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La virgola rimossa
Informazioni su questo libro
«Sono stato tutta la mattina per aggiungere una virgola, e nel pomeriggio l'ho tolta». Uno dei tanti aforismi che hanno reso celebre Oscar Wilde, questa volta sull'arte dello scrivere. Ecco allora la raccolta completa dei suoi racconti fantastici - Il Fantasma di Canterville e il Delitto di Lord Arthur Savile - per leggere come la sua arte di scrivere si è affinata fino a trasformarlo in una delle penne più argute di sempre. Una nuova edizione preziosa per rileggere Wilde con nuove illustrazioni a colori e la prefazione del comico Max Pisu.
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
Classici
I.
Era l’ultimo ricevimento di Lady Windermere prima di Pasqua, e Bentinck House, più del solito, appariva affollata. Spiccavano sei membri del gabinetto, venuti direttamente dall’udienza dello Speaker,1 appesantiti dalle loro molte decorazioni. Le belle signore indossavano costumi elegantissimi, e all’estremità della pinacoteca la principessa Sofia di Carlsrühe, una corpulenta dama dall’aspetto tartaro, con dei piccoli occhi neri e splendidi smeraldi, sbraitava in un pessimo francese, ridendo sonoramente di qualunque cosa le venisse riferito. C’era in quelle sale un sorprendente miscuglio di gente: sfarzose nobildonne cicalavano cortesemente con dei violenti radicali; predicatori alla mano incrociavano le loro code di rondine con quelle di eminenti filosofi scettici; una brigata di vescovi seguiva un’imponente primadonna di salone in salone; sulla scala, un gruppo di membri dell’Accademia reale discuteva animatamente, e si disse che a un certo punto la sala da pranzo fosse letteralmente stipata di geni.
Era quella, insomma, una delle più belle serate di Lady Windermere e la principessa vi si trattenne sino alle undici e mezzo passate.
Era quella, insomma, una delle più belle serate di Lady Windermere e la principessa vi si trattenne sino alle undici e mezzo passate.
Subito dopo la sua partenza, Lady Windermere tornò nella pinacoteca, dove un famoso economista stava esponendo a uno sdegnato virtuoso ungherese la teoria scientifica nella musica, e lì si mise a conversare con la duchessa di Paisley. Lady Windermere era meravigliosamente bella, con l’opulento seno di un bianco avorio, i grandi occhi azzurri color myosotis e i pesanti fermagli in brillanti dei suoi capelli d’oro; capelli d’oro puro, non di quella tinta paglierina che usurpa oggi il bel nome dell’oro; capelli di un oro che pareva tessuto coi raggi del sole, capelli che circondavano il suo volto come l’aureola di una santa, con quel fascino che è proprio della peccatrice. Strano soggetto, l’ideale per uno studio psicologico! Sin da ragazza aveva scoperto questa importante verità, cioè che niente somiglia tanto all’innocenza quanto un’imprudenza e, dopo una serie di spericolate avventure – la metà delle quali assolutamente innocenti –, era riuscita a conquistarsi tutti i privilegi di una spiccata personalità. Aveva più volte cambiato marito e, in effetti, Debrett2 le accreditava tre matrimoni, ma siccome non aveva mai mutato amante, il mondo aveva dopo qualche tempo smesso di sparlare sul suo conto. Ora aveva quarant’anni, niente figli ma una passione sfrenata per il piacere, che è il segreto per conservarsi sempre giovani.
A un tratto girò curiosamente lo sguardo per la sala e con la sua limpida voce di contralto disse: “dov’è il mio chiromante?”
“Il vostro...?”, esclamò la duchessa, trasalendo involontariamente.
“Il mio chiromante, duchessa. Io ora non posso vivere senza di lui”.
“Cara Gladys, voi siete molto originale!”, mormorò la duchessa, cercando di ricordarsi ciò che veramente era un chiromante e sperando non fosse un chiropodista.3
“Viene regolarmente a leggere la mia mano due volte la settimana”, proseguì Lady Windermere, “e mi racconta delle cose davvero molto interessanti”.
“Dio del cielo! Deve essere davvero una qualche specie di chiropodista. Che orrore! Spero almeno che sia straniero, così riuscirà un po’ meno sgradevole”.
“Glielo presenterò senz’altro”.
“Presentarmelo!”, gridò la duchessa, “non intende mica dire che è qui?” E si guardò intorno per avvistare un piccolo ventaglio di tartaruga e uno scialle di logoro merletto, pronta, nel caso, ad andarsene su due piedi.
“Ma certo, è qui. Io non posso dare un ricevimento senza di lui. Mi dice sempre che ho una mano veramente psichica e che se il mio pollice fosse stato appena un poco più corto, sarei stata una pessimista convinta e mi sarei rinchiusa in monastero...”
“Oh, capisco...”, disse la duchessa che si sentiva molto più sollevata. “È uno che predice la buona fortuna, non è così?”
“E la cattiva, e molte altre cose di questo genere. L’anno venturo, per esempio, sembra che correrò un grande pericolo, in terra, o in mare. Bisognerà dunque che io viva su un pallone e ogni sera faccia salire il pranzo con un cestino. Tutto questo è scritto qui sul mio dito mignolo, o sul palmo della mano, non ricordo bene”.
“Ma non crede, Gladys, di stare tentando la Provvidenza?”
