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Indagine paremiologica e analisi linguistica. Amore e matrimonio ad Augusta
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Indagine paremiologica e analisi linguistica. Amore e matrimonio ad Augusta
Informazioni su questo libro
Come nella fisica con una semplice formula sono sintetizzati secoli di teoria, esperienze e ricerche, così il proverbio con una frase sintetica e incisiva può condensare un insegnamento tratto dall'esperienza e diventato patrimonio comune. Questo libro, coniugando grazia e semplicità con rigore scientifico, ci introduce nell'affascinante mondo della paremiologia, la scienza dei proverbi, illustrandone i primi elementi teorici ed esponendo in modo coinvolgente modalità concrete e risultati dell'indagine svolta sul tema delle relazioni uomo/donna nel contesto della città di Augusta. Elisa Vaccaro, laureata in Letteratura, Filologia e Linguistica italiana, è una giovane studiosa di italianistica e storia.
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Informazioni
1. Introduzione
Al lettore distratto, che si avvicina per la prima volta alla materia, i proverbi possono apparire talvolta qualcosa di desueto e di antico, tipici delle società del passato e il suo studio caratteristico di un’attenzione maggiormente rivolta alle tradizioni folkloristiche più che alle attuali concrete applicazioni della linguistica e della filologia.
In realtà, un approfondimento del tema dimostra che non è affatto così. La forza della formula proverbiale può infatti essere applicata in modo scientifico nella pubblicità (fammi spugghiari ca ti fazzu arricriari, da tradurre come spogliami che ti faccio divertire, per promuovere il fico d’India, o il più famoso bevi birra e campa cent’anni), nello spettacolo (Tira più un capello di donna che cento paia di buoi, che richiama uno dei motivi guida del motivi del personaggio di Cetto La Qualunque interpretato dall’attore Antonio Albanese), nello sport, nel sociale (se un uomo ha fame, non dargli il pesce insegnagli a pescare), usata nelle comunicazioni politiche.
Con una frase sintetica e al tempo stesso incisiva, che richiama la formula matematica, i proverbi affermano infatti modelli considerati generalmente corretti e condensano un insegnamento tratto dall'esperienza, così come nelle scienze esatte con una semplice formula sono sintetizzati secoli di teorie, esperienze e ricerche.
I proverbi spesso caratterizzano una comunità e il loro studio può consentire non solo di individuarne alcuni tratti linguistici salienti, ma anche di definirne per via indiretta gli elementi antropologici. Partendo da questa considerazione, con il presente lavoro si è effettuata un’analisi paremiologica, nell’ambito territoriale individuato dall’abitato di Augusta, in provincia di Siracusa, limitata al tema dell’amore, del matrimonio, della relazione uomo/donna, moglie/marito. La metodologia utilizzata, caratterizzata da rigore scientifico e limitata solo nel numero dei soggetti interessati e dai proverbi analizzati, può costituire un semplice modello per ricerche da effettuare nell’ambito del percorso formativo delle scuole secondarie, con un approfondimento più o meno esteso a seconda delle classi che potrebbero essere coinvolte (di primo o secondo grado) e dalle competenze che si ritiene di raggiungere.
Dal punto di vista dello studio scientifico, considerare isolato un sistema sociale costituisce una semplificazione di un modello più complesso che in effetti ha sempre scambi e interazioni con l’esterno (la provincia, la regione, lo stato, il mondo). Anche se occorre riconoscere che il modello risulta più aderente alla realtà nel caso di un sistema sociale isolato con poche interazioni (esempio tipico ed esclusivo di alcuni territori isolani), si rileva che nel caso di un sistema storicamente aperto ai flussi di idee, persone e cose, in entrata e in uscita, quale quello di Augusta e del suo porto, lo studio di un’area geograficamente limitata ha consentito di definire in modo più appropriato il metodo di indagine e di eseguirla direttamente procedendo con interviste sul campo.
Al fine di conoscere il sistema all’interno del quale si è svolta l’attività di indagine, si è tracciata l’evoluzione storica della città di Augusta, dalla sua fondazione ai nostri giorni.
