nell’immediato, una risorsa è un fatto: lo sono sicuramente per le cooperative rosse, per la Caritas, per tutto il mondo ambiguo che orbita intorno a quello che è un affare colossale. Sono una risorsa, nell’immediato, anche per le finanze italiane, col governo che con una furbesca partita di giro prende dieci dall’Europa, che poi siamo sempre noi, spende tre e può truccare i propri bilanci. Ma fin qui è un’operazione furfantesca che fa, e soprattutto farà, pagare all’Italia un conto insostenibile nell’assistenza, nella sanità, nei servizi. Un’operazione furfantesca che è però solo l’aspetto marginale e contingente di quella verità devastante che governo, sinistra, chiesa cattolica evitano accuratamente di rivelare al popolo bue. Per fortuna a rompere loro le uova nel paniere e a mostrare il re nudo ci pensa qualcuno di loro meno avveduto o vittima di un delirio di onnipotenza. È successo anche durante la popolare trasmissione condotta da Belpietro su rete 4 quando un deputato di Scelta civica non particolarmente acuto ha candidamente confessato ciò che assolutamente gli italiani non debbono sapere: il piano per integrarli o sostituirli con gli africani. Questi riempirebbero un presunto vuoto demografico. In realtà il nostro paese è notoriamente sovrappopolato e se, per fortuna, la popolazione invecchia perché diventata più longeva, il rimedio per ringiovanirla non è quello di meticciarla ma di mettere in grado le famiglie italiane di sopportare i costi che comporta mettere al mondo figli. Nomadi e clandestini, come i popoli del terzo mondo, non si pongono il problema e su di loro le campagne condotte in tutto il secolo scorso per una procreazione responsabile e il controllo delle nascite non hanno avuto il minimo effetto. Se si vuole incoraggiare la ripresa demografica nel nostro Paese fino a raggiungere un punto di equilibrio fra nascite e morti basta introdurre o reintrodurre dei semplici provvedimenti, che vanno dalla gratuità degli asili nido, delle mense, dell’assistenza pediatrica al ripristino degli assegni familiari per tutti, se è vero che i figli sono, questi sì, una risorsa e una garanzia per il nostro futuro. Lo stesso ineffabile rappresentante del popolo – si fa per dire – ospite di quella trasmissione, volando più basso rispetto al meticciamento della nostra popolazione, aggiungeva spudoratamente che i migranti ci assicureranno le pensioni, fingendo di ignorare che abbiamo una disoccupazione giovanile al 40 per cento nonostante una scolarizzazione molto elevata ed è quindi quanto meno fantasioso che si possa dare lavoro a milioni di stranieri senz’arte né parte. Non si racconti più la barzelletta che ci sono lavori che gli italiani rifiutano, quando per un posto di spazzino o, se si vuole, operatore ecologico, oltre alla tessera del partito sono indispensabili parentele strette o commerci carnali con i vertici delle aziende, i politici e i dirigenti sindacali locali. Sullo stesso tema si ricordi anche l’ambigua sortita di qualche settimana fa del presidente della camera che con una sintassi e un lessico molto personali lasciava trapelare l’idea che in conseguenza dei flussi migratori gli italiani si dovranno presto rassegnare a cambiamenti del loro stile di vita. Chissà se alludeva anche all’obbligo del velo e al divieto di mangiare carne di maiale. In tutta questa sporca faccenda si sommano interessi di breve e di lungo termine, ruberie nascoste e guadagni alla luce del sole, maneggi di criminali incalliti e di furbetti, disegni politici e strategie internazionali. Non va dimenticato che l’Italia è attualmente ostaggio di un partito che raccoglie, a dir tanto, il 15% del consenso dell’elettorato, arrivato al potere fra larvati colpi di stato, brogli elettorali, corruzione della classe politica, una dissennata legge elettorale, subdolo incoraggiamento all’astensionismo. Chi è abbastanza su con gli anni ricorda il modo minaccioso con il quale democristiani e comunisti convincevano la massa degli indifferenti a recarsi alle urne. Si arrivò perfino a proporre di annotare