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Alexis Tsipras. La mia Sinistra
Informazioni su questo libro
Un dialogo approfondito con Alexis Tsipras, leader di Syriza, il partito della Sinistra greca che si è affermato come alternativa reale al piano lacrime e sangue imposto al Paese dalla Troika e dai creditori internazionali. Un libro-intervista sul ruolo della Sinistra in una società sempre più disorientata e indebolita dalla crisi. In Grecia, in Italia, in tutta Europa. Prefazione di Stefano Rodotà.
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Informazioni
Argomento
EconomiaCategoria
Economia politicaObiettivo governo
Molti paesi europei, in questo momento, guardano a Syriza come a un esempio da seguire per tutta la Sinistra nel suo complesso. Come state gestendo il fatto inusuale di essere riusciti a passare, in circa tre anni, da una percentuale del 4% al 27%? Cosa sta a significare, per voi, questo cambiamento?
Possiamo dire che si è trattato di uno shock, sia per la società greca, sia per noi di Syriza. Prima di tutto dobbiamo cercare di capire i motivi che ci hanno permesso di raggiungere il 27%1: si potrebbe anche parlare di una bolla di sapone, ma una bolla che dura da più di tre anni è qualcosa di diverso, è un fenomeno sociale ben preciso, il quale va spiegato usando termini politici e sociologici. Io credo che Syriza sia riuscita a diventare la forza politica che ha espresso e concentrato la delusione e la forte scontentezza che si era accumulata nella classe media della società, a causa della “politica del tradimento” esercitata dalle forze politiche borghesi. Mi riferisco in particolar modo alla socialdemocrazia, la quale nel passato riusciva a rappresentare – in un modo o in un altro – questa classe sociale della media borghesia, i suoi interessi.
Non dobbiamo essere, tuttavia, reticenti o parziali: credo sia il caso di riconoscere che negli anni Ottanta, con il partito socialista del Pasok al governo, questa socialdemocrazia abbia giocato anche un ruolo di redistribuzione del reddito, con dei cambiamenti rilevanti per quel che riguarda la stratificazione sociale. La redistribuzione di cui parlo ha aiutato ad aumentare il livello di vita, e anche i figli degli agricoltori o degli operai hanno potuto laurearsi in ingegneria, in medicina o giurisprudenza. Negli anni Ottanta, quindi, in Grecia si è potuto dar vita a una classe media vasta e forte che negli anni Novanta ha vissuto il suo grande sogno e alla fine si è ritrovata a giocare in borsa.
Ma questa classe sociale è crollata in modo violento e repentino nel 2010. In modo così violento che molte persone si sono ritrovate, indignate, a manifestare nelle piazze e per le strade. Cercavano un nuovo orientamento, una nuova bussola politica e ideologica. In quel momento, Syriza ha dimostrato di essere un partito dotato dell’elasticità necessaria per poter far parte di tutta questa onda di resistenza e indignazione, per darle voce in Parlamento e – soprattutto – per prendere parte a tutto ciò senza voler imporre il suo controllo. Ha dimostrato di essere una forza politica che si è posta in modo amichevole, con una struttura moderna e al contempo con una tradizione che è riuscita ad attrarre tantissima gente. Si tratta della tradizione della resistenza contro il nazifascismo, di cui ho parlato prima, e che ci permette di conservare una vocazione maggioritaria, poiché la Storia ci dice che siamo stati capaci di conquistare, in un periodo molto difficile, il sostegno della maggioranza dei cittadini greci.
Intende dire che non avete voluto gestire e controllare le forze sociali che hanno partecipato a queste inedite forme di protesta, ma che si è trattato, in qualche modo, di un rapporto paritario?
Il “movimento delle piazze”, con cui è stata data voce all’indignazione, in alcuni ha provocato più che altro viva preoccupazione, mentre in altre forze – come il Partito comunista greco KKE2 – ha fatto scattare delle pulsioni di controllo della situazione. In altri casi, come quello di Syriza, ha fatto nascere e ha alimentato la voglia di partecipazione, di contribuire al rafforzamento di questo movimento e attraverso questo processo anche a rendere egemoni le nostre posizioni. A mio parere, il KKE ha affrontato tutta questa realtà in modo svilente.
Come un qualcosa che si trova al di fuori delle pratiche politiche note e consolidate?
Esattamente come una minaccia. E con lo stesso modo svilente ha voluto affrontare e rivolgersi al popolo greco. Ricordo che dopo il risultato delle elezioni tenutesi nel maggio e nel giugno del 2012, in cui Syriza è arrivata a prendere il 27% dei voti, il Partito Comunista Greco ha lanciato lo slogan “ora il popolo deve correggere il proprio errore”. Volevano dirci – in poche parole – che il popolo non era stato in grado di comprendere, che loro sono quasi infallibili, e che in sostanza non sono stati capiti. Questa è una parte di tutto il processo.
