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I misteri del rosario
Un originale modo di affrontare l'eterno mistero dell'Uomo-Dio...
- 208 pagine
- Italian
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I misteri del rosario
Un originale modo di affrontare l'eterno mistero dell'Uomo-Dio...
Informazioni su questo libro
Perché Gesù è nato a Betlemme? Che cos'è lo Spirito Santo? L'inferno esiste? Cos'è la comunione dei santi? Esistono peccati che non possono essere perdonati? Cosa c'è oltre la morte? Subiremo tutti un giudizio? Qualcuno ha visto ed è tornato? È vero che da varie ostie è sgorgato sangue? Queste, e molte altre domande, restano, purtroppo, ancora ai margini di certa soporifera e stanca vita cristiana. L'autore si è prefisso non solo di indagare alcune verità fondamentali della fede cattolica, in cui ha visto rispecchiati tutti quei valori eterni espressi da altre culture, ma anche di restituire al messaggio cristiano quell'alone di mistero spesso assente in molte bolse omelie domenicali e poco veicolato da certa ufficialità ecclesiastica. Appare chiaro, quindi, come il rosario sia stato solo, per così dire, un pretesto, un punto di partenza da cui prendere le mosse per compiere, a fianco del lettore, un percorso di profonda spiritualità. Questo libro nasce, infatti, dall'amore per una persona straordinaria che ancora oggi affascina e inquieta: il Signore Gesù. Egli ha costituito, infatti, per l'autore, un sasso d'inciampo e, al tempo stesso, una pietra angolare da cui non ha potuto più prescindere, e ha, pertanto, sentito il bisogno di renderne conto.
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Informazioni
I MISTERI DELLA GLORIA
Premessa
In questo ciclo sono compresi gli eventi che celebrano la gloria, la potenza e la bontà di Dio ma, soprattutto, che attestano che Gesù è Dio. Certo, per il credente può sembrare un affermazione che non richiede particolari sottolineature ma, se pensiamo al contesto dell’epoca, allo sconforto creatosi dopo la morte di Gesù, alla disperazione dei discepoli e alla (probabile) erosione della loro fede nella resurrezione, ci rendiamo conto che il punto fondamentale (pilastro stesso di tutto il cristianesimo) era (ed è) credere che Gesù è il Figlio di Dio. «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» esclama il centurione che aveva visto il velo del tempio squarciarsi in due (cfr. Mc 15,39). Questo ciclo finale, quindi, appare come: a) la testimonianza della natura divina del Cristo; b) la consacrazione della sua potenza («Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra», cfr. Mt 28,18); c) la promessa che l’uomo, d’ora in poi, non sarà più solo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo», cfr. Mt 28,20.
Ma, se questi sono i misteri del supremo compimento della salvezza attuata con l’incarnazione del Verbo, la sintesi di questo disegno che ha condotto Dio su questa terra non può prescindere da chi ha reso possibile tali eventi, ossia la Vergine Maria. Giustamente, quindi, sono dedicati a Ella i due misteri finali. Da sottolineare, come abbiamo fatto all’inizio, che non è un caso che il rosario si apra e si chiuda con il mistero di Maria che, come dice Monfort nel noto Trattato, continua a essere un mistero!
PRIMO MISTERO
La resurrezione di Cristo
La fede.
Morte, dov’è il tuo pungiglione?
Morte dov’è la tua vittoria?
Morte, dov’è il tuo pungiglione?
Morte dov’è la tua vittoria?
Se era pienamente giustificata l’attenzione degli evangelisti nel descrivere, durante la passione, quegli eventi predetti nell’Antico Testamento, sottolineando con cura che essi dovevano avvenire perché così si adempisse la Scrittura, dobbiamo concludere che, di fronte a un evento così epocale, risulta ancor più necessario precisare e proclamare che la resurrezione era già in mente Dei, puntuali risultando le profezie contenute nell’Antico Testamento sul fatto che la morte sarebbe stata vinta dal “Servitore di Jahvè” che, infatti, «offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza longeva, dopo il tormento vedrà la luce, giustificherà molti e Jahvè gli darà in premio la moltitudine» (cfr. Is 53,10-12).
Ovviamente, questo servitore altri non è che l’Emmanuele di cui parla lo stesso Isaia al cap. 7,14 e il virgulto che nascerà dal tronco di Iesse (ib., 11,1).
