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Mr.Thelonious Monk
Informazioni su questo libro
Dedicato a chi combatte per realizzare i propri sogni. Dedicato a chi combatte nonostante tutto. " Giulia Lorenzoni, " giovane musicista e attrice di grandi capacità, si è rivelata anche scrittrice di notevole talento. È riuscita a far parlare Monk senza averlo conosciuto, quando io, che l'ho avuto a fianco per oltre due ore, non vi ero riuscito. La storia della sua vita, che Monk ha "raccontato" a Giulia Lorenzoni, si legge con grande soddisfazione in questo libro. Adriano Mazzoletti
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Informazioni
Il gran sacerdote del bebop
Finalmente nel gennaio 1948 uscì il mio primo disco: lato A, Thelonious; lato B, Suburban Eyes. La Blue Note organizzò un party per l'occasione al Club 845 con sei ore di musica! Fu davvero bello, emozionante, soddisfacente. Sul cartellone c'erano i Jazz Messengers di Art, io e altri artisti della Blue Note. Non li ricordo esattamente tutti, ma fu davvero divertente.
Insomma. avevo un mio disco da far ascoltare a mia mamma con il suo nuovissimo fonografo! Non che fosse la cosa più importante in assoluto, se paragonata a tutto il resto, ma rendere fiera la donna che ha sempre creduto in me e mi ha incoraggiato facendo un milione di sacrifici, senza mai alludere alla possibilità di farmi fare un altro lavoro, per me era davvero un obiettivo primario, una necessità, in quanto dimostrazione che avevamo ragione. Anche se molto più tardi rispetto ai musicisti della mia generazione, il mio momento era arrivato e senza compromessi. Ero riuscito a registrare musica mia, con un linguaggio personale, senza dover modificare di una virgola quello che avevo in mente. Un vero smacco per il passato e per la musica di Dizzy e Bird.
A ogni modo, il disco non si “piazzava” da solo in radio e nei negozi. La Blue Note non era ancora un'istituzione e farsi accettare la distribuzione era difficile per loro, al momento.
Lorraine cercò di creare un personaggio intorno a me per rendere il disco più interessante. Fece un comunicato stampa davvero singolare, riprendendo un po' quello che aveva scritto di me Gottlieb su Down Beat ed esagerandolo all'ennesima potenza.
Questo era l'incipit :
“Proprio come Louis Armstrong ha esercitato l'influsso più profondo sui trombettisti e il loro stile ed è stato uno dei bastioni nello sviluppo del jazz, così Thelonious Monk verrà un giorno considerato come l'autentico caposcuola della corrente moderna nella musica di oggi. […] Mentre Thelonious gettava le fondamenta, alcune menti più inclini al commercio lavoravano sulle sue strane, nuove armonie e portavano la musica all'attenzione del pubblico. Così come Picasso ha fondato una nuova scuola di arte astratta moderna, allo stesso modo Thelonious ha creato un nuovo orizzonte espressivo per il jazz. […]
Persona timida e schiva, Thelonious è stato circondato da un'aura di mistero, ma solo perché considera il pianoforte la cosa più importante della sua vita e può immergersi a tal punto nella sua musica da non far più caso alle persone, agli appuntamenti, al mondo. Il risultato di questi suoi frequenti ritiri dalla società sono le composizioni, le cui melodie e armonie potrebbero nascere solo nella mente fantastica di un genio. […] La Blue Note ha in effetti trovato l'unico responsabile di questa nuova tendenza musicale. Il genio che si cela dietro l'intero movimento (e a noi è toccato il privilegio di essere i primi a mettere su disco le sue idee radicali e poco ortodosse) è un personaggio insolito, misterioso, con l'ancora più insolito nome di Thelonious Monk. Fra i musicisti, il nome di Thelonious suscita rispetto e venerazione, perché è una persona strana il cui modo di suonare non cessa di confondere chiunque lo ascolti.”33
Lorraine creò un personaggio, intorno a me. Prese il mio modo di fare, di vestire, di essere e ci fece un fumetto.
