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La Corsa all'Artico. La comprensione della nostra attualità economica, diplomatica ed ecologica in rapporto all'Artico.
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La Corsa all'Artico. La comprensione della nostra attualità economica, diplomatica ed ecologica in rapporto all'Artico.
Informazioni su questo libro
La centralità di nuove politiche ecologiche e le nuove proposte lanciate della blue economy per le nostra crescita globale pone al centro dell'attenzione internazionale il tema delle acque, della ricchezza del mare e della fragilità dell'ecosistema artico, che risulta sempre più in pericolo. Per sopravvivere necessitiamo dell'Artico e del più grande serbatoio d'acqua al mondo.
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Informazioni
L’Artico, gli stati rivieraschi e il
protagonismo sostenibile della Norvegia
Il rapporto tra l’Artico e gli stati rivieraschi è mutato nel corso degli ultimi secoli. Per millenni l’unica forma di antropizzazione presente nella regione è stata ad opera quasi esclusiva dei nativi americani, con le nazioni Inuit e Yupik che si insediarono nell’est e nell’ovest della regione artica del continente americano. Successivamente e in altri luoghi, le tribù della Siberia e i Sami si sono spinti oltre il circolo polare artico, cercando di adattarsi in un ambiente sicuramente ostile e inadatto alla sopravvivenza. La sopravvivenza era garantita attraverso l’allevamento degli animali. Successivamente, giunsero da sud le popolazioni germaniche nell’area scandinava, islandese e in Groenlandia, mentre la Russia, nel corso dei secoli, lancerà la corsa a est che la porterà a colonizzare la Siberia e ad occupare anche le terre a nord del circolo polare artico. Nelle Americhe, inglesi e francesi colonizzeranno l’odierno Canada. Il quadro storico-politico si completa con la cessione dell’Alaska da Mosca a Washington nel 1867, chiudendo così il cerchio attuale degli Stati rivieraschi dell’Artico.
Nel 1850 l’Artico aveva come stati rivieraschi Gran Bretagna, Russia, Danimarca e Svezia. Oggi sono Russia, Usa, Islanda, Groenlandia e Norvegia. In particolare, la Gran Bretagna non è più uno Stato rivierasco mentre vi si sono affacciati gli Stati Uniti e la Norvegia è diventata un attore autonomo di grande peso.
Risulta complesso capire il futuro della Regione.
Sulla base della situazione attuale sono numerosi gli analisti e le organizzazioni che auspicano una possibile o addirittura una probabile continuità della situazione giuridica attuale che guarda all’Artico sostanzialmente come ad una zona di pace, che non risente troppo delle tensioni che si verificano in altre parti del mondo.
Al momento, i Paesi rivieraschi si basano principalmente su trattati bilaterali, come quello tra Russia e Norvegia: dopo la spedizione russa del 2007, che piantò una bandierina sul fondale della dorsale di Lomosonov, Oslo negoziò con Mosca il Trattato sulla Cooperazione e la Delimitazione Marittima nel Mare di Barents, poi siglato nel 2010. La Norvegia, sostengono alcuni analisti quali Carlo Paganessi, spesso non guarda alle manovre russe oltre il circolo polare artico come una rinata volontà imperialista di Mosca ma come il riaffiorare di vecchie questioni, ad esempio la definizione della sovranità sulle Svalbard o i confini della penisola di Kola.
Attualmente, la diplomazia sembra l’unico percorso e aiuta in questo anche la particolare natura dell’Artico, dove le distanze restano importanti, le comunicazioni difficili e le difficoltà logistiche impegnative. Almeno nell’Artico, non si applica la visione di Thomas Friedman secondo il quale la Terra sarebbe ormai “piatta” (nel senso che, agli effetti pratici, le distanze sarebbero ormai annullate). Su questo dato di fatto si innesta un apprezzabile percorso politico, che si sostanzia in particolare nella soddisfacente collaborazione di tutti gli attori coinvolti innanzitutto su temi specifici (pesca, ricerca ambientale, sicurezza della navigazione, salvataggio in mare) e poi anche a livello di dialogo generale e di cooperazione internazionale. Un dialogo che oggi avviene tra Paesi quasi antagonisti quali Russia e Stati Uniti, senza dimenticare il crescente attivismo nella regione di Paesi del calibro di Cina e Corea del Sud.
