Appendice
Gli eventi essenziali di cui parla il libro
•Estate 1999: a Seattle, negli USA, cominciano le proteste anti-G8.
•Estate 2000: a Genova si svolgono iniziative e proteste contro la fiera Tebio.
•Inverno 2001: inizio lavori del Genova Social Forum e del collettivo portavoce.
•15-16 giugno 2001: Punto G-Genova, Genere, Globalizzazione.
•17-24 luglio 2001: iniziative del Public Forum e manifestazioni di piazza.
•16-18 dicembre 2010: a Il Cairo, Global Conference: Women and the 21 Century – Feminist Alternatives.
•25-26 giugno 2011: Punto G-Genova, Genere, Globalizzazione 10 anni dopo.
I materiali video e audio delle iniziative del 2001 e del 2011 sono stati raccolti da Marea in due dvd, da richiedere alla rivista.
Carta di intenti Punto G 2001
Noi donne, migranti e native, che prendiamo parte all’evento Punto G-Genova, Genere, Globalizzazione autorganizzato dalla rete della Marcia Mondiale delle Donne contro le guerre, le violenze e la povertà a Genova nei giorni 15 e 16 giugno 2001, in previsione della riunione del G8 di luglio, e che saremo presenti con modalità autonome anche in quell’occasione, intendiamo:
•protestare contro l’occupazione militare della città che il governo ha predisposto per il Summit dei G8;
•manifestare liberamente il nostro pensiero negli spazi pubblici garantiti dalla Costituzione alle cittadine e ai cittadini di questo paese;
•protestare contro un potere privato e privo di legittimità democratica, che pretende di decidere della nostra sorte;
•lottare contro il sessismo e il razzismo, per la libertà di decisione rispetto alle nostre vite nel presente e nel futuro;
•protestare contro le ingerenze di tutti i fondamentalismi religiosi ovunque si manifestino;
•garantire che ogni donna possa avere la libera disponibilità di sé e della propria vita, con piena libertà di scelte riproduttive, sessuali, scolastiche, lavorative;
•lottare in primo luogo in Italia contro le iniziative vaticane e ministeriali che attentano alla legge 194;
•protestare contro le manipolazioni genetiche, l’inquinamento del pianeta, il trattamento crudele degli animali in allevamenti di tipo industriale, che causano la distruzione e l’avvelenamento del pianeta e inducono la proliferazione di malattie;
•lottare per un rapporto sobrio e grato verso la natura e la terra;
•protestare contro le violenze e le molestie sessuali in famiglia, a scuola e sul lavoro contro donne, bambine e bambini;
•lottare per un rapporto rispettoso e felice tra le persone;
•protestare contro una politica economica iniqua, contro la distruzione dello stato sociale, contro l’imposizione dei piani di riaggiustamento strutturale nei Paesi del Sud che riducono intere popolazioni alla miseria;
•lottare per un’economia basata sulla soddisfazione dei bisogni e non sul profitto, che riconosca l’intreccio indissolubile tra la sfera produttiva e quella riproduttiva, che garantisca i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, nativi e migranti;
•protestare contro le guerre dimenticate, le spese militari, il crescente militarismo, le avventure belliche, che violano la Costituzione, il diritto internazionale, la ragione e l’umanità, lasciando dietro di sé rovine, malattie, crudeltà e danni all’ambiente, alle persone, alle cose, alle memorie;
•lottare per una politica di pace, fuori dalle alleanze militari aggressive e per un’Europa neutrale, nella prospettiva di vivere in un mondo che si renda capace di ripudiare effettivamente la guerra;
•protestare contro tutte le misure che limitano i diritti e la libertà delle immigrate e degli immigrati, lottare per la chiusura dei centri di detenzione temporanea, l’abolizione della tratta delle persone – vera e propria forma di schiavitù – per una cittadinanza europea basata sulla residenza e non sulla nazionalità.
Chi sono i G8
di Lidia Menapace1
I G8 vengono identificati come un potere forte. Il potere non ha da essere forte, ha però da essere almeno legale, altrimenti non si chiama nemmeno potere, bensì dominio, oppressione ecc. Orbene i G8 non hanno alcuna base di legittimazione formale: non sono una emanazione del parlamento europeo, nemmeno un pezzo di esso, non sono un pezzo di N.U., nemmeno una emanazione delle Nazioni Unite, nemmeno un mandatario delle stesse.
