La cosa più importante per investire con buon senso
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La cosa più importante per investire con buon senso

Howard Marks

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La cosa più importante per investire con buon senso

Howard Marks

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Il libro di Howard Marks riassume le opinioni dell'autore in materia di investimenti contenute nei suoi ben noti promemoria per i clienti, rendendo fruibile per la prima volta ai lettori la sua collaudata filosofia d'investimento. La saggezza di Marks è arricchita da commenti, intuizioni e controtesi di quattro celebri investitori ed esperti nel campo degli investimenti: Christopher C. Davis (Davis Funds), Joel Greenblatt (Gotham Asset Management), Paul Johnson (Nicusa Capital Advisors) e Seth A. Klarman (Beaupost Group). Questi esperti di chiara fama forniscono il loro parere in merito a concetti quali il "pensiero di secondo grado", il rapporto tra prezzo e valore, la capacità di attendere le giuste opportunità con pazienza e la strategia di investimento difensiva. L'opera, inoltre, si avvale di una prefazione in cui Bruce C. Greenwald, che il New York Times ha definito "il guru dei guru di Wall Street", ci illustra le sue idee su value investing, produttività ed economia delle informazioni.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2022
ISBN
9788836006328

1

La cosa più importante è…

il ragionamento di secondo livello

L’arte dell’investimento possiede una caratteristica che in generale non viene apprezzata. Un investitore non professionista può raggiungere un risultato magari non eccellente ma comunque soddisfacente con il minimo sforzo e applicando il minimo delle capacità; tuttavia, migliorare questi standard facilmente ottenibili richiede molto impegno e ben più di un minimo di capacità.
BEN GRAHAM, L’INVESTITORE INTELLIGENTE
Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non troppo semplice.
ALBERT EINSTEIN
Non dev’essere semplice, e chiunque lo trovi semplice è uno stupido.
CHARLIE MUNGER
Sono poche le persone che hanno la stoffa per diventare grandi investitori. Alcuni potrebbero anche imparare, ma non tutti… e coloro che possono imparare non possono imparare tutto. Anche gli approcci più validi funzionano alcune volte, ma non tutte. E investire non può ridursi a un algoritmo gestito da un computer. Anche i migliori investitori non ci azzeccano sempre.
I motivi sono semplici: non esistono regole che funzionano sempre. L’ambiente non è controllabile e raramente le circostanze si ripetono alla stessa maniera. La psicologia, inoltre, gioca un ruolo molto importante nei mercati e, dal momento che è fortemente variabile, i rapporti causa-effetto non risultano affidabili. Un determinato approccio all’investimento può funzionare per un certo lasso di tempo, ma a lungo andare le azioni che tale approccio genererà modificheranno l’ambiente circostante, il che significa che si renderà necessario adottare un nuovo approccio. E ancora, se tutti lo adotteranno, tale approccio perderà di efficacia.
L’investimento, come l’economia, è più un’arte che una scienza: ciò significa che può diventare caotico.
Una delle cose più importanti da tenere a mente al giorno d’oggi è che l’economia non è una scienza esatta. Si potrebbe anche dire che non è affatto una scienza, dal momento che la scienza permette di condurre esperimenti controllati, i cui risultati passati possono essere replicati con un buon livello di fiducia e si può fare affidamento sulle relazioni causa-effetto.
“WILL IT WORK?”, 5 MARZO 2009
Dal momento che l’investimento è almeno tanto arte quanto scienza, non è certamente il mio scopo – né in questo libro né altrove – suggerire che lo si può rendere una routine. A dire il vero, una delle cose che voglio maggiormente sottolineare è quanto sia essenziale che l’approccio di investimento sia basato sull’intuito e sulla capacità di adattarsi piuttosto che sull’agire in modo fisso e meccanico.
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Alla fine, è tutta una questione di cosa si vuole raggiungere. Chiunque può ottenere risultati medi, basta investire in un fondo indicizzato che contiene un po’ di tutto. Quel tipo di scelta vi ricompenserà con ciò che viene definito “rendimento di mercato”, che semplicemente rispecchia le prestazioni del mercato. Ma gli investitori di successo vogliono di più: vogliono battere il mercato.