Inviò questo comunicato e il disco a moltissimi giornali e moltissime radio. Nelle lettere motivazionali che allegava scriveva sempre di quanto ero particolare ed eccentrico. Alcuni articoli menzionarono pochissimo il disco e si concentravano soprattutto sul fattore caratteristico, il fattore personaggio. Badate bene, non ero arrabbiato, anzi: finalmente qualcuno stava cercando di fare qualcosa per me. Tuttavia, risultare un tipo così strano un po' mi turbava. In fin dei conti sono un musicista, quello che importa è la musica, chi se ne frega di come sono nella vita. Se ne frega solo chi deve vendere qualche disco. Invece, quando si tratta di salvarmi dalle mie stranezze – che tanto hanno lodato – e dai miei vizi, scompaiono tutti; rimangono solo gli amici di sempre e, naturalmente, la mia Nellie.
Nessuno ha mai pensato che questi comportamenti potessero essere i sintomi di una malattia mentale, della sindrome maniaco-depressiva con cui cominciai a combattere anni dopo.
Dal 1948 venne creato il Monk che tutti conoscete, quello che è rimasto alla storia. Un personaggio quasi teatrale: scontroso, misterioso, eccentrico, bizzarro, genio, “il gran sacerdote del bebop”.
Uscì quindi il mio secondo disco con la Blue Note: Well, You Needn't e 'Round Midnight. I Lion organizzarono un party nel loro appartamento di Greenwich Village con un gremito gruppo di giornalisti, tutti lì per ascoltare il disco in anteprima. Io non ero molto a mio agio, in quella situazione. Mi piace stare con le persone, ridere e scherzare, non fraintendetemi, ma immaginate di essere in una stanza dove tutti sono con le orecchie puntate su di te, dove tutti sono pronti a dare il loro giudizio, dove tutti sono “critici”, “esperti”.
Fu una serata molto tesa. Cercavo di stare sulle mie e di non dare modo di fare conversazione, un po' come quando sei piccolo e ti dicono di non dare confidenza agli sconosciuti. Tanto, ero pienamente nel mio “personaggio” e da me quella gente si aspettava di tutto. Starmene un po' per conto mio non avrebbe dato troppo nell'occhio.
Fatto sta che, proprio durante quella serata, conobbi un tipo davvero a posto: Orrin Keepnews, un giornalista. Il suo cognome mi fece pensare a come alcune persone siano predestinate. Un po' come me, anche (“Keepnews” vuol dire “prendere notizie” e “Monk” vuol dire “monaco” – NdA). Lui era diventato un giornalista e io il sacerdote del bop. Cominciammo a parlare e ci fu feeling. Pubblicò un articolo che non trattava solo delle mie stranezze, ma soprattutto della mia musica:
“La musica di Monk comunica un senso di unità, di calore e d'intento che è in netto contrasto con i fuochi d'artificio spastici e privi di emozione del “modernismo” della Cinquantaduesima”.34
Il fatto è che la mia musica non è bebop. Preferisco definirla “modernista”. La musica mi piace melodiosa. […] Bisogna conoscere l'armonia. Capire il bebop è più difficile se uno non conosce la musica. […] Ciascuno intende la melodia a modo suo. Ecco perché certa musica è più bella di altra. Un pezzo dovrebbe sempre avere una melodia. Io suono con una pulsazione swing. Ma tutti hanno una pulsazione, si vive di pulsazioni: il battito del cuore. Se si ferma il cuore, cala il sipario.35
A ogni modo, dopo l'uscita dei due dischi e di questi avvincenti articoli, tornai a lavorare al Minton's, stavolta pagato come leader. Suonavamo la mia musica e in tanti venivano per ascoltarmi. Suonavamo in quartetto – io, Art Blakey, Sahib Shihab e Al McKibbon. Poi, alle volte, ci venivano a far visita anche gli altri musicisti che avevano suonato nei due dischi, per esempio il giovane Danny Quebec.
