IL PARADOSSO DI ANTIGONE
CRITICA ALL’ESTREMISMO FEMMINISTA
Le femministe si sono appropriate di Antigone, figlia di Edipo. Celebre personaggio dell’opera tragica di Sofocle che si oppone alla legge emanata da Creonte che vietava la sepoltura di Edipo. Antigone e Creonte rappresentano due idee di Giustizia, l’una la famiglia, l’altro la polis.
Il paradosso consiste nell’avere adottato il mito di Antigone includendola nella iconografia femminista. In realtà il femminismo, in nome della totale libertà sessuale, ha distrutto la famiglia, liquefatto ogni riferimento etico.
Il 40% dei figli nasce fuori dal matrimonio. Questo significa che la maggior parte dei bambini cresce senza la figura stabile del padre oppure con un padre provvisorio. Ragazzi privi di punti di riferimento, abbandonati e stessi, schegge impazzite, soggetti alla suggestione di una società sempre più depravata e confusa. Di tutto questo il femminismo non parla dando spazio alle forme peggiori di solipsismo edonistico e depravazione etica.
Negli Stati Uniti, all’inizio degli anni novanta del secolo scorso sono state create le bambole Reborn, che significa rinate. Sono bambole in vinile lavorate artigianalmente per assomigliare il più possibile a neonati veri. Fin qui siamo nel campo dei prodotti dell’industria. Il punto è che da donne adulte, non solo dalle bambine, le reborn sono trattate come fossero bambine reali: vengono portate a passeggio e accudite come figlie. È chiaro che il femminismo è del tutto omogeneo al capitalismo globalizzato che porta alla disumanizzazione totale. Il liberalismo esasperato di massa, il permissivismo morale per il quale il femminismo si batte, porta a forme feticizzate di soggettivismo solipsistico. Va da sè che tutto il peggio proviene dagli USA.
Il femminismo, nato in Gran Bretagna, deflagrata in USA, dà vita a una quantità di contraddizioni, a partire dal millantato pacifismo femminile.
Negli ultimi venti anni ben tre donne sono state segretarie di Stato. Sono stati gli anni in cui sono state scatenate guerre in Afghanistan, Somalia, Iraq, Libia, Siria. Dunque non sembra che la presenza femminile abbia migliorato la politica.
Anche quando si parla del problema razziale, non risolto negli Stati Uniti, non si tiene conto del fatto che in America esiste una democrazia basata su formalismi in gran parte imposti dalle lobby femministe. La gran maggioranza dei detenuti nelle carceri americane è costituito da afro-americani, nonostante gli afroamericani siano la minoranza nel paese. Questa è una delle ragioni dei conflitti razziali.
Prima di affrontare il tema dell’arte, dovremmo chiederci come è stato possibile che gli Stati Uniti abbiano conquistato l’egemonia culturale anche in campo artistico? Sono culturalmente superiori all’Europa? Ovviamente no, se non ci si ferma alla cultura scientifica e tecnica. La domanda sul perché dell’egemonia USA trova risposta nella superiorità militare ed economica.
Francis Harry Taylor ha pubblicato da Einaudi nel 1954 un libro dal titolo “Artisti principi e mercanti” . Nel 1958 Aline B. Saarinen ha pubblicato “I Grandi Collezionisti Americani”.
Confrontando il contenuto dei libri si hanno tracce e motivazioni del percorso che ha prodotto la modifica del concetto di cultura dell’arte, passaggio obbligato verso l’egemonia USA determinata dalla disponibilità economica. Bisogna riconoscere alla Saarinen, un buon grado di obiettività nella narrazione delle vicende che riguardano il collezionismo americano.
Duchamp, un francese che aveva aderito ai DADA, corrente artistica che odiava l’arte, nata al cabaret Voltaire di Zurigo nel 1916, trovò terreno fertile e finanziamenti in America. Egli fu tra i maggiori protagonisti dell’avanguardia. Sostenuto e finanziato da Katherine Sophie Dreaier, la quale aveva ereditato dal padre un ricco patrimonio, disponibilità economica che usava per finanziare personaggi che colpivano la sua fantasia. Dotata di modesta cultura non aveva la preparazione necessaria ad attuare scelte, se non per pura simpatia e desiderio di affermazione sociale. Di certo la storia dell’arte non era suo riferimento primario. Il mondo dell’arte, ieri come oggi, conta una quantità di personaggi simili, guidati da impulsi emozionali, simpatie per così dire epidermiche.
Quando nel 1929 a New York, Duchamp presentò il suo orinatoio in una galleria denominata, in modo appropriato “The Stable”, avendo alle spalle finanziamenti di queste persone, aveva la possibilità di mettere in atto questo genere di provocazioni. Si dovrebbe tenere presente quel contesto per cap...