Attualmente, l’Unione Europea si è dotata di una sua propria strategia artica e che, quando le condizioni lo permetteranno, diverrà auspicabilmente anch’essa osservatore al Consiglio Artico, tentando di rafforzare le procedure giuridiche, il rispetto degli accordi internazionali e le preoccupazioni ecologiche per il territorio. In tale “gioco delle parti”, svolge un ruolo fondamentale il diritto internazionale ed in particolare il diritto del mare. Come abbiamo avuto modo di evidenziare, l’Artico è e rimane prima di tutto un oceano, il cui regime giuridico è appunto determinato dalle convenzioni delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Accanto alle convenzioni si affiancano logiche e manovre geopolitiche, con l’importante protagonismo della NATO e la notevole presenza americana e scandinava in termini di marina di superficie e di sottomarini. L’Artico ospita testate atomiche, rinchiuse all’interno dei sottomarini classe Poseidon, in grado di lanciare missili SLBM (Sub-Launched Ballistic Missile).
Non dimentichiamo la presenza di missili presso le basi di Kaliningrad e di Murmansk e il dibattito che le manovre geopolitiche contemporanee hanno inasprito, successivamente al ritiro degli Stati Uniti dal trattato INF e che interessa non solo le acque oltre il circolo polare artico ma anche il Mar Baltico e l’intero Nord Europa.
Un attivismo che non passa inosservato e che al primo incidente aiuta a far comprendere i pericoli causati dall’uomo.
Nella prima settimana dell’Agosto 2019, vicino alla città russa di Severodvinsk si verificò un grave incidente con delle vittime e la diffusione di radiazioni. Il timore è per le radiazioni sprigionate da questo incidente, avvenuto durante un test missilistico finito male. Il panico si diffuse tra la popolazione di Severodvinsk e in tutto l’hinterland, che conta oltre 180 mila abitanti, con le farmacie prese d’assalto da farmaci a base di iodio, che dovrebbero limitare gli effetti delle radiazioni, specie per quanto riguarda la tiroide.
Panico e informazioni confuse che testimoniano come in realtà potrebbe divenire il futuro dell’Artico o una parte considerevole di tale regione.
Il trattato INF (Intermediate Range Nuclear Force Treaty) fu siglato da Reagan e Gorbachev nel 1987 a Washington. Il trattato fu reso possibile grazie al progressivo riavvicinamento di Mosca alla sua dimensione più europea attraverso l’introduzione di meccanismi liberaldemocratici all’interno delle istituzioni. Oggi, altri attori hanno acquisito potenzialità che giustamente preoccupano la Casa Bianca. Il trattato è ufficialmente “morto”. USA e NATO accusano da tempo la Russia di aver violato sistematicamente i protocolli INF. Già Barack Obama nel 2012 denunciò con estrema forza le violazioni russe del trattato.
Per Canada, Danimarca, Groenlandia, Norvegia, Russia e Stati Uniti ci sono diverse opportunità da analizzare e scrutare con attenzione, ma tutto ciò rappresenta anche una grande sfida in termini di sicurezza, energia e trasporti commerciali. L’attualità geopolitica vede un protagonismo e probabili scontri futuri tra gli Usa e Pechino, piuttosto che con la Russia.
La Cina guarda con interesse a Groenlandia e Islanda come hub commerciali e marittimi locali, investendo già nella costruzione di un centro di ricerca in Islanda, oltre a registrare un lavoro immenso dell’Ambasciata cinese in Islanda, e suggerendo un porto d’altura per il nord del Paese. Nel 2018, con la pubblicazione dell’“Arctic White Paper” è stata confermata la volontà della Cina di partecipare non solo allo sfruttamento delle immense risorse naturali, ma anche alla “governance” di questa area immensa per lo sviluppo di rotte commerciali.
L’intento è essenzialmente quello di costruire un protagonismo centrale nel consesso delle nazioni che siedono nel Consiglio Artico, con l’obiettivo di diventare una “potenza artica” entro il 2050. In tale ottica va letta la recente azione del vice ministro degli Esteri, Kong Xuanyou tesa ad incoraggiare le compagnie cinesi che intendano fare affari in tutta la regione, per costruirvi infrastrutture, reti di comunicazione o poli turistici.

Kong Xuanyou, vice ministro degli Esteri della Repubblica di Cina
Nella Repubblica Popolare Cinese non esiste un singolo dipartimento all’interno del Governo Cinese che tratti esclusivamente la materia artica, e le questioni riguardanti l’Artico vengono gestite insieme dal governo in quanto “affari polari”.