A profetizzare la resurrezione del Figlio di Dio non è, però, solo Isaia, perché anche il salmista non è da meno: «Il mio corpo riposa al sicuro perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione» (cfr. Sal 16,10). In questo salmo, attribuito a Davide, gli apostoli lessero la promessa della resurrezione di Gesù. Si veda, infatti, At 2,31, ove è Pietro a parlare all’assemblea: «Uomini di Israele, Gesù di Nazareth voi l’avete inchiodato sulla croce e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha resuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice, infatti, Davide a suo riguardo: “Non abbandonerai l’anima mia agli inferi, né permetterai che il tuo santo veda la corruzione”. E poiché Davide era profeta, […] previde la resurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne vide la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha resuscitato».
Gli fa eco Paolo che, predicando nella sinagoga di Antiochia, così ammaestrava gli increduli giudei: «Noi vi annunziamo che la promessa fatta ai padri s’è compiuta poiché Dio ha resuscitato Gesù, come sta anche scritto nel salmo secondo: mio figlio sei tu, oggi ti ho generato. E Dio lo ha resuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione…» Per questo in altro luogo dice: «Non permetterà che il tuo santo subisca la corruzione» (At 13, 32-35). Altra importantissima profezia sulla resurrezione del Cristo è quella che, con una sorta di interpretazione d’autore (!), Gesù attribuisce a Giona quando così ebbe a profetizzare su se stesso: «Come, infatti, Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’Uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (cfr. Mt 22,40). Giona, infatti, fu inghiottito da un grande pesce per volere di Jahvè che, dopo essere stato invocato, fece in modo che Giona ne uscisse vivo. Cfr: “Ho invocato Jahvè ed egli mi ha esaudito, dal profondo dello Sheol ho chiamato aiuto e tu hai udito la mia voce» (cfr. Gio 2,3). Ed è di nuovo Gesù stesso a predire quanto gli dovrà accadere mentre erano in viaggio verso Gerusalemme: «Lo condanneranno a morte, e lo uccideranno, ma dopo tre giorni risusciterà» (cfr. Mc 10,34; cfr. anche Mt 20,19; Lc 18,33 in cui, indiscutibilmente, è detto: «Il terzo giorno risusciterà»).
Queste, diciamo, “auto-profezie” dovevano essere ben note agli scribi e ai farisei se costoro avvertirono l’urgenza di andare da Pilato per dirgli: «Ci siamo ricordati che quell’impostore disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. Ordina, dunque, che il sepolcro sia ben custodito fino al terzo giorno per evitare che vengano i suoi discepoli a rapirlo e poi dicano al popolo: è risorto dai morti!» (cfr. Mt 27,62-64).
Ci si perdoni ancora il lungo excursus sui testi relativi agli eventi in argomento, strettamente complementare all’altro condotto sull’evento morte, perché è ovvio che dov’è l’uno, non può non essere, a più forte ragione, l’altro.
Incollando, quindi, idealmente i due eventi morte e resurrezione, quale conclusione se non che quell’uomo venuto dalla Galilea che aveva predicato per tre anni in tutta la Palestina, morto e risorto, è quel Messia che tutta l’umanità aspettava, il Salvatore, il figlio di Dio incarnato e fatto uomo? Tuttavia, la sua morte, per quanto prevista, profetizzata, annunciata, attesa, non poteva essere sufficiente, da sola, a consacrare quel predicatore addirittura come Figlio di Dio! Visto che aveva espressamente annunciato che Egli avrebbe vinto la morte, se non avesse operato il più spettacolare dei miracoli la sua parola sarebbe risultata priva di testimonianza, pur avendo operato numerosi miracoli. Ebbene, per la sua credibilità, occorreva il miracolo dei miracoli: la propria resurrezione. Con questa, infatti, non solo conferisce il crisma della verità ai propri insegnamenti, ma dà la certezza a tutti coloro che credono in lui che «la morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» si chiede san Paolo in 1° Cor 15,54 richiamando Isaia, il quale chiaramente aveva profetizzato: «Eliminerà la morte per sempre» (cfr. Is. 25,8).
Quanto sopra, però, non fu sufficiente a vincere l’incredulità di molti, addirittura fra i suoi discepoli. In effetti, non dovette essere facile neanche per loro che lo avevano seguito ad nutum come Pietro, Filippo e Andrea (cfr. Gv 1,35-51).
A ben osservare i due aspetti (constatazione del miracolo e apertura alla fede), pur inscindibili, sono concettualmente distinti: una cosa è constatare l’evento resurrezione dalla morte, altro è credere che è Gesù quel Messia predetto dai vari profeti nell’Antico Testamento.
Ora, se per noi è facile credere entrambe le cose, dopo venti secoli di cristianesimo, non dovette essere così automatico per dei pescatori analfabeti (Pietro e Andrea), donne di dubbia moralità (Maddalena), discepoli “pragmatici” (Tommaso) imbattersi senza mediazione nella più grande smentita vivente di tutte le loro convinzioni sulla vita mortale!