sulla carta d’identità la scritta infamante “non ha votato”. Oggi succede il contrario: torna comodo al regime che il malcontento della grande maggioranza degli italiani si esaurisca nel non voto, nella rassegnazione, nella constatazione che i politici sono tutti ladri, sono tutti d’accordo fra di loro e che votare non serve a nulla. Ma questa garanzia non è sufficiente per l’establishment, tanto più che lo stesso zoccolo duro del Pci. Pds, Ds, Pd tanto duro non è più e c’è bisogno di rinforzarlo. Ecco allora lo jus soli, la cittadinanza per tutti quelli che lavorano e pagano le tasse, per tutti quelli che comunque ormai sono qui e più ne vengono meglio è. Già ora le ridicole primarie del partito erede del Pci sono decise da stranieri docilmente incolonnati. Ancora due parole vanno spese per quello che è sicuramente il più abietto fra gli argomenti a favore delle “risorse”: quello della nostra presunta crisi demografica. Si è già detto come basterebbe poco per dare un’impennata alle nascite. Quello che però è più grave, e che nessuno fra gli ineffabili opinionisti di destra sembra avere avvertito, è il razzismo implicito nell’idea che l’immissione di sangue giovane – gli africani – avrebbe effetti salvifici per il nostro decadente, esaurito e malaticcio patrimonio genetico. Grazie al politicamente corretto, ai tabù e ai complessi di colpa, siamo arrivati al punto che non solo è proibito dare al negro del negro, non solo non ci si può azzardare a ricordare che i nostri caduti di Kindù finirono nello stomaco dei congolesi, non solo va tenuto nascosto che tutta la tradizione culturale africana si è esaurita la livello del neolitico ma bisogna ascoltare senza fiatare le farneticazioni, quelle sì razziste, di chi predica l’innesto genetico, ipocritamente invocato come integrazione. Un vero delirio, oltre tutto irrealizzabile come mostra la storia americana. Il risultato di questa sommatoria di interessi e di calcoli rimane sempre lo stesso, il conseguimento di un obiettivo ricorrente: la definitiva liquidazione del Bel Paese, spina nel fianco delle cosiddette Potenze europee fin dal momento della sua unificazione politica, ieri elemento di disturbo nei giochi di potere che avevano avuto come protagonisti inglesi, francesi e tedeschi oggi ingombrante presenza in un’Europa sospesa fra invadenza americana e sforzo egemonico tedesco. Hanno messo ai margini la nostra lingua, hanno rimosso il nostro peso culturale, eroso la nostra economia, ci hanno soffocato dentro il nostro mare e ora con la complicità di chi dovrebbe rappresentarci e difenderci stanno tentando di distruggerci come popolo attraverso l’invasione. Quando poi, spalmati o concentrati, le centinaia di migliaia o milioni di neri senza lavoro, senza radici, corpo estraneo oggettivamente e soggettivamente, vero esercito potenziale, dovessero ricevere il segnale che aspettano, allora quelli stessi che l’hanno voluta si accorgeranno che non è stata solo consumata la tragedia dell’Italia ma dell’Europa tutta e dell’Occidente. Muoia Sansone con tutti i Filistei.
Voglio concludere tornando all’inizio: non mi appassionano le teorie del complotto, non mi piacciono i video sul piano Kalergi o i toni apocalittici da fantascienza o fantapolitica. Sono masturbazioni mentali che cloroformizzano le coscienze spostando problemi e drammi reali sul piano dell’irrealtà. La sinistra e i sindacati, e, quando ha voluto, anche la destra hanno saputo mobilitare milioni di persone e lo hanno fatto per motivi speciosi, futili e comunque contingenti. Ora che si minaccia il corpo vivo della nazione nessuno si muove, chi ne parla sembra volere esaurire il problema con le parole, si lascia senza reagire che l’opinione pubblica venga impunemente manipolata, che chi rappresenta le istituzioni menta senza vergogna, e mentre si rende impossibile una risposta civile e di massa c’è chi si augura che la rabbia che cova esploda in qualche gesto sconsiderato per giustificare la caccia al fascista e al razzista e soffocare sul nascere la reazione popolare. Che Dio ci aiuti.