Il dipartimento istituzionale che ha voce in capitolo su tale tematica in Cina è il Chinese Arctic and Antarctic Administration (CAA). Tale dipartimento è responsabile principalmente per l’organizzazione, la coordinazione e la gestione delle spedizioni polari, della formulazione delle strategie di sviluppo, delle leggi e regolamenti relativi ai Poli, della pianificazione dei progetti di ricerca polari nazionali, dell’organizzazione e della partecipazione a meeting relativi a questioni oceaniche e artiche e del finanziamento delle spedizioni polari. Il Dipartimento coordina anche le attività cinesi ai meeting del Consiglio Artico e negli ultimi anni ha suscitato interesse, e anche molta preoccupazione, il rapporto tra il dipartimento e la China Development Bank.
La Banca fondata nel 1994 con lo scopo di sostenere lo sviluppo delle infrastrutture nazionali, l’industria di base, i settori chiave emergenti e i progetti di priorità nazionale, promuovere lo sviluppo regionale e l’urbanizzazione attraverso finanziamenti per le piccole imprese o investimenti nei settori dell’educazione, salute e agricoltura e per facilitare gli investimenti esteri cinesi e le cooperazioni nel commercio globale. La CDB, seguendo una strategia geopolitica precisa, lavora nel tentativo di aumentare significativamente gli investimenti all’estero, in particolare in progetti che riguardano lo sviluppo, l’analisi e il monitoraggio di zone ritenute ricche di risorse. Queste attività riguardano direttamente le intenzioni cinesi di investire nell’Artico e hanno suscitato accese discussioni tra gli Stati artici.
Un esempio di tale configurazione risale al 2012, quando in Groenlandia, il governo emanò una legislazione che permetteva agli operai e ai lavoratori cinesi presenti nel paese di guadagnare stipendi per nulla conformi con le politiche lavorative e sindacali della Groenlandia, legalizzando il limite di stipendio al di sotto di quello previsto giuridicamente. Una scelta politica e fiscale eseguita per soddisfare le richieste e le proposte delle banche statali cinesi permettendo ai lavoratori cinesi di lavorare in Groenlandia.
Interessi economici, politici, finanziari e bancari intimamente legati anche alle attività accademiche cinesi e al lavoro di ricerca delle università del continente asiatico. L’Università Ca Foscari di Venezia, attraverso il Corso di Laurea magistrale in Lingue e Istituzioni Economiche e Giuridiche dell’Asia e dell’Africa Mediterranea, ha analizzato a fondo il rapporto tra le università e i centri di ricerca in Cina e il loro rapporto nei confronti della ricerca finalizzata al monitoraggio e all’analisi della zona artica. Gli approfondimenti descritti da un’importante pubblicazione di Martina Manzoni analizzano nel dettaglio gli immensi finanziamenti del governo cinese alle università per tale tipologia di ricerca. I ricercatori universitari non pubblicano solo i risultati dei loro elaborati sull’Artico ma producono anche documentazione interna e non pubblica, proposte, visioni e consigli sulle politiche da adottare. Gli studi che riguardano la geopolitica nell’Artico vengono effettuati soprattutto dalle università delle città costiere della Cina, come la Ocean University of China a Qingdao che è la principale università per le scienze che riguardano l’oceanografia e la pesca, la Dalian Maritime University, la Xiamen University e la Tongji University di Shanghai. Uno dei primi accademici a interessarsi di geopolitica artica è stato Li Zhenfu della Dalian Maritime University e ancora oggi continua a condurre ricerca scientifica cinese sui trasporti e le prospettive logistiche nell’Artico.
Nel 2010 all’interno della Dalian Maritime University è stato inaugurato un centro per la ricerca sulle questioni artiche, l’Arctic Shipping Affairs Research Center. In aggiun...
Indice dei contenuti
- Prefazione
- Introduzione
- Il rapporto tra Artico e Mediterraneo
- L’Artico, gli stati rivieraschi e il protagonismo sostenibile della Norvegia
- Gli stati nordamericani in rapporto all’Artico
- Il protagonismo del diritto internazionale e le prospettive dell’Europa
- La scottante questione dello sbocco Artico
- La politica estera e gli interessi italiani nella regione artica
- Cosa accade alla biodiversità della regione artica?