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Nazionalismi ed esodi Istriani
Informazioni su questo libro
Il nazionalismo fascista fu la causa principale a partire dagli anni venti degli esodi istriani nelle loro componenti: istro-veneta e istro-croata.
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Informazioni
BARZINI
PREFASCISMO
Se Benussi , istriano, nella sua analisi antropologica identificherà clero, cultura e banche slavi in nemici dell'italianità” giuliana, sarà Luigi Barzini giornalista del Corriere delle Sera, uno dei più autorevoli “opinion leader” all'inizio del '900, alla vigilia del primo conflitto mondiale ad elaborare l'agenda del governo, prima liberale e, poi fascista, in chiave anti-slava.
La sua notorietà esplose in occasione della gara automobilistica Parigi-Pechino del 1907, quando fù inserito nell'equipaggio del ”Itala” guidata dal principe Scipione Borghese .
Il viaggio si svolse in regioni sconosciute e ripercorse , a ritroso, in sessanta giorni, l'avventura di Marco Polo. In un epoca di grandi successi tecnici un impresa al “limite” delle possibilità umane suscitò scalpore .
L'impresa fu percepita dai contemporanei come un evento di gran lunga più sensazionale dello “sbarco sulla luna”, del 1969.
L'Italia post-risorgimentale assetata di protagonismo e alla ricerca di primati, si era appassionata alle spedizioni del duca degli Abruzzi in Alaska, nel Polo Nord, nel Ruwenzori.
Gli articoli barziniani, inviati tramite telegrafo, vennero pubblicati dal Corriere della Sera e dall'inglese “Daily Telegraph”.
Al ritorno a Parigi, Barzini venne accolto da trionfatore ed inserito nel “Gotha” del giornalismo internazionale.
Nel 1913, alla vigilia della prima guerra mondiale, Barzini fu inviato dal Corriere della Sera a Trieste per condurre un inchiesta “ Sulle condizioni degli austro-italiani e dei regnicoli (sudditi del Regno d'Italia) nel territorio giuliano”.
CORRIERE DELLA SERA
Il Corriere della sera sarà il “megafono” di Barzini, di un'opinione pubblica nazionalista e guerrafondaia che avrebbe, alla fine del primo conflitto mondiale,“partorito “ il fascismo.
Il quotidiano era nato nel 1876 , espressione delle aspirazioni e degli obiettivi della nuova borghesia lombarda.
Si poneva come modello il giornalismo inglese.
Il suo direttore, Luigi Albertini, aveva svolto il suo tirocinio, a Londra, al Times.
Nel 1913 il quotidiano aveva raggiunto una tiratura di 750 mila copie giornaliere; cifra di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altro giornale, considerando, fra l'altro che il suo supplemento settimanale, la “Domenica del Corriere” si collocava sui due milioni di copie.
Il giornale varò un giornalismo conservatore e nello stesso tempo “spettacolare” che diventò la proiezione fantastica di un'energia aggressiva “Capace di inventare avvenimenti di cui era, al tempo stesso testimone ed attore come la Parigi-Pechino”.
Con Barzini fu la giovane classe dirigente italiana ad elaborare una nuova cultura fragile, ambigua e contraddittoria, a volte moderata e, in molti casi, imperialista.
Se nel 1915 il Corriere si era dimostrato ragionevole quando sosteneva che l' “Italia avrebbe avuto bisogno dell'amicizia della Jugoslavia e che pertanto anche un egoismo ben inteso, non meno dell'idealismo, raccomanda la rinuncia a una parte delle ambizioni adriatiche” perché riteneva che l'indipendenza e l'unità della Jugoslavia costituiva un “interesse “vitale” dell'Italia .
Nel 1919 Albertini, cambiando registro, appoggiò l'impresa dannuziana a Fiume, sorvolando sulle ripercussioni internazionali. Nel 1920: “Mise in guardia il “Vate” sul pericolo che la sua “bravata” avrebbe provocato l'inimicizia degli slavi e che l'uso della violenza non avrebbe fatto altro che provocare una violenta vendetta”.
A partire dal 1922 il Corriere della Sera seguendo la sua vocazione “illiberale” diventò collaterale al fascismo.
Tutto questo giustificò le pretese italiane sulle “terre irredente”.
Il giornale iniziò una virulenta campagna irredentista.
Strumento di questo operazione non poteva essere che Luigi Barzini, inviato di guerra e cinico manipolatore di “fake news”.
Il pamphlet barziniano composto da quindici articoli accusa il governo austriaco di annullare “l'italianità” di Trieste e dell'Istria con la complicità degli slavi.
Barzini accusa l'Austria di aver cancellato la presenza etnica e culturale italiana, in Dalmazia.
Dimentica la gestione di Bajamonti sindaco di Spalato, capitale della Dalmazia ed espressione della minoranza italofona al vertice della comunità.
I suoi concittadini croati non soltanto lo stimarono, ma ne apprezzarono la correttezza gestionale e gli ambiziosi e riusciti piani urbanistici.
L'impronta da lui data alla fisionomia di Spalato è ancora oggi visibile in ogni angolo del centro cittadino.
Il prestigio di Bajamonti è tale che a Zagabria, capitale croata, gli è stata intitolata una delle vie più importanti.
Il sindaco se, da una parte puntava a conservare i valori culturali della minoranza, riconosceva alle masse slave i diritti nazionali negati dagli irredentisti.
Bajamonti agevolò l'istituzione di scuole slave e l'utilizzo della lingua croata negli uffici pubblici.
La sua politica di sviluppo e di cooperazione rese la comunità dinamica.
