Vivere sereni. Consigli e strategie per vincere l'ansia e la depressione
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Vivere sereni. Consigli e strategie per vincere l'ansia e la depressione

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Vivere sereni. Consigli e strategie per vincere l'ansia e la depressione

Informazioni su questo libro

Come ritrovare le nostre risorse e rendere la nostra vita e quella di chi ci sta vicino più serena e felice? Più di cento tecniche ispirate a Jung e all'analisi transazionale, alla teoria della Gestalt e alla neurolinguistica americana, ma anche alla storia, alla mitologia e alla favolistica: un valido strumento per aiutare ad aiutarsi nel labirinto del mondo e trovare la strada della felicità perché, come dice un grande saggio, l'unico dovere che abbiamo è quello di essere felici. Ciascuno a suo modo.

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Informazioni

Luciana Marinangeli
Vivere sereni
Consigli e strategie
per vincere l’ansia e la depressione
bordeaux eBook
© Bordeaux 2014
www.bordeauxedizioni.it
Impaginazione e realizzazione digitale/Plan.ed
www.plan-ed.it
isbn 978-88-97236-49-8
Premessa
Traggo le parole da Montaigne, il grande saggio e galantuomo, per dirti, lettore, che questo è un libro sincero, nato da una personale ricerca della felicità. Questa ricerca ha trovato risposte in spiriti generosi – grandi maestri del passato, psicoterapeuti illuminati, scrittori e pensatori, e anche persone che hanno, semplicemente, amato. Ho cercato e trovato risposte in chi sapeva vedere e sentire in ogni forma di vita una bellezza e un futuro.
Poiché la vita è un circolo, ho desiderato ripassare ad altri la bellezza e la luce ricevute, perché di nuovo venissero a me.
Sono stata sintetica, per occuparmi del massimo numero di problemi possibile.
Spero che il discorso risuoni, che le parole lette acquistino l’evidenza di un film a colori, col suo movimento così simile a quello della vita, di quel quadro di Brueghel che dipinge una accelerazione felice verso la luce.
Luciana Marinangeli
Desidero ringraziare Paola Varani, che di questo libro ha curato
la nascita materiale con intelligente e amorosa sensibilità
e Gianluca Cresciani, che ha disegnato il glifo del ginkgo biloba, l’albero millenario che ha resistito alle esplosioni nucleari e che qui indica, con la sua bellissima foglia, i messaggi più importanti.
Supponiamo che...
Supponiamo che per imparare a vivere sereni sia importante e possibile:
  • * sentire in ogni problema un’opportunità positiva, una magnifica occasione in abiti da lavoro
  • * guardare se stessi e il mondo con meraviglia
  • * guardare il futuro
  • * cogliere non la patologia ma la potenzialità
  • * imparare a essere duttili, una giovane canna che sa piegarsi fino a terra e senza spezzarsi rivolgersi di nuovo al sole
  • * imparare a riconoscere la radiosità di tutte le cose come loro verità
Alla Gioia
Gioia, bella scintilla divina,
figlia dell’Elisio...
i tuoi incantesimi ricongiungono
ciò che il costume ha severamente diviso.
Tutti gli uomini divengono fratelli
là dove si sofferma l’ala tua dolce.
Siate compresi in un solo amplesso, o milioni!
Questo bacio vada al mondo intero!
Fratelli – sopra la volta stellata
deve abitare un padre amabile...
Gioia si chiama la forte molla dell’intera natura.
Gioia, gioia muove le ruote
nel grande orologio dell’universo.
Fiori essa trae dai germogli, sôli dai firmamenti,
negli spazi fa girare sfere ignote
allo strumento del veggente...
La gioia spumeggia nelle coppe...
Questa coppa allo Spirito Buono,
lassù sopra la volta stellata,
che lodano i vortici di stelle...
Ode alla gioia (An die Freude)
Friedrich Schiller
Parte prima
Come vivere sereni con se stessi
La serenità e ciò che la turba
La depressione, il grande ostacolo
Piccolo elogio della depressione
Elogio della depressione? Cosa c’è da elogiare nell’umore tetro, nel cuore gonfio come una pietra, nella voce che scende all’ingiù, come un uccello di palude che vola basso?
Qualcosa di buono c’è; altrimenti tante persone non se la terrebbero così vicina e così cara. Un’energia speciale; molto potente, se è capace di simili effetti. Allora, ci conviene farcene un’amica. Vediamo cosa la depressione ci porta di utile.
La depressione è, a suo modo, un avvicinamento alla realtà
È un mollare la presa sui propositi e sulle illusioni che in quel momento mostrano la loro irrealtà. Non che la visione del mondo del depresso sia la realtà. Anche gli scienziati, oggi, parlano solo di possibili modelli di interpretazione del mondo, che possono cambiare domani.1
Ma quando siamo tristi, ci siamo innanzitutto un po salvati dal falso modello di allegria a tutti i costi che ci incombe da ogni festa e da ogni manifesto: per cui diventa proibito, quindi ancora più angosciante perché rimosso,2 ogni accenno alla realtà della sofferenza, sia intorno a noi che in noi.
Ecco allora che: se perdiamo qualcuno a noi caro; se abbiamo visto per strada un barbone per terra, ignorato da tutti, se abbiamo incontrato un portatore di handicap psichico accompagnato da un familiare con gli occhi vitrei di greve solitudine, ci sentiamo male.
Quando ci permettiamo di essere depressi vuol dire che stiamo un po ascoltando noi stessi. È sempre meglio che star ascoltando altri.
Inoltre, se non vedo i miei limiti non posso fare alcunché per ampliarli; anzi, ci sono ancora più dentro, perché non ne sono consapevole.
