La Nazi connection
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La Nazi connection

Analogie con il nazismo nel dibattito sull'aborto

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La Nazi connection

Analogie con il nazismo nel dibattito sull'aborto

Informazioni su questo libro

In tutto il mondo l'alleanza tra movimenti pro-life e destra politica punta a svuotare le conquiste del movimento femminista e ad annullare l'autodeterminazione riproduttiva delle donne, subordinandola a imperativi di crescita demografica che a malapena celano l'intento di presidiare la "purezza razziale" delle diverse compagini nazionali. Questo intreccio perverso tra restaurazione patriarcale e razzismo non è nuovo, così come non è nuovo l'arsenale retorico utilizzato dallo schieramento antiabortista, a partire dall'abuso dell'analogia tra aborto e Olocausto e, a cascata, tra femminismo e nazismo.È un segno eloquente dei tempi il fatto che La "Nazi connection" continui a essere rilevante ancora oggi e, per certi versi, profetico. Apparso per la prima volta nel 1980, a ridosso dell'ascesa di Ronald Reagan alla Casa Bianca, il saggio di Gloria Steinem non soltanto mostra l'infondatezza dell'accostamento polemico tra interruzione volontaria di gravidanza ed eugenetica nazista, ma lo rovescia su sé stesso sollecitando chi legge a ragionare su un'altra analogia: quella tra la fine della Repubblica di Weimar e gli Stati Uniti dell'era reaganiana. Nel nostro caso possiamo evocare la posizione del Vaticano.Ancora una volta Steinem con dovizia di argomenti ci ricorda che è sempre sulla libertà delle donne che si gioca la partita della democrazia.

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Informazioni

La Nazi connection

I.

Se Hitler fosse vivo,
da che parte starebbe?

