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Informazioni su questo libro
Ci sono storie che non finiscono con la morte dei loro protagonisti, anzi, è come se si rilanciassero, se trovassero una nuova linfa, per continuare a parlare a coloro che le hanno vissute in prima persona e per raggiungere anche chi non ne ha avuto agio e tempo. La storia di Cate, di Caterina Morelli, è una di queste. Nata il 16 giugno 1981 a Firenze, laureata in Medicina e Chirurgia, il 16 giugno 2012 si sposa con Jonata. Una decina di giorni dopo il matrimonio scopre di essere in attesa del secondo figlio e, solamente quattro ore più tardi, ha il risultato delle analisi riguardanti un nodulo al seno: forma di tumore estesa e molto aggressiva. Alla proposta d'interruzione della gravidanza per poter procedere a chemio e radio terapia, Caterina rifiuta, trovando, grazie ad amici medici di Milano, una strada di cure compatibile con la vita che porta in grembo. Da quel momento, la sua vita e quella dei suoi cari si muove sempre più rapidamente lungo due sentieri: quello della convivenza con un male "a termine" e quello dell'approfondimento dell'esperienza credente. Questo libro racconta la storia di Caterina, ma anche della sua famiglia e dei suoi amici: l'una non sarebbe stata possibile senza le altre. E testimonia come la fraternità sia essenziale, soprattutto oggi, per dare un senso eterno alla propria esistenza e a quella di coloro che ci accompagnano in questa splendida e dolorosa avventura che è la nostra vita, quando è vissuta sotto lo sguardo di Dio.
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Informazioni
A Madda con profondissimo affetto, gratitudine e speranza.
Hai iniziato il primo capitolo insieme a Jonny e la Cate
sotto la veranda del campeggio ma subito hai dovuto lasciare…
per iniziare la tua grande “lotta” che ancora ti impegna.
Nessuna buona opera può compiersi senza l’intervento di un Altro.
Hai iniziato il primo capitolo insieme a Jonny e la Cate
sotto la veranda del campeggio ma subito hai dovuto lasciare…
per iniziare la tua grande “lotta” che ancora ti impegna.
Nessuna buona opera può compiersi senza l’intervento di un Altro.
Prefazione
«Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede».
(Lettera agli Ebrei 12,1-2)
Mentre pensavo a cosa scrivere in questa Prefazione al libro su Caterina – non senza un certo impaccio, perché tanti (troppi?) sarebbero stati gli aspetti su cui avrei potuto soffermarmi – ho dato per curiosità un rapido sguardo al mio cellulare e vi ho trovato un messaggio della Cate, datato 16 aprile 2015: “Caro […], come stai? Ieri la prima chemio: andata… Andiamo! Incamminati!” Quindi si è accesa di colpo una luce, che tutto ha immediatamente semplificato: “in cammino”! Caterina ha vissuto ogni tappa della sua bella, misteriosa, drammatica, intensa vita come UN CAMMINO, con Gesù e verso Gesù, il Destino fatto uomo. Un cammino di santità: un cammino del tutto personale, ma vissuto – anzi, abbracciato – assolutamente mai in solitudine. Ha voluto essere sempre accompagnata: dai suoi amici, dai suoi familiari – in primis Jonny e i bambini –, da alcuni sacerdoti, dalle persone che incontrava con il suo lavoro: fino all’ultimo istante della sua vita terrena. E, vivendo così, ha generato intorno a sé una grande compagnia di persone che guardavano a lei – così entusiasta e amante della vita in ogni suo aspetto, anche quelli più dolorosi e meno immediatamente facili da abbracciare – lasciandosi trascinare in un’avventura misteriosa e drammatica, ma sempre traboccante di letizia e positività.
Con questa chiave di lettura ho sfogliato nuovamente le pagine del libro e ho trovato conferma a questa iniziale intuizione. I termini che richiamano direttamente o indirettamente un cammino da intraprendere e percorrere ricorrono moltissime volte, sia in bocca a lei sia nella testimonianza di chi le è stato vicino.
Solo qualche piccolo esempio. Già dal Burkina Faso, dove nel 2008 aveva vissuto un’esperienza di alcuni mesi come neolaureata in medicina, Caterina scriveva: “Ripeto a tutti: tutti in cammino… correggetemi e aiutatemi ad andare più a fondo”. Comparso il tumore, nel 2012 ella scrive una bellissima lettera a don Julián Carrón, riportata nell’Introduzione a questo libro, dove si legge:
Uno allora può anche morire, certo però che sta camminando verso il suo Destino, quello buono, che risponde a un desiderio del cuore in modo misterioso ma corrispondente! Sembra assurdo dirlo, ma questa è una condizione di grazia per me!
