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Spiritualità della musica
Informazioni su questo libro
"Musica" e "spiritualità" sono due realtà fortemente connesse. In queste pagine l'Autore si preoccupa del loro accadere e divenire all'interno del percorso interiore caratterizzato dall'esperienza del mondo dello spirito. La spiritualità della musica dà modo di poter comprendere il linguaggio artistico in relazione alla forza spirituale in esso contenuta ed espressa. Un'agevole presentazione dell'esperienza spirituale di autori e repertori musicali lungo i secoli.
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Informazioni
PREMESSA
«Ricordati che Bach considerava la sua musica come una preghiera»: con queste o simili parole la mia anziana maestra di pianoforte faceva intendere a me, bambino che si accostava per la prima volta allo studio di Bach al pianoforte, la spiritualità della musica di un grande autore. Da allora, è divenuta mia esperienza il cercare di confrontare ogni opera musicale con la spiritualità dell’autore, divenendo sempre più persuaso della necessità di sottolineare lo stretto e intrinseco legame esistente tra dimensione artistica e sentire religioso.
Si tratta di un argomento non nuovo, sebbene raramente affrontato e limitato alla sola produzione di musica religiosa, sacra e liturgica. La riflessione sul legame tra musica e spiritualità si giustifica, invece, grazie a quella esperienza artistica che, lungo i millenni e attraverso le varie civiltà, testimonia l’indissolubilità tra il fenomeno musicale e la sfera dello spirito in ogni contesto legato o meno al culto.
Come si cercherà di descrivere, dal punto di vista antropologico il linguaggio musicale è al suo apparire strettamente associato a un rituale, con un legame tanto profondo da conferire alla musica attributi insostituibili, quali quello di essere veicolo nel dialogo con un ente superiore, di cui propiziarsi l’assistenza nel momento del dolore e a cui rivolgere il ringraziamento nel momento della gioia; parimenti la musica è stata intesa come il linguaggio più adatto per esprimere i sentimenti provati dall’essere umano in ogni circostanza. Così, se dolore e gioia possono essere considerati, all’origine, i due estremi tra cui oscilla il pendolo dell’umano sentire, alla musica è stata riconosciuta sempre la capacità – tutta singolare – di esprimere la spiritualità dell’uomo che si interroga circa il senso del soffrire e del gioire, oltre che manifestare i diversi sentimenti provati nelle tappe della vita.
Questa suite di riflessioni, che trova già il suo fondamento nell’uso della musica nelle diverse civiltà organizzate per la comunicazione del più profondo sentire, non può prescindere dalla storia della spiritualità che, a sua volta, non può tralasciare le espressioni musicali di ogni epoca, intese come “alto” linguaggio (fatto di segni e simboli) che si è venuto codificando nel corso dei secoli con il fine di esprimere e comunicare precise intenzionalità dell’autore. È, infatti, proprio la trasmissione di sentimenti e sensazioni, idee ed immagini a costituire la natura ontologica dell’arte, in primis quella della musica, così come il pensiero filosofico ha riconosciuto.
Il lavoro cerca, perciò, di tratteggiare la dimensione antropologica della musica nel suo non separare l’aspetto emozionale (il sentire artistico) dall’aspetto spirituale (il sentire religioso), offrendo la possibilità di un percorso che risulterà avvincente nella misura in cui ci si metterà “in ascolto”, in prima persona, nella verifica delle personali ripercussioni emotive e, dunque, spirituali dell’arte musicale.
Scrivere o parlare di musica è un’operazione impropria, poiché la musica “parla da sé”, e quest’affermazione è certamente vera e riferibile a tutta la grande musica sorta in numerosi secoli di storia. Allo stesso modo, non si può comprendere una spiritualità della musica se non facendone esperienza che diventi, poi, riflessione. Anche la scorrevolezza del nostro argomentare corrisponde a introdurre alla dimensione spirituale che, più che essere studiata, richiede d’essere praticata e vissuta. Per comprendere, tuttavia, la portata “spirituale” della musica si ritiene utile almeno un approccio riflessivo segnato da un sintetico percorso interdisciplinare di conoscenze storiche, musicali, filosofiche, liturgiche, estetiche… Perciò, in questa trattazione non mancheranno – insieme a citazioni di autori (musicisti, filosofi, testimoni della fede e maestri di spiritualità) – spunti di riflessione, intesi come elementi utili per condurre a una comprensione più profonda della dinamica spirituale della musica quale si può avvertire in un atteggiamento di attento e meditato ascolto.
Si giungerà così a scoprire, o almeno a intuire, le potenzialità di un linguaggio che, nella sua dimensione più alta (quella liturgica), può divenire preghiera contemplativa espressa con le note musicali e, persino, con il silenzio.