Appena risorto, cioè nato a nuova vita, subito dovette faticare non poco per essere creduto (per non parlare delle persecuzioni ai discepoli che sarebbero venute in seguito…) di fronte al nutrito gruppo degli increduli.
Maria di Magdala (la Maddalena) fu la prima fra tutta l’umanità che vide Gesù risorto, ma credette che fosse l’ortolano! Fortunatamente, capì presto e andò ad annunziare ai discepoli che aveva visto il Signore (cfr. Gv 20,11-18).
I due di Emmaus riconoscono Gesù solo allo spezzare del pane («Allora si aprirono loro gli occhi», cfr. Lc 24,13), tanto è vero che vennero definiti «stolti e tardi di cuore» perché non avevano «creduto a tutte le cose di cui parlarono i Profeti» e che Gesù aveva loro riassunto (ib., Lc 24,13-35)!
Gesù appare nel cenacolo agli undici che erano colà riuniti, dicendo: «Pace a voi». Turbati e spauriti, essi credettero di vedere un fantasma. «Ma un fantasma non ha carne né ossa» dovette dire. Ciononostante, poiché stentavano ancora a credere, si vide costretto a mangiare del pesce arrostito davanti a loro (cfr. Lc 24,23-43)!
Troppo famoso l’episodio di Tommaso perché ci si debba soffermare. Giovanni (cfr. 20,24-29) lo ha reso immortale anche presso il popolo ateo!
Siamo sul lago di Tiberiade. I discepoli sono in barca a pescare e Gesù si presenta sulla riva ma non lo riconoscono. Solo dopo, quando, invitati a gettare le reti sulla destra della barca e avere, così, pescato ben 153 grossi pesci, Giovanni esclama rivolgendosi a Pietro: «È il Signore!» (cfr. Gv 21,1-14).
Ma, in tutta franchezza, ci sentiamo di condannare questi sbigottiti personaggi? Riflettiamo un momento. Noi sappiamo ormai come andarono le cose. Sappiamo che Gesù era Dio, abbiamo letto i Vangeli, abbiamo visto i miracoli eucaristici, abbiamo avuto migliaia di apparizioni mariane, abbiamo rivelazioni private ma, allora, di certo, non dovette essere così semplice.
Solo la Vergine non ha mai dubitato, nemmeno di fronte all’evidenza più incontrovertibile. Beata tu, o Maria, che hai creduto!
SECONDO MISTERO
L’ascensione di Gesù
La speranza.
Gesù che hai detto: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo», ti aspettiamo.
Gesù che hai detto: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo», ti aspettiamo.
L’episodio è riportato da Marco in 16,19, e da Luca, sia nel proprio Vangelo in 24,50-51 sia, in maniera un po’ più dettagliata, negli Atti, al cap. 1,9-11. In quest’ultimo, infatti, si fa menzione anche dei due uomini (angeli, sicuramente) in bianche vesti che dissero agli sbigottiti discepoli: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Diversamente dalla resurrezione, questo episodio chiude la parabola esistenziale di “questo” Gesù che «è stato tra noi» (ib.). Il mistero è, quindi, simmetrico al terzo della gioia, ossia la nascita e l’assunzione della sua natura terrestre, umana, dovendosi supporre che quella divina la possedesse da sempre («Nato dal Padre prima di tutti i secoli… generato non creato» dice il Credo niceno). Come, quindi, nel terzo mistero della gioia «discese dal cielo e, per opera dello Spirito Santo, s’è incarnato», ora, in questo secondo mistero della gloria, assistiamo alla definitiva occultamento della sua natura umana e, di conseguenza, alla sottrazione agli uomini della possibilità di essere percepito sensorialmente. Gesù, quindi, torna a essere quello che era prima della nascita, ossia dell’assunzione della seconda natura.
Apriamo una parentesi. Uno dei punti più importanti di meditazione dell’induismo è la ricerca dell’identità che aveva l’uomo prima di nascere. È molto significativo che una religione profonda e antica come l’induismo coltivi la ricerca nella possibilità di percezione del divino che precede la nascita, ossia della parte di divinità che è in ognuno di noi (cfr. Sal 82,6: «Io ho detto: voi siete dei»). Ora, non crediamo di dover escludere la possibilità di stabilire un parallelo tra “questo Gesù” che prima di essere (tra noi, uomo) era già (in cielo, Dio) e l’uomo che, prima di nascere, esisteva sia pur in mente Dei. La prima è una verità di fede («Nato dal Padre prima di tutti i secoli… generato non creato»), la seconda può essere sostenuta tenendo presente il concetto di paternità spirituale su cui vedi infra.