Nel 2016, Anno Santo della Misericordia, in occasione del pellegrinaggio dalla basilica dell’Impruneta alla Santissima Annunziata di Firenze – da lei entusiasticamente sostenuto e vissuto – realizza un disegno da apporre sulle magliette, in cui è rappresentata Maria con in braccio il bambino Gesù, da cui parte una freccia indirizzata verso la Croce, che invita tutti a seguire la strada tracciata dalla Madre del Signore. Quando, due anni dopo, tale immagine venne scelta come “logo” permanente del pellegrinaggio, Caterina ebbe a dire: “Ad Jesum per Mariam… grazie al Signore! Devo ancora riuscire a viverlo, ma insieme a voi non smetterò mai di camminare!” E, partecipando a esso nell’edizione del 2018 – in carrozzina, pochi mesi prima della sua morte – durante una sosta del cammino ella fece una breve e commovente testimonianza “a braccio”, durante la quale disse: “La conversione è proprio una cosa così personale. Siamo qua, grazie per tutte le intenzioni che sono state scritte per me, ma veramente che ognuno di voi sia qua per camminare su questa strada”. Da sottolineare inoltre, per inciso, che l’associazione promotrice di questo pellegrinaggio si chiama proprio “InCammino”!
Un ultimo esempio, sempre sulla necessità e convenienza del “camminare insieme”. Il 22 luglio 2018, Caterina fu chiamata a fare una presentazione-testimonianza durante una vacanza di famiglie in Abruzzo, avente a tema l’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, pubblicata in quello stesso anno da Papa Francesco. Lei, con un filo di voce a causa di un fisico già debilitato dalle chemioterapie e attaccato anche da una polmonite che stava curando con fortissimi antibiotici, tra le molte cose sottolineò proprio l’importanza del camminare dentro una compagnia:
Un altro punto che mi preme sottolineare dell’Esortazione, perché mi sono accorta che è proprio essenziale in questo cammino, è che non ci si salva da soli: «Siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. […] Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi sostiene e mi porta» (n. 4). La salvezza è arrivata e arriva all’uomo tramite l’elezione di un popolo, grazie a Cristo che è entrato nelle vicende terrene del popolo di Israele e che continua a vivere nel suo corpo mistico, che è la Chiesa: «Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la Parola, i sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi e una multiforme bellezza che procede dall’amore del Signore» (n. 15). Il cammino della salvezza si attua all’interno di un rapporto vocazionale: «Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo». Per me la compagnia più necessaria è quella di mio marito. Ci salveremo e saremo santi insieme… Gesù mandava i suoi a due a due.
Questa dimensione educativa essenziale del camminare insieme, Caterina l’ha anche tradotta e vissuta nel gesto del pellegrinaggio. In questo libro troviamo il racconto di come siano state tappe fortemente significative per lei, Jonny e i loro amici, i pellegrinaggi compiuti ai santuari mariani di Montenero, Lourdes, Loreto, Medjugorje e a quello di Assisi. Sempre affidando la propria vita allo sguardo e all’intercessione di Maria e dei santi. E, di questi pellegrinaggi vissuti sempre di persona – perfino gli ultimi due compiuti a pochi mesi dalla sua nascita al cielo –, lei era sempre anche l’ideatrice e l’organizzatrice. Racconta così suo marito:
Alla fine del 2018, nel mese di ottobre, Caterina, con il peso di tutta la situazione che proseguiva sempre più gravosa, decise di organizzare un pellegrinaggio a Medjugorje. Verso la fine di ottobre, i valori clinici subirono un lieve miglioramento e Cate poté dunque aggiungere ai suoi impegni di mamma e moglie anche quello di organizzatrice di eventi! Fatto sta che, con quel “lucignolo fumigante” di energia che si ritrovava, si mise a chiamare strutture, progettare percorsi, preparare e coordinare questo gesto mastodontico a cui parteciparono oltre sessanta persone. Pensò a tutto lei, pullman, hotel, avvisi, programma… Così il 1° Novembre 2018, per i nostri dieci anni di matrimonio, andammo in pellegrinaggio e Cate riuscì a camminare fino in cima al monte dell’Apparizione.