Ponendo l’attenzione sui proverbi si è riscoperta la filosofia popolare e la cultura della città di Augusta del passato e come questa sia legata a tradizioni e mestieri un tempo presenti, e adesso ormai scomparsi. Ad esempio, il proverbio: do mari nasci u sali e da fimmina ogni mali1, si riferisce al mestiere del salinatore. La produzione locale di sale era infatti uno dei principali e più antichi mestieri di Augusta, tanto che la presenza delle saline nella zona di Augusta viene già citata da Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia2, sia pure attribuendola alla vicina Megara. Solo nella seconda metà del XX secolo, principalmente per il progredire dei moderni metodi di conservazione e la concorrenza delle miniere di salgemma, le Saline di Augusta hanno perso del tutto la loro funzione produttiva mentre nel contempo hanno assunto notevole ma diversa rilevanza, per il loro aspetto naturalistico e ambientale.
La formula proverbiale, che solo apparentemente sembra aver arrestato la sua dinamica creativa, si erge comunque a documento e testimonianza del passato, dal momento che essa non appartiene quasi più alla maggioranza dei parlanti giovani.3 Ma, nonostante essa non sia più attiva creativamente, dimostra di esserlo ancora dal punto di vista della memoria, trasportando dal passato al presente usanze, tradizioni, concezioni e, allo stesso tempo, permette di osservare le caratteristiche linguistiche, spesso rimaste immutate negli anni, del costrutto proverbiale.
2. La Formula proverbiale
L’interesse scientifico per i dialetti in Italia trova grande riscontro perché, anche se l’unità politica e culturale appare ormai raggiunta, non senza ostacoli, il dialetto e la lingua standard coesistono all’interno della società. L’Italia oggi presenta dunque il fenomeno del bilinguismo con dilalia, termine coniato da G. Berruto, per cui abbiamo l’uso ufficializzato della lingua standard (lingua alta o lingua a) nella comunicazione scritta e orale in situazioni formali; contemporaneamente, nei contesti informali, in rapporto con la prima, abbiamo anche la presenza della variante locale, il dialetto (lingua bassa o lingua b) che sì, viene usato nella comunicazione orale quotidiana, ma non ha delle regole standard capaci di promuoverlo a lingua ufficiale. A questo proposito si parla di equieffabilità, per cui i dialetti sono tutti potenzialmente capaci di esprimere i più svariati concetti della comunicazione e di soddisfare le esigenze comunicative dei gruppi che li usano, con la conseguenza che la differenza tra dialetto e lingua, almeno in ambito linguistico, tende a diminuire.
Tra la lingua standard e il dialetto vi è un ampio grado di sovrapposizione, motivo per il quale sono frequenti gli enunciati mistilingui.
Il repertorio linguistico italiano appare dunque fortemente articolato in diverse varietà e volendo creare una linea linguistica, dove queste sono comunque in relazione tra loro, avremo, procedendo dal generale al particolare, la seguente classificazione:
- Lingua standard – Italiano.
- Italiano regionale (lingua standard e dialetto).
- Italiano locale – dialetto.
Il proverbio – inteso come sottospecie della sentenza (conciso enunciato con contenuto di valore generale che non necessita di passaggi probatori compreso nell’insieme delle figure retoriche e in particolare in quello dei loci communes con i quali si dà fondamento all’argomentazione) – è oggetto primario di studio e ricerca della paremiologia, pur essendo interesse anche di studi letterari, antropologici, sociologici e dialettologici.
L’intreccio di diverse discipline di fronte alla formula proverbiale è motivato dalla presenza in essa di funzioni e caratteristiche non solo linguistiche ma anche letterarie e culturali, che si dispiegano all’interno di diversi indirizzi di studio.
Secondo la definizione di Soletti (2011) il proverbio è «una frase breve di forma lapidaria o sentenziosa, codificata nella memoria collettiva o tramandata in forma scritta, che enuncia una verità ricavata dall’esperienza e presentata come conferma di un’argomentazione, consolidamento di una previsione, ovvero come regola o ammonimento ricavabili da un fatto».
Sulla base di questa definizione si evince che il proverbio si distacca da formule affini ma non uguali, come il motto (battuta scherzosa), la massima (regola universale), l’adagio (regola morale e/o giuridica), l’aforisma (dotato di capacità definitoria) e l’apoftegma (frase divenuta proverbio per la celebrità del personaggio famoso che l’ha pronunciata per primo).
La formula proverbiale, per essere tale, deve assolvere funzioni di carattere semantico, sintattico e formale.