La critica non era molto entusiasta delle registrazioni. Down Beat diede due stelle a Thelonious e a Suburban Eyes, scrivendo: “Nelle sue sortite scolastiche, ci sono attimi in cui si direbbe che Monk stia pensando al rendimento dei suoi titoli o alla settima corsa all'ippodromo di Baltimora; insomma, a tutto fuorché al piano. Ci sono anche passaggi stride, proprio alla Waller. Per un modernista, questo è imperdonabile. Oggi tutti i pianisti hanno otto dita alla mano destra e un artiglio rigido alla sinistra […] Da Monk ci aspettiamo di più”.36
Ma che recensione è? Che ne sai a cosa sto pensando mentre suono? Come ti permetti anche solo per un secondo di mettere in dubbio che non sto pensando al piano? Man, tutto quello che penso lo suono, e tutto quello che suono lo penso. Non ti immagini nemmeno quante ore al giorno penso alla musica, quante ore al giorno le note mi suonano in testa, quante volte devo correre ad ascoltarle al piano ovunque io sia per fissarle nella memoria. Non ti immagini quanto sia faticoso incarnare la propria professione. Fare il musicista ed essere un musicista, nel mio caso, sono due cose imprescindibili. Non riesco mai a smettere di pensare al lavoro, ho la testa che lavora, capisci? Ho la testa che produce musica. Come se un fornaio avesse un forno al posto della testa e producesse un'infinità di pane tutto il tempo.
Questo sono io e quello che sono è stato inciso in quei dischi. Non posso smettere di suonare; smetti tu di parlare, man, è meglio. Anche perché, se ascolti bene, canto tutte le note di Thelonious mentre le suono e di sicuro uno che pensa alle corse dei cavalli non lo può fare.
Questo monologo è avvenuto nella mia testa, come tutte le reazioni più eroiche dettate dal “senno di poi”. Comunque, io continuavo per la mia strada.
All'epoca tra noi musicisti jazz era molto comune fumare erba tutti insieme. Ci faceva rilassare, ci permetteva di stare tranquilli per ore sul palco. Fumare un po' era molto in linea con la musica che suonavo. Il 28 giugno 1948, però, mi fermò la polizia e mi trovò una bustina di erba addosso. Io non facevo uso di altre droghe, ma all'epoca possedere l'erba era un crimine imperdonabile. Mi portarono in prigione e ci dovetti rimanere per tutta la notte. La cauzione di rilascio era di cinquecento dollari. Sono tanti oggi, figuratevi all'epoca, soprattutto per una famiglia come la mia. Fatto sta che si impegnarono tutti e tra Sonny, Nellie e Geraldine riuscirono a mettere insieme il gruzzolo necessario.
Purtroppo la mia fama di “personaggio particolare” non mi salvò e, anzi, persi l'ingaggio. Oltretutto dovevo ancora aspettare l'udienza, non ero libero del tutto. Dovevo attendere che il giudice decidesse se ero un criminale o no. I locali non volevano avere a che fare con i drogati. Che fosse erba o eroina per loro era uguale. Forse avevano trovato un modo per farmi fuori, chissà.
La Blue Note mi chiamò per un'altra sessione. Non erano riusciti a vendere granché e stavano per uscire Off Minors e Evonce, della seduta del 1947. Volevano avere musica in archivio per essere sicuri di non rimanere scoperti. Dato l'apparente flop, chiamarono una guest star: il vibrafonista Milt Jackson e il cantante Kenny “Pancho” Hagood. Erano amati dal pubblico e i Lion speravano che per associazione il pubblico potesse cominciare ad amare anche me. Quindi, modificai l'organico. I primi due dischi furono caratterizzati da formazioni giovani, ottimi musicisti ma con poca esperienza. In questo disco, invece, chiamai due veterani: John Simmons al contrabbasso e Rossiere “Shadow” Wilson alla batteria. Entrambi avevano suonato in big band e appartenevano all'era swing più che bebop. Nonostante questo, ero sempre io il più anziano della band.
