AUTORI, CANTANTI E CANZONI: L’ITALIA,
L’EUROVISION E LE RADIO
L’EUROVISION E LE RADIO ITALIANE: UNA STORIA ANCORA DA SCRIVERE
Un rapporto complesso, quello fra la radiofonia italiana e le canzoni dell’Eurovision. Ancora più difficile rispetto a quello già complicato del mercato musicale europeo con l’Italia. In un paese che fatica ad esportare le proprie produzioni e quasi rifiuta quello che viene da fuori che non sia anglofono o latino, il sound dell’Eurovision, molto mitteleuropeo e spesso legato anche a produzioni dal gusto vintage o etnico, trova le porte ancora più chiuse. In realtà anche nel resto d’Europa la selezione dei brani è molto netta, soprattutto ad edizione conclusa, ma quasi dovunque i brani dell’Eurovision riescono ad essere conosciuti dal grande pubblico prima della manifestazione senza alcun problema. Dove non arrivano le radio, fanno la loro parte le televisioni nazionali che prongono clip con i vari brani o trasmissioni ad hoc di avvicinamento alla rassegna, spesso anche ospitando alcuni artisti all’interno dei loro programmi. In Italia non succede niente di tutto questo. Se i fan italiani della rassegna riescono comunque a stare dietro alle varie canzoni e alle selezioni nazionali, il grande pubblico scopre gli “avversari” del rappresentante italiano soltanto nel corso delle dirette. Chi non ha la costanza di cercare in rete, di affacciarsi sul sito ufficiale o sui siti specializzati come Eurofestival News oppure di sintonizzarsi su San Marino RTV, l’unica emittente italofona che copre l’intero territorio italiano a proporre le clip dei brani (ed a passare tutte le canzoni in radio), arriva ai giorni della manifestazione con una conoscenza solo superficiale della stessa. Cosa che spesso condiziona anche il giudizio generale. Dopo la rassegna, le cose non migliorano. Nella prima parte di questo volume abbiamo parlato di come soltanto la rete, attraverso la collaborazione di alcuni speaker radiofonici, riuscì a far passare “Satellite”, la canzone vincitrice dell’edizione 2010, che stava invece diventando nel resto del Continente un successo, ma negli anni a seguire non è andata meglio, anche dopo il 2011, quando l’Italia è tornata in concorso.
Il paradosso più incredibile, ma anche l’esempio che meglio rappresenta la distanza fra l’Italia e l’Europa in fatto di canzoni eurovisive è rappresentato da “Euphoria” di Loreen, la canzone vincitrice dell’edizione 2012, che in Europa ha conquistato 21 primi posti, vincendo 24 dischi di platino: non solo la canzone non ha mai visto nemmeno da lontano la top 10 in Italia (si è fermata appena al numero 15 su Itunes, chiudendo al numero 54 quella complessiva), ma ci vuole un bel po’ prima che venga definito un radiodate ufficiale italiano. L’Italia sembra completamente ignorare il successo del brano svedese, tanto che il direttore di un noto settimanale italiano, commentando in un editoriale il trionfo di “Euphoria” scriveva (mentre già il brano era primo dappertutto): “è più facile che oggi i ragazzi di Roma, Parigi, Berlino o Madrid, abbiano quest'estate nel loro Ipod i brani di Lady Gaga, o Beyoncè, piuttosto che la canzone di questa sconosciuta svedese”. Il tam tam mediatico, la forza della rete riescono a far passare la canzone dai principali network nazionali e anche su tre televisioni musicali o generaliste (MTV, Canale Italia e Deejay TV). L’operazione invece, non riesce con Radio RAI, sin troppo bloccata nelle playlist, che a parte qualche rara eccezione ignora quasi completamente i brani. In generale, la parte del leone la fanno le piccole emittenti private oppure i network nazionali di dimensioni minori, che godendo di maggiore libertà sul fronte della composizione delle playlist, danno spazio anche a brani meno “battuti” come da noi sono quelli della rassegna. I brani che arrivano nelle nostre radio nel corso degli anni sono comunque pochissimi e con alterne fortune. Oltre ai due citati, sono quelli dei Mandinga e di Ivi Adamou nel 2012, cui si aggiunge quello di Iris, ma l’anno seguente; quelli di Emmelie De Forest, Cascada e Margaret Berger nel 2013, quelli di The Common Linnets (sostanzialmente ignorati da noi anche a livello di vendite nonostante l’imponente successo europeo), Dilara Kazimova, Donatan & Cleo, Mariya Yaremchuk e SebAlter nel 2014, quello degli sloveni Maraaya e del vincitore Mans Zelmerlow nel 2015, quelle di Frans e Greta Salome nel 2016, quelle del vincitore Salvador Sobral, dei moldavi Sunstroke Project e della belga Blanche nel 2017. Il brano di Conchita Wurst, “Rise like a Phoenix”, invece, pur non trovando radiodate in Italia, passa attraverso un circuito mediatico diverso, prevalentemente televisivo, grazie alla vittoria della drag queen barbuta e alla eco che questa situazione suscita anche in Italia.