Sei milioni è il numero generalmente stimato non solo degli ebrei morti sotto Hitler, ma dei bambini morti sotto la Corte Suprema.
Patrick Riley, National Catholic Register,
13 maggio 1979
Auschwitz, Dachau e Margaret Sanger: un tris
(Cartello esposto al convegno
del Movimento per il diritto alla vita, 1979)
Come gli ebrei venivano descritti come “untermenschen”, così i non nati vengono descritti come non umani.
Raymond J. Adamek,
Human Life Review, 1977
Utilizzando la stessa analogia con la Germania nazista evocata in molti interventi, [il deputato Robert K.] Dornan ha sostenuto: «Noi sappiamo che cosa sta succedendo in questo paese. Alcuni tedeschi avevano la scusa di non saperlo con altrettanta certezza».
The Washington Post, 23 gennaio 1977
Non è il momento di “raffreddare la retorica” […]. Non stiamo “scivolando verso Auschwitz”. Non siamo “diretti verso un Olocausto”. Viviamo già nel bel mezzo di un Olocausto […]. L’American Abolitionist League si appella alla coscienza della comunità pro-vita per […] chiudere i mattatoi con il lucchetto. Organizzate dei sit-in. Fate sapere alla nazione che le leggi dell’Essere Supremo hanno la precedenza sulle leggi della Corte Suprema.
The Abolitionist, bollettino antiabortista pubblicato a Pittsburgh
Al convegno nazionale del movimento per il diritto alla vita il professor William C. Brennan ha affermato che l’azienda che produce apparecchiature e farmaci utilizzati per l’aborto è nella stessa posizione della IG Farben, la ditta tedesca che produceva composti chimici utilizzati nello sterminio di massa degli ebrei.
The Catholic News, 5 luglio 1979
Se negli ultimi tempi non avete partecipato a un’adunata antiabortista, o non vi siete imbattuti nella destra impegnata a sostenere la piattaforma repubblicana del 1980 e la sua proposta di proibizione costituzionale dell’aborto, le citazioni che avete appena letto potranno sembrarvi bizzarre e inconsuete.
Certamente, i gruppi che utilizzano questi e altri argomenti incendiari non hanno fiducia nel sistema dei media. (Lo stesso professor Brennan citato sopra, per esempio, ha continuato a paragonare la stampa americana a quella della Germania nazista e a condannarla perché «nasconde i fatti».) Ecco perché questi gruppi hanno creato un loro mondo mediatico fatto di bollettini di destra, opuscoli e libri distribuiti attraverso chiese e organizzazioni locali oppure attraverso mailing list virtuali che – a loro dire – contano dieci milioni di iscritti, oltre che di programmi televisivi che ogni settimana raggiungono quattordici milioni di famiglie.
Ma le femministe che hanno lavorato soprattutto sulla questione della libertà riproduttiva, e quei pochi giornalisti che si occupano dell’estrema destra, hanno lanciato l’allarme a proposito di questa campagna sempre più aggressiva a partire dalle decisioni prese dalla Corte Suprema sull’aborto nel 1973. Già nel 1974, per esempio, Marion K. Sanders, firma illustre della rivista Harper’s, denunciava che «l’analogia con il programma di sterminio di Hitler […] si è dimostrata una potente arma di propaganda. L’implicazione è che l’aborto legale sia soltanto il primo passo verso l’aborto coatto per gli “indesiderabili”, in modo da evocare lo spettro del genocidio dei neri».
Come è poi emerso, la maggior parte della comunità nera ha respinto l’argomento del genocidio avanzato da questi gruppi di destra, prevalentemente bianchi. Se tra le donne nere si registrava una quantità spropositata di aborti, circostanza spesso citata dai gruppi antiabortisti come prova del «genocidio», ciò dipendeva dal fatto che quelle donne avevano minori possibilità di accedere a una buona assistenza sanitaria e alla contraccezione. In pratica il tasso di natalità bianco ha subito un declino analogo dopo che la contraccezione e l’aborto sono diventati legali, e resta inferiore a quello afroamericano. Ancora più rilevante è che moltissime donne la cui salute e le cui vite sono state salvate dall’aborto sicuro e legale erano nere. (Soltanto all’ospedale di Harlem, per esempio, nel primo anno successivo alla liberalizzazione del 1971 della legge sull’aborto nello Stato di New York, ci sono stati circa 750 ricoveri in meno di donne dovuti alle complicanze di aborti autoindotti o illegali.) Inoltre, gli aborti legali o rimborsati da Medicaid1 riconosciuti come diritti hanno significato, per le donne nere e quelle appartenenti ad altre minoranze, una minore vulnerabilità rispetto alla «contrattazione» razzista: un aborto sicuro in cambio del consenso a essere sterilizzate.
Nel complesso molti gruppi antiabortisti sembravano motivati più dalla preoccupazione per il declino del tasso di natalità bianco a un livello senza precedenti nella storia americana – inclusa la produzione di un numero troppo ridotto di bambini bianchi «adottabili» per far fronte alla domanda – che dalla necessità di tutelare i diritti riproduttivi delle americane povere o appartenenti a una minoranza. (In alcuni Stati i legislatori antiabortisti si sono dichiarati favorevoli al taglio delle misure di assistenza per le donne con tre o più figli a meno che queste donne non avessero acconsentito a essere sterilizzate.) L’autodesignazione «abolizionisti» utilizzata dai gruppi che si battono per l’abolizione dell’aborto legale cerca comunque di istituire un nesso emotivo con il movimento contro la schiavitù. Analogamente opera la loro grottesca equazione fra il caso Dred Scott2 e le decisioni del 1973 della Corte Suprema, come se negare personalità giuridica a uno schiavo e negarla a un feto fossero esattamente la stessa cosa. Ma la letteratura di destra ora si concentra su coloro che temono maggiormente il cambiamento: la classe media bianca, gli anziani, i fondamentalisti religiosi e altri settori sociali convinti che il loro stile di vita, o addirittura loro stessi, siano in pericolo.
L’aborto viene costantemente presentato a questi settori sociali come l’inizio simbolico di un futuro terrificante. Esso distruggerà il matrimonio e la moralità eliminando l’inevitabilità della gravidanza, intesa come scopo esclusivo dell’attività sessuale e volontà di Dio; pregiudicherà la nascita di persone come loro; metterà a rischio le persone anziane o disabili spianando la strada all’eutanasia; mascolinizzerà le donne permettendo loro di scegliere un’identità diversa da quella di contenitori delle vite di altre persone; e, infine, equivarrà a legalizzare l’omicidio.
Il grado di paura può variare, ma la metafora per il terrore spesso è la stessa: la filosofia di Hitler e i campi di concentramento, ovvero il punto di massima approssimazione a una versione terrestre dell’inferno a cui la memoria moderna può risalire.
«Il concetto di “razza superiore” (qualità razziale)», si chiedono retoricamente il dottor J.C. Willke e sua moglie nel loro Manuale sull’aborto, «è davvero tanto diverso da quello di “qualità della vita” dei nostri moderni pianificatori sociali favorevoli all’aborto?». Secondo questo volumetto pubblicato in circostanze oscure, di vastissima diffusione (che in copertina riporta la...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Presentazione
  3. L’autrice
  4. Frontespizio
  5. Copyright
  6. Sommario
  7. Introduzione
  8. La Nazi connection