Registrammo sei facciate in nove take. Evidence (all'epoca leggermente diversa, più semplice rispetto a come si è evoluta negli anni successivi), Misterioso (l'unica mia composizione in forma blues di dodici battute), Epistrophy, I Mean You e i brani cantati All The Things You Are e I Should Care.
Sembrava andare tutto bene, la musica che avevamo registrato era incredibile. Mi sentivo davvero soddisfatto. Non avevo soldi, non avevo un lavoro, ma mi sentivo un uomo davvero ricco. Avevo tante idee e nessuno, questa volta, poteva portarmele via.
Il 31 agosto fui condannato a trenta giorni di reclusione per possesso di marijuana. Nonostante avessero testimoniato a mio favore praticamente tutti gli amici e perfino Alfred Lion, nonostante fossi positivo e mi sentissi bene, il destino mi portò via trenta giorni della mia vita. Trenta giorni senza pianoforte.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Ce la stavo mettendo tutta, stavo tentando in tutti i modi di non cedere. Faceva caldo in quella cella.
New York ad agosto è rovente come l'inferno.
Sudavo e respirare era quasi impossibile.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Ero chiuso. Io, uno spirito libero chiuso in gabbia.
Non avevo un pianoforte, non avevo niente.
Io che poche settimane prima mi sentivo l'uomo più ricco del mondo pur non avendo nulla, adesso mi rendevo conto di cosa davvero volesse dire non avere nulla. Mi avevano svuotato.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Avevo la musica in testa, capite? Cercavo di distrarmi.
Ero ossessionato, stavo sempre solo, perché io con tutta quella gente non c'entravo niente. Nellie mi veniva a trovare sempre, appena poteva staccava dal lavoro e veniva. Faceva l'ascensorista, adesso.
Me la immaginavo, la mia Nellie, con la divisa, sempre sorridente, a fare tutto il giorno su e giù per un palazzo in mezzo alla città.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Lei su e giù, io avanti e indietro.
Lontani eppure vicini per ironia della sorte.
Lei, libera eppure rinchiusa in un ascensore tutto il giorno; io, rinchiuso tutto il giorno eppure libero.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Cercavo di stancarmi, capite?
Camminare ti fa stancare anche se percorri sempre gli stessi due metri. Dopo dodici ore sei stanco come se avessi fatto una maratona in montagna.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Non potevo suonare, non potevo suonare, non potevo suonare,
le mani mi facevano male per quanto volevano suonare.
Avevo in testa mille cose e più pensavo più mi sentivo male.
Camminavo tutto il giorno avanti e indietro.
Avevo il terrore di impazzire.
Andai avanti così per trenta giorni, finché non ci fu il momento della scarcerazione.
Ah, che liberazione! Non avevo mai respirato così a fondo e la città non mi era mai sembrata così luminosa.
Mi venne a prendere Nellie e decidemmo di fare una fuga romantica. Quando tornammo, eravamo il signore e la signora Monk. L'ho voluta sposare. Lei, la donna che mi è stata sempre accanto, la donna che mi ha sostenuto, che mi ha sempre creduto.
Andammo a vivere in un piccolo appartamento nel Bronx, a pochi isolati da Sonny e Geraldine. F...
Indice dei contenuti
- Prefazione
- Introduzione
- To know Monk
- Minton's
- Ogni lasciata è persa
- Quello sono io
- Ognuno con la sua musica, molti con la mia
- Il gran sacerdote del bebop
- Venerdì 13 novembre 1953
- Tony's
- Parigi
- Pannonica: The Jazz Baroness
- Una bella storia vale quanto un assolo: io e Miles
- Una brutta storia vale quanto un assolo: Emmet Till.
- 1956
- Silenzio
- Five Spot (1957)
- Bibliografia
- Ringraziamenti