Capitolo I
Il Diluvio Universale e il meteorite che causò il cratere Burkle
La terra va periodicamente incontro a catastrofi naturali. Di queste le più significative sono quelle legate a cadute di asteroidi o a esplosioni di supervulcani. Gli effetti delle catastrofi dovute a questi due eventi sono così significativi da poter portare anche l’estinzione dell’intera umanità. Uno di questi eventi accadde 74.000 anni fa, quando a Toba, in Indonesia, esplose un supervulcano nella regione settentrionale dell’isola di Sumatra. L’eruzione del vulcano a Toba fu probabilmente la più potente eruzione vulcanica registrata negli ultimi 25 milioni di anni, con una potenza che è stata classificata oltre il grado 8 (definito «mega colossale»). Per capire la portata di questa eruzione, basti pensare che l’eruzione del Tambora, che causò l’inverno vulcanico chiamato l’«Anno senza estate» (1816) nell’Emisfero Nord, produsse 100 volte meno detriti rispetto a quella del supervulcano a Toba, che scagliò in aria un volume di 2-3.000 chilometri cubici di roccia fusa. L’eruzione riempì l’atmosfera di oltre 6 miliardi di tonnellate di anidride solforosa, causando un drastico calo delle temperature su tutto il pianeta, con un’era glaciale che durò dai 6 ai 10 anni e con un crollo della temperatura media del pianeta di 3-5 gradi (temperatura che raggiunse picchi di circa quindici gradi Celsius di riduzione dopo due anni in Groenlandia). La riduzione di luce causata dalla cenere vulcanica portò all’estinzione della vegetazione a causa dell’impedimento del processo di fotosintesi clorofilliana da parte delle piante. La biomassa vegetale diminuì anche dell’80% e le abbondanti nevicate portarono ad una mini era glaciale, con un periodo di recupero dopo l’inverno vulcanico della durata di almeno 30-50 anni.
Di circa un milione di persone che popolavano la terra, sopravvissero solamente 1000/2000 individui in una piccola parte dell’Africa orientale, che in seguito ripopolarono i continenti. In questo periodo l’uomo stava sviluppando la tecnica della pietra, della pesca e della conservazione del cibo, ma questo catastrofico evento portò principalmente alla formazione dei primi culti legati ai fenomeni naturali. L’inverno vulcanico distrusse le risorse alimentari dei cacciatori-raccoglitori e i sopravvissuti al catastrofico evento racconteranno ai loro posteri che videro il sole oscurarsi e la terra che non produceva più cibo – la stessa situazione che avvenne 12.900 anni or sono grazie alla caduta di un meteorite, le cui tracce sono state trovate da nove istituzioni di ricerca pubblica e tre gruppi di ricerca privati che hanno individuato in Nord America, sull’isola di Santa Rosa, insieme con archeologi e geologi dell’università dell’Oregon, California, Northern Arizona ed Oklahoma, una «pioggia» di nano diamanti con reticolo cristallino esagonale contenuta in sferule di carbonio ed una abbondanza di iridio sotto quattro metri di sedimenti, risalenti più o meno a 12.900 anni fa. Questi recenti ritrovamenti sono le testimonianze e gli indicatori di un impatto cosmico avvenuto in un remoto passato, poiché queste microstrutture cristalline si formano solamente ad altissime temperature e pressione.
Douglas J. Kennet, archeologo dell’Università dell’Oregon, afferma che la Lonsdaleite si forma solo durante questi impatti; infatti questo tipo di diamante si ritrova solamente nelle meteoriti o nei crateri da impatto. I frammenti del meteorite si sarebbero dispersi in una vasta area del Nord America, come dimostrano i crateri ritrovati in questa zona, arrivando fino al Belgio, per infine provocare la fine della prima civiltà americana dei paleo-indiani Clovis e dei Mammoth.
Dai carotaggi della Groelandia si è notato un improvviso aumento della temperatura di venti gradi Celsius che determinò la deglaciazione del Nord America ed il successivo instaurarsi dello Younger Dryas, o piccola era glaciale.
