IX
MATERIALI PER I SUOI LAVORI
E APPUNTI PRESI DOPO LA LORO PUBBLICAZIONE
LETTERE PERSIANE
Difesa delle «Lettere persiane». – Non si possono accusare le Lettere persiane di quelle cose che si è affermato vi offendessero la religione.
Tali cose non vi sono mai unite con l’idea del libero esame, bensí con l’idea della singolarità; non mai con l’idea della critica, bensí con l’idea dell’eccezionalità.
Era un Persiano che parlava, e doveva esser colpito da tutto ciò che vedeva e da tutto ciò che udiva.
In tal caso, quand’egli parla di religione, non ha da sembrarne informato piú che non delle altre cose, quali gli usi e i costumi della nazione, ch’egli non giudica affatto buoni o cattivi, ma sorprendenti.
Come le nostre abitudini gli appaiono bizzarre, così gli appaiono a volte un po’ singolari alcuni punti dei nostri dogmi, perché li ignora; e li spiega male, perché non conosce nulla di ciò che li unisce tra loro né della catena di cui fanno parte.
È vero che è un po’ indiscreto aver accennato a questi argomenti, dato che non si è altrettanto certi di ciò che possono pensare gli altri come di ciò che si pensa noi.
*
Il pregio principale delle Lettere persiane è costituito dal fatto che vi si trova, senz’aspettarselo, una specie di romanzo. Se ne scorge l’inizio, lo sviluppo, la fine. I diversi personaggi sono legati tra loro da una catena. A mano a mano che si prolunga il loro soggiorno in Europa, i costumi di questa parte del mondo assumono nella loro mente un aspetto meno miracoloso e meno bizzarro, ed essi sono piú o meno colpiti da quelle bizzarrie e da quei miracoli secondo la diversità dei loro temperamenti. D’altra parte, nel serraglio asiatico il disordine aumenta in proporzione al prolungarsi dell’assenza di Usbeck, cioè a mano a mano che s’accresce il furore e l’amore diminuisce.
D’altronde, i romanzi di questo tipo di solito riescono bene, perché vi si riferisce di persona sul proprio stato presente: ciò che fa intendere le passioni meglio d’ogni narrazione che si possa farne, ed è una delle cause del successo di Pamela e delle Lettere peruviane (opere deliziose che sono state pubblicate in seguito).
Infine, nei romanzi soliti le digressioni non possono essere concesse se non quando formino di per sé un nuovo romanzo. Non c’è modo d’introdurvi dei ragionamenti, perché, nessuno dei personaggi essendo stato messo lí insieme con gli altri per discutere, il disegno e la natura dell’opera ne rimarrebbero turbati. Ma nella forma epistolare, dove gli attori non sono scelti, ma imposti, e dove ogni argomento svolto non dipende da alcun disegno o progetto prestabilito, l’autore s’è creato il vantaggio di poter unire un po’ di filosofia, di politica e di morale a un romanzo, e di collegare ogni cosa con una catena segreta e in certo modo sconosciuta.
Le Lettere persiane ebbero sul principio una vendita così prodigiosa che i librai olandesi fecero di tutto per procurarsene qualche seguito. Prendevano per la manica tutti coloro che incontravano: «Signore, – dicevano, – fatemi delle Lettere persiane».
Tutto il diletto non consiste se non nel contrasto che c’è fra i fatti veri e il modo come sono visti.
FRAMMENTI DI VECCHI MATERIALI
DELLE «LETTERE PERSIANE»67 .
Mi domandate che cos’è la Reggenza. È un susseguirsi di disegni mal riusciti e di idee originali; degli impeti atteggiati a sistema; un miscuglio informe di debolezza e di autorità; tutta la pesantezza senza la gravità che hanno i ministeri; gli ordini dati sempre con troppa rigidezza o con troppa mollezza; ora incoraggiata la disubbidienza, e ora scoraggiata la legittima fiducia; un’infelice incostanza che trascura perfino il male; un consiglio che ora s’irrigidisce, ora si moltiplica, che fa bella mostra di sé e si compromette dinanzi agli occhi della gente in modo segreto o chiassoso, altrettanto diverso nelle persone che lo compongono come nel fine ch’esse si propongono.
*
C’è una sorta di turbante che fa fare metà delle sciocchezze che si fanno in Francia.
DISCORSO DI AMMISSIONE
ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA
IDEE CHE NON SONO POTUTE ENTRARE NELLA MIA ORAZIONE DELL’ACCADEMIA.