L’invasione non è una bufala
Nella defunta Unione sovietica era sistematicamente applicata la tecnica della disinformatia. Essa non aveva semplicemente lo scopo di “disinformare” occultando la verità e manipolando le notizie. Entro questi limiti la stessa cosa è praticata in tutti i regimi e, in qualche caso, può essere anche giustificata. Un buon criminologo, per esempio, sa che l’eccessivo risalto dato a un certo tipo di delitti incoraggia l’emulazione, abbatte freni inibitori, favorisce l’acting out. Ma la disinformatia è qualcosa di più: essa mira a ottundere l’intelligenza, accecarla di fronte all’evidenza dei fatti, far vedere bianco quello che è nero. Con gli stessi trucchi dell’illusionista, essa distrae, confonde, allucina la realtà per imporne una diversa. Chiaramente è un’operazione rischiosa, perché qualcuno può sempre saltare sul palco e smascherare il trucco: non per niente essa riesce solo quando il palco è blindato, come era nel paradiso comunista. I compagni nostrani, infatti, per non correre il rischio, si limitano ad una cauta disinformazione ma il gioco più sporco, la vera disinformatia, lo fanno fare alle loro truppe cammellate, quelle rozze dei centri sociali, quelle più sofisticate del giornalismo di nicchia, di qualche blogger ecologista, di qualche pensoso accademico. L’Italia oggi attraversa la peggiore crisi di tutta la sua storia e rivive senza ancora averne piena consapevolezza i momenti tragici dell’invasione araba della Sicilia e delle scorrerie dei saraceni nel Mezzogiorno, seguiti in tempi più vicini a noi dalla terribile minaccia turca: quotidianamente sbarcano sulle nostre coste migliaia di musulmani, clandestini legalizzati destinati a rimanere nel nostro paese perché le frontiere del resto dell’Europa sono ormai sigillate e non esiste né un piano né la volontà né la capacità operativa di rispedirli a casa loro. Nessuno sa se e quando gli sbarchi avranno termine o cosa accadrà quando il sistema sanitario collasserà, quando il peso del mantenimento di centinaia di migliaia di persone diventerà insopportabile, quando nelle periferie delle grandi città e nei villaggi sommersi da africani scoppierà la rabbia popolare. Di fronte a tutto questo, che è una drammatica evidenza, agli italiani, che possono anche girare alla larga dai ghetti degradati, possono cambiare canale quando vengono mostrate le condizioni in cui si trovano stazioni ferroviarie, centri di accoglienza, parchi pubblici delle città diventate di confine, ma non possono non vedere le torme di giovani africani che vagano per le loro strade in bicicletta impegnati con lo smartphone e ad ascoltare musica, si dice che l’invasione non esiste, che gli africani in giro per le nostre città sono allucinazioni, che è tutta una “bufala”. Andiamo con ordine seguendo la traccia del blogger verde – pare che i verdi esistano ancora – che imperversa sulla rete sostenendo appunto che l’invasione è una bufala che si regge su dieci falsità e vediamo se sono davvero falsità.
Il primo argomento della disinformatia è questo: è falso che sia in corso un fenomeno eccezionale. L’immigrazione, dice il blogger, è un fenomeno fisiologico, una costante nella storia del pianeta, e lo sanno bene gli italiani, popolo di migranti, che dalla fine del diciannovesimo secolo e per buona parte del secolo scorso si sono riversati nelle due Americhe nello stesso modo in cui gli africani chiedono ospitalità a noi. L’illusionista mescola cose diverse, confonde epoche, dà il medesimo nome a fenomeni lontani anni luce fra di loro. Se fosse in buona fede bisognerebbe prenderlo per un orecchio, farlo sedere e spiegargli pacatamente come stanno le cose. Il continente americano è stato colonizzato dagli europei. Gli indigeni, al sud come nel centro e nel nord del nuovo mondo erano troppo pochi, male organizzati e praticamente indifesi per reggere il confronto con alieni venuti da un altro pianeta con armi micidiali. E quando la fisionomia etnica del continente fu completamente stravolta, quando nel nordamerica si consolidò e stabilizzò il governo degli Stati Uniti, l’élite che se ne era impadronito, i White Anglosassons Protestants, pose un freno alle ondate migratorie, iniziò a filtrarle, scoraggiarle, contingentarle, respingerle. Ma i nostri emigranti non andavano a farsi mantenere, volevano solo proseguire la rotta di chi li aveva preceduti verso una terra libera, che se era stata di qualcuno quello non erano certo gli inglesi ma i pellerossa confinati nelle riserve, una terra immensa che aveva sicuramente posto per le loro braccia. Furono umiliati, segregati, i loro nomi volutamente storpiati, sospinti ai margini della società, costretti ai lavori più faticosi e peggio pagati. Ma la loro intelligenza, la loro cocciutaggine, la forza dell’antica civiltà che scorreva nel loro sangue finirono per prevalere; sono diventati una delle colonne del sistema americano e nessuno oggi si sognerebbe più di qualificarli come mangiaspaghetti o mafiosi (magari lo fa qualche imbecille nella madre patria che non sa che il più acerrimo nemico della mafia è stato proprio un italiano, Joe Petrosino). Non dico niente dell’emigrazione italiana verso il nord Europa: chi l’accosta a quegli africani in bicicletta lo affiderei volentieri alle cure di figli e nipoti delle vittime di Marcinelle.
Il secondo argomento è, se possibile, più falso del primo: è assurdo sostenere che l’Italia è invasa perché i migranti sono diretti verso il resto dell’Europa e in Italia sono solo di passaggio. Sicuramente quelli di loro che sono confinati in centri di accoglienza che differiscono dai lager solo per l’assenza di filo spinato non hanno alcun interesse a restarvi, ma i bighelloni tirati a lucido, dotati di maglietta e zainetto, scarpette colorate, cuffie nelle orecchie e cellulare al braccio, forniti di biciclette delle quali è un mistero la provenienza, non hanno nessuna intenzione di muoversi dagli alberghi con piscina e campi di calcetto, wi-fi e televisori satellitari. Ma per tutti, anche per quelli che cercano disperatamente il modo di raggiungere Germania, Francia, Inghilterra, nordeuropa le nostre frontiere sono una trappola: spalancate solo per chi entra: qui arrivano, qui vengono sbarcati non solo dalla nostra ineffabile marina militare ma da navi spagnole, norvegesi, perfino da yachts privati e qui debbono rimanere; l’Italia è diventata un grande centro di accoglienza a tempo indeterminato e dal quale non si può più uscire. Affermare che i “migranti” sono da noi solo di passaggio è una spudorata menzogna.