Andiamo! Incamminati! Questo Caterina mi aveva scritto in quel messaggio dell’aprile 2015, questo ella ha vissuto fino all’ultimo istante del suo pellegrinaggio terreno. E, concludendo, mi vengono in mente le parole che san Giovanni Paolo II scrisse nel suo libro autobiografico, pubblicato nel giorno del suo ottantaquattresimo compleanno, un anno prima della sua morte:
Quando giunse la “sua ora”, Gesù disse a coloro che erano con Lui nell’orto del Getsemani, Pietro, Giacomo e Giovanni, i discepoli particolarmente amati: “Alzatevi, andiamo!” Non era Lui solo a dover “andare” verso l’adempimento della volontà del Padre, ma anch’essi con Lui. Anche se queste parole significano un tempo di prova, un grande sforzo e una croce dolorosa, non dobbiamo farci prendere dalla paura. Sono parole che portano con sé anche quella gioia e quella pace che sono frutto della fede.
Una gioia e una pace che la vita della Cate ci ha trasmesso e di cui siamo a lei debitori e, di conseguenza, d’ora in poi testimoni e responsabili anche davanti a tutti.
+ Andrea Bellandi

Arcivescovo Metropolita
Prologo
Chi è Caterina Morelli
Caterina viene alla luce martedì 16 giugno 1981 alle ore 16.20 a Villa Santa Chiara, in un caldo giorno di fine primavera; è una bella bambina di 3,150 kg. per 46 cm. Il santo del giorno è santa Giuditta martire. La prima visita che riceve la neonata è quella della sorellina Benedetta insieme alla nonna Anna.
Caterina è la nostra seconda figlia, mia e di mio marito Massimo, sorella di Benedetta, di due anni e tre mesi più grande di lei, e di Martina la minore, di dieci anni più piccola di Caterina.
Dopo qualche giorno dalla nascita ci trasferimmo, temporaneamente, a casa dei nonni, i miei genitori, a San Casciano in Val di Pesa, ameno paese del Chianti fiorentino che risplende di vigneti, del verde grigio degli olivi e di quello più cupo dei cipressi. Era un giugno particolarmente caldo e in campagna, per lo meno la sera, era più piacevole vivere, accarezzati dal venticello profumato della terra appena arata o dell’erba appena tagliata. Anche la prospettiva del sostegno e della vicinanza di mia madre, essendo io giovane con due figlie piccole, influì su questa nostra decisione.
Domenica 12 luglio, nel pomeriggio, Caterina riceve il Sacramento del Battesimo nella chiesa del convento dei Cappuccini di San Casciano, dedicata a Sant’Andrea Corsini. La madrina è la zia Mara, sorella di Massimo, babbo di Caterina, il padrino è il caro amico Franco. Padre Guido Raspini e don Silvano Seghi celebrano la Santa Messa con il Rito del Battesimo. Per quanto riguarda padre Guido, non posso tralasciare il fatto che è attualmente in corso “la ricerca di fatti e documentazioni” per il percorso della sua canonizzazione.
Padre Guido e i fichi! Chi ha conosciuto Caterina sarà rimasto senz’altro colpito dalla sua golosità per i fichi oltre che dalla sua grande affezione a padre Guido. Nonno Beppe, mio padre, essendo molto legato ai frati cappuccini di quel convento, conduceva spessissimo Benedetta e Caterina nel loro bel giardino a giocare e anche a vivere la quotidianità con i frati. Particolarmente curati da padre Marziale erano l’orto e gli alberi da frutto, fra cui spiccava un meraviglioso fico. Padre Guido, quando i frutti erano maturi e succulenti, ne insegnò a Caterina il gusto e il sapore, divertendosi a salire sull’albero e a “buttare” alla bambina i fichi più dolci. Quanti mal di pancia, seppure “benedetti”!
Padre Guido terminerà la sua vita terrena nell’estate del 2008, in preghiera alla seconda stazione della Via Crucis a Lourdes, nel suo cinquantesimo pellegrinaggio. Proprio il grande santuario di Lourdes diverrà il santo luogo molto caro e amato da Caterina. Se ne andò lasciando un grande, incolmabile vuoto.