Dal ritorno in concorso nel 2011, il lavoro promozionale della RAI per l’Eurovision Song Contest è stato sempre in crescendo ma è su questo fronte che c’è ancora molto da lavorare. La tv di stato può naturalmente fare la sua parte stimolando ancora di più il passaggio di cantanti e canzoni eurovisive all’interno delle proprie trasmissioni, ma ovviamente, per quanto concerne l’airplay la palla passa alle radio: a Radio RAI, che nel 2015 è tornata a trasmettere la diretta dell’evento, e potrebbe trovare ora magari anche una nicchia per i brani all’interno della propria programmazione ma anche e soprattutto all’emittenza privata, senz’altro più vicina alla rassegna anche per motivi evidenti di target degli ascoltatori. Soltanto avendo il coraggio di scommettere sui brani, proponendo all’interno della propria programmazione magari quelli più radiofonici, senza aspettare un radiodate ufficiale si possono incentivare le filiali italiane delle varie major, da sempre le vere padroni dell’etere, a distribuire (e quindi proporre) al pubblico italiano le canzoni di un evento che unisce l’Europa e che invece su questo fronte ci trova ancora un po’ distanti, nonostante il ritorno in concorso e il rinnovato e crescente interesse televisivo e mediatico.
LA SCOMMESSA DELLE PICCOLE ETICHETTE E QUELL’ACCORDO CHE NON AIUTA
Prima di tutto va fatta una premessa. I brani dell’Eurovision sono tutti disponibili in download su Itunes, in tutto il mondo. Scaricandoli dalla compilation oppure (tranne qualche eccezione voluta dalle singole produzioni) anche in singolo. Questo perché l’EBU chiede ed ottiene la massima diffusione dei brani. Itunes (o in generale il download digitale, anche su altre piattaforme) è l’unico modo per gli appassionati italiani per poter acquistare sicuramente i brani della rassegna. Ciò vale anche per la compilation ufficiale, che negli altri paesi d’Europa è facilmente rintracciabile anche in versione cd fisico e che invece in Italia in questo formato è ancora pressoché sconosciuta: disponibile in pochissimi store, in pochissime copie, per pochissimo tempo. Addirittura, fino al 2012, chi voleva la compilation su cd era costretto ad ordinarla dalla sezione store del sito ufficiale (pagando dunque le spese di spedizione…dall’Olanda!) oppure a chiederla alla Discoteca Laziale, storico negozio romano, spesso punto di riferimento per gli addetti ai lavori e gli operatori del settore. C’è da dire anche che molti degli artisti, soprattutto dei paesi minori a livello musicale, sono spesso prodotti da piccole etichette indipendenti locali, quando addirittura non si autoproducono: ciò in qualche caso ha reso difficile la distribuzione sull’intero territorio continentale: è per questo motivo che dall’edizione 2015 l’EBU ha firmato un contratto in esclusiva con la Universal per la distribuzione a livello internazionale di tutti i singoli, indipendentemente dalla etichetta (anche major) che li distribuisce nei mercati dei rispettivi Paesi. Ciò ha provocato non poche proteste da parte di quelle major concorrenti che invece con le rispettive filiali nazionali scelgono di impegnarsi di persona con i propri artisti e che sono state costrette ad accettare questa cessione di diritti, ma ha aumentato notevolmente la diffusione dei brani. Da ultimo, va ricordato che questo non basta comunque per garantire una distribuzione capillare perché le singole filiali nazionali delle major (quindi anche della Universal) lavorano “autonomamente”, basandosi sul proprio mercatodi riferimento, anche a scapito di non “passare” una produzione dello stesso gruppo, se non la si ritiene adatta al mercato nel quale si sta operando. Questo, per esempio, è il motivo per cui molto spesso i brani eurovisivi non arrivano negli store italiani o nelle radio italiane. Il discorso del “rischio”, di cui si faceva cenno sopra, dovrebbe valere anche su questo fronte ma come vedremo più sotto in una testimonianza, questa non è una opzione tenuta in grande considerazione dalle filiali italiane delle grandi case discografiche.
