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La totalità periferica come dimensione attuale della città
Informazioni su questo libro
Oggi la periferia indica soprattutto qualcosa di concettuale, ovvero lo spazio del limite, ma un limite mobile che oltrepassa costantemente se stesso. Andare avanti è il ruolo della periferia, sia in termini concreti sia metaforici.
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Informazioni
Argomento
Ciencias socialesCategoria
Sociología urbana1. L’inizio della memoria
Il mio sguardo si spingeva liberamente fino ai Colli Albani, sculture azzurre descritte dalla luce che nel corso del giorno le modificava, una immagine suggestiva e cangiante che anni dopo riconobbi nello sfondo del famoso ritratto di Johann Wolfgang von Goethe dipinto da Wilhem Tischbein e, più tardi, come le alture terminali che compaiono nel sipario per lo spettacolo Parade di Jean Cocteau, che Pablo Picasso aveva realizzato a Roma nel 1918. Altre presenze per me notevoli erano le torri che punteggiavano la vasta campagna attorno al Quadraro, i molti campi coltivati e alcuni abbandonati; una marana con il letto bordato da canneti; i maestosi acquedotti romani, che ritmavano musicalmente uno spazio che sembrava infinito; ogni tanto piccole valli tufacee cosparse alla base da grotte, alcune delle quali ospitavano i pastori e le loro pecore; il Casale di Cecafumo, l’Aeroporto di Centocelle, con numerosi aerei parzialmente distrutti sui quali, io e i compagni delle mie avventure infantili salivamo, sedendoci al quadro dei comandi, provando così il brivido dell’avventura; il Forte Casilino; il Monte del Grano, che forse evoca il moggio dove si raccoglievano i chicchi dopo averli estratti dalle spighe nei mulini. Un monumento avvolto da una fitta alberatura che da grande avevo letto essere il sepolcro circolare di Settimio Severo, un’attribuzione per inciso successivamente messa in discussione, che sempre con i miei compagni scalavo. Tutto ciò comprese le case, piccole, di uno o due piani, con minuscoli ma pittoreschi cortili; il Cinema Folgore, nel quale durante gli anni Settanta Luca Ronconi farà le prove dei suoi spettacoli, erano le componenti del paesaggio mentale che il Quadraro mi offriva, senza dimenticare Cinecittà, l’Istituto Luce, il Centro Sperimentale di Cinematografia, nel quale, concedendomi un ulteriore ricordo biografico, feci un provino, purtroppo senza esito positivo, per il film di Augusto Genina Il cielo sulla palude. Quella mitica borgata era allora una periferia extra periferica se così si può dire, che il grande Pier Paolo Pasolini scoprirà qualche anno dopo, un micromondo da me vissuto dalla nascita fino al 1953, dopo aver visto crescere il Quartiere Tuscolano di Mario De Renzi e Saverio Muratori. Un’opera carica di promesse, che nella mia giovanissima età mi fece amare l’architettura e sceglierla senza mai metterla in discussione, mestiere nel quale avevo già individuato la feconda interazione tra l’architetto e chi avrebbe vissuto negli edifici da lui progettati e costruiti.
È al Quadraro che ho fatto una scoperta di una certa importanza, almeno per me. Ogni edificio non è mai appoggiato a caso sul suolo. Esso è sempre collocato in un’area che è in relazione con altre aree in modo da dare vita a un insieme architettonico che è molto più che la somma dei suoi elementi. La necessità di pensare a un sistema di elementi edilizi si esprime nel tracciato, vale a dire il coordinamento di strade, di diversa larghezza e lunghezza, composte in un disegno che possiede segni orientativi all’interno di un accorto concerto di direzioni primarie, secondarie, marginali. Compresi allora cosa è il tessuto urbano in quanto prodotto del costruire nel tracciato, come il tessuto riceva la luce, come essa generi le ombre, come questa tessitura di muri e di stanze si apra o si chiuda all’aria che la nutre, come essa controlli i venti, la pioggia, il freddo, il caldo. Parallelamente a queste letture mio padre operaio presso la Clinica Ortopedica dell’Università La Sapienza, appassionato di arte e di letteratura nonostante non avesse potuto studiare essendo rimasto orfano di entrambi i genitori nei suoi primi anni, faceva visitare a me e ai miei fratelli i Musei Vaticani e il Museo Etnografico Pigorini al Collegio Romano, poi da decenni trasferito all’Eur, luogo mitico dove Athanasius Kircher aveva costruito la sua Wunderkammer. Ancora oggi ricordo la scoperta di cosa è la pittura e la scultura e quei magnifici viaggi come se avessi appena vissuto quella esperienza.
Dopo la straordinaria lezione iniziale che avevo ascoltato dal Quadraro, la mia famiglia si trasferì a San Lorenzo, allora considerato, nonostante fosse a ridosso delle Mura Aureliane, una periferia, per di più con una cattiva fama. Il giorno del trasloco a Via dei Latini 40, entrando nel quartiere per la prima volta, mi sentii soffocare dalla prossimità, per me claustrofobica, dei palazzi rigidamente squadrati, con gli appartamenti serviti da ballatoi che a volte, come a Palazzo Lamperini, ricordavano cupi ambienti piranesiani. San Lorenzo era un quartiere compatto agli antipodi di quello di piccole case e di grandi orizzonti dal quale provenivamo. All’inizio dei miei studi universitari i miei luoghi di riferimento cambiarono radicalmente e li sostituii con il Tridente, con Piazza del Popolo come un luogo dinamico, estremamente vitale, animato da una cascata verde che scende dal Pincio, un luogo che era nei primi anni Sessanta l’avanzato centro della cultura, non solo romana e nazionale, ma aperta al mondo intero. Ricordo Orson Welles che si aggirava nel magnifico scenario urbano di Giuseppe Valadier e tanti altri protagonisti di varie arti e saperi, tra i quali gli attivi membri del Gruppo ’63 che colonizzavano Rosati e Canova. Due bar, soprattutto il primo, teatri di coinvolgenti discussioni. Ho conosciuto in quel periodo molti artisti famosi tra i quali Achille Perilli, Gastone Novelli, Franco Libertucci, Gianni Novak, e tanti altri pittori e scultori miei coetanei o più giovani, tra i quali alcuni già piuttosto noti nell’animato circuito dei musei e delle gallerie, vissuto con passione e a volte con rissosi confronti. Un grande poeta, Valentino Zeichen, ci indicava inediti percorsi narrativi proponendo un suggestivo immaginario, metafisico e profondo, privo di abbandoni psicologici o autobiografici. A Piazza del Popolo aveva lo studio il mio maestro Maurizio Sacripanti, architetto e professore presso la Facoltà di Architettura, con il quale ho lavorato a lungo. Devo a lui l’avermi considerato, fin...
Indice dei contenuti
- Premessa
- 1. L’inizio della memoria
- 2. Brevi considerazioni sul vedere la città
- 3. Dall’attuale anonimato urbano a una nuova bellezza della città
- 4. Una conclusione in fieri
- Progetti di distruzione (1991)
- Tauns (2015-2016)
- Canto alla periferia