SETH KLARMAN: Battere il mercato è certamente importante, ma lo è altrettanto limitare i rischi. In ultimo luogo, gli investitori devono chiedersi se sono interessati a rendimenti relativi o assoluti: perdere il 45% quando il mercato perde il 50% significa certamente battere il mercato, ma dobbiamo ammettere che si tratterebbe di una vittoria di Pirro per gran parte di noi.
A mio parere è questa la definizione di investimento di successo: fare meglio del mercato e degli altri investitori.
CHRISTOPHER DAVIS: La morale qui è che bisogna essere pazienti e darsi del tempo: non bisogna cercare rendimenti eccezionali nel breve termine ma rendimenti costanti nel lungo termine.
Per riuscirci avete bisogno di fortuna o di una capacità di analisi superiore. Dal momento che contare sulla fortuna non mi sembra un buon piano d’azione, è meglio concentrarsi sulle proprie capacità. Nel mondo del basket c’è un detto: “È impossibile insegnare l’altezza”, nel senso che tutto l’allenamento del mondo non aumenterà in maniera significativa la statura di un giocatore. Insegnare particolari capacità e abilità è quasi ugualmente difficile. Come in ogni forma d’arte, alcuni capiscono i meccanismi che stanno dietro agli investimenti meglio di altri; possiedono – o riescono ad acquisire – quel minimo di capacità necessaria decantata in maniera così eloquente da Ben Graham.
Tutti vogliono fare soldi: l’intera economia si basa sul fatto che il profitto sia lo scopo universale. Lo stesso il capitalismo: la logica del profitto fa lavorare sodo le persone e le porta a rischiare il loro capitale. La ricerca del profitto ha portato gran parte del progresso materiale del quale il mondo sta beneficiando.
Tuttavia, questa universalità rende molto difficile battere il mercato. Milioni di persone competono fino all’ultimo sangue per ogni dollaro di guadagno disponibile. Chi la spunterà? Coloro che sono un passo avanti. A seconda dello scopo, per arrivare primi è necessario avere una migliore istruzione, trascorrere più tempo in palestra o in biblioteca, nutrirsi meglio, avere una traspirazione migliore, maggior resistenza o un’attrezzatura migliore. Nell’investimento, invece, dove questi elementi non contano, è necessario un migliore intuito, per arrivare a quello che io chiamo il “secondo livello”.
Coloro che vogliono fare dell’investimento la propria carriera possono frequentare corsi di finanza e contabilità, leggere tanto e, se sono fortunati, avere come mentore qualcuno dotato di profonda comprensione del processo di investimento. Nonostante ciò, solo pochi di loro raggiungeranno una visione e un intuito superiori alla media, una capacità di discernimento del valore e la prontezza psicologica richiesti per raggiungere in maniera costante risultati sopra la media. A tal fine è necessario il ragionamento di secondo livello.
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Ricordatevi che il vostro obiettivo non è ottenere rendimenti nella media: bisogna voler fare meglio della media. Perciò, il vostro intuito deve essere migliore di quello degli altri, più raffinato e a un livello più alto. Dal momento che anche gli altri investitori possono essere intelligenti, ben informati e disporre di strumenti tecnologicamente avanzati, dovrete trovare un punto forte che gli altri non hanno; dovete pensare a qualcosa alla quale gli altri non hanno pensato, vedere cose che loro non riescono a vedere e dimostrare un intuito che non possiedono; dovrete essere in grado di reagire in modo diverso e comportarvi in modo diverso: in breve, “vederci giusto” è certamente una condizione necessaria per avere successo negli investimenti, ma non è sufficiente. Dovete vederci meglio degli altri, il che, per definizione, significa che il vostro modo di ragionare dovrà essere diverso.
PAUL JOHNSON: I ragionamenti di Marks in questo paragrafo sono davvero significativi: espone in maniera esaustiva l’importanza basilare del ragionamento di secondo livello per avere successo nel mondo degli investimenti. La breve discussione che segue fornisce tre esempi eloquenti in merito alla differenza tra ragionamento di secondo livello e ragionamento di primo livello.