“Mia cara duchessa, coi tempi che corrono, la Provvidenza può senza dubbio resistere alle tentazioni. Io penso che ciascuno, almeno una volta al mese, dovrebbe farsi leggere la mano per sapere ciò che non deve più fare. Poi lo farà ugualmente, ma è così piacevole essere avvisati. Ebbene, se nessuno ha la bontà di andare a cercarmi Podgers, andrò io stessa...”
“Lasciate fare a me, Lady Windermere”, disse un giovane piccolo, grazioso, che stava lì ad ascoltare la conversazione con un sorriso gioviale. “Se è straordinario come dite, Lady Windermere, io riuscirò a riconoscerlo: ditemi solo com’è e io ve lo condurrò subito”.
“Ebbene, non ha nulla del chiromante; voglio dire che non ha nulla di misterioso, di estatico e che neppure ha un aspetto romantico. È un uomo piccolo, grasso, con una testa comicamente calva e dei grandi occhiali d’oro; è un tipo che sta fra il medico di famiglia e l’avvocato di campagna. Io ne sono desolata, ma la colpa non è mia. La gente è così irritante. I miei pianisti hanno tutti l’aria di poeti, e tutti i miei poeti quella di pianisti. Ricordo che l’anno scorso avevo invitato a pranzo un anarchico incallito, un uomo che aveva versato il sangue di un’infinità di persone e che portava sempre una cotta di maglia in acciaio e teneva un pugnale celato nella manica della camicia. Ebbene, quando lo vidi, aveva l’aspetto di un vecchio e buon pastore e tutta la serata non fece che lanciare motti di spirito, e se ciò mi divertì, mi deluse anche fortemente. Quando l’interrogai sulla sua cotta di acciaio, si accontentò di sorridere e mi disse che era troppo fredda per poterla portare in Inghilterra. Ah, ecco il signor Podgers! Ebbene, signor Podgers, desidererei che leggeste la mano della duchessa di Paisley. Duchessa, dovreste togliervi il guanto. Non quello della mano destra, l’altro”.
“Mia cara Gladys, veramente io non credo che ciò sia conveniente”, disse la duchessa, sbottonando a malincuore il guanto.
“La convenienza non è mai interessante”, rispose Lady Windermere. “On a fait le monde ainsi.4 Ma bisogna che io vi presenti: duchessa, questo è il signor Podgers, il mio chiromante; signor Podgers, la duchessa di Paisley, e se le direte che ha un monte della Luna più sviluppato del mio, non vi presterò mai più fede”.
“Sono sicura, Gladys, che non v’è niente di ciò sulla mia mano”, disse con tono grave la duchessa.
“Vostra grazia ha infatti ragione”, replicò Podgers, gettando uno sguardo sulla piccola mano grassoccia, dalle dita corte e tozze. “Il monte della Luna non è sviluppato: però la linea della vita è ottima. Volete avere la bontà di spiegare il polso... vi ringrazio. Tre linee distinte sulla rascette!5 Voi vivrete a lungo, duchessa, e sarete estremamente felice. Ambizione moderatissima, linea dell’intelligenza non esagerata, linea del cuore...”
“Suvvia, ci conceda qualche indiscrezione, signor Podgers!”, esclamò Lady Windermere.
“Lo avrei fatto con grande piacere”, rispose Podgers inchinandosi, “se la duchessa me ne avesse dato occasione; ma mi dispiace dover dire che nella mano leggo una grande costanza di affetti unita a un sentimento fortissimo del dovere”.
“Volete continuare, signor Podgers?”, disse la duchessa con uno sguardo di soddisfazione.
“L’economia non è la minore delle virtù di vostra grazia”, proseguì il signor Podgers e Lady Windermere scoppiò in una lunga risata.
“L’economia è un’ottima cosa”, osservò con una certa compiacenza la duchessa. “Quando sposai Paisley, aveva undici castelli e non una casa che fosse abitabile”.
“Mentre ora”, terminò Lady Windermere a voce alta, “ha dodici case e neppure un castello”.
“Eh, mia cara”, rispose la duchessa, “io amo...”
“...le comodità”, intervenne Podgers, “tutte le comodità dei nostri tempi e i caloriferi in tutte le stanze. Vostra grazia infatti ha ragione: le comodità sono ancora la sola cosa che la civiltà può darci”.
“Voi avete mirabilmente decritto il carattere della duchessa, signor Podgers, ora dovete dirci tutto su Lady Flora”; rispondendo a un cenno della sorridente padrona di casa, una ragazza alta dai capelli rosso chiaro e dalle scapole sporgenti si alzò goffamente da un divano e tese una lunga mano ossuta con dita a spatola.
“Ah, una pianista suppongo!”, disse il signor Podgers. “Anzi un’eccellente pianista, ma non direi che abbia l’orecchio da musicista. Riservatissima, onesta e dotata di un vivo amore per gli animali... È giusto?”
“Perfettamente!”, esclamò la duchessa, volgendosi a Lady Windermere. “Assolutamente esatt...
Indice dei contenuti
- Colophon
- L'umorismo moderno di Wilde, di Max Pisu
- Una virgola salvera il mondo, di Arianna Mauri
- Il fantasma di Canterville
- Il delitto di Lord Saville
- Oscar Wilde, nota biografica