Difatti l’enorme temperatura che si sviluppò a seguito dell’impatto determinò lo scioglimento di enormi ghiacciai, compresi quelli che tenevano separate le acque del lago Agassiz (un lago situato nella regione dei grandi laghi in Canada), facendo in modo che un enorme quantità di acqua dolce si riversasse nell’oceano Atlantico, alterando il meccanismo della pompa salina. Questo portò al blocco della Corrente del Golfo con il successivo instaurarsi dell’ultima era glaciale, probabilmente causata dallo scivolamento verso meridione di un’enorme quantità di aria freddissima intrappolata sopra il Circolo Polare Artico che si scontrò con le correnti di aria calda e con le acque oceaniche riscaldate, generando una tempesta globale che riversò in gran parte dell’emisfero boreale miliardi di metri cubi di neve che congelarono a causa delle bassissime temperature.
Quest’ipotesi è suffragata dal fatto comprovato che sono stati ritrovati Mammoth con la proboscide alzata e cibo ancora in bocca, come sorpresi dall’area freddissima di questa tempesta che li congelò istantaneamente.
Enormi quantità di acqua dolce dei ghiacciai e di acque oceaniche evaporarono nell’atmosfera conglomerandosi al diossido di zolfo ed a ceneri laviche, eruttati da numerosi vulcani che si riattivarono in seguito all’impatto del meteorite, che rilasciò con esso un’immensa quantità di polvere. Il materiale cadde sotto forma di pioggia resinica per moltissimi giorni rendendo sterili i terreni.
Anche in questo caso si produsse, come per l’esplosione del supervulcano a Toba, un oscuramento del sole e l’inibizione della fotosintesi clorofilliana, con relativo inverno glaciale di lunga durata.
Potrebbe questo evento aver generato in oltre duecento regioni del pianeta la leggenda del «Diluvio Universale»?
Gran parte di questi miti e leggende ci raccontano di una pioggia sporca e appiccicosa che cadde ininterrottamente per moltissimi giorni.
L’impatto del meteorite potrebbe aver causato lo spostamento dell’asse terrestre di almeno 2.000 chilometri tale da farle assumere la sua posizione odierna, vale a dire ventitré gradi di inclinazione sull’eclittica e un conseguente sensibile rallentamento della velocità di rotazione terrestre?
Probabilmente moltissimi astronomi di civiltà antiche del centro America, dell’Egitto e della Mesopotamia avevano calcolato la durata del loro anno in 360 giorni, a differenza degli attuali 365, in quanto i loro dati astronomici provenivano dalle civiltà pre-esistenti all’impatto cosmico; inoltre numerosi miti di molti popoli ci narrano di epoche remote in cui non vi erano stagioni, il che potrebbe testimoniare una condizione propria nel caso in cui l’asse terrestre non fosse inclinata.
L’impatto spiega l’estinzione di trentacinque tipi di mammiferi tra cui i Mammoth, Tigri dai denti a sciabola, Cervi giganti, Lupi Famelici, Castori giganti ed ancora moltissimi altri tipi di specie animali tra cui sono comprese anche diciannove specie di volatili.
I cibi ritrovati nello stomaco e nella bocca dei Mammoth congelati ci apportano una fondamentale testimonianza di una ricca flora appartenente ad un clima temperato che oggi ritroviamo, in parte, soltanto in zone come l’Africa orientale. Oltre a questo ci è testimoniata anche una drastica diminuzione delle temperature, forse dovuta ad un uragano di gigantesche dimensioni composto da aria freddissima che congelò immediatamente tutto ciò con cui veniva a contatto.
Prima di questo cataclisma, dunque, terre come la Siberia le Isole Artiche, l’Alaska settentrionale, la Norvegia e la Beringia godevano di climi temperati e tropicali.
L’unico evento che avrebbe potuto causare l’immediato spostamento di zone temperate in zone polari sarebbe soltanto potuto essere il repentino spostamento dell’inclinazione dell’asse terrestre. Molti scienziati hanno infatti scoperto ampie zone, ora sepolte sotto l’oceano, che fino a prima della catastrofe globale formavano dei veri e propri sub-continenti, come quello tra la Siberia e l’Alaska, il quale abbondava di vita selvaggia, ed il sub-continente della Beringia tra l’America settentrionale e l’Asia, anch’esso popolato da una fauna assai abbondante.