Il significato semantico di un proverbio fa riferimento al valore paremiologico che esso possiede, per cui è interpretabile a partire dal codice retorico comunitario, capace di comprenderlo in maniera univoca e chiara.
Sintatticamente la struttura su cui regge il proverbio è una struttura fissa e immutabile. Ad esempio, il proverbio
Lontan dagli occhi – lontan dal cuore
Luntanu da vista luntanu do cori.
presenta una struttura binaria che rimane sempre uguale e che, qualora fosse invertita, perderebbe il suo valore paremiologico.
Formalmente il proverbio è indipendente dal contesto entro il quale si colloca: non ha bisogno di spiegazioni ed esaurisce la sua funzione e il suo significato alla fine dell’enunciato.
La principale proprietà linguistica a cui la formula proverbiale deve attenersi è la brevità, che si sviluppa attraverso poche parole e figure retoriche, come metafore, iperboli o similitudini:
Non c’è sabato senza sole, non c’è donna senza amore.
Nun c’è sabbatu senza suli, nun c’è fimmina senz’amuri.
Infine elemento usuale, ma non imprescindibile, è la presenza di rime o assonanze.
Pertanto una formula proverbiale, per entrare nella tradizione, deve possedere dei “requisiti minimi” che tengono comunque conto della variabile umana, non sempre prevedibile in ambito linguistico, che determina il suo successo o il suo disuso.
Essi sono:
- Economia di parole;
- Struttura semplice a prova di memoria;
- Significati e segni riconducibili a un codice retorico comunitario;
- Significati e segni riconducibili all’esperienza umana a livello, quanto più possibile, universale.
T. Franceschi ha analizzato la formula proverbiale, seguendo le due principali funzioni che essa può assolvere: abbiamo così i detti tautologici e i detti paremiaci. I primi hanno una funzione informativa, i secondi fanno riferimento a luoghi comuni, consigli ed opinioni.
«Nata sulla bocca di qualcuno e poi assunta socialmente nel codice comunitario della letteratura orale (quale mini prodotto letterario), una paremia diventa tale soltanto quando trasmigra nella memoria linguistica comunitaria, entrando così a partecipare nel locale sistema linguistico, e dei suoi meccanismi mnemonici» (Franceschi, 2007).
Il proverbio si fonda non solo su antiche credenze religiose, ma anche sull’esperienza di chi, prima di noi, ha vissuto determinate situazioni e le attualizza attraverso poche semplici frasi che verranno poi tramandate e ripetute nel corso degli anni. Questo procedimento inserisce il proverbio all’interno di un registro linguistico che entra a far parte del codice retorico del parlante, frutto della sua identità culturale che attraversa sia il macro livello della nazionalità, sia il micro livello rappresentato invece dalla propria regione. Non a caso molti dei proverbi raccolti hanno un loro corrispondente o una loro variante nelle varietà regionali e nella lingua standard italiana: in primo luogo perché il proverbio e le relative espressioni affini fanno parte di un linguaggio persuasivo e proprio della storia dell’oratoria antica trasmessa fino ai nostri giorni e, non di minor importanza, l’esperienza umana, a tutti i livelli, è una caratteristica fondamentale nella riuscita della formula proverbiale. Quando un proverbio dialettale entra a far parte del codice paremiologico italiano può capitare di trovarsi di fronte a delle ambiguità formali relative, ad esempio, alla diversa denominazione che può avere un oggetto rispetto alla sua trasposizione nella lingua standard. Oppure può capitare che nella trasposizione della formula proverbiale dal dialetto alla lingua standard le assonanze e le rime perdano consistenza e precisione. Ma, oltre queste incongruenze formali, essendo l’essere umano (e ogni aspetto della sua vita) sempre autore e protagonista della formula, sussiste sempre il carattere universale della stessa e dunque il suo successo, semantico e linguistico.
La sua capacità di resistenza, in risposta a cambiamenti geografici, politici, linguistici e culturali, è individuabile nella sua funzione fortemente espressiva. L’essere umano esprime le sue opinioni e i suoi stati d’animo attraverso le parole, ma niente ri...
Indice dei contenuti
- 1. Introduzione
- 2. La Formula proverbiale
- 3. L’ambiente di riferimento: evoluzione storica
- 4. L’indagine paremiologica
- 5. Classificazione dei proverbi raccolti
- 6. Analisi linguistica
- 7. Considerazioni finali
- Bibliografia