L’altro elemento che ha contribuito in modo determinante al nostro rafforzamento è stato quello di essere stati capaci di fare riferimento, quasi da subito, al bisogno di un governo alternativo per il nostro paese. Ricordo perfettamente che nel giugno del 2010, alla Conferenza programmatica di Syriza, io dissi che era necessario costruire un blocco di potere alternativo. In realtà mi stavo già riferendo a quello che abbiamo ufficializzato un anno più tardi, al bisogno di un “Governo della Sinistra”. In quell’occasione ho parlato del bisogno di costituire un vasto blocco che combattesse i memorandum di austerità e che potesse arrivare al governo, appunto, per bloccarli. Quando ho esposto la mia strategia, la maggior parte delle persone hanno pensato si trattasse quasi di uno scherzo, perche all’epoca eravamo un partito che non superava il 3%. Subito dopo, però, anche le indagini demoscopiche hanno iniziato a mostrare che il blocco delle forze politiche che si opponeva ai memorandum poteva essere associato a una tendenza positiva, in continua crescita. Tutto ciò ha trovato conferma un anno e mezzo più tardi, con le elezioni di maggio del 2012, quando Syriza è riuscita a raggiungere il 17% e a conquistare una posizione di spicco tra tutte le altre forze che si ponevano contro i memorandum di austerità. Da una parte abbiamo conquistato un preciso vantaggio, e dall’altra abbiamo insistito sul bisogno di raggruppare le forze antiausterity. Gli altri, invece, riguardo a questo bisogno di unità, continuavano solamente a giocare in difesa...
Ed è cosi che siete riusciti a diventare il principale punto di riferimento della Sinistra?
Direi che si può parlare, in qualche modo, di uno sviluppo naturale. Il messaggio delle urne ha mostrato chiaramente che eravamo la forza in grado di minacciare lo status quo dei memorandum, siamo diventati una realtà che ha attratto un numero ancora maggiore di soggetti. Ciò si è visto ancora più chiaramente nelle seconde elezioni, quelle del giugno del 2012, quando abbiamo puntato alla vittoria e a governare il paese. Abbiamo mancato di poco l’obiettivo a causa della guerra che ci è stata sferrata dai media, a causa di un attacco basato su un clima che sembrava prefigurare una sciagura imminente. Parlo di un attacco organizzato in modo molto preciso.
Malgrado questo siamo riusciti a raggiungere un risultato storico per la realtà greca – il 27% – e a ripeterlo nelle elezioni europee del maggio 2014, con un ulteriore valore aggiunto, di portata storica: è stata la prima volta che in Grecia un partito di Sinistra è riuscito a vincere le elezioni europee, con un vantaggio importante, di quattro punti percentuali. È un risultato che forse avrebbe potuto ottenere il Partito Comunista Greco, se non avesse deciso, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, di non partecipare alle elezioni politiche3. Ritengo davvero che Syriza abbia raggiunto un risultato di importanza storica...
Anche il vostro slogan preelettorale “Per la prima volta a Sinistra” guardava a questo risultato. Quindi, in fondo, ve lo aspettavate...
Sì e direi che assieme alla vittoria storica del Pci alle elezioni europee del 1984, poco dopo la morte di Enrico Berlinguer, si tratta di un caso praticamente unico a livello europeo. L’unica altra eccezione è il governo del Partito Comunista Akel, a Cipro. Per rispondere in modo esaustivo alla sua domanda, credo che Syriza sia riuscita ad arrivare dal 4% al 27% perché abbiamo avuto la capacità politica di individuare in modo molto veloce i cambiamenti politici e sociali che hanno provocato la crisi. Intendo lo sbriciolamento, la distruzione dei soggetti sociali causata dalla politica dei memorandum.
Allo stesso tempo, abbiamo offerto una via di uscita politica a tutti i cittadini che avevano l’esigenza di potersi esprimere per fermare questo processo di distruzione. Ci siamo trovati, quindi, in modo quasi “violento”, repentino, dal 4% al 27%, e questa “violenza” ci mette ancora alla prova, perché ci costringe, comunque, a cambiare orientamento. Abbiamo avuto l’istinto di comprendere, esprimere e rappresentare gli interessi dei gruppi sociali che erano rimasti senza alcuna rappresentanza politica, senza una casa, ma devo confessare che non avevamo la cultura propria di un partito che rivendica il potere.