Inoltre sono stati trovati un’infinità di animali le quali carcasse furono travolte da immani piene e portate per lunghe distanze, ammassate nelle gole dei fiumi e nei fondovalle, sepolte da una profonda coltre di fango insieme ad alberi, piante e molti massi erratici.
Per l’inverso il passaggio di zone polari con immensi ghiacciai a zone temperate portò allo scioglimento di copiose quantità di ghiaccio (come quelle che ricoprivano il Canada e i dintorni) e quindi a un innalzamento consistente del livello del mare.
Da alcune indagini aeree realizzate nel 1930 si sono scoperti numerosi crateri da impatto che si formarono nella zona della Carolina del sud; si ipotizza inoltre che un grosso frammento, che avrebbe provocato sconvolgimenti inauditi, dovette finire a nord-est del mare dei Sargassi – e infatti è qui che ritroviamo tracce delle catastrofiche mega onde originatesi dagli oceani, come delle creste ad anelli concentrici vicino e intorno le regioni polari.
Un’altra traccia delle mega ondate sono i laghi del tardo pleistocene, ormai scomparsi, e altri laghi che sorsero quasi istantaneamente nel bacino del mar Nero e nella Mongolia.
Anche i mari interni come il Mediterraneo generarono gigantesche inondazioni, tant’è vero che anche il mar Nero fu invaso rapidamente da onde di marea giunte dal Mediterraneo che fecero scomparire alcuni villaggi costruiti lungo le valli che vi si affacciavano, riscoperti solo recentemente sotto novanta metri d’acqua e risalenti a quel periodo.
L’impatto aprì inoltre una enorme frattura nel continente africano visibile ancora oggi: la Rift Valley, che si estende per oltre 4.800 chilometri dalla Siria al Mozambico.
Le spiagge di tutto il mondo hanno conservato e conservano tutt’ora tracce di quando il livello delle acque oceaniche si innalzò per poi ritirarsi, lasciando terrapieni lungo le rive di tutti gli oceani, laghi e fiumi. Dunque lo spostamento dell’asse terrestre generò una notevole differenza tra la velocità di spostamento dei fondali marini e quella delle masse d’acqua sovrastanti, tale da formare una gigantesca onda di marea in direzione opposta.
Ma ipotizzare che questo evento si sia tramandato oralmente per quasi dieci millenni è da escludere; quindi l’unico evento che potrebbe aver causato effetti simili a questo, in età più recente, è quello della caduta del meteorite Burckle, avvenuto 5000 anni or sono.
La disposizione degli chevron che si sono formati si trova in linea con una zona dell'oceano Indiano dove la Abbott nel 2005 ha trovato un cratere di ben 29 chilometri di diametro a una profondità di 4.000 metri sotto il livello dell’oceano. Sono stati trovati sedimenti fino ad un’altezza di 205 metri sopra il livello del mare, con una composizione delle sabbie che nulla ha a che vedere con le normali spiagge. Le onde che si svilupparono dopo l’impatto superavano quindi i 200 metri, un’altezza mostruosa che devastò l’entroterra di tantissime nazioni e che si spinsero per decine di chilometri nell’entroterra. In quel periodo la maggioranza della popolazione viveva nei delta dei fiumi o nelle rive di questi, oltre che nelle zone costiere marittime, dove la pesca permetteva il sostentamento dell’uomo. L’impatto dell’asteroide vaporizzò miliardi di tonnellate di acqua marina salata nell’atmosfera, che ricaddero per settimane, con piogge torrenziali, in quasi tutto il pianeta, generando probabilmente il mito del Diluvio Universale. Inoltre l’acqua salata rese sterili i terreni, tanto che l’uomo dovette far risorgere l’agricoltura nelle zone montagnose, non adatte a questo scopo. Il meteorite ha formato un cratere, chiamato Burckle, che si trova a circa 1.500 chilometri a Sud Est del Madagascar (30S, 61E).
La conferma del cratere Burkle, dovuta alla caduta del meteorite, si è avuta grazie alla composizione dei campioni analizzati, un mix di metalli, raccolti dalla Abbot e dal suo team, analizzati da Dee Breger, direttore di microscopia all'università del Drexel (Filadelfia) con un microscopio elettronico a scansione. Drexel ha trovato dei foraminiferi bentonici fossili molto piccoli provenienti dal fondo oceanico, «spru...