Signori, non oso dirvi nulla della scelta che avete fatta. A parlare di sé, si fa mostra di vanità anche quando se ne parli con modestia: attrarre l’attenzione altrui è un’arte. Si rivela tutto intero il nostro amor proprio quando si vuol apparire così abili nel nasconderlo; (oppure) e dirvi che non meritavo i vostri suffragi, sarebbe pur sempre chiederveli, in un momento in cui non ho piú da temere una vostra ripulsa.
Avete perduto un confratello68 che il suo ingegno, le sue virtú e il vostro stesso rimpianto hanno reso celebre…
La maggior parte degli autori scrivono per farsi ammirare. Sembrava che il signor di Saci non scrivesse che per farsi amare…
Era uno di quegli uomini multiformi, infinitamente piú rari di coloro che sono chiamati di solito uomini straordinari, di coloro che, per mezzo di aiuti altrui, e spesso di qualche vizio, trovano la via della gloria…
Voi siete, signori, come quei figli ai quali dei padri illustri hanno lasciato un gran nome da difendere, e che, se degenerassero, sarebbero umiliati anche dalla gloria stessa dei loro avi…
L’illustre Richelieu non fu il vostro protettore se non serbandosi il diritto d’essere il vostro rivale. Egli prendeva qualunque strada che potesse condurre alla gloria. Percorse la carriera dei vostri poeti e dei vostri oratori. Non si accontentò della preminenza dell’ingegno: ambí anche la preminenza delle doti naturali. Il secondo posto lo indignava, in qualunque campo lo avesse. Sentí per primo che il Cid non doveva stupire il suo ingegno, e che il primo posto nella poesia francese poteva ancora essere conteso.
Quand’anche lo colmaste di mille nuove lodi, non potreste aggiungere un sol giorno all’eternità ch’egli conserverà nella memoria degli uomini…
DELLO SPIRITO DELLE LEGGI
MATERIALI CHE NON SONO POTUTI ENTRARE NELLO «SPIRITO DELLE LEGGI».
La legge è la ragione del grande Giove69 .
*
Prefazione. – Noi riflettiamo poco: la sollecitudine che abbiamo di formarci delle idee giuste sulle cose cede a un’altra sollecitudine, che è quella d’un certo riposo e d’un piacevole oblio di se stessi.
*
Se mi è concesso prevedere la fortuna del mio lavoro, esso sarà piú approvato che letto: letture cosiffatte possono essere un piacere; non sono mai un divertimento.
*
Bisognava leggere molto, e bisognava servirsi assai poco di quel che si era letto.
*
Ostentando le letture che posso aver fatto, turberei la mente dei miei lettori piú di quanto li potrei illuminare con le mie ricerche.
*
Se tutti non intendono quel che dico, ho torto.
Non tutto quel che è nuovo è ardito.
*
Il mio ingegno è avvezzo a non volgersi indietro, verso quello che tutti sanno. Ma le cose piú ardite non offendono quando sono state dette spesso, e le piú innocenti possono irritare i piccoli ingegni, perché non sono ancora state dette.
*
È in un secolo pieno di lumi che gli uomini di Stato acquistano il gran talento di compiere le cose buone a tempo opportuno. Tutti possono cercare di emanare qualche raggio di questa luce, senza avere il vanto di diventare dei riformatori.
Non ho avuto dinanzi agli occhi se non i miei principî: mi guidano essi, e non li regolo io.
Sono il primo tra tutti gli uomini del mondo nel credere che coloro che governano hanno delle buone intenzioni. So di paesi che sarebbero governati male, e che difficilmente si potrebbero governare meglio. Infine, vedo piú di quanto non giudichi; ragiono su tutto, e non critico nulla.
*
Ho stima dei ministri: non sono gli uomini che sono piccoli, ma i compiti che sono grandi.
*
Plutarco ha osservato che la filosofia antica non era altro che scienza di governo. I sette savi, egli dice, tranne uno solo, non si dedicarono che alla politica e alla morale, e benché i Greci si siano dedicati in seguito alle scienze speculative, si vede assai bene che stimavano soprattutto la filosofia pratica e professavano un autentico culto per i reggitori delle città e i loro legislatori.
*
La conoscenza delle arti che giovano in qualche modo agli uomini che vivono in società è subordinata alla grande arte che costituisce e regola le società.
*
Nel nostro secolo si è attribuito tanto valore alle conoscenze del campo fisico che non si è serbato altro che indifferenza per le conoscenze del campo morale. Dopo i Greci e i Romani, il ...