Il sindaco incrementò i collegamenti di Spalato con Pescara e Belgrado rendendo la città un ponte tra il mondo latino e quello slavo, complementari.
Gli irredentisti spalatini indisponibili a cedere parte della loro egemonia alla comunità croata lo contrasteranno e porranno fine all'amministrazione cittadina del sindaco Bajamonti.
HOMO AUSTRIACUS
Un austriaco nell'Impero poteva sentirsi italiano, sloveno, polacco e, contemporaneamente, “homo austriacus”.
Bettiza, scrittore spalatino ed eurodeputato liberale sostiene che la società cosmopolita dell'impero austro-ungarico, alla fine dell'ottocento, avrebbe anticipato la comunità europea.
I suoi avi residenti a Spalato dal '700, furono avventurosi mercanti dediti a rischiosi commerci di contrabbando delle armi e tratta degli schiavi tra la penisola italiana e i limitrofi possedimenti ottomani.
Acquisirono potenza e prestigio sociale agli inizi dell'800 quando il trisavolo dello scrittore diventò il tesoriere dell'armata napoleonica, in Dalmazia.
Il governo austriaco ribadì la centralità della sua famiglia e della comunità italofona a Spalato.
I Bettiza non mancarono, nel corso delle generazioni, di dimostrare il loro “lealismo” e la loro completa integrazione nella società imperiale.
Nel descrivere il padre, lo scrittore lo ribadisce “Il suo tollerante stile di vita era austriaco, mentre i suoi persistenti sentimenti nazionali erano italiani; la sua prima lingua, la sua lingua accanto al croato e al tedesco era il veneziano coloniale che già da diversi secoli veniva parlato dalle famiglie del patriziato mercantile in tutte le principali città dalmate”.
La famiglia di Bettiza apparteneva ad un “ “ceto sociale” estremamente ridotto, ma economicamente e culturalmente egemone che serviva come modello imitato da tutti e quasi in tutto, in costumi e linguaggio.
E questa borghesia come lo sottolinea l'italianista Radovan Vidovic era totalmente bilingue.
I suoi componenti si faranno promotori e sostenitori di tutte le associazioni italofone come il Gabinetto di lettura , Biblioteca italiana, Lega Dante Alighieri, Società operaia, Società dei Bersaglieri ecc. .
Non sarà il governo austriaco a decretare nell'800 la fine della presenza culturale italiana in Dalmazia.
Barzini, vile manipolatore della realtà istro-dalmata accuserà l'Austria di essere responsabile del genocidio culturale italofono istro-dalmata.
Il governo italiano, vincitore sull'Austria ed intenzionato dopo il 1918 a “redimere” i dalmati italiani, decretò la fine della comunità con il Trattato di Rapallo e la clausola del “opzione”: la scelta tra la cittadinanza italiana e quella jugoslava.
“Il governo italiano estromesso per il momento dal grosso della Dalmazia si era riservato una specie di rimborso : attrarre in Italia gran parte degli italofoni dalmati dando loro la possibilità di optare e di abbandonare la terra dei loro padri”(Bettiza).
L'Italia in attesa di annettere l'intera Dalmazia, si acc
Espulse dalla città migliaia di slavi e utilizzò gli optanti provenienti da Spalato, Sebenico, Trau e Ragusa per trasformare la città in un avamposto italiano.
Questi esuli provvisori, dopo il 1943 si trasferiranno in Italia.
Nel 1941 le poche famiglie italofone, con cittadinanza italiana, come quella di Bettiza, diventata jugoslava e rimasta a Spalato, vissero l'occupazione e l'annessione all'Italia in termini drammatici. L'occupazione italiana fu vista “come un onta paradossale e un affronto personale per tutto ciò che commettevano a Spalato, non tanto i militari, ma i fascisti, i carabinieri e questurini”(Bettiza).
Si resero conto che l'”irredentismo” praticato dai nazionalisti italiani avrebbe determinato il loro esodo e la fine della convivenza multiculturale tramandatasi in Dalmazia, per secoli.
BARZINI E IL CLERO SLAVO
Nel secondo capitolo del dossier, Barzini individua nel clero slavo il primo responsabile della persecuzione degli italiani nei territori giuliani.
Lo accusa di essere “ferocemente avverso al pensiero italiano, di sobillare le masse slovene e croate, credule, ignoranti e bigotte”.
Non si rende conto dell'inconsistenza delle sue affermazioni.
Agli inizi del novecento i sudditi dell'impero austriaco erano al 90%, alfabetizzati.
L'Austria di Maria Teresa e di Giuseppe II da oltre un secolo e mezzo si era preoccupata di acculturare i suoi popoli.
Lo stato unitario italiano alle prese con una società dove la maggioranza era costituita da analfabeti, non era stato in grado di imporre fino agli inizi del 900 l'”obbligatorietà” della frequenza scolastica al primo biennio elementare.
Lo sostiene Mack Smith i “Centinaia di migliaia di italiani vivevano in grotte o in capanne di sterpi e di mota prive di finestre”, nella seconda metà dell'ottocento. Questa arretratezza non riguardava soltanto il meridione, ma era diffuso anche nel cuneese e nel Veneto.
Nel 1877 Sonnino descrisse come i contadini della Valle del Po si nutrissero esclusivamente di mais.
La società italiana era ancora dominata dalla cultura della Controriforma, per cui “Il clero esercitava una forte influenza su una popolazione di servi bigotta e l...
Indice dei contenuti
- PREFAZIONE
- BARZINI
- LETTERATURA
- DOCUMENTI FOTOGRAFICI