L’augurio è che il lettore possa fare esperienza di quel percorso di vita, singolare e fecondo, che tanti (musici, pensatori e santi) hanno compiuto con determinazione, trovando conferma dell’efficacia spirituale della trasmissione del sentire religioso attraverso l’esercizio sapiente dell’arte musicale. Proporre una spiritualità della musica significa, quindi, riconsiderare questo linguaggio all’interno della società, per cui, se da una parte l’assenza di un’educazione alla musica determina un vuoto culturale nel “dare voce” all’animo umano, dall’altra dovremmo riscoprire l’efficacia straordinaria di questo linguaggio artistico nell’esprimere in ogni contesto l’interiorità di ogni individuo e di ciascun popolo.
L’Autore
1
MUSICA E SPIRITUALITÀ
Il lavoro, frutto di riflessioni personali e di ricerche storiche, è dedicato a coloro che fanno della pratica della musica colta1 un’esperienza preziosa di crescita spirituale e a coloro che coltivano un cammino spirituale attraverso il canto liturgico, senza escludere quelli che avvertono una “scintilla” di infinito nell’ascolto di un capolavoro musicale, pur senza possedere particolari conoscenze storiche o artistiche. In ogni caso, si ritiene che, senza negare la possibilità di un cammino inverso, l’accostarsi (pure non costante) alla grande musica possa condurre un ascoltatore attento – e tanto più un esecutore appassionato – al mondo “spirituale”, anche senza individuarne precisi contorni.
La ragione dell’accostamento tra musica e spiritualità sta nell’intendere il loro comune fine raggiunto attraverso un impegno “artistico”: così come il musicista “elabora” la propria ispirazione con i criteri dell’arte, l’uomo spirituale “elabora” la propria interiorità per «fare della vita un capolavoro»2. La spiritualità si trova, dunque, nella concretezza di un impegno che accompagna l’esistenza dell’uomo. Più esplicitamente, questo accostamento trova una sua giustificazione nella scoperta del motivo dell’arte musicale con cui l’essere umano è capace di “descrivere” la realtà e “rappresentare” il mistero3.
L’arte musicale, perciò, “vive” in ragione del suo fine spirituale, pur nella mutevolezza dei cambiamenti generazionali che ne influenzano l’esito. La musica è, infatti, un’arte che, nello scorrere dei secoli e delle generazioni, ha subìto mutamenti nel linguaggio e nella sua comprensione, di pari passo con il mutevole cambiare della società, fino a divenirne espressione, con efficacia maggiore rispetto alle altre arti4.
Per tale motivo, l’arte – per la sua forte capacità di espressione – rappresenta un punto di osservazione interessante nel cogliere le trasformazioni sociali di ogni epoca. Ha scritto il filosofo e teologo Cornelio Fabro (1911-1995):
L’arte non è da meno della scienza, della filosofia, della stessa religione nel soddisfare l’anelito dell’uomo di penetrare nel mistero che lo circonda e battere di continuo alle porte della coscienza. Per questo l’arte appartiene al patrimonio spirituale di tutta l’umanità e di ogni popolo e civiltà5.
La verità di questo principio generale è confermata come finalità del linguaggio musicale, sia pure con parole più semplici, dal noto compositore statunitense George Gershwin (1898-1937): «La vera musica deve rispecchiare il pensiero e l’ispirazione della gente e dei tempi».
In breve, per le sue possibilità linguistiche e simboliche, l’arte (quella con la “A” maiuscola) – e la musica in particolare – è capace di suscitare emozioni (sentimenti) e astrazioni (pensieri e idee), a seconda della capacità e delle conoscenze del fruitore6.
1. La musica come incanto
A differenza delle arti visive, nella musica, per la sua invisibilità, intangibilità e singolarità, risiede un’efficacia intrinseca che incanta e cattura l’essere umano, inducendolo al mondo spirituale. Per questo motivo gli antichi riconoscevano alla musica una caratteristica “divina”, mentre l’uomo moderno ha ricercato la sua efficacia emotiva nell’elemento fisico del suono, inteso come elemento primo7 del linguaggio musicale.
Al di là di una trattazione scientifica sul suono (inteso come fenomeno fisico), potremmo sinteticamente affermare che la musica creata dall’artista è insieme scienza (ossia frutto di quantità numeriche e di rapporti) e poetica (ossia pensiero declinato in linguaggio espressivo). La connivenza tra scienza e poetica ha stimolato nella storia la domanda circa le potenzialità di tale linguaggio nei confronti delle suggestioni ed emozioni da esso provocate. L’indagine porterebbe ad approfondire storicamente il rapporto tra i suoni e le loro artistiche combinazioni espressive a partire dal linguaggio musicale adoperato dalle prime grandi civiltà.