Il terzo argomento è allucinante o involontariamente comico. Ci vorrebbe convincere che non è vero che gli stranieri stanno privando gli italiani dei loro diritti portando come prova il fatto che le case popolari sono assegnate in misura maggiore agli italiani. Vorrei vedere che fosse il contrario, considerato il rapporto fra popolazione italiana e stranieri! Il punto è che nemmeno una famiglia italiana dovrebbe rimanere senza casa prima che se ne possa assegnare una agli stranieri, tanto meno agli irregolari. Lo Stato, quello italiano come qualsiasi altro, risulta da un patto fra i suoi cittadini non fra gli abitanti del pianeta e il governante che si preoccupa di aiutare indiscriminatamente le “persone in difficoltà”è come uno che fa l’elemosina coi soldi degli altri. Lo straniero, se è regolarmente in Italia, gode dei diritti che gli derivano da accordi internazionali e dal suo particolare status, non gode tout court dei diritti del cittadino italiano, se è un clandestino non gode di nessun diritto, nessuno. Se poi è un profugo, convenzioni internazionali e buon senso impongono che venga ospitato giusto il tempo che dura la sua condizione, cessata la quale bisognerà che torni da dove è venuto.
Il quarto argomento è un esempio da manuale di frittata rigirata o, se si preferisce, di capriola acrobatica. Sarebbe falso che i clandestini costano 35 o 37 – i minori 85 – euro al giorno, sarebbe una bufala complementare alla bufala dell’invasione. Vediamo come stanno le cose. Per anni i compagni hanno dichiarato a dritta e manca che la storia dei 35 o 37 euro al giorno per“migrante” era una balla, un’invenzione dei razzisti, un espediente per scatenare una guerra tra poveri. Sapevano bene, i compagni, che i milioni di famiglie italiane che campano con meno di mille euro al mese non avrebbero gradito, quindi la parola d’ordine era: negare, negare, negare. Poi è scoppiato lo scandalo di mafia capitale, ed è venuto fuori uno che ha candidamente confessato che la gestione dei clandestini gli rendeva molto più del traffico di droga e allora contrordine: i 35 o 37 euro ci sono sì, ma vengono dall’Europa e non vanno in tasca ai migranti ma a chi si incarica dell’accoglienza. E a questo punto succede qualcosa di sorprendente: quello che per Buzzi e soci era un crimine, un’orribile speculazione, una truffa diventa un’opera di carità, una testimonianza di generosità, un titolo di benemerenza per le associazioni di volontariato, la caritas, l’arci, le cooperative che spuntano come funghi, il sindaco del paesino che così risana il bilancio comunale, gli albergatori che tirano un sospiro di sollievo. E per lo Stato stesso, che è il primo a fare la cresta sui soldi che vengono dall’Europa. Ma se la gestione dei migranti era un crimine quando riguardava Buzzi rimane un crimine anche quando riguarda lo Stato, i volontari, l’arci, la caritas e le cooperative. Un affare gigantesco, ma un affare sporco. E un danno doppio per gli italiani, perché i soldi che vengono dall’Europa sono anche e soprattutto soldi nostri e perché il peso dei clandestini che si ammalano, che partoriscono, che delinquono e finiscono nelle nostre carceri pesa come un macigno sul contribuente italiano, gli toglie quel poco che rimane di welfare, lo costringe a vivere nella paura e nell’insicurezza. Ma il nostro disinvolto illusionista può replicare: sono comunque soldi che girano, l’economia del sistema se ne avvantaggia; bene, anche quelli di cosa nostra, della ndrangheta e della camorra sono soldi che girano: se ne deve dedurre che la “criminalità organizzata” è una risorsa per l’Italia?
Connesso col precedente è un quinto argomento: ai clandestini, una volta alloggiati, rivestiti, e sfamati a cura di chi li gestisce (con modalità assai diverse ma sempre con ottimo utile per il gestore) arrivano in tasca solo 2 euro e cinquanta al giorno, che sarebbero una miseria, una sciocchezza, meno che nulla. Mi si dica quanti sono i lavoratori italiani che dopo aver pagato luce, acqua, gas, tel...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Parte prima
  5. Parte seconda