Un ricordo, una storia. Castri Sangri Civitas
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Un ricordo, una storia. Castri Sangri Civitas

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Un ricordo, una storia. Castri Sangri Civitas

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Informazioni

Luigi Giannangeli
UNA STORIA
UN RICORDO
CASTRI SANGRI CIVITAS
Youcanprint
Titolo | UNA STORIA UN RICORDO CASTRI SANGRI CIVITAS
Autore | Luigi Giannangeli
ISBN | 9788831607568
Youcanprint
Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce
www.youcanprint.it
Dedicato a chi ha vissuto in quei luoghi
ed ha condiviso con me
le sue giornate.
Grazie
Sono figlio di un Subequano e di una Sub Appenino Dauno e nativo alle falde del Vesuvio. Ricordo di essere giunto a Castri Sangri Civitas, proveniente da altro paese dell’Appennino Abruzzese, all’età di 7 anni ed ho dimorato prima in via XX Settembre e nelle immediate vicinanze di un laboratorio in cui si lavorava il marmo. Successivamente la mia famiglia si è trasferita, per opportune situazioni logistiche, in altra parte del paese in via Vittoria Colonna. Devo chiedere scusa avendo denominato paese Castri Sangri Civitas ma in realtà città come da nobilissimo diploma a firma del re Carlo III di Borbone datato 20 ottobre 1744. Castri Sangri Civitas può anche rammentare dell’avvenimento occorso in data 21 ottobre 1860, durante la permanenza del Re Vittorio Emanuele II nel viaggio verso Napoli per incontrarsi con Garibaldi dopo lo sbarco in Sicilia, allorquando gli ambasciatori gli comunicarono in piazza “ dei Cannavini “ l’esito dell’avvenuto plebiscito dell’Unità d’Italia. Da allora quella piazza si chiama Piazza Plebiscito “. In questa città sostarono anche altri Re prima di Vittorio Emanuele II, in quanto nel 1285 vi sostò Re Carlo III, accolto con grande festa, ed anche Carlo Martello vi passò il 20 ottobre 1292 per andare ad Aquila onde sedare i tumulti scoppiati nella città appena sorta.
Castri Civitas Sangri che può anche fregiarsi con una Medaglia di Bronzo al merito civile con la seguente motivazione :
Resisteva impavidamente ai bombardamenti e alle vessazioni del nemico invasore, subendo dure perdite di vite umane e di beni materiali. – ottobre 1943- maggio 1944 –
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Castel di Sangro anni 50
Ho abitato in una palazzina in quell’epoca nuova, al primo piano, comprendente 9 unità abitative e ubicata dietro gli edifici del Genio Civile, con gli uffici e le abitazioni degli impiegati , oltre due palazzine basse e con quattro abitazioni , il tutto quasi a formare un quadrilatero con all’interno una piccola piazza che aveva quattro panchine poste ai quattro lati come posizione delimitante una X. In questa zona mio padre, ricordo, piantò al centro un albero che poi è diventato alto con il passare degli anni, Ora questo albero non esiste più e il suo ricordo mi rattrista, ma nello spiazzo ora ci sono giochi per bambini . E nelle immediate vicinanze partiva una distesa di zona incolta come evidenziato nella foto su cui eravamo disposti in posa.
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Zona senza nulla sullo sfondo ma con una delle panchine disposte ai quattro vertici dello spazio antistante casa
Davanti alle palazzine del Genio Civile vi erano due aiuole racchiuse da una siepe e aventi ciascuna una statuina di fattezza antica come si vede nella foto ( credo che ne esista , ora, una sola e ubicata in non so dove ) e un pezzo di lungo fiume con alcune panchine all’ombra di alberi , che avevano la base ben delimitata per far crescere il fusto della pianta senza costrizione, e con pavimentazione a mattonelle ben sistemate ed agevoli per un calpestio senza problemi.
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Viale sul fiume Zittola
Attualmente all’angolo del ponte è posta una fontanella a ristoro dei passanti. Il posto delle aiuole, senza più la delimitazione delle siepi, ora è preda di avventori di un bar e la zona con pavimentazione a pietre disomogenea è abbastanza disconnessa e con buche o rialzate che potrebbero essere causa di infortuni. Tra il bar e il verde passa una strada, aperta al traffico veicolare, con possibili incidenti. Ora hanno sistemato la zona anche con un piccolo plateatico su cui i giovani possono tranquillamente sedere. Sedersi in più gradini e in semicerchio. Attualmente sono stati costruiti altri ponti che possono far passare da una sponda all’altra del fiume Zittola e su di una spianata è stata deposta una ancora e ove erano gli alti alberi questi sono stati sostituiti da vari giochi per bambini. Giusto pensiero per le nuove generazioni ma sfruttabili pochi mesi l’anno. Peccato … Ove c’era una distesa di verde ora si trovano due campi da tennis in terra battuta, un po’ di verde, una pista di pattinaggio. Ovvero giochi a volontà.