C’eravamo schierati, ritrovati tutti a Sinistra – anche io, ovviamente, – avevamo accettato e sostenuto un modo di vita, che aveva a che fare, principalmente, con la resistenza, con la denuncia e un approccio teorico tendente a una società “altra”. Non c’eravamo confrontati, però, con il bisogno pratico di aggiungere ogni giorno un piccolo mattone per poter costruire questa società di cui parlavamo, specie in un momento difficile come quello che stiamo vivendo.
Se domani Syriza sarà chiamata a governare, sarà obbligata ad affrontare una situazione sociale, una realtà drammatica: la disoccupazione quasi al 30%, una povertà diffusa, una base produttiva praticamente distrutta. E si tratterà – fuor di dubbio – di una scommessa enorme, anche questa di portata storica. Si potrebbe dire che sarà una scommessa simile a quella del Brasile di Lula, quando è stato eletto presidente. Noi, intendo la Sinistra nel suo complesso, dobbiamo cercare (senza trovarci nella difficilissima posizione e nel ruolo del capro espiatorio) di riuscire a mantenere la coesione dei gruppi sociali, all’interno di un progetto di ricostruzione produttiva, di democratizzazione e di uscita dalla crisi. Ed è un’impresa molto difficile.
Seguendo tutto ciò anche dal di fuori, si può guardare in questo momento a Syriza quasi come a un caso unico, dal momento che non appartiene alla famiglia della socialdemocrazia, non si identifica nelle posizioni dei partiti tradizionalmente comunisti e sta cercando di tracciare una strada nuova, con uno spazio nuovo tra queste due grandi famiglie. Si potrebbe parlare di un esperimento che cerca di riformare le posizioni della Sinistra, tenendo insieme, appunto, i suoi “punti forti” e il bisogno di modernità?
Possiamo dire che è cosi, ma si tratta di un processo che è iniziato da metà degli anni Novanta, quando in Grecia è stata creata la Coalizione della Sinistra e del Progresso, Synaspismòs. Parliamo del periodo in cui, in Europa, una serie di partiti post comunisti – dopo la caduta del Muro di Berlino – cercavano di apporre il loro tratto ideologico e politico, andando oltre i confini della socialdemocrazia e della strada seguita sino ad allora dai partiti di area comunista. È in quel periodo che si è formato anche il Partito della Sinistra Europea che comprendeva e continua a comprendere anche alcuni partiti comunisti. Sono dei partiti, tuttavia, che hanno compiuto una seria autocritica riguardo al periodo stalinista e hanno rinnovato il loro modo di interpretare ed elaborare la realtà. Tra i membri del Partito della Sinistra Europea, ovviamente, ci sono anche forze come Syriza, la coalizione in cui si è trasformato Synaspismòs.
Analizzando la cosa, qualcuno potrebbe dire che questo tratto ideologico è riuscito a raggruppare delle forze appartenenti a una Sinistra indebolita e in disfacimento, che non riusciva a superare il 6 o 7%. Ora, però, Syriza sta rivendicando la guida della Grecia, il governo del paese. Io vedo come una cosa estremamente positiva il fatto che il nostro sia un partito giovane ma con alle spalle una lunga tradizione. Le sue radici affondano nel secolo passato, ma quello che abbiamo, appunto, è un partito giovane. Altrettanto positivo è il fatto che non appartenga al blocco di forze le quali continuano a seguire l’ortodossia comunista, e che non faccia parte della famiglia socialdemocratica.
Stiamo parlando, ovviamente, di una socialdemocrazia che oggi è parte integrante della crisi in atto e che ha una grande responsabilità per lo stato in cui si è venuta a trovare l’Europa. È una socialdemocrazia “geneticamente modificata”, che ha adottato quasi tutti i credo neoliberisti. In questo senso, quindi, potremmo dire che tanto Syriza quanto gli altri partiti della nuova Sinistra dell’Europa non portano sulle spalle il peso dei “peccati originali” di alcune forze che appartengono alla nostra tradizione. Contemporaneamente, non sono neanche responsabili dei grandi delitti perpetrati dalla socialdemocrazia nel periodo che stiamo vivendo. Siamo in grado, cioè, di offrire una prospettiva più ampia, di catalizzare e unire forze ancora maggiori rispetto a quelle raggruppate, tradizionalmente, dal blocco socialista. A chi è solito sottolineare che siamo un partito filoeuropeo – il quale comprende la situazione che si è venuta a creare con la realtà data della globalizzazione – ma non apparteniamo a nessuna grande famiglia politica dell’Europa, vorrei ricordare questo: nel 1981, anche il Partito Socialista del Pasok4, di Andreas Papandreou, si trovava esattamente nella nostra stessa situazione. In realtà non apparteneva né all’Internazionale Socialista, né ai partiti socialdemocratici e neanche alla Sinistra socialista.