L’unica frontiera, allora, sono le piccole etichette italiane. Con esclusione dei brani di Loreen ed Emmelie De Forest, tutti gli altri brani sono arrivati nelle radio e negli store italiani esclusivamente attraverso le etichette indipendenti. C’è chi ha deciso di rischiare in prima persona, con un proprio artista in concorso e chi invece ha acquistato i diritti per l’Italia dalle etichette di origine dopo la rassegna. Anche qui, comunque, pochi e rari esempi, anche se i primi risalgono addirittura a tempi in cui l’Italia era ben lontana dal rientro in gara: nel 2008 Paolo Meneguzzi, in concorso per la Svizzera, incide per l’italiana Around The Music e i sammarinesi Miodio, primi rappresentanti del Titano sono prodotti dalla Opera Prima, label di proprietà di Roberto Fiacchini, figlio di Renato Zero. Due invece gli esempi dopo il rientro dell’Italia: nel 2011 la bolognese Senit, in gara sotto le insegne di San Marino, è prodotta dalla Panini Music, mentre nel 2015 gli sloveni Maraaya sono prodotti dalla Danceandlove, label di proprietà del dj torinese Gabry Ponte, ex leader degli Eiffel 65. Due invece le etichette che in tempi recenti hanno deciso di scommettere sui brani eurovisivi: la Doityourself nel 2012 ha acquistato i diritti di “La La Love” della cipriota Ivi Adamou e di “Zaleilah” dei romeni Mandinga mentre la catanese CDF quelli della belga Iris (“Would you”, in gara nel 2012 e diffusa nel 2013), della azera Dilara Kazimova (“Start a fire”), dei polacchi Donatan & Cleo (“We are slavic”, versione inglese di “My slowianie”) e dell’ucraina Mariya Yaremchuk (“Tick tock”), tutti nel 2014 e di Greta Salome (“Hear them calling”) nel 2016. “City lights” di Blanche nel 2017 esce invece per la stessa etichetta originale belga, la Pias/Spin Go, nel 2018 escono per la CDF i brani di Eleni Foureira e degli Zibbz e per la Sony quello di Benjamin Ingrosso mentre “You’ll never walk alone” di Michael Schulte, quarta nel 2018 arriva in Italia l’anno dopo. Dal 2015, con l’accordo in esclusiva fra EBU e Universal tecnicamente tutti i singoli sono usciti in digitale sul mercato italiano. Quasi nessuno, come detto, ha avuto però un minimo di vero radiodate o di promozione. Proprio l’accordo fra EBU e Universal ha di fatto tagliato le gambe alle piccole etichette, riducendo ancora di più la possibilità di una vera diffusione senza la volontà delle major coinvolte.
IL DISCOGRAFICO ALESSANDRO RAGNI: “SCOMMETTERE SU ARTISTI E CANZONI”
Un quadro più chiaro della situazione italiana e del perché i ...