Per arrivare a una definizione che ne indichi le caratteristiche, si può dire: sono un club privato di stati, che si scelgono tra loro, stabiliscono in modo non dichiarato le forme di accesso ed esercitano un potere illegale, sostenuto solo dalla loro forza. Sono dunque un’organizzazione privata particolarmente pericolosa. Stiamo per dire che, persino se prendessero decisioni o orientamenti giusti, non sarebbero da seguire e da approvare. La loro delegittimazione è urgente perché – come è noto – nelle relazioni internazionali il diritto si forma visibilmente sui rapporti di forza e una legittimazione si può raggiungere anche solo in assenza di movimenti di delegittimazione. Come ci si rapporta a un potere informale, non legittimato giuridicamente, a un potere di fatto? Non vi sono canali. Non è possibile, come nel conflitto sociale, adire a un sindacato, trovare forme di espressione del conflitto, seguirlo attraverso trattative, confronti tra le parti, mediazione del governo, contrattazione, concertazione ecc. Se si bussa per avere la possibilità di inviare una delegazione e farsi ascoltare, un qualsiasi maggiordomo sbatte la porta in faccia perché non si fa parte del club e non si è stati invitati. Non è possibile nemmeno usare le regole del conflitto politico, fare interrogazioni interpellanze presentare emendamenti, perché i G8 non rispondono a nessuna assemblea eletta.
Come si fa dunque a esprimere un qualsiasi dissenso o persino assenso, a suggerire modifiche, insomma a rapportarsi con i G8 analogamente a quanto si fa con qualsiasi istanza di potere reale ma legittimo?
Solo la manifestazione motivata e accompagnata da dichiarazioni analisi propositi proposte, esprime il fondamentale diritto civile all’espressione verso un potere illegittimo e prepotente. Infatti – temendo di essere delegittimato – il gruppo dei G8 invade, alla lettera, paesi liberi violandone la sovranità. Non si conosce alcuna trattativa diplomatica che ne preceda l’arrivo, come sempre succede quando un capo di stato – ad esempio – intende visitare un altro paese. Le misure di sicurezza hanno carattere invasivo e prepotente, tendono a esasperare le popolazioni e le città, sottoposte a blocchi del traffico, a difficoltà di accesso alle abitazioni per giorni (a Genova è già in corso da settimane la blindatura della città e riguarda tutti gli abitanti del centro storico, di fatto non raggiungibile senza dover passare attraverso il filtro delle forze di polizia). È noto che la Digos ha già avvisato numerose abitazioni degli ultimi piani che di lì i cecchini saliranno per stazionare sui tetti. Dovendo di necessità far ricorso al diritto di espressione politica (non militare!) attraverso le manifestazioni, che sono dunque l’unico possibile linguaggio della popolazione, è decisiva la scelta delle forme. Purtroppo nel simbolico maschile il linguaggio più diffuso è il militare, lo scontro guerresco, che è sicuramente perdente, allontana molti e molte per paura, e per più profonde ragioni di etica politica: non è accettabile infatti che un potere illegale induca anche chi protesta a usare forme di violenza illegali e illecite. Sappiamo che anche uomini condividono il nostro giudizio negativo sul militarismo e si impegnano a praticare altre culture, altri simboli, e siamo molto vicine a loro: ma dobbiamo constatare che il militare esercita ancora un appello diffuso sul maschile e si diffonde anche tra le donne. Dunque i movimenti di lotta cerchino nella loro memoria storica altri simboli, altre forme che siano efficaci, rendano impossibile la provocazione violenta del potere illegale e riescano a parlare alla parte più vasta della popolazione. Orbene, il movimento sindacale ha un’antica e consolidata memoria e pratica di forme di lotta ancorate nell’azione nonviolenta (che non è la nonviolenza pura): assemblee, appelli, raccolta di firme, referendum nella base, denuncia dei termini del conflitto, manifestazioni pacifiche, scioperi, picchetti, fino al sabotaggio delle macchine. Il movimento femminista ha cortei assemblee grafica canti musica danze teatro di strada, sit-in, resistenza passiva uso del corpo inerme nella sua fisicità debole ma invincibile ecc.
