Capitolo III
La teoria musicale
Uno sguardo ad uno dei più antichi trattati, il Musica enchiriadis, darà l’idea di come i teorici affrontavano la materia musicale. Notevole l’uso della notazione come espediente didattico, utile per chiarire i primi passi della polifonia (e per accennare all’evoluzione della scrittura musicale). Oltre alle questioni puramente tecniche, notevoli sono gli spunti in cui il trattato si occupa degli effetti della musica (indicati con termini quali delectat, dulcis, suavis…).
Passando poi a Guido d’Arezzo si affronta ancora la costruzione della scala musicale, e l’evoluzione della notazione. Quindi la solmisazione, utilizzando passi della Epistola de ignoto cantu.
Una delle novità che è naturale rilevare nel IX secolo è la tendenza, in alcuni trattati sulla musica, ad occuparsi della produzione musicale come la intenderemmo noi: suoni, canti, note, musicisti ed opere.
La musica era inserita, tradizionalmente, nel normale percorso di istruzione di tutti coloro che si dedicavano allo studio. Il IX secolo eredita la struttura di questi percorsi di studio da Boezio, che a sua volta la desume dagli antichi. Nel De institutione arithmetica egli definisce aritmetica, geometria, astronomia e musica il quadrivium, la quadruplice via (verso la Sapienza), traducendo così le tessaron methodoi (quattro discipline) di cui parla Nicomaco di Gerasa (II secolo) a proposito di Platone.
Come abbiamo più volte dovuto constatare, molto spesso chi si occupava di musica aveva a che fare con concetti più filosofici che musicali: dall’armonia delle sfere a tutti i calcoli anche complessi che definivano un sistema più teorico che pratico. Ancora Giovanni Scoto Eriugena, il massimo filosofo del IX secolo (dirige la Schola Palatina sotto Carlo il Calvo), si occupa di musica intesa come Armonia delle sfere (la musica mundana di Boezio), non certo di canti e musicisti reali.
Ma, come detto, gli interessi cominciano a mutare, e non mancano autori e trattati che si interessano al fatto acustico, il suono vero e proprio, e a come si debba eseguire la musica del tempo.
È il caso del Musica disciplina di Aureliano di Réôme, dell’anonimo Alia musica, degli scritti di Hucbald di St-Amand, e dell’anonimo Musica enchiriadis.
Naturalmente il riferimento culturale d’obbligo era sempre Boezio, con tutto l’apparato di nomi e concetti che riprendevano la teoria greca. Da qui, forse, tutta una serie di fraintendimenti, dal momento che si voleva adattare quell’antico repertorio teorico a musica nata secoli dopo e assolutamente diversa.
Non sorprende che il monocordo fosse fra gli strumenti più diffusi. Utilissimo per la costruzione di scale e modi, per l’indagine degli intervalli, era compagno immancabile di questa nuova ondata di interesse per la musica, anche se la maggior parte delle descrizioni che ci sono giunte riprendono i valori della ripartizione pitagorica: 6, 8, 9, 12. Questi permettevano la costruzione degli intervalli principali:
ottava 12/6, ovvero 2
quinta 12/8, ovvero 3/2
quarta 12/9, ovvero 4/3
tono 9/8
Un ulteriore distacco fra i due approcci si avrà nel secolo XII.
Da una parte la tradizione platonica, concentrata sulla conoscenza di due testi: il dialogo Timeo, nella traduzione in latino con commento ad opera di Calcidio (IV secolo), e il ciceroniano Somnum Scipionis, in particolare nel commento scritto da Ambrogio Teodosio Macrobio (V secolo).
Dall’altra parte invece l’approccio alla musica reale si fa sempre più tecnico, seguendo e realizzando l’ammonizione di Guido d’Arezzo, allorquando invitava a lasciare tutte le elucubrazioni filosofiche contenute in Boezio ai filosofi, per concentrarsi su questioni più pratiche.
Musica enchiriadis
Per provare con mano questo nuovo indirizzo degli studi musicali dobbiamo avvicinarci ad uno dei trattati dell’epoca, perché è dalla voce originale di un musicus del tempo che possiamo farci una più chiara idea di cosa fosse, allora, l’insegnamento della musica, le terminologia, lo studio, il pensiero e la tradizione.
Dal momento che uno di quegli scritti è da considerarsi la fonte principale delle forme più semplici e più antiche di organum polifonico, sarà bene occuparsi proprio di questo, unendo l’utile all’altrettanto utile: si tratta del Musica enchiriadis, che risale alla metà del IX secolo. Attribuito almeno sino alla fine dell’Ottocento al monaco benedettino Hucbald di Saint-Amand, oggi è ritenuto di autore, pur anonimo, dello stesso ambiente monastico.
Negli antichi codici è accompagnato quasi sempre da un dialogo a mo’ di commento, lo Scholica enchiriadis. È diffuso anche un breve trattato, una sorta di compendio ad uso didattico, dal titolo Inchiriadon, o Musica enchiriadis elaboratio dicta parisiensis. In pratica, è come avere un testo scolastico con altri testi che lo spiegano, rendendolo maggiormente fruibile per gli studenti. Non quindi un saggio che intenda affermare nuove e originali tesi, bensì un pratico, utile e comprensibile manuale ad uso degli studenti, che intende presentare le tecniche music...