Sono questi gli anni in cui anche i nostri più cari amici iniziano a creare le loro famiglie, tutti felicemente sposati con prole, e nascono anche le prime grandi amicizie di Caterina: Maria M., coetanea, Chiara M. e Caterina B., più piccole di un anno, e Chiara G. dell’83. Fin da bambine, queste amiche, che poi saranno conosciute e chiamate da tutti “il gruppo delle Nelle”, si frequentavano assiduamente, perché anche noi genitori eravamo legati da uno stretto rapporto di familiarità. Solo Chiara M. era parente, in quanto figlia di Francesca, la più grande cugina di Caterina da parte materna. All’epoca abitavamo a Firenze nella zona d’Oltrarno, vicino a Porta San Frediano, in quel particolare e caratteristico quartiere animato dalla laboriosità artigianale dei suoi abitanti. Durante i fine settimana andavamo con una certa frequenza a casa dei nonni a San Casciano dove, quasi ogni domenica, ci trovavamo con gli zii Marco e Stefano e le loro famiglie. Camilla, Elena, Donata, Benedetta, Caterina e Chiara trascorrevano molto felici queste allegre giornate insieme, inventando giochi, spettacoli e fantastici travestimenti insieme a nonna Anna, che si prendeva cura di tutte senza dire mai di no! Era sempre una festa!
L’11 ottobre del 1983 nasceva Jonata, quello che sarebbe divenuto il grande amore di Caterina! Il più bello, unico e magico della sua vita! Ma il loro incontro avverrà, come vedremo, diversi anni più tardi.
E come non ricordare anche il nonno Beppe, con i capelli ormai bianchi che facevano risaltare due occhi vividi e indagatori, sempre con le tasche piene di chicche da dare alle bambine, e l’amica eterna della mia mamma: la Nella, che ogni giorno veniva a trovarci per dare il suo aiuto; con lei Caterina aveva un affettuoso rapporto, grande e genuino, fino a considerarla come fosse sua nonna.
Anche i miei cari suoceri sono stati molto vicini alle bambine, che spesso, abitando vicino a Firenze, stavano volentieri dai nonni Pia e Beppino Morelli, specialmente con nonna Pia, donna di grande fede. Ella seppe trasmettere a Caterina l’amore per Gesù, attraverso le sue semplici parole e le canzoncine-preghiere che canticchiavano insieme, unitamente alla degustazione dei suoi deliziosi budini di riso.
Caterina, nel dorato settembre 1984, entrava alla scuola materna San Francesco di Sales, più nota come “il Conventino”. Frequentavano già la medesima scuola sua sorella Benedetta e Giulio, suo cuginetto, il più piccolo da parte paterna. Nonostante l’affollata e familiare compagnia, la Cate (questo è il nome abbreviato con cui Caterina è stata chiamata fin da bambina e con cui sarà chiamata da tutti anche da adulta) non era affatto persuasa di frequentare questa nuova esperienza prescolastica. Tutte le mattine si disperava, piangeva in maniera anche molto teatrale, costringendo varie volte mia madre, quando l’accompagnava, a riportarla a casa. L’unica consolazione la trovava, una volta a scuola, in suor Cecilia: con lei nacque il suo primo grande rapporto affettivo fuori dall’ambito familiare. Suor Cecilia era una maestra dal carattere mite e dal volto pieno di pazienza e di dolcezza, che seppe prendersi a cuore Caterina. Fu lei ad avvicinarla ancor di più alla familiarità con Gesù. Le infondeva fiducia e conforto: le ripeteva, anche quando non c’era la mamma, che non doveva sentirsi sola, perché lì accanto, a proteggerla, c’era il suo angelo custode. Caterina prendeva molto sul serio quello che suor Cecilia le diceva, tanto da farne un modello di riferimento. Era tale il loro rapporto che decise, ancora così piccola, che da grande sarebbe diventata suora. Il ricordo di questa dolce religiosa ha accompagnato Caterina fino agli ultimi giorni della sua vita terrena.
Finalmente, l’ultimo anno della scuola materna fu vissuto serenamente da Cate, che iniziò ad avere i primi rapporti di amicizia, poi condivisi anche in età adulta, con i compagni, tanto che, da allora, Caterina sarà sempre al centro della vita scolastica. Nella stessa scuola continuò il percorso della primaria (allora si chiamava scuola elementare) con la maestra Fiamma, giovane e solare insegnante che conquistò subito il cuore di Caterina. Aveva per compagna di banco Maria M., già grande amica, con la quale starà per tutti gli anni di liceo e anche in seguito, fino all’ultimo giorno, fino alla sua salita al cielo.
Nell’estate del 1986 avvenne un bel cambiamento nella nostra famiglia, in quanto accogliemmo Giuditta, una splendida bambina che, per pr...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Quarta
- Autore
- Frontespizio
- Colophon
- Indice
- Prefazione
- 5. L’offerta
- Inserto fotografico