Capitolo XVIII
La conclusione della corsa non bastò a spegnere nella popolazione l’interesse verso l’impresa di Seggioli, il quale fu costretto a scrivere a più riprese ad Aymo Maggi e a Franco Mazzotti, affinché in qualche modo gli riconoscessero quel premio del quale l’intera cittadinanza gli chiedeva conto.
Insomma, nell’animo di Nino c’era la volontà di fare gratuitamente il favore agli organizzatori della Mille Miglia.
Lui, bresciano doc, aveva un desiderio patriottico che andava oltre il rimborso economico. Tuttavia, a furia di sentirsi dire dai concittadini che doveva farsi pagare, si convinse ad avanzare richieste ai due benefattori affinché gli riconoscessero qualcosa.
In effetti, come già detto, nel sacco da montagna aveva inserito tutto quanto in suo possesso, gettando giorno dopo giorno gli abiti sporchi al fine di alleggerire il carico che inizialmente doveva essere piuttosto importante.
Doveva quindi rifarsi il guardaroba e questo comportava dei costi che lui non era in grado di sostenere. La pressione dei bresciani era tale da costringerlo a vivere quasi da recluso, perché ovunque si mostrasse era tutto un chiedere: quanto hai preso? Ti sei arricchito eh?
E a nulla valevano le giustificazioni che rimarcavano il suo intento volontaristico. Nessuno gli credeva, rendendogli la vita molto difficile.
Maggi e Mazzotti (soprattutto quest’ultimo) capirono la situazione e dopo qualche tempo gli consegnarono trecento lire di premio, al fine di consentirgli di rinnovare il guardaroba e di tacitare i curiosi.
Pur non riconoscendo a costoro il diritto ad interessarsi alla vicenda personale di Seggioli e dell’accordo che poteva aver stipulato con Castagneto, gli concessero una sorta di premio, peraltro meritato.
D’altronde, come si poteva dar torto ai bresciani?
Costantino era abituato a vivere di espedienti e questo incarico, nell’immaginario collettivo, avrebbe dovuto cambiare per sempre la sua vita.
Logico, dunque, credere che il popolo avesse la curiosità di conoscere quanto avesse ricavato, non accettando a prescindere la versione del podista che così, suo malgrado, si trovò a ricevere ingiurie e pressioni che gli resero difficoltosa l’esistenza.
Almeno finché non arrivò quella somma che, al cambio odierno, corrisponde a poco meno di 280 euro.
Clemente Biondetti, vincitore della Mille Miglia 1938 (foto proprietà dell’autore)
Dopo la Mille Miglia
Dopo la Mille Miglia
Al termine della sua impresa podistica, Costantino Seggioli non restò con le mani in mano e partì ancora una volta come volontario in Libia nel maggio 1939. Poi in Albania, prima di fare rientro a Brescia dove, nel giugno 1943, verrà definitivamente congedato e non vestirà più la divisa militare. Genio e sanità sono stati i suoi ambiti di impiego sotto le armi, ruoli che gli sono tornati utili per la vita civile. Come già scritto, fece diversi mestieri tra cui quello del fossore nel cimitero Vantiniano dove, per meriti di lavoro, verrà sepolto.
La sua tomba, ora, non esiste più e il corpo, dopo l’esumazione, è stato deposto nell’ossario comune.
Ma ci sono ancora due episodi della seconda parte della vita di Costantino, che meritano di essere raccontati. Durante la seconda guerra mondiale trova rifugio in città , a Brescia presso l’Esercito della Salvezza, organizzazione umanitaria militare-religiosa a sostegno dei meno abbienti: durante questa sua permanenza si affeziona ad una bambina di circa 10 anni di nome Miriam che quasi adotta, portandola spesso a casa presso parenti. Lui che non aveva costruito una famiglia, intravedeva forse in questa piccola quella figlia che non aveva avuto.
A guerra finita, invece, è solito svolgere parecchie lunghe camminate con ascensioni sulle cime dei monti a nord di Brescia: in una di queste, tra gole e dirupi della collina di S. Onofrio a 990 m s.l.m. ritrova ed identifica il corpo senza vita di un membro della ricca famiglia Reguitti, titolari della omonima falegnameria di Agnosine (famosa ditta, rimasta in auge sino al 1970, produttrice di arredi e complementi in legno), ucciso da mano nemica negli ultimi giorni di guerra.
Raccoglie le spoglie terrene del ragazzo, caricandole sulle spalle e con una fatica estrema riconduce il martire alla casa paterna. Costoro per ricompensare Costantino del fraterno gesto, gli assegnano un vitalizio di 5mila lire.
Prima pagina della lettera originale scritta da Costantino Seggioli al Conte Aymo Maggi (copia fornita da Ugo Pasqui)
Lettera di Seggioli al Conte Aymo Maggi
Egregio signor Conte,
per ben due volte, dal mio arrivo a Brescia, ò dovuto fuggire ad Agnosine, mio paese natio, per non scoppiare, per non impazzire, per non fare qualche sciocchezza irreparabile.
Credo di essere diventato il capro espiatorio dei tifosi che mi schiantano l’anima (con tutto il resto) con il continuo chiedere: à i preso un bel premjo, eh? Prenderai il premio, eh? Quanto à i preso, quando lo prendi?, insomma, Signor Conte è diventata una ossessione che dura tutt’ora. Come Le dissi in Viale Venezia, le cartoline non servivano che a spegnere l’entusiasmo, anziché ravvivarlo ed ognuno gentilmente respingeva.
E speravo tanto da queste! Purtroppo non fu così!
Seconda pagina della lettera originale scritta da Costantino Seggioli al Conte Aymo Maggi (copia fornita da Ugo Pasqui)
Portai con me, per ogni evenienza lungo il giro, tutti gli indumenti che possedevo.
Ora non ò più nulla che ciò che indosso.
La mia speranza era di potermi rifare, in parte almeno…ma invece, anche su di me la sfortuna si accanisce?
Il Comm. Castagneto desidera prima di concertarsi seco lei a riguardo mio.
Non bisogna assolutamente che la gente, tutta di Brescia, pronunci delle frasi irrifle...