Se non vedo i miei limiti ci vado a sbattere contro malamente quando mi pongo un progresso senza rive: testimone la rana della favola, che non sapeva di avere confini alla propria capacità di gonfiarsi, e nella sua smania di essere grossa come il bue, perse non solo il limite ma anche la pelle.
Per Jung3 uno degli scopi della terapia psicologica è proprio l’accettazione della propria limitazione, la linea d’ombra di cui parlava Conrad,4 la sottomissione dell’Io volontario al Sé, all’energia impersonale, l’abbandono alla potenza della vita oltre che il ritorno al semplice e al permanente, vale a dire alla nostra natura, con i suoi limiti, che sono anche il suo disegno, la sua personalità.
Non lasciate la volontà farvi
da giardiniera dell’anima
«a meno che non siate sicuri ch’essa è più saggia della vostra anima», dice Lee Masters in Antologia di Spoon River. Essere anche tristi è giusto, fa parte della vita; quella vita che è superiore a ogni giudizio, che esiste e ha in questo il suo massimo valore.
La depressione periodica è naturale
La depressione periodica è naturale, come testimonia la scienza dei bioritmi. Secondo questa teoria, formulata agli inizi del Novecento da Freud, dal suo amico e seguace Fliess e contemporaneamente da un altro scienziato, Swoboda, sconosciuto ai primi due – poiché le grandi idee sono impersonali; come dice Seneca, «le cose reali e belle appartengono a tutti», e genio è solo colui che le capta e le diffonde –, l’energia vitale non ha un andamento ascensionale dalla nascita alla morte, ma ciclico, come tutto in natura: osserva il cammino degli animali, sempre a zig-zag; ricorda l’eterno sorgere e tramontare del sole in cielo.
Quando nasce, un bambino è all’inizio della fase fisica, affettiva e mentale della sua vita. Questa fase ha una ondulazione regolare: inizio, apice, fine; nuovo inizio, crescita, apice, crisi di cambiamento (perché cambiamento di direzione), decrescita; nuovo inizio. Per tutta la vita.
È quindi naturale «sentirsi giù», avere meno slancio per almeno quattordici giorni al mese, tempo della fase affettiva decrescente. Essa può coincidere con gli undici giorni della fase fisica decrescente, tempo in cui l’energia si ripiega su se stessa, e la persona, compatibilmente con la sua situazione esterna, fa bene a rilassare il suo slancio di conquista e di azione (attività fisica, novità, imprese piccole e grandi...), a mettere più attenzione nella comprensione dei fatti, nell’elaborazione interna di ciò che è accaduto, in attività più pacate e interiori, come il semplice, e così significativo, riordino dei cassetti.
Siamo sempre liberi di remare contro corrente, poiché una scelta di qualche tipo resta sempre possibile, e quindi anche se il corpo, il cuore e la testa ci stanno chiedendo pace e tranquillità possiamo sempre buttarci ad agire. Ci risulterà più faticoso, perché «non era il momento»; poiché la vita è più grande di noi e ci conviene scorrere assieme a lei, non contro.5
La depressione dopo un lutto, una perdita
C’è poi la depressione dopo un lutto, una perdita: di una persona cara, di un amore, ma anche di un posto di lavoro, di una cosa o una terra amata, di un ambiente a noi affine, di un animale che forse ci era più vicino di qualsiasi altro essere, testimone di fronte a cui noi esistevamo, piccolo peso caldo sul nostro corpo la sera, occhi che ci seguivano.
Anche qui è normale e naturale essere depressi, è innaturale «fare finta di niente», «non pensarci», «fare come se non fosse accaduto», «la tua è necrofilia!», «scordatelo, scordatelo!». Se cacciata nell’inconscio, la memoria busserà alla porta dell’anima ancora più forte, si affaccerà come stanchezza, come inerzia, come dolori alle ossa, come colite – questo «pianto delle viscere» –, come mal di denti o (purtroppo accade) come tumore.
Uno dei più bei film di François Truffaut (La chambre verte, 1978) ha per protagonista un uomo che, lungi dal voler dimenticare i suoi cari estinti, dedica loro una stanza piena di luci e di fiori sotto i loro ritratti coi quali si intrattiene familiarmente.
Il lavorìo del lutto. Freud ha insegnato come comportarsi di fronte al lutto, descrivendo il lavorìo del lutto. Egli dice che invece di rifiutare il ricordo bisogna accoglierlo consapevolmente, così come si presenta, sotto forma di piccoli ricordi quotidiani: della persona amata ricordiamo all’improvviso il sudore, il corpo nudo nella vasca da bagno, il volto e lo sguardo, la mano che estraeva con noi la teglia dal forno, la canzonetta canticchiata con uno sguardo significativo, l’andatura eretta quando la guardavamo dalla finestra scendere il marciapiede.
Bisogna accettare allora il ricordo insieme al suo dolore, l’atroce trafittura di spillo: ogni puntura accettata provocherà la rottura di una maglia nella rete del dolore, finché, dopo due o tre anni, di chi ci fu caro resterà solo la dolcezza del ricordo, l’immagine bella che mai sparirà, tesoro della nostra vita che resterà accanto come un angelo cui potremo chiedere aiuto.
Esiste una vasta letteratura sugli angeli;6 e non guardiamo tanto se si tratti di una cosa vera, impossibile da definire per un umano, ma se sia una cosa che ci fa bene: in tal caso, ce la terremo accanto.
Molti hanno fatto l’esperienza di sent...

Indice dei contenuti

  1. Parte prima
  2. Parte seconda
  3. Appendici