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Sede Genio Civile
Castri Sangri Civitas agglomerato di abitazioni disposte quasi a voler rappresentare un uccello con le ali dispiegate che sta volando sulle piccole asperità del terreno specchiandosi nelle acque dei suoi fiumi.
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Fiume Zittola come era una volta
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Fiume Sangro, una volta ….
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Panorama ai primi del 900
Nella via dove abitavo, e proseguendo dopo un incrocio, ospitava in quel tempo una segheria che ricordo aveva enormi tronchi che posti su una piccola strada ferrata venivano attirati, non certo per loro volontà, vicino ad una sega circolare che li trasformava in tavole. A volte anche un funaro occupava parte della strada, in leggero declivio, ove fare le funi utilizzando una ruota, appositamente costruita, e una spoletta, tenuta a distanza prefissata, con vari incavi intrecciava la canapa ricavandone una corda. In uno spiazzo a destra una volta l’anno veniva raccolta tanta di quella legna, questo il risultato della martellata fatta dai militari del corpo Forestale dello Stato. Si chiamava martellata perché i militari dell’ex Corpo Forestale dello Stato usavano un martelletto, appositamente formato, per incidere un segno sugli alberi che potevano essere abbattuti. Tale abbondanza di legna serviva come si diceva allora “ per usi civici “ e veniva concessa a chi ne faceva richiesta per essere usata come riscaldamento nei lunghi mesi invernali e per gli usi della cucina e per avere acqua calda in casa. In estate invece quello spazio era il nostro campo di calcio e di gioco multidisciplinare. Rammento che al limite di tale spiazzo ed ad una ansa del fiume Zittola vi erano alberi che proteggevano un piccolo bar, denominato “ il barretto “e il cui titolare sfoggiava una camicia bianca e, non una cravatta, ma una farfalla nera tanto da essere nomato “ prefetto “. Quell’ansa ormai è stata composta, deviata, e imbrigliata con paratie di cemento e oltretutto coperta. In quell’ansa un albero, se ricordo un salice piangente , sfiorava con alcuni rami la corrente del fiume e tra le sue radici vivevano dei gamberi, che se pescati erano un ottimo secondo piatto. Per andare al “ barretto “ dovevamo fare una specie di gimcana tra il verde, sotto gli alberi, e il verde di una zona non certo ben tenuta. Ora al fianco di questa costruzione è stato limitato , con paletti, il transito alle automobili ma sia i bambini che, soprattutto, gli adulti scorazzano con le biciclette, con i pattini e quant’altro. In questo fiume vi era abbondanza di trote a significare che era acqua pulita e non inquinata, ricordo che sotto un ponte appariva una trota che doveva pesare molti chili. Altre trote si vedevano ,tranquillamente, guizzare tra le poche e rade erbe acquatiche. Sulla riva opposta una costruzione, non ancora completata, ci dava la possibilità di intrufolarci e proiettarci nel futuro come tanti spadaccini. Altre volte ci nascondevamo dai ragazzi delle altre contrade con cui si ingaggiava una vera battaglia. Le contrade erano denominate “ La civita “, “La stazione”, “L’ara”, “ La cudacchiola “ e le battaglie, senza colpo ferire, culminavano alle prime ombre della sera perché impegnati ad altre azioni forse anche amorose. Nel retro del palazzo in cui abitavo c’era un rigagnolo denominato “ la sciumarella “ ed in cui le donne lavavano i panni, che a volte venivano sciorinati sulle siepi di “ vetiche “, di cui era piena la zona, ad asciugarsi. Tra le ” vetiche” e il campo sportivo uno spazio “ l’ara della terra “ era destinato ad aia in cui si raccoglievano “ r’ manuocchie “ i covoni di grano che poi venivano tramite la trebbiatura essere divisi in grano e paglia. Tale manifestazione viene raffigurata con rigore dalle fotografie annesse.
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Trebbiatura
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La trebbiatura avveniva, se ricordo bene, in un susseguirsi di manovre. Manovre che iniziavano col sollevare con una forca i covoni trasportati, dopo la mietitura, dal campo all’ara. Il trasporto era fatto con asini, muli o anche buoi. Questi poveri animali venivano bardati con la “ caja
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La caja
in cui si ammucchiavano i covoni. La “ caja “ era un attrezzo che aveva due gabbie o ceste in cui si riponevano i covoni. I covoni venivano pio posti in ordinati mucchi dette “ manucchiare “. I covoni avevano le spighe rivolte all’i...

Indice dei contenuti

  1. Un ricordo, una storia. Castri Sangri Civitas
  2. Il trasporto dei feriti e degli handicappati
  3. Il treno ospedale
  4. Il Corpo Militare S.M.O.M
  5. Treno Ospedale
  6. Trasporto aereo
  7. Trasporto via mare
  8. Campeggio GIAC