Tra le altre cose, se non erro, i giornali scrissero che Andreas Papandreou non voleva entrare nell’Internazionale Socialista per non sedersi allo stesso tavolo di Shimon Peres...
Tra le altre cose, a quanto pare, anche per questo. Ma non solo, perché all’epoca si presentava come un partito più a Sinistra dei membri dell’Internazionale Socialista..
Era anche molto vicino ai paesi non allineati con iniziative a favore dei disarmo Est-Ovest...
Sì, e in realtà ha giocato anche un ruolo proprio di una forza amica rispetto al blocco sovietico.
Ricordo che nel corso di una crisi internazionale, Papandreou aveva ricevuto prima gli ambasciatori del Patto di Varsavia, lasciando attendere, in anticamera, quelli dei paesi Nato...
Probabile, anche se va detto che Papandreou aveva la capacità di muoversi contemporaneamente su piani molto diversi. A queste osservazioni, quindi, io mi sento di rispondere che il nostro paese, evidentemente, ha condizioni climatiche speciali e produce, diciamo, un “vino speciale”. In questo senso possiamo parlare di Syriza come di un “fenomeno greco”, come in un certo senso, nel passato, lo è stato anche il Pasok o l’Akel, il partito Comunista Cipriota, che ha conquistato la presidenza del paese, nel 2008. In questo senso non trovo corretto porre Syriza all’interno di un blocco di forze che non sono al potere, e trarne la conclusione automatica che non ce la potrà fare a conquistare il governo del nostro paese. Siamo un partito giovane, con radici molto profonde e questa particolarità, ripeto, è tutt’altro che negativa...
Molti osservatori greci e stranieri hanno accostato, appunto, la sua personalità a quella dell’ex primo ministro socialista Andreas Papandreou, che ha governato la Grecia negli anni Ottanta e Novanta. Lei cosa ne pensa, si sente il nuovo Papandreou?
Anche io l’ho sentito dire spesso, ma credo si tratti di un’esagerazione. Un’esagerazione sotto molti aspetti, e posso spiegare il perché. Prima di tutto, io non faccio parte, non discendo da una famiglia di politici. Non sono nato per diventare un politico, non ho studiato nei college e mio padre non è stato primo ministro, come era, invece Gheorghios Papandreou5 negli anni Sessanta. Parliamo, quindi, di una differenza importante. Oltre a tutto questo, ho le mie radici e ho fatto tutto il mio percorso nell’ambito della Sinistra, della Sinistra tradizionale. Sono maturato politicamente all’interno dei movimenti, della gioventù comunista e della Sinistra radicale. In terzo luogo, c’è una grande differenza riguardo al momento storico che stiamo vivendo: Andreas Papandreou è andato al potere all’inizio degli anni Ottanta, in un periodo in cui l’Europa stava cambiando. Indubbiamente, come ho detto, Andreas ha creato in Grecia qualcosa di particolare, di diverso, ma lo ha fatto in un periodo in cui in Spagna vincevano i socialisti e lo stesso accadeva in Francia. Il clima era diverso, il mondo era immerso in uno schema bipolare, da guerra fredda.
L’elemento principale su cui ci si può concentrare è che il vento soffiava in direzione esattamente opposta rispetto a oggi. Si trattava di una fase di sviluppo economico e c’era la possibilità – all’interno dell’Unione europea – di far arrivare finanziamenti al Sud Europa e alle regioni della periferia europea, lavorando per ridurre, appunto, la distanza tra Nord e Sud. Oggi accade esattamente l’opposto: il mondo intero e l’Europa stanno diventando sempre più conservatori, con dei governi conservatori; l’egemonia del neoliberismo è al suo punto apicale – anche se inizia a mostrare tutte le sue contraddizioni – e constatiamo la predominanza del governo tedesco su tutto il resto d’Europa.
Nel periodo che stiamo vivendo, il quadro non è favorevole. Siamo battuti dal vento della crisi, dell’austerità, del rigore nei conti pubblici. Certo, si può obiettare che nell’aerodinamica, per volare, si può avere il vento contro, basta che le ali siano forti e salde. Malgrado ciò, tuttavia, credo che le differenze, rispetto al periodo degli anni Ottanta, siano molto evidenti, com...
Indice dei contenuti
- Prefazione
- Introduzione
- La Sinistra nel tempo della crisi
- Obiettivo governo
- Dalla Grecia all’Europa
- Uno sguardo sulla Sinistra italiana
- Cammini che si intrecciano e nuove sfide per il futuro
- Appendice
- I punti principali della piattaforma programmatica di Syriza per le elezioni legislative