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Informazioni su questo libro
Da molti anni si parla di perdita del centro, dal punto di vista narrativo e filosofico, ma questa tendenza, partendo dagli studi iconografici di Arnheim e Seldmayr, affonda le sue radici in qualcosa di molto più antico e diversamente declinabile. È possibile, quindi, definire un'estetica del decentramento e, al contempo, affidare un'importanza sempre maggiore a tutto ciò che è periferico, marginale, asimmetrico nell'arte così come nella società?
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Informazioni
Argomento
Social SciencesCategoria
Urban SociologyDécadrages
Secondo Roland Barthes la fotografia non può avere un fuori campo: «tutto ciò che accade all’interno della cornice muore incondizionatamente appena al di là di questa»1. Il cinema, al contrario, si basa strutturalmente sul fuori campo, sia perché i personaggi non sono congelati per sempre (la fotografia) ma continuano ad avere una loro esistenza (e una dimensione temporale) al di fuori dell’inquadratura, ma anche perché, essendo un’arte basata sul movimento sia dei personaggi che della macchina da presa, produce continuamente dei fuori campo.
Lo studioso di cinema Noël Burch2 suddivide il fuori campo in concreto e immaginario: nel primo caso il fuori campo avviene in una inquadratura in cui tutto il contesto è visibile; nel secondo caso si attua quando il regista ci mostra solo un dettaglio (per esempio il braccio di un personaggio che compie un’azione), svelandoci successivamente il resto, cioè a chi appartiene: ma, tuttavia, questo fuori campo può anche rimanere immaginario, qualora non vedessimo mai il resto del corpo durante il corso del film.
Tra gli altri cineasti che sono maestri del fuori campo e che creano continui svuotamenti del quadro, Burch cita Yasujirō Ozu, Michelangelo Antonioni e Robert Bresson.
Se la cornice del quadro è centripeta, afferma Jacques Aumont, quella dello schermo cinematografico è centrifuga, poiché tende a portare lo sguardo dello spettatore sempre oltre il cadrage. Inoltre lo studioso francese osserva che se il cinema classico esalta il centro, dunque tende a riempire l’immagine e ad annullare la sensazione della cornice3, il cinema moderno – e ancor di più quello post-moderno, aggiungiamo noi – al contrario si basa sulla decentratura (décadrage è il termine adottato da Pascal Bonitzer4) ovvero sullo svuotamento del centro, “perturbando” il dispositivo e – cosa di primaria importanza – facendoci avvertire i bordi dell’immagine.
Per Bonitzer il procedimento del décadrage è un “divisore di divisione, un moltiplicatore, un generatore di nuovi layout5”. Maestri del décadrage sono – in modi diversi – Fritz Lang, il duo Straub e Huillet e, ancora una volta, Ozu e Antonioni. Ma sicuramente anche Godard è uno di quei cineasti che si diverte a scompaginare la centralità divocentrica hollywoodiana, soprattutto quando a metà degli anni Sessanta tende a decostruire l’inquadratura, magari lasciando che sia lo sfondo a prevalere sugli interpreti, oppure utilizzando (come in Week end. Una donna e un uomo da sabato a domenica, 1967)
il fuori quadro, mostrando l’interlinea tra due inquadrature (illustrazione 10-11). Tutti procedimenti all’ordine del giorno nel campo del cinema sperimentale, prelevate e importate nel campo del cinema narrativo da Godard e da molti altri cineasti a partire dalla nouvelle vague.
il fuori quadro, mostrando l’interlinea tra due inquadrature (illustrazione 10-11). Tutti procedimenti all’ordine del giorno nel campo del cinema sperimentale, prelevate e importate nel campo del cinema narrativo da Godard e da molti altri cineasti a partire dalla nouvelle vague.


Del resto i film sperimentali non basandosi su un plot, su una sceneggiatura, su una struttura diegetica, mettono al centro della loro attenzione il dispositivo stesso e/o tutti quegli elementi periferici della visione, a cominciare dalle componenti strutturali che solitamente rimangono nascoste e consentono di creare l’illusorietà della finzione. Il decentramento consiste proprio in questo, nel disvelare, nel mettere a nudo il device filmico per rendere sempre cosciente lo spettatore del fatto che sta assistendo a una proiezione cinematografica. Questa dinamica, tuttavia, suscita reazioni contrastanti nello spettatore: da un lato produce in lui una sorta di distacco critico, dall’altro lo coinvolge maggiormente nel processo di costruzione della visione. In molti film sperimentali ci vengo...
Indice dei contenuti
- Il Dio-centro
- Potere e declino del centro
- Senza cornice
- Fuori dal quadro
- Décadrages
- Decentramento e cyberspazio