Gesù, quindi, ascendendo al Padre, torna a essere puro spirito. Questo, per la verità, era già stato predetto agli apostoli durante l’ultima cena ma, forse, non ebbero ben chiaro il concetto. «Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete… perché vado al Padre… Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre» (cfr. Gv 16,16 e 16,28). Queste frasi di Gesù servono a orientare l’interpretazione del mistero che corre, come abbiamo visto, sull’asse incarnazione-ascensione, esattamente simmetriche, come simmetriche sono la morte (quarto mistero del dolore) e la resurrezione (primo mistero della gloria). A ben riflettere, la doppia natura di Gesù era stata mostrata, diciamo così, “in anteprima”, a Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor, con il meraviglioso episodio della trasfigurazione, quando apparve chiaramente, in tutto il suo splendore, il suo corpo glorioso.
Ora, con l’ascensione, paradossalmente, si verifica il fenomeno opposto: Gesù non si manifesta, ma si occulta, e non si manifesterà più fino a quando si verificheranno le condizioni per la sua seconda venuta.
Con l’ascensione, Gesù, infatti, inaugura la seconda fase della storia umana, che è, poi, la storia della salvezza. Se la prima era l’attesa della sua venuta, di cui tutti i Profeti avevano parlato (e intermedia, possiamo dire, fu la sua permanenza fisica tra noi), la seconda, ossia la presente, è più delicata. Egli è asceso, è tornato al Padre, non mancando di rassicurare: «Ecco, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cfr. Mt 28,20). Cosa vuol dire? San Paolo dice che occorre che «Dio sia tutto in tutti» (cfr. 1° Cor 15,28), ma è ovvio che tale obiettivo può essere raggiunto solo da chi è purissimo spirito, risultando altrimenti impossibile a chi è rivestito di fisicità. È il miracolo che continuamente si compie con l’eucarestia ad attuare questa intuizione di Paolo. Cristo è veramente in noi, almeno in tutti quelli che lo accolgono. Ma Paolo va oltre: egli vuole, probabilmente, dipingere lo scenario apocalittico che vedrà Gesù trionfatore e al quale tutto il creato si sottometterà «dopo aver ridotto al nulla ogni principato, potestà e potenza» (cfr. 1° Cor 15,24). Questo è l’evento che, comunemente, va sotto il nome di “Parusia” o “seconda venuta di Cristo”, diffusamente predetta nei Vangeli sinottici nei quali pare esservi concordanza, almeno nelle sue modalità esteriori: cfr. Mt 16,27; Mc 8,38; Mc 13,26; Lc 9,26; Lc 21,27: «Il Figlio dell’Uomo verrà su una nube con potenza e gloria grande», e sarà preceduto da fatti come «il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte» (cfr. Mc 13,24) e, più diffusamente, in Mt 24 (tutto) e 25,31.
Che dire di fronte a queste parole? Gesù, per la verità, ai discepoli non dette particolari o, almeno, significative indicazioni circa il tempo del suo ritorno, ma molti dei primi cristiani, associando tali eventi alla fondazione della Chiesa e alla distruzione di Gerusalemme (avvenuta, com’è noto, nel 70 d.C. a opera dei romani) aspettavano la seconda venuta durante il corso della loro vita.
D’altronde, non c’era nessuna prova, sia nei Vangeli che nelle cosiddette Lettere apostoliche, che deponesse a favore di questa aspettativa e, ancor oggi, possiamo affermare che Gesù, effettivamente, ci lascia molto all’oscuro circa i tempi di questa seconda venuta. Tuttavia, alle più che legittime domande dei discepoli: «Dicci quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo» (cfr. Mt 24,3), Gesù risponde: «Nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre» (ib. 24,36 e Is 13,10 e Dn 7,13-14: «Ecco apparire sulle nubi del cielo uno simile a un figlio di uomo… il cui regno è tale che non sarà mai distrutto»). Dà, però, delle vaghe indicazioni: «Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’Uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano prendevano moglie e marito… fin quando venne il diluvio e inghiottiti tutti» (cfr. Mt 24,39).
L’unica cosa da fare è, quindi, «vegliare, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (cfr. Mt 24,42), anzi...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Colophon
- Indice
- Prefazione del prof. avv. Federico Tedeschini
- Introduzione
- Premessa generale
- I MISTERI DELLA GIOIA
- I MISTERI DELLA LUCE
- I MISTERI DEL DOLORE
- I MISTERI DELLA GLORIA
- Postfazione
- Bibliografia
- Quarta di copertina