PUNTO G 2001 PROGRAMMA
GENOVA - 15 e 16 giugno 2001
Palazzo San Giorgio, Via della Mercanzia 2
Meeting internazionale
PUNTO G: GENERE E GLOBALIZZAZIONE
Per una società di donne e uomini equa,
solidale, pacifica e democratica
International Meeting
G POINT: GENDER AND GLOBALIZATION
For a fair, pacific and democratic society
of women and men
Venerdì 15 giugno 2001
ore 14 accoglienza
ore 14.45 apertura del convegno
Coordinano: Monica Lanfranco e Laura Guidetti - Marea
ore 15 introduzione di:
Lidia Menapace - Convenzione permanente donne contro le guerre: Perché siamo qui un mese prima del summit dei G8
ore 15.15 comunicazioni di:
Christa Wichterich - economista: Le ragazze squillo del mercato globale ed i cuscinetti della crisi sociale
Elisabetta Donini - Università di Torino, Donne in Nero: Scenari globali e dinamiche di guerra
Sophie Zafari - Marche Mondial des Femmes: Movimenti: come cambiano in tempi di global governance
Thais Corral - WEDO (Women, Environment and Development Organization): Healthy Planet 2002: gli impegni delle donne
ore 16.30 - 17.30 dibattito
ore 17.45 formazione dei 4 gruppi
ore 18-21 Lavoro dei gruppi nelle sedi decentrate
Sabato 16 giugno 2001
ore 9 ripresa dei lavori
Coordinano: Rosalena Cioli, Loredana De Paoli, Oriana Cartaregia - Coordinamento Donne Lavoro Cultura
ore 9.15 - 10.15
Plenaria: contenuti emersi nei gruppi
ore 10.15 comunicazioni di:
Hilary McQuie - Collettivo Rant, USA: La non violenza nelle nostre mani
Cristina Gualinga - Allapa Mama manta Warmi Kuna: Alle radici dell’obiezione alla globalizzazione
Sandra Gil - Università di Madrid: Migranti: la radicalizzazione della precarietà del lavoro
ore 11.15 Dibattito e varo della Carta di intenti
ore 13.30 buffet
ore 15 Tavola rotonda: Un mondo diverso è possibile: speriamo che sia femmina
Coordina: Anna Pizzo - direttora di Carta
Cherifa Bouatta - Algeria
Orzala Ashraf Nemat - Hawca - Afghanistan
Luisa Morgantini - europarlamentare - Donne in Nero
Pilar Saravia - Associazione Nodi
Alessandra Mecozzi - Fiom Nazionale
Iolanda Parra - Ass. Siempreviva, Colombia
Jaroslava Colajacomo - Campagna Riforma Banca Mondiale
Videointervista a Daris Christanco - Popolo Uwa
ore 17.15 fine dei lavori
Manifestazione di piazza
ore 17.30
Corteo da Palazzo San Giorgio a piazza Matteotti passando per via San Lorenzo, via Scurreria, piazza Campetto.
La manifestazione è un percorso itinerante aperto alla città che utilizza il linguaggio creativo, scelto come strumento efficace contro la violenza, il potere e la passività, capace di esprimere in modo gioioso, ironico e coinvolgente le proposte e i contenuti della protesta secondo la tradizione del movimento femminista.
Filo conduttore della manifestazione sarà la “tela di solidarietà” intessuta e costruita dalle singole e dai gruppi.
1ª sosta: via S. Lorenzo 12. Qui si posizioneranno stabilmente un gruppo di 2 pittrici e 2 pittori che produrranno lavori artistici coinvolgendo i passanti. Nello stesso slargo troveranno posto i banchetti per il materiale di propaganda delle associazioni di donne. Alcune donne dei gruppi di ginnastica del Coordinamento Donne Lavoro Cultura si esibiranno in una performance di espressione corporea.
2ª sosta: piazza Campetto. Mise en scene delle artiste del gruppo l’Altra Eva.
3ª sosta: piazza Matteotti, conclusione simbolica del corteo davanti al luogo dove si svolgerà a luglio il G8. Esibizione artistica del Gruppo Mirada con proiezione di video.
Gruppi di lavoro
Globalizzazione, migrazioni, lavori
- economia, welfare, lotte di lavoratrici, immigrazione. Facilit...