Che cos’è il ragionamento di secondo livello?
Il ragionamento di primo livello dice: “È una buona società; compriamo le azioni”. Il ragionamento di secondo livello dice: “È una buona società, tutti pensano che sia eccezionale, mentre invece non lo è. Le azioni sono sopravvalutate e il loro prezzo è troppo alto. Vendiamole.”
JOEL GREENBLATT: Sento spessissimo simili esempi di ragionamenti di primo livello da tanti investitori: leggono i titoli del giornale o ascoltano le notizie dai network finanziari e poi agiscono seguendo un ragionamento di primo livello totalmente convenzionale.
Il ragionamento di primo livello dice: “La situazione fa presagire una crescita ridotta e un aumento dell’inflazione. Liberiamoci delle azioni.” Il ragionamento di secondo livello dice: “La situazione è terribile, ma tutti gli altri stanno vendendo le azioni in preda al panico. Compriamo!”.
Il ragionamento di primo livello dice: “Secondo me gli utili della società caleranno; vendiamo.” Il ragionamento di secondo livello dice: “Secondo me gli utili della società caleranno meno di quanto il consensus1 si aspetti e questa piacevole sorpresa contribuirà a far aumentare il valore delle loro azioni; compriamo.”
Il ragionamento di primo di livello è semplicistico e superficiale, e riescono a formularlo praticamente tutti (un palese campanello d’allarme se quello che vogliamo raggiungere è un livello superiore). Coloro che applicano il ragionamento di primo livello hanno bisogno di una semplice opinione sul futuro, come nella seguente affermazione: “Le previsioni su questa società sono favorevoli, quindi il valore delle azioni aumenterà”.
Il ragionamento di secondo livello è più profondo e complesso. Coloro che lo applicano prendono in considerazione molte cose:
Qual è la gamma dei possibili esiti futuri?
Quale esito si verificherà secondo me?
Qual è la probabilità che io abbia ragione?
Che cosa dice il consensus?
In che modo le mie aspettative differiscono da quelle del consensus?
In che modo il prezzo attuale del titolo corrisponde alle previsioni del consensus, e in che modo alle mie?
La psicologia del consensus incorporata nel prezzo è eccessivamente tendente al rialzo o al ribasso?
Cosa succede al prezzo delle azioni se alla fine ha ragione il consensus e cosa succede invece se ho ragione io?
CHRISTOPHER DAVIS: Questo è un buon promemoria sulle domande che dovete sempre porvi quando state valutando un nuovo investimento. È facile, infatti, dimenticarsene in preda all’emozione di una nuova opportunità.
La differenza tra il carico di lavoro di chi agisce seguendo il ragionamento di primo livello e chi invece ne mette in pratica uno di secondo livello è chiaramente enorme, e il numero di persone capaci di quest’ultimo è molto ridotto rispetto a quello delle persone capaci del primo.
Chi ragiona con un pensiero di primo livello cerca formule semplici e risposte facili. Chi ragiona con un pensiero di secondo livello sa invece che il successo nel mondo degli investimenti si trova agli antipodi della semplicità. Ciò non vuol dire che non sentirete un sacco di persone che proveranno di tutto per farvelo sembrare semplice. Alcuni di loro li definirei “mercenari”. Le società di brokeraggio vogliono farvi credere che tutti siano capaci di investire, alla modica cifra di 10 dollari a transazione. Le società di fondi comuni non vogliono che pensiate che potete farlo anche voi: vogliono che pensiate che loro possano farlo. Ed ecco che vi offriranno la possibilità di investire i vostri soldi in fondi a gestione attiva in cambio di corrispettivi altissimi.
Un’altra tipologia di persone che cercherà di farvi sembrare semplice questo processo sono coloro che definirei “predicatori”. Alcuni di essi sono professori che insegnano teoria dell’investimento; altri, invece, sono professionisti che, pur animati dalle migliori intenzioni, forse sopravvalutano il loro livello di competenza. Credo che la maggior parte di loro non sia in grado di valutare in maniera oggettiva le proprie performance passate, non considerando gli esercizi in cui hanno avuto risultati deludenti o attribuendo le perdite alla sfortuna. Infine, ci sono quelli che semplicemente non riescono a capire la complessità del tema. Un ospite al mio talk show matt...

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