2. La musica come matematica e filosofia
In sintesi, riconosciamo che è stata l’epoca ellenistica a teorizzare – in certo qual modo – le caratteristiche delle “organizzazioni dei suoni”, mentre è il Medioevo a fornire una compiuta casistica delle ripercussioni emotive8 attraverso il modello dello Ὀκτώηχος/Oktṓēchos; a sua volta il Classicismo, preludendo allo spirito romantico, definirà la musica una teoria dei “suoni che si amano”9, vale a dire la ricerca degli intervalli al contempo belli e dilettevoli, frutto di esperienze dell’orecchio e non di calcoli matematici, proseguendo nella strada (già aperta con la teoria degli affetti del mondo rinascimentale e barocco) di una riflessione estetica più che solamente scientifica. All’interno di queste indagini, gli aspetti “razionali” si rifacevano alla concretezza del suono e della sapienza dello scrivere (contrappunto, armonia ecc.)10, mentre quelli “emotivi” si appoggiavano – già nel pensiero greco – su piste riflessive non conducibili a spiegazioni concrete ed esaustive: con Platone e Aristotele si era sistematizzata teoricamente l’emozione in musica, affermazione che ha attraversato la storia del pensiero teologico e filosofico occidentale11; dal Medioevo in avanti troviamo numerosi scrittori, teorici e filosofi, che si imbattono in questo “misterioso” rapporto tra teoria e pratica, razionalità ed emotività, in un cammino riflessivo giunto fino ai nostri giorni12.
Contestualmente o meno a una decifrazione scientifica, il rapporto tra il dato materiale (suono fisico) e il possibile, conseguente, riverbero emozionale ha da sempre coinvolto e “messo in gioco” una duplice spiritualità, quella “innata” del linguaggio musicale e quella dell’artista o di chiunque abbia rivestito l’officium di musicista a nome della comunità. Nella riflessione filosofica, quindi, affiora spesso il dedicarsi alla decifrazione dei sentimenti suscitati dalla musica nell’anima, considerata dagli antichi la sede dei sentimenti e della ragione. Sulla scia della cultura classica greca che distingueva il corpo (σῶμα/sôma) dall’anima (ψυχή/psychḗ), il cristianesimo introduce l’elemento dello spirito (πνεῦμα/pnêuma)13, da cui il sostantivo spiritualità riceve una pregnanza maggiore.
Dal momento che si considerò indubbio un “attributo” spirituale intrinseco alla musica, questo linguaggio, per dirsi ed essere artistico, richiedeva molta preparazione, diligenza e doti innate.
3. La musica come “scientia”
Oltre che matematica e filosofica, la riflessione sulla musica diventa teologica nel mondo post-ellenico, dove la musica era considerata scientia da praticare e studiare, come rilevabile nell’esperienza di Agostino d’Ippona (354-430)14, la cui visione della musica, all’inizio puramente razionale (ritmica e scientifica), ossia conducibile al solo “metro” musicale, diviene progressivamente spirituale, in quanto il santo attribuirà alla musica un valore più profondo che supera la «matematica delle sfere» per arrivare alla contemplazione di Dio15. Da questa testimonianza, forse la prima nella storia cristiana, si rileva che l’esperienza musicale (considerata tra le arti “maggiori”) si intreccia profondamente con il mondo spirituale.
Musica e spiritualità non sono dunque estranee fra di loro, ma componenti di un medesimo “sentire”, di uno stesso “fatto”, come si cercherà di dimostrare. Si sottolinea, tuttavia, che mentre è relativamente più facile una ricostruzione storica dello sviluppo del linguaggio musicale in relazione al sentire religioso, certamente più arduo è affrontare la storia della spiritualità (per la sua stessa natura) in relazione alla musica. Nella presentazione delle grandi civiltà si vedrà come il rapporto tra musica e spiritualità sia stato, comunque, sempre riconosciuto sin dalle origini dell’uso della musica nel contesto religioso e civile. La spiritualità (pur nelle sue mutevolezze e sviluppi) ha dato, in un certo senso, “vita” al dato matematico e teorico della musica e questa, a sua volta, ha fornito all’animo umano stimoli per una formazione spirituale:...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Quarta
- Autore
- Frontespizio
- Colophon
- Indice
- Premessa
- 1. Musica e spiritualità
- 2. Alle radici della spiritualità della musica
- 3. Il contenuto spirituale dell’arte musicale
- 4. Spiritualità negli autori e nei repertori musicali
- 5. Spunti per una spiritualità del musicista
- 6. Testimonianze dell’incidenza della musica sullo spirito
- 7. Musica e silenzio: